MEDIATORI DELL’INFIAMMAZIONE Nabissi15 MEDIATORI DELL’INFIAMMAZIONE DANNO RICONOSCIMENTO SISTEMIPOLIMOLECOLARICELLULE SOLUBILI SEGNALI (mediatori) TRASFORMAZIONEDEISEGNALI INEVENTICELLULARICLAMOROSI FUNZIONEPRODUZIONEDIALTRIMEDIATORI CELLULARI Nabissi15 • Amplificazione • Mantenimento • Progressione MEDIATORI CHIMICI DELL’INFIAMMAZIONE MEDIATORI Tutte quelle molecole che determinano l’insorgere e partecipano allo sviluppo dei fenomeni che si osservano durante l’evento infiammatorio. I mediatori di derivazione plasmatica sono presenti nel plasma in forma inattiva mentre i mediatori di origine cellulare sono sequestrati nei granuli intracellulari o sono sintetizzati de novo in risposta ad uno stimolo. REQUISITI Assenti nello stato stazionario o presenti in forma inattiva o sequestrati all’interno delle cellule Presenti nello stato attivo (attivati o rilasciati dai depositi intracellulari o neosintetizzati) Hanno vita media breve In grado di mimare fenomeni infiammatori se iniettati La loro inibizione determina la scomparsa dei fenomeni infiammatori osservati Nabissi15 ANGIOFLOGOSI MEDIATORI EVENTI 1. 2. 1. RISPOSTA VASCOLARE: modificazioni del calibro e del flusso sanguigno MEDIATORI VASOATTIVI: agiscono sul tono delle cellule muscolari liscie (vasodilatazione) fuoriuscita di molecole per alterazione della barriera sangue-interstizio (essudato) promuovono la contrazione degli endoteli (aumento permeabilità) FASE CELLULARE: - migrazione cellulare - attivazione funzioni effettrici - risposta immunitaria 2. MEDIATORI CHE AGISCONO SUI DIVERSI TIPI CELLULARI COINVOLTI NELL’INFIAMMAZIONE: - promuovono l’adesione e la chemiotassi - modulano le funzioni dei fagociti - modulano le risposte dei linfociti Nabissi15 Nabissi15 MEDIATORI DERIVATI DAI SISTEMI POLIMOLECOLARI SOLUBILI DEL PLASMA, DELL’INTERSTIZIO 1. SISTEMA DELLA COAGULAZIONE (plasmina, fibrinopeptidi) 2. SISTEMA DELLE CHININE (bradichinina, callicreina) 3. SISTEMA FIBRINOLITICO (fibrinopeptidi) 4. CASCATA DEL COMPLEMENTO (anafilotossine) MEDIATORI CHIMICI DI FASE FLUIDA Nabissi15 IL COMPLEMENTO Il sistema del complemento consta di 20 componenti proteici che si trovano concentrati nel plasma. Questo sistema è coinvolto sia nella immunità innata che in quella acquisita nella difesa dai microorganismi. Nel processo d’attivazione del complemento vengono generati diversi fattori che causano un aumento della permeabilità vascolare, chemiotassi e opsonizzazione, rilascio di citochine ed attivazione della NADPH ossidasi. Le proteine del complemento sono presenti in forma inattiva e classificate come C1-C9 e molte di queste vengono attivate in modo da diventare enzimi proteolitici che degradano e attivano altre proteine del complemento cosi’ da creare una cascata capace di notevole amplificazione enzimatica. Nabissi15 • La tappa critica ovvero l’attivazione (degradazione) della terza (C3) componente puo’ avvenire attraverso tre vie: - Classica: che è scatenata dal legame del componente C1 con anticorpi (IgM o IgG) combinati con l’antigene, portando alla proteolisi di C2 e C4, con formazione della C3 convertasi (C4bC2b) - Via alternativa: stimolata da proteine di superficie dei microbi (endotossine), amplifica la scissione del C3 in C3b che si fonde con il fattore plasmatico Bb, formando il complesso C3bBb (C3 convertasi) - Via della lectina: in cui la lectina plasmatica che lega il mannosio si lega ai carboidrati presenti sui microbi e attiva direttamente il C1, che segue poi l’attivazione della C3 convertasi (C4bC2b) come nella via classica. Nabissi15 Nabissi15 IL COMPLEMENTO • Qualunque sia la via, il risultato finale è la formazione dell’enzima attivo C3 convertasi che taglia il C3 in due frammenti funzionalmente distinti (C3a e C3b). • C3a è rilasciato mentre C3b si lega alla cellula o alla molecola che ha scatenato l’attivazione del complemento. • C3b forma anche la C5 convertasi (con altri frammenti precedentemente generati) che scinde C5 generando C5a e C5b. C5b si lega ai componenti C6/9 formando il COMPLESSO DI ATTACCO ALLA MEMBRANA (MAC), il quale lisa le cellule. Nabissi15 Nabissi15 Nabissi15 • I frammenti del complemento mediano vari fenomeni dell’infiammazione. – Fenomeni vascolari: C3a, C4a e C5a (anafilotossine) stimolano la liberazione di istamina da parte dei mastociti, aumentando la permeabilità vascolare e causando vasodilatazione. – C5a nei monociti e neutrofili attiva la via lipossigenasica del metabolismo dell’AA rilasciando altri fattori dell’infiammazione. – Adesione leucocitaria, chemiotassi e attivazione: C5a agisce come potente agente chemiotattico per neutrofili, monociti, eosinofili e basofili. – Fagocitosi. C3b quando si lega alla parete del batterio agisce come opsonina e favorisce la fagocitosi da parte dei macrofagi, che presentano i recettori per C3b attivato. – Enzimi proteolitici presenti nell’essudato infiammatorio possono attivare C3 e C5, che poi fungono da componenti chemiotattili per i leucociti stessi. L’attivazione del complemento è strettamente controllata da proteine regolatrici circolanti associate alle cellule e queste molecole proteggono le cellule dell’ospite da danni durante le reazioni di difesa da microbi. Nabissi15 Nabissi15 Regolazione dell’attività del complemento Regolazione della C3 e C5 convertasi. La formazione di C3 convertasi e la generazione di C3b sono le fasi principali dell’attivazione del complemento. I regolatori di questi fattori agiscono potenziando la dissociazione (degradazione) del complesso della convertasi (Decay Accelerating Factor; DAF) o scindendo proteoliticamente il C3b. Legame delle componenti attive del complemento. La via classica che inizia con il legame del C1 ad un immunocomplesso, che viene bloccato da una proteina plasmatica chiamata inibitore-C1 (C1NH), che interferisce con l’attività enzimatica di due delle proteine del complesso C1. Inoltre l’attività del complemento è impedita anche da proteine che inibiscono la formazione del MAC. Nabissi15 Deficienze del sistema del complemento Deficienze nelle proteine del complemento possono dar luogo ad un aumento della suscettibilità ad infezioni batteriche e virali (SEPSI). I deficit di C2 e C4 sono associati a malattie autoimmunitarie (lupus eritematoso) probabilmente a causa dell’impossibilità di eliminare immunocomplessi. Edema angioneurotico ereditario: l’attivazione del C1 da parte degli immunocomplessi non è controllata e si verifica aumento della degradazione di C2 e C4, formazione di un frammento del C2 che agisce come la bradichinina. Il C1NH (che è mutato in questa patologia) influisce anche sul sistema della coagulazione in quanto inibisce anche la callicreina ed il fattore XII. Questa patologia genetica comporta un aumento di bradichinina nel plasma con conseguente stato infiammatorio cronico. Nabissi15 RISPOSTA INFIAMMATORIA Nabissi15 SISTEMA DELLA COAGULAZIONE Il sistema della coagulazione è diviso in due vie convergenti che culminano con l’attivazione della trombina e nella formazione di fibrina. La via estrinseca della coagulazione è composta da una serie di proteine plasmatiche che possono essere attivate dal FATTORE DI HAGEMAN (fattore XII), che è prodotto dal fegato e circola in forma inattiva finchè non incontra il collagene, proteine della membrana basale o le piastrine attivate. Attivato, il Fattore XII va incontro a delle modificazioni conformazionali (diventanto Fattore XIIa), esponendo il sito attivo di serina e cosi’ acquisendo la capacità di tagliare substrati proteici e attivare altri mediatori. Nabissi15 Fattori della coagulazione • • • • • • I – Fibrinogeno II – Protrombina III – Fattore tissutale IV – Calcio V – Proaccelerina VI – unassigned (prev Factor Va) • VII – Proconvertina • • • • VIII – fattore antiemolitico IX – Christmas Factor X – Stuart-Prower Factor XI – Plasma Tromboplastina Antecedente • XII – Hageman Factor • XIII – fattore stabilizzante la fibrina Nabissi15 La via intrinseca comporta l’attivazione della via delle chinine che attraverso la formazione di callicreina attiva il Fattore XII. Il fattore XII attivato (XIIa) porta all’attivazione di trombina ed alla formazione di fibrina mediante processazione del fibrinogeno (azione coagulante). L’enzima callicreina attiva un altro processo enzimatico: -formazione di plasmina che svolge un ruolo litico a livello del coagulo (azione anticoagulante) Nabissi15 SISTEMA DELLE CHININE • Il sistema delle chinine genera peptidi vasoattivi a partire da proteine plasmatiche, detti CHININOGENI, per azione di proteasi specifiche dette callicreine. • L’attivazione del sistema porta alla formazione di Bradichinina. • La bradichinina aumenta la permeabilità vascolare a causa la contrazione del muscolo liscio, dilatazione dei vasi e dolore quando iniettato. • L’azione della bradichinina è molto rapida e viene inattivata dall’enzima chininasi Nabissi15 Nabissi15 SISTEMA DELLA COAGULAZIONE • La plasmina taglia anche il fattore del complemento C3 producendo C3a e C3b e scinde la fibrina (che forma dei prodotti coinvolti nella permeabilità vascolare). • La plasmina circola sotto forma di precursore (plasminogeno) legata al suo inibitore tPA (plasminogen tissue activator) che quando si lega alla fibrina si attiva ed attiva la plasmina. • UROCHINASI: attivatore del plasminogeno (formazione di plasmina) con un ruolo molto importante nel dissolvere trombi ed emboli trombotici Nabissi15 ATTIVAZIONE XII • Una varietà di sostanze organiche ed inorganiche cariche negativamente attivano il fattore XII. Fra le sostanze organiche ci sono collagene, eparina e fra le sostanze inorganiche il vetro, silicio, cristalli di pirofosfato. Nabissi15 Sistemi anticoagulanti naturali Antitrombina III: prodotta dal fegato e dalle cellule endoteliali è in grado d’inibire la trombina Proteina C: inibisce i fattori V e VIII limitando la produzione di trombina Proteina S: prodotta dalle cellule endoteliali e modula l’intero processo della coagulazione Nabissi15 Funzione: lisi del coagulo, permeabilità vascolare Funzione: Vasodilatazione liberazione d’istamina Nabissi15 Funzione: Funzione: vasodilatazione formazione attivazione di fibrina chemiotassi vasodilatazione ISTAMINA Il primo mediatore chimico ad entrare in funzione nell’infiammazione acuta è l’istamina e se l’alterazione è di modesta entità rimane anche l’unico. Infatti l’istamina è responsabile “soltanto” delle modificazioni vascolari che si attuano nei primi 15-30 minuti e per cio’ la sua azione è abbastanza fugace anche se la sua azione è di fondamentale importanza. L’istamina quindi si degrada velocemente o viene disattivata dalle istaminasi presenti negli eosinofili Nabissi15 ISTAMINA L’istamina modula a diversi livelli la risposta immune antigene-specifica ed è coinvolta nella regolazione del rilascio di mediatori e neurotrasmettitori. L’istamina deriva prevalentemente dalla degranulazione di mastociti e basofili, ma può anche essere sintetizzata de novo da altre cellule ematopoietiche e da queste immediatamente rilasciata. Essa è depositata all’interno di granuli citoplasmatici specifici, presenti in mastociti e basofili, complessata con eparina e condroitin-solfato. Nabissi15 L’istamina provoca effetti sulla muscolatura liscia, inducendo la contrazione delle vie aeree, intestino e vasi sanguigni e la vasodilatazione (rilassamento) delle arteriole. La sua liberazione avviene mediante degranulazione in risposta a diversi stimoli infiammatori : lesioni fisiche, reazioni immunitarie che comportano il legame di anticorpi ai mastociti (IgE con il recettore ad alta affinità FcεRI) presenti sui mastociti, anafilotossine (frammenti del complemento C3a, C5a), proteine di derivazione leucocitaria, neuropeptidi (Sostanza P), citochine infiammatorie e chemochine (IL-1, IL-8). Nabissi15 I mastociti elaborano e rilasciano eparina, istamina e numerosi altri fattori Nabissi15 Nabissi15 Nabissi15 EFFETTI FARMACOLOGICI DELL’ISTAMINA Nabissi15 ISTAMINA L’istamina è un costituente naturale del corpo ed è un’ammina a basso peso molecolare sintetizzata a partire dall’aminoacido essenziale L-istidina mediante una reazione enzimatica esclusiva della istidina decarbossilasi. L’istidina decarbossilasi è espresso in quasi tutte le cellule del corpo, inclusi i neuroni del sistema nervoso centrale, mucosa gastrica, mastociti e basofili. L’azione dell’istamina è svolta grazie al suo legame a quattro tipi di recettori (H1, H2, H3, H4), recettori a 7 domini transmembrana accoppiati a G-protein (Gs, Gq, Gi/o). Nabissi15 Caratteristiche H1 H2 H3 H4 Sequenza aa 487 359 445 390 Loc.cromosomica 3p25 5q35 20q13 18q11 Espressione Largamente distribuito, neuroni compresi Largamente distribuito compresa la mucosa gastrica Poco distribuito, presente nei neuroni istaminergici Presente in tessuti ematopoietici periferici, midollo osseo Proteina G accoppiata Pathways attivati Fosfolipasi A, NfkB, cAMP, NOS Fosfolipasi C, Protein chinasio C, c-fos MAP chinasi, inbizione cAMP MAP chinasi, inbizione cAMP Azione dell’istamina Prurito, dolore, vasodilatazione, ipotensione, tachicardia Secrezione gastrica acida, permeabilità vascolare Previene broncocostrizione media prurito Differenziamento di mieloblasti e promielociti Nabissi15 GHIANDOLE ESOCRINE Ghiandole gastriche: aumento della secrezione di H+, di pepsina e del fattore intrinseco, mediati da recettori H2 (localizzati sulle cellule parietali) Ghiandole salivari, pancreatiche, intestinali, lacrimali e bronchiali: aumento della secrezione, mediata da recettori H1 SISTEMA IMMUNITARIO Mastociti e granulociti basofili: diminuzione della secrezione di autacoidi (ormoni ad azione locale) mediata da recettori H2 (meccanismo a feed-back negativo) Granulociti neurotrofili: diminuzione della secrezione di enzimi lisosomiali mediata da recettori H2 Linfociti: diminuzione della produzione di anticorpi e linfochine mediata da recettori H2 Nabissi15 Metaboliti dell’acido arachidonico Quando le cellule sono attivate da stimoli di varia natura, i lipidi presenti sulla membrana plasmatica sono rimodellati per generare mediatori lipidici che fungono da segnali intracellulari o extracellulari influenzando diversi processi biologici , fra cui l’infiammazione. Questi lipidi formati, definiti AUTACOIDI, sono ormoni che svolgono la loro funzione a livello locale (autocrina o paracrina). Nabissi15 Metaboliti dell’acido arachidonico L’acido arachidonico (AA) è un grasso polinsaturo a 20 atomi di carbonio che deriva da fonti alimentari o dalla conversione dell’acido linoleico. L’acido arachidonico non si trova libero nelle cellule, ma è normalmente esterificato nei fosfolipidi di membrana. Viene rilasciato da questi ultimi, attraverso l’azione di fosfolipasi cellulari, le quali possono essere attivate da stimoli chimici, fisici, meccanici o altri mediatori (C5a). Metaboliti dell’acido arachidonico • • I mediatori dell’acido arachidonico vengono denominati EICOSANOIDI, si legano a recettori accoppiati alle proteine G e mediano ogni fase della risposta infiammatoria. Sono sintetizzati da due importanti classi di enzimi: – 1) ciclossigenasi: da cui si ottengono prostaglandine e trombossani – 2) lipossigenasi da cui si ottengono leucotrieni e lipossine Nabissi15 Ciclossigenasi La via ciclossigenasica è mediata da due diversi enzimi (COX-1 e COX-2). La COX-1 è espressa costitutivamente, la COX-2 è inducibile. Entrambe le vie portano alla produzione di PROSTAGLANDINE (PG). Le prostaglandine sono codificate con il suffisso PG, una lettera (PGD, PGE,..) e da un numero che indica il numero di doppi legame del composto (PGE2). Le prostaglandine sono coinvolte anche nel meccanismo del dolore e della febbre durante il processo d’infezione. La prostaglandina PGE2 è iperalgesica in quanto rende la cute ipersensibile agli stimoli dolorosi. La prostaglandina PGI2 è il principale metabolita della via ciclossigenasica nei mastociti, causando vasodilatazione ed aumento della permeabilità delle venule potenziando cosi’ la formazione dell’edema. Nabissi15 TERAPIA ANTINFIAMMATORIA Inibitori ad ampio spettro: Comprendono i glucocorticoidi che sono potenti antinfiammatori che inibiscono la trascrizione della COX-2, fosfolipasi A2, citochine (IL-1, TNF) e NOS. I glucocorticoidi inoltre stimolano la trascrizione di geni che codificano per proteine antinfiammatorie, come la LIPOCORTINA 1 che inibisce il rilascio di AA dai fosfolipidi di membrana. Nabissi15 VIA LIPOSSIGENASICA I metaboliti iniziali sono prodotti da tre diversi lipossigenasi: 1) La 5-lipossigenasi, presente nei neutrofili che porta alla produzione di 5-HETE, che è un’agente chemiotattico per i neutrofili e viene convertito in una famiglia di composti detti LEUCOTRIENI. La loro funzione è quella di facilitare l’adesione e l’aggregazione dei leucociti, la generazione di radiacali liberi dell’O2, il rilascio di enzimi lisosomiali vasocostrizione e broncospasmo. Nabissi15 Legandosi a specifici recettori i LT promuovono l’accumolo e le funzioni di tutte le classi di leucociti. Queste risposte sono importanti in diversi tipi di patologie (asma, cardiovascolari, tumori, ecc..). Il LT stimolano la crescita delle CD34+ pluripotent hematopoietic stem-cell progenitors e la loro migrazione nel plasma. LT incrementano l’espressione delle molecole d’adesione e promuovono la motilità cellulare. Mediante LTB-receptor 1 (BLT1), LTB4 recluta i mastociti, neutrofili, e cellule T Nabissi15 Nabissi15 LIPOSSINE Le lipossine derivano da meccanismi di sintesi transcellulare, cioe’ la loro produzione coinvolge due tipi celluari. I neutrofili producono intermedi della sintesi di lipossine che vengono poi convertite in lipossine dalle piastrine. Le lipossine, inibiscono il reclutamento dei leucociti e delle componenti cellulari dell’infiammazione, inibendo la chemiotassi dei leucociti e l’adesione. Questo suggerisce che le lipossine siano dei regolatori negativi dell’azione dei leucotrieni e quindi coinvolti nel processo di risoluzione dell’infiammazione. Nabissi15 OSSIDO NITRICO L’ossido nitrico (NO) è un mediatore pleiotropico dell’infiammazione e fu inizialmente scoperto come un fattore rilasciato dalle cellule endoteliali che causa vasodilatazione, rilassando la muscolatura liscia dei vasi e vene. NO è un gas solubile prodotto dall’enzima nitrico sintetasi (NOS) a partire da L-arginina. Vi sono tre tipi di NOS: endoteliale (eNOS), neuronale (nNOS) e inducibile (iNOS). I primi due sono espressi costitutivamente a bassi livelli e possono essere attivati rapidamente da un aumento degli ioni Ca2+ intracellulari, provocando una rapida produzione di NO, iNOS viene invece indotto quando i macrofagi e altre cellule sono attivate da citochine (TNF). NO agisce a livello paracrino sulle cellule bersaglio attraverso l’induzione di GMP (guanosin-monofosfato) ciclico che a sua volta da inizio a una serie di eventi intracellulari che generano rilassamento muscolare a livello dei vasi. Nabissi15 OSSIDO NITRICO • Inoltre NO riduce l’aggregazione e l’adesione inibendo alcune caratteristiche dell’infiammazione indotta dai mastociti e funge da regolatore endogeno del reclutamento dei leucociti. • Quindi NO rappresenta un meccanismo endogeno compensatorio che riduce la risposta infiammatoria. • Inoltre NO ed i suoi derivati sono microbicidi, quindi NO è anche un mediatore nella risposta dell’ospite alle infezioni. • Infatti: – Le specie reattive che derivano da NO hanno attività antimicrobiche – Interazioni fra NO e specie reattive dell’O2 producono metaboliti antimicrobici – La produzione di NO aumenta durante la risposta dell’ospite alle infezioni – L’inattivazione del gene per la nitrico sintetasi facilita la replicazione microbica Nabissi15 Nitric Oxide (NO) Nabissi15 CITOCHINE INFIAMMATORIE Con il termine citochine s’intendono mediatori polipeptidici non antigene-specifici, che funzionano come segnali di comunicazione intercellulari (cellule del sistema immunitario vs. organi e tessuti). Le citochine sono prodotte da diversi tipi di cellule e svolgono la loro azione a breve distanza, con azioni in parte simile fra citochine diverse (es. IL-1 e TNF), con effetto pleiotropico. Le citochine possono essere suddivise in base al loro ruolo funzionale in: emopoietiche dell’immunità specifica infiammatorie primarie anti-infiammatorie ed immunosoppressive infiammatorie secondarie (le chemochine) LE CITOCHINE INFIAMMATORIE PRIMARIE SONO : IL-1, TNF e IL-6 IL-1 e TNF attivano l’intera cascata dei mediatori dell’infiammazione, mentre IL-6 si definisce anche secondaria perché agisce soprattutto nello stimolare la produzione di proteine di fase acuta, responsabili dell’amplificazione dei meccanismi dell’immunità innata. Nabissi15 Proprietà generali delle citochine Le citochine, non sono generalmente immagazzinate come molecole preformate all’interno delle cellule, ma la loro sintesi è attivata dalla trascrizione dei loro geni. Le citochine svolgono un’azione biologica sia autocrina che paracrina, legandosi, con alta affinità, a specifici recettori di membrana. L’espressione dei recettori per le citochine è regolata da segnali esterni, inducendo un maggiore risposta delle cellule che li esprimono, alle citochine. Ad esempio la stimolazione dei linfociti B e T agli antigeni induce un aumento dell’espressione dei recettori per le citochine. Nabissi15 CITOCHINE INFIAMMATORIE Le due citochine principalmente studiate nel processo infiammatorio sono il TNF (tumor necrosis factor) e IL-1 (interleuchina-1), che sono prodotte nei macrofagi attivati. La secrezione di TNF e IL-1 puo’ essere stimolata da lesioni, endotossine e vari stimoli infiammatori. La loro azione nell’infiammazione riguarda gli effetti sull’endotelio (inducendo la produzione di molecole d’adesione), sui leucociti e fibroblasti (stimolando la sintesi di mediatori dell’infiammazione (PG e NO), chemochine) e l’induzione della reazione sistemica di fase acuta. La risposta sistemica di IL-1 e TNF agisce attraverso l’induzione di IL-6, che induce la sintesi di proteine di fase acuta, amplificando a livello sistemico l’immunità innata e la rigenerazione (o riparazione) tissutale. Nabissi15 Classificazione delle citochine in base al ruolo funzionale Mediatori che regolano l’immunità innata: sono prodotti principalmente dai fagociti mononucleati in risposta ad agenti infettivi come prodotti virali, molecole batteriche, RNA a doppio filamento o dai macrofagi attivati dai linfociti T antigene-stimolati. Molte di queste citochine agiscono sulle cellule endoteliali e sui leucociti inducendo le prime risposte infiammatorie. Mediatori e regolatori dell’immunità adattativa: sono citochine prodotte principalmente dai linfociti T in risposta a specifici antigeni e regolano la crescita e differenziamento di varie popolazioni linfocitarie o reclutano e attivano altre cellule effettrici specializzate come neutrofili e eosinofili che possono eliminare gli antigeni. Stimolatori dell’ematopoiesi: stimolano la crescita ed il differenziamento di leucociti immaturi e sono prodotte dalle cellule stromali del midollo osseo. Nabissi15 Nabissi15 La regolazione negativa dell’azione delle citochine è svolta da citochine antiinfiammatorie, come IL-10 e TGF-β, prodotti dai monociti-macrofagi . Un’altra regolazione negativa è indotta dalla produzione di ACTH da parte dell’ipofisi, indotta da fattori ipotalamici stimolati da IL-1 e TGF (feedback negativo). ACTH stimola il rilascio di glucocorticoidi da parte del surrene, i quali inibiscono la produzione di IL-1 . Nabissi15 IL-1 and TNF Nabissi15 IL-1 α –IL-1β sono molecole, codificate da geni distinti, con il 20% di omologia di sequenza aminoacidica ma con attività funzionale simile. La famiglia IL-1 comprende anche la IL-1a, che è prodotta dalle stesse cellule che producono IL-1 ma ha un ruolo inibitorio. IL-1a si lega allo stesso recettore di IL-1 ma non attiva la trasduzione del segnale. Un altro meccanismio inibitorio è dato dalla presenza di un falso recettore (decoy receptor) che ha affinità di legame per IL-1 ma non trasduce per segnali intracellulari. IL-1(α /β/a) • Interleuchina1 • La fonte cellulare principale di IL-1 sono i fagociK mononucleaK che la rilasciano dopo sKmolazione da parte di LPS (LIPOPOLISSACARIDI DELLA PARETEBATTERICA)odialtrecitochine(comeilTNF).InoltreIL-1èprodoPa da altre cellule come neutrofili, cellule epiteliali (cheraKnociK) e cellule endoteliali. IL-1 viene secreta come molecola di 33kD (IL-1α) e può agire come forma intera o come soPoprodoPo di 18 kD, agendo tuPe e due le forme sullo stessorecePore.IL-1β,lasecondaformadiIL-1diventaaXvadopotaglioda partedell’enzimaIL-1β-converKngenzyme(ICE). Nabissi15 TNF IlTNFèilprincipalemediatoredellarispostainfiammatoriaaibaPerigram- negaKviedadaltrimicrobi,sopraPuPorilasciatoinrispostaaendotossine baPeriche(LPS)edèresponsabiledellecomplicazionialivellosistemico causatedadiversiKpid’infezioni. IlTNF(denominatoTNFα)èprincipalmenteprodoPodaifagociKmononucleaK aXvaK,anchesevienesecretoanchedacelluleNK,linfociKTAnKgene-sKmolaK emastociK. IlTNFvieneprodoPocomeproteinadimembrananonglicosilataconun dominioaminoterminaleintracellulareeunlargodominiocarbossi-terminale extracellulare. Nabissi15 Laformadimembranavienepoitagliatadauna metalloproteasidimembranaerilasciatocome polipepKdedi17kDcheformanopoiunomotrimero di51kDchecos=tuiscelaformaa?vadelTNF.Il TNFsecretoassumeunaformaapiramidelacui basehaaffinitàperilrecePore,inmanierataleche ognimolecoladiTNFaXvopossalegaretre recePoricontemporaneamente. Nabissi15 • Funzionibiologiche • La funzione principale del TNF è quella di sKmolare il reclutamento di neutrofili e monociK nel sito infiammatorio, ma il TNF media anche diversi effeXsiasuileucociKchesullecelluleendoteliali. • A livello delle cellule endoteliali il TNF sKmola l’espressione delle molecole d’adesione, come le selecKne E e le immunoglobuline, inoltre sKmola il rilasciodichemochinesianelleendotelialicheneimacrofagi. • Induce la secrezione di IL-1 nei fagociK mononucleaK, la quale agisce poi in modosimilealTNF. Nabissi15 IrecePoriperilTNFsonodidueKpi,TNFRIop55(55kD)ilTNFRIIop75(75kD),presenKin quasituPelecellule.IlTNFRIIaXvatorecluta,alivellocitoplasmaKcounaproteina adaPatricedenominataTRAF,conconseguenteaXvazionedelpathwayNF-kBedella proteinad’aXvazione1(AP-1),mentrel’aXvazionedelTNFRIportaalreclutamentodi proteineadaPatricicheaXvanoilpathwayestrinseco Nabissi15 AncheilTNFRIcheaXvato,induceapoptosi,puo’ ancheindurreuna rispostaan=-infiammatoriaedan=apopto=caquandoTRADDlegaTRAF2e conseguentementeaXvailpathwayNF-kB,medianteaXvazionedellaIkB chinasidapartediTRAF2.TRAF2(comealtriTRAF)aXvaanchelacascata delleMAPchinasi,checomportal’aXvazionediJNK,fosforilazionedic-june formazionedelfaPoretrascrizionaleAP-1compostodac-junec-fos.Questa aXvazionecomportalatrascrizionedigenicoinvolKnell’infiammazione (molecoled’adesioneendoteliale,citochine,chemochine)edlatrascrizione (dapartediNf-kB)digenicoinvolKnelprocessoanKapoptoKco(IAPs). FENOTIPO PROLIFERATIVO E RESISTENTE ALL’APOPTOSI Nabissi15 • RILASCIOECCESSIVODITNF • induzionedelmeccanismodellafebbrealivelloipotalamico,mediante sKmolazionedellaproduzionediprostaglandine • agiscealivellodegliepatociK,sKmolandolasintesiedilrilasciodiproteine sieriche(proteinaamiloideAefibrinogeno),inducendolarisposta infiammatoriadifaseacuta. • ProduzioneprolungatadiTNFinducecachessia,mediantesoppressionedella sensazioned’appeKtoeriduzionedellasintesidilipasi(enzimiresponsabilidel rilasciodilipoproteine,necessariealmetabolismoKssutale). • TNFcausatrombosiintravascolari,riducendoleproprietàanKcoagulanK dell’endoteliomediantelosKmolodifaPoricoagulanKedinibizionedifaPori anKcoagulanK. Nabissi15 IL-6 IL-6 interagisce con un recettore costituito da due catene, la catena gp130 che è comune ad altre citochine ed una catena IL-6R che è specifica per IL-6. IL-6R è in grado di creare un complesso attivo (in forma solubile o legato alla membrana), dopo legame a IL-6, con il gp130, permettendo anche alle cellule che non possiedono Il-6R di rispondere a IL-6. Questo sistema permette, ad esempio, alle cellule endoteliali che non esprimono IL-6R di rispondere a IL-6, che stimola la produzione di molecole d’adesione e chemochine. Il complesso IL-6R/IL-6/gp130 attiva una cascata intracellulare che attiva una tirosin-chinasi (JAK) che fosfoforila il recettore. In forma fosforilata, IL-6R/ IL-6/gp130 attira dei fattori trascrizionali (STAT) che vengono a loro volta fosforilati e sotto forma di eterodimeri migrano nel nucleo. Nabissi15 Nabissi15 Interferone di tipo I (IFN) Media la risposta immunitaria innata contro infezioni virali ed in particolare viene sintetizzato in presenza di RNA a doppio filamento, ed è composto da due proteine IFN-α IFN-β prodotti da due geni distinti. Legano lo stesso tipo di recettore, attivando una serie di risposte (attraverso il pathway JAK/STAT) che inducono: blocco della replicazione virale, mediante stimolazione della sintesi di enzimi (oligoadenilato sintetasi) che disturbano la replicazione virale incrementano l’espressione di molecole MHC (complesso maggiore d’istocompatibilità) di tipo I, che riconoscono antigeni virali e li presentano ai linfociti CD8+ che uccidono le cellule infettate Nabissi15 Interferone-γ (IFN-γ) E’ prodotto dalle cellule NK, dai linfociti CD4+Th1 e dai CD8+ e svolge la sua attività biologica legandosi a recettori che inducono l’attivazione di STAT1, il quale induce la trascrizione di geni delle molecole MHC e di enzimi responsabili della produzione di sostanze ad azione antimicrobica. INF-γ attiva i macrofagi Promuove il differenziamento dei linfociti Th1 e inibisce la proliferazione delle cellule Th2 Stimola la produzione di IgG da parte delle plasmacellule Attiva i neutrofili Nabissi15 Nabissi15 Interleuchina 12 (IL-12) E’ uno dei primi mediatori della risposta precoce dell’immunità innata ed induce la risposta immunitaria cellula-mediata. La sua azione principale sulle cellule del sistema immunitario riguarda l’induzione della produzione di IFN-γ da parte delle cellule T. IL-12 è presente in due forme di 35 e 40 kD (forma attiva) ed agisce attraverso un recettore di membrana composto da catene β1 e β2, in cui la subunità β2 è responsabile della trasmissione del segnale mediante il pathway JAK/STAT. L’azione biologica della IL-12 consiste in: stimolare la produzione di IFN-γ nei linfociti e nelle NK stimolare la differenziazione dei linfociti T-helper CD4+ in Th1 (produttori di IFN-γ) induce l’attivazione dei linfociti T CD8+ citolitici Nabissi15 Nabissi15 CITOCHINE ANTI-INFIAMMATORIE Interleuchina 10 (IL-10) Inibisce l’azione dei macrofagi attivati, controllando cosi’ la risposta infiammatoria cellulomediata Inibisce la produzione di IL-12 Inibisce l’espressione delle molecole MHC di tipo II, inibendo cosi’ l’attivazione dei linfociti T e inducendo la terminazione della risposta cellula-mediata Nabissi15 • TGF-β • Inibisce la proliferazione e l’attivazione dei linfociti e di altri leucociti ed è prodotto, dalle cellule T-antigene stimolate e dai fagociti, come precursore ed attivato da taglio proteolitico. • Inoltre TGF-β stimola la produzione di IgA (necessarie per l’immunità delle mucose), stimola la sintesi di proteine della matrice extracellulare (collagene), di metalloproteasi e d’integrine Nabissi15 RISPOSTA POLARIZZANTE Quando l’agente lesivo comporta una risposta immunitaria specifica si ha la presenza di linfociti che producono citochine con conseguente attivazione dei macrofagi. L’interazione dei macrofagi con linfociti T Helper di tipo 1 o 2 comporta una polarizzazione della risposta. RISPOSTA POLARIZZANTE DI TIPO 1: Presenza di linfociti Th1 che secernono INFγ che agisce su diversi tipi di popolazioni cellulari stimolando il reclutamento, a livello citoplasmatico, di due protein chinasi JAK1 e JAK2 che fosforilano il fattore trascrizionale STAT1. STAT1 attiva la trascrizione di molti geni coinvolti nella : - attivazione macrofagica (induzione di recettori di membrana di tipo opsoninico) - induzione del gene della NADPH ossidasi, responsabile della produzione di ROI - Induzione del gene della Nitrico sintasi (iNOS) - Induzione del gene di IL-1, IL-6 e TNF Nabissi15 RISPOSTA POLARIZZANTE DI TIPO 2 In particolare nelle risposte infiammatorie di tipo allergico, la presenza di linfociti di tipo Th2 è dominante, con conseguente secrezione di IL-4, IL-13, IL-5. Queste citochine attivano le protein chinasi JAK1 e JAK3 che fosforilano il fattore trascrizionale STAT6. STAT6 oltre ad attivare geni coinvolti con le proprietà delle IL-4 e IL-13 inducono i Th2 , inibiscono IFN-γ, determinano la produzione di IgE, la sintesi del decoy receptor per IL-1 e l’induzione di recettori per il mannosio e scavenger (recettori non opsoninici) Nabissi15 ESITI DELL’INFIAMMAZIONE ACUTA Esiti dell’infiammazione acuta 1) Completa risoluzione: rappresenta l’esito normale quando il danno è limitato 2) Guarigione tramite sostituzione con tessuto connettivo (fibrosi) 3) Infiammazione cronica Completa risoluzione: rappresenta l’esito normale quando il danno è limitato La risoluzione consiste nella neutralizzazione o nella perdità dell’attività dei mediatori, con il ripristino della normale permeabilità vascolare, la cessazione dell’infiltrazione leucocitaria, la morte dei neutrofili e la rimozione del liquido e proteine dalla sede del danno. Guarigione tramite sostituzione con tessuto connettivo (fibrosi). Avviene dopo un danno tissutale di notevole entità, quando la lesione infiammatoria colpisce i tessuti che non sono in grado di rigenerare o quando vi è un’essudato ricco in fibrina. In molte infezioni si ha la formazione di pus (infiltrato di neutrofili e liquefazione dei tessuti). Il tessuto distrutto è poi riassorbito e sostituito da fibrosi. Progressione della risposta tissutale verso l’infiammazione cronica L’infiammazione cronica puo’ seguire quella acuta, oppure la risposta infiammatoria puo’ definirsi cronica fin dall’inizio. La transizione da acuta a cronica avviene quando la risposta infiammatoria non puo’ essere risolta. Tipi morfologici dell’infiammazione acuta Infiammazione sierosa: caratterizzata dalla fuoriuscita di liquido a scarso contenuto proteico che a seconda della sede di lesione deriva dal plasma o dalle secrezioni delle cellule mesoteliali che rivestono le cavità (pericardio, pleura o peritoneo). Il liquido fuoriuscito viene denominato versamento. Infiammazione fibrinosa: in presenza di lesioni piu’ gravi con fuoriuscita di proteine e fibrinogeno, dalle lesioni dei vasi, si forma fibrina che viene depositata nello spazio extracellulare. Gli essudati fibrinosi possono essere asportati per fibrinolisi ed asportazione di altri detriti da parte dei macrofagi. Quando la fibrina non puo’ essere rimossa essa puo’ stimolare l’accrescimento di fibroblasti e vasi sanguigni, portando quindi alla formazione di cicatrici. Infiammazione suppurativa o purulenta: produzione di grandi quantità di pus costituito da neutrofili, cellule necrotiche e liquido. Gli ascessi, ad esempio, sono raccolte localizzate di tessuto infiammatorio purulento. Ulcere: lesione locale della superficie di un organo o tessuto, prodotta dall’eliminazione (distacco) di tessuto infiammatorio necrotico. L’ulcerazione si verifica quando la necrosi tissutale e l’infiammazione ad essa conseguente sono localizzate in prossimità o sulla superficie del tessuto. Infiammazione cronica L’infiammazione cronica è considerata una infiammazione di durata prolungata in cui procedono contemporeanamente l’infiammazione attiva, la distruzione del tessuto ed i tentativi di riparazione. Spesso ha un’esordio insidioso, in quanto si manifesta come una risposta debole, persistente e spesso asintomatica (artrite reumatoide, aterosclerosi, tubercolosi e patologie polmonari croniche). Cause dell’infiammazione cronica Infezioni persistenti: agenti virali, batterici o funginei che sono dotati di bassa tossicità ed evocano una risposta immunitaria detta ipersensibiltà ritardata. Prolungate esposizioni ad agenti potenzialmente tossici, esogeni ed endogeni: inalazione di materiale inorganico che genera malattie infiammatorie, ad esempio il silicio che provoca la silicosi (infiammazione cronica bronchiale) Autoimmunità: reazioni autoimmunitarie contro i tessuti dell’individuo stesso, che portano a malattie autoimmuni. BRONCOPOLM. TUBERCOLARE TUBERCOLOSI micobatteri T) granuloma tubercolare B) bronchi invasi da macrofagi Infiammazione cronica L’accumolo di macrofagi nell’infiammazione cronica è mediato da: Reclutamento di monociti dal circolo: che derivano dall’attivazione delle molecole d’adesione e da fattori chemiotattici Proliferazione locale di macrofagi: avviene dopo la loro migrazione dal torrente sanguigno. E’ un processo predominante in alcune infiammazioni croniche. Immobilizzazione dei macrofagi: causata da citochine e lipidi ossidati I prodotti, dei macrofagi attivati, servono ad eliminare gli agenti lesivi ed a iniziare i processi riparativi, ma sono anche responsabili del danno tissutale. Infatti la distruzione del tessuto è uno dei segni caratteristici dell’infiammazione cronica Riparazione del tessuto attraverso sostituzione con tessuto connettivo che si realizza con proliferazione di piccoli vasi e fibrosi. DEPOSIZIONE DI COLLAGENE all’inizio connettivo lasso poi sempre più denso Infiammazione granulomatosa Formazione di granulomi quando l’agente lesivo agisce in modo localizzato formando un nodulo di tessuto infiammatorio ben circoscritto. Il nodulo è formato dal materiale inerte non eliminabile dal sistema dei fagociti e non immunogenico. Quindi si ha assenza di risposta immunitaria specifica, ma una reazione fibrosa che tende ad isolare l’agente lesivo. Agenti antigenici sviluppano granulomi immunologici, spesso causati da agenti lesivi virali, inglobati dai macrofagi ma non annientati. Solo una risposta immunitaria specifica puo’ risolvere la causa, quindi si forma un infiltrato linfocitario caratteristico di questa forma di granuloma. Si ha reclutamento di linfociti ed attivazione mediata dalla presentazione dell’antigene ad opera di fagociti, fino ad eradicazione dell’agente lesivo. Processo Riparativo La riparazione tissutale è un fenomeno complesso che comprende eventi cellulari migratori, proliferativi, apoptotici e/o differenziativi oltre ad un ruolo diretto dei fenomeni diretti dei mediatori dell’infiammazione. La riparazione comprende due processi: rigenerazione e reintegrazione connettivale. La rigenerazione consiste nel ripristino delle cellule funzionali del tessuto leso, la reintegrazione connettivale consiste nella sostituzione delle cellule danneggiate con tessuto connettivale e perdita di funzionalità (fibrosi). Nei processi riparativi sono coinvolte tutte le cellule presenti ed attive nel processo infiammatorio Rigenerazione Restituzione del tessuto perso Tessuti con alta capacità proliferativa = tessuti labili (cellule ematopoietiche, cellule epiteliali della pelle e del tratto gastrointestinale che rigenerano da cellule staminali) Tessuti quiescenti = tessuti stabili hanno normalmente bassi livelli di replicazione, ma possono andare incontro a rapida divisione cellulare quando stimolati. ( cellule parenchimali del fegato, rene, pancreas, cellule di origine parenchimale come linfociti, fibroblasti cellule muscolari liscie, endoteliali) Reintegrazione connettivale La cicatrizzazione è una risposta fibro-protettiva che risolve il danno piu’ che restituire la funzionalità tissuttale e coinvolge i seguenti processi: Induzione di una risposta infiammatoria che rimuove il tessuto morto e danneggiato Proliferazione di cellule del tessuto parenchimale e connettivo Angiogenesi e formazione di tessuto granulomatoso Sintesi di proteine della ECM e deposito di collageno. Rimodellamento tissutale Contrazione della ferita Formazione della cicatrice con perdita della funzionalità tissutale ECCESSO DI RIPARAZIONE: GENESI DELLA FIBROSI RIPARAZIONE DELLE FERITE DERMO-EPIDERMICHE GUARIGINE DI PRIMA E SECONDA INTENZIONE Guarigione di prima intenzione: ferite con margini giustapposti (incisione chirurgica) Guarigione di seconda intenzione: ferite con margini opposti irregolari Tessuto granulare con consistente neo-vascolarizzazione, presenza di magrofagi (causa presenza d’infezioni), fibriblasti e perdita della connessione della ECM Incremento dell’accumulo di collagene, cicatrizzazione, zone dense di collagene e fibre di elastina. Prolungarsi delle fasi di guarigione Riparazione delle ferite dermo-epidermiche Entro pochi minuti formazione di coagulo contenente fibrina e fibronectina, con formazione di crosta (escara) nella parte superficiale. Proliferazione dei cheratinociti Rilascio PDGF e TGF-β che attivano il reclutamento di piastrine e neutrofili, con inizio del processo infiammatorio. Dopo 24/48 ore la rigenerazione epiteliale è completa, con invasione del coagulo sottostante da parte di neutrofili e macrofagi che sono responsabili dell’eliminazione dei detriti cellulari e del rilascio di fattori di crescita. A 72 ore la fase di proliferazione inizia con il reclutamento di fibroblasti stimolati da TGF-β e FGF. Sintesi di collagene, vascolarizzazione. Entro una settimana si ha la regressione del componente leucocitario e dell’angiogenesi e nel periodo succesivo completa formazione della cicatrice, che puo’ portare in casi di mal rigenerazione alla formazione di cisti epitelioidi, cicatrice ipertrofica o cheloidi (cicatrici deturpanti) Difetti della cicatrizzazione ulcere Deinescenza cheloidi Eccessiva cicatrizzazione contratture Rigenerazione epatica Le cellule coinvolte nella rigenerazione epatica sono di tre tipi: – Epatociti maturi che vanno incontro a cicli proliferativi limitati – Cellule progenitrici duttali che possono differenziarsi in epatociti o cellule biliari – Cellule staminali periduttali, molto rare ma pluripotenti con alto potenziale differenziativo – La rigenerazione epatica è attivata principalmente da TNF-α che induce l’espressione di IL-6 che attiva STAT 3 seguendo la via di NfkB con induzione di geni che codificano per prodotti coinvolti nell’attivazione del ciclo cellulare (c-jun, c-fos, c-myc) e di geni anti-apoptotici (BclXL). Altri fattori di crescita, come HGF (hepatocytes growth factor) inducono l’espressione di geni che attivano il ciclo cellulare e blocco dell’apoptosi. Nel casi di danno ridotto la riparazione è caratterizzata da ripresa della funzionalità d’organo, altrimenti si ha reintegrazione connettivale con FIBROSI EPATICA, che puo’ compromettere la funzionalità dell’organo con evoluzione verso la CIRROSI EPATICA CIRROSI EPATICA CIRROSI A LIVELLO MACROSCOPICO E MICROSCOPICO Fegato cirrotico Fegato normale Le cellule del Kupffer secernono citochine che attivano le cellule stellate le quali possono differenziarsi in miofibroblasti deponendo i componenti della matrice extracellulare (collagene, ecc..) diventando responsabili del processo di fibrosi Riparazione dell’ulcera peptica • La mucosa gastrointestinale che è esposta continuamente all’azione lesiva della secrezione cloridro-peptica, mantiene la sua integrità morfo-funzionale grazie all’azione di fattori come il muco e bicarbonato, EGF, TGF-α, HGF e PDGF che consentono di mantenere un’equilibrio fra riparazione e danno. • Il danno della mucosa gastrica puo’ consistere in una desquamazione superficiale o una lesione piu’ profonda (ulcera peptica) fino ad arrivare ad interessare il peritoneo (ulcera perforata). • Il danno profondo comporta lesione dei componenti tissutali sottoepiteliali come la musculatura, i nervi ed i vasi sanguigni, quindi il processo riparativo risulta piu’ complesso. Ulcera duodenale Ulcera gastrica con sangue digerito sulla superficie tissutale Helicobacter pylori H. Pylori si adatta nell’ambiente acido dello stomaco, mostrando una serie di aspetti caratteristici CHE GLI PERMETTONO di attraversare il muco, nuotare ed orientarsi nel muco, aderire alle cellule epiteliali della mucosa, evadere dalla risposta immunitaria, colonizzare e proliferare Esprime proteine che codificano per geni variabili come: • enzimi che sono in grado di modificare la struttura antigenica delle molecole della superficie batterica. • Controllare l’entrata di DNA esterno • Regolare la motilità dei flagelli H.Pylori produce ureasi che idrolizzano l’urea in CO2 e ammoniaca creando un ambiente basicointornoallacoloniaba:ericamaaumentandol’aciditàdellostomaco. H.pyloriesprimela95-kD vacuolaKngcytotoxin (VacA), che secreta nello stomaco ha come bersaglio le membrane mitocondriali delle cellule della mucosa, inducendo il rilascio di citocromoCediconseguenzaapoptosi. Un’altraproteinaprodoPadaH.pylorièCagAcheaXvaKrosinchinasinellecelluleospite inducendorilasciodifaPoridicrescitaecitochine,inducendoproliferazioneestato infiammatorio. Riparazione del miocardio • Il tessuto cardiaco è composto principalmente da cardiomiociti, cellule con capacità contrattili differenziate e non in grado di dividersi. • Quindi lesioni del tessuto cardiaco comportano una guarigione mediante sostituzione con tessuto cicatrizzante. • Questo comporta aumento del collagene e neovascolarizzazione che possono coinvolgere zone non direttamente colpite dall’infarto, instaurando un’insufficienza ventricolare sinistra cronica. • La capacità contrattile dei cardiomiociti è indotta da angitensina II che deriva dalla conversione dell’angiotensinogeno, nel cuore infartuato, attuata da renina e catepsina D. L’angiotensina I prodotta è poi convertita in angiotensina II da ACE (angiotensin-converting enzyme). • I livelli di ACE ed angiotensina II aumentano nell’infarto. • Recentemente sono state identificate cellule staminali adulte in grado di originare cardiomiociti maturi, celllule muscolari liscie e cellule endoteliali. Rappresentazione della progressione della necrosi da miocardio, dopo occlusione della coronaria REAZIONI SISTEMICHE DELL’INFIAMMAZIONE Nabissi15 Ipersensibilità Tipo I • Ipersensibilità Immediata o Anafilassi Tipo II • Ipersensibilità mediata da anticorpi citotossici Tipo III • Ipersensibilità mediata da immunocomplessi Tipo IV • Ipersensibilità di tipo ritardato o cellulo-mediata Le reazioni d’ipersensibilità sono definite come risposte del sistema immunitario contro antigeni che sono di per se innocui ma che possono generare dei danni attraverso le due vie del sistema immunitario (anticorpi o linfociti T effettori). Questa risposta immunitaria permette di classificare le risposte d’ipersensibilità in ANTICORPO-MEDIATA o CELLULO-MEDIATA. Entrambe le risposte immunitarie non si verificano al primo contatto con l’antigene, in quanto deve esserci una fase di sensibilizzazione che precede il manifestarsi della reazione. Un’altra caratteristica è che le reazioni anticorpo dipendenti tendono a svilupparsi velocemente, in quanto gli anticorpi specifici (all’antigene) sono molecole preformate ed immediatamente disponibili. Quella di tipo IV, viene definita ritardata in quanto dipende dalla mobilizzazione delle cellule che dopo essere state attivate richiedono circa 18-20 ore per raggiungere il numero sufficiente per contrastare l’antigene Quattro tipi di ipersensibilità Allergie ed Ipersensibilità Le allergie sono delle reazioni d’ipersensibilità. Una risposta di IgE verso antigeni innocui. L’Ipersensibilità è una reazione immunitaria verso un antigene innocuo che provoca un danno cellulare Un antigene che causa allergia è detto allergene Reazione immediata che avviene in soggetti geneticamente predisposti pochi minuti dopo la seconda esposizione ad un antigene (allergene) e coinvolge le IgE Patologie: • Asma • Rinite allergica • Eczema • Orticaria • Anafilassi Allergie: Ipersensibilità di tipo I mediata da IgE sui mastociti Degranulazione dei Mastociti attivata dall’antigene (allergene): legame tra FcεR ed IgE Le IgE sono prodotte dal tessuto linfoide al primo contatto con un allergene Quando interviene una seconda esposizione l’antigene si combina con le IgE precedentemente prodotte e legate ai mastociti tramite la regione Fc, provocando il rilascio dei mediatori chimici contenuti. Ipersensibilità di tipo II o Citotossica E’ una reazione mediata da anticorpi (IgG o IgM) che legano antigeni di superficie delle cellule ospiti. Apteni - sostanze capaci di rendere antigenica una proteina innocua. Bersagli comuni sono i Globuli Rossi e le Piastrine. L’anticorpo complessato all’antigene si lega sulla superficie cellulare fissando ed attivando il complemento. L’attivazione del complemento porta alla lisi cellulare con conseguente anemia emolitica nel caso dei globuli rossi ed emorragia nel caso delle piastrine. Altro esempio è la trasfusione di sangue incompatibile. Ipersensibilità di tipo III o da immunocomplessi E’ caratterizzata dalla formazione di immunocomplessi che si formano in circolo od a livello delle membrane basali dei vasi. Gli immunocomplessi sono costituiti da antigene, IgG o IgM e complemento. L’attivazione da parte degli IC del complemento comporta la formazione di C3a e C5a che inducono il rilascio di sostanze vasoattive, aumento della permeabilità vasale nelle prima fase (antigene in eccesso), nella fase successiva (equilibrio fra antigene e IC) gli IC tendono a precipitare ed a essere fagocitati. La vasculite consiste in accumulo sottoendoteliale a livello dell’aorta e dei vasi polmonari di cellule mononucleate, necrosi della tonaca media (causata principalmente da neutrofili) e distruzione della membrana elastica interna dei vasi a medio calibro (cuore). La glomerulonefrite è caratterizzata da proliferazione di cellule endoteliali con conseguente restringimento del lume capillare e depositi densi lungo la membrana basale. Le lesioni flogistiche colpiscono i glomeruli con conseguente proteinuria, ematuria, ipertensione, edema fino all’insufficienza renale. Ipersensibilità di tipo IV ritardata o cellulo-mediata Richiede la presenza di Linfociti T sensibilizzati (da qui il cellulo-mediata) ed un antigene. Si manifesta dopo 24-48 ore dalla stimolazione (da qui il ritardata). Viene provocata da alcuni batteri: • Bacillo tubercolare, • Brucella, • Virus (morbillo e parotite), • Funghi • Punture d’insetto, • Sostanze chimiche e farmacologiche. Alla base della reazione di tipo IV c’è una reazione tra antigene, linfociti T sensibilizzati all’antigene e macrofagi L’antigene reagisce con un linfocita sensibilizzato stimolando la produzione di citochine (linfochine) che: • Richiamano monociti e macrofagi, • Li trattengono nel sito interessato, • Li attivano. I Macrofagi attivati, rilasciano enzimi lisosomiali e (citochine) che causano: • la distruzione del tessuto, • infiammazione • ulteriore richiamo di macrofagi. FEBBRE Meccanismi di termoregolazione La temperatura corporea dell’uomo è mantenuta in condizioni fisiologiche entro livelli costanti (37 °C±1), mediante un sistema di termoregolazione che conprende diversi meccanismi fra cui i sensori di temperatura centrali e periferici, un centro neuronale regolatorio ed effettori che attraverso reazioni chimico-fisiche sono in grado di variare i livelli della temperatura corporea. I sensori rilevano le informazioni derivanti dalla periferia corporea (terminazione nervose) e dal sangue, le quali vengono percepite dai neuroni ipotalamici (neuroni W) e da altri tipi di cellule attivando risposta di termodispersione o termoproduzione. La termodispersione avviene principalmente mediante evaporazione (eliminazione di vapore acqueo mediante la respirazione) o la sudorazione, mentre se l’ambiente esterno è freddo, l’ipotalamo attiva una risposta che tende prima a conservare e poi a produrre calore nei tessuti periferici. L’aumento di temperatura corporea si puo’ distinguere in due processi: ipertermia e febbre che differiscono in quanto nella febbre si ha una alterazione del centro di termoregolazione, mentre nell’ipertermia non si ha attivazione di questo centro. L’ipertermia si verifica in condizioni di lavoro fisico eccessivo o nel colpo di calore favorito da particolari condizioni climatiche (caldo e umidità), farmaci (cocaina, LSD), che rendono difficile la termodispersione, portando in alcune condizioni a temperature corporee anche letali. La febbre caratteristica nei processi infiammatori è causata da una diminuita termodispersione e dall’attivazione dell’espressione di specifici geni (che sono coinvolti nel processo di neotermogenesi) ed è indotta da fattori pirogeni endogeni (citochine pirogene) e prostaglandine (PG). La diminuita termodispersione (termoconservazione) è attuata mediante vasocostrizione superficiale con vasodilatazione degli organi interni, mentre la neotermogenesi avviene mediante aumento del metabolismo di alcuni tessuti, fenomeni entrambi regolati dall’ipotalamo stimolato dai pirogeni interni (IL-1, IL-6, TNF-α). PATOGENESI DELLA FEBBRE I pirogeni attivano la sintesi di PGE2, all’attivazione del nucleo sopraottico e paraventricolare che rilascia peptidi che attivano l’ipofisi ed i centri vasomotori. Ad esempio a livello dell’adenoipofisi si ha il rilascio dell’ormone stimolante le tireotropine (TSH), che agisce a livello tiroideo stimolando la sintesi e rilascio di T3 e T4. Quest’ultimi attivano le ATP-asi i o n i c h e c h e c o n s u m a n o AT P producendo calore, le termogenine I e II che attivano produzione di calore e la lipolisi e la glicolisi necessari a riprodurre l’ATP. I pirogeni si possono suddividere in esogeni ed endogeni, i primi sono principalmente le endotossine batteriche in grado di evocare la risposta febbrile, mentre i secondi sono principalmente le citochine pirogene e la PGE2 che direttamente o indirettamente agiscono a livello ipotalamico mediante la stimolazione della sintesi di cAMP, che permette un resettaggio del centro termoregolatore verso un livello di temperatura maggiore. I pirogeni endogeni non sono solo prodotti in presenza di endotossine, virus od altri parassiti, ma anche quando si hanno danni endogeni come necrosi cellulare, infarto, ictus, ecc.. La febbre viene caratterizzata da dei profili termici qualitativi e quantitativi (curva termica) che possono essere di valido aiuto nel diagnosticare la causa dello stato febbrile. La curva termica si puo’ distinguere in tre fasi: innalzamento, fastigio e defervescenza. La prima è determinata dal rialzo termico con caratteristici brividi e contrazioni muscolari, il fastigio si caratterizza per i valori termici raggiunti (bassi, medi, alti, altissimi), la durata (ore, giorni, anni) e per come vengono mantenuti (continui o discontinui). La defervescenza indica la scomparsa della febbre e puo’ essere rapida (per crisi) o lenta (per lisi). Fase del rialzo termico: sensazione di freddo, brividi, pallore cutaneo con conseguente vasocostrizione (riduzione della termodispersione). Fase del fastigio: quando i centri termoregolatori si posiziona a temperature maggiori di 37 °C, scompare la sensazione di freddo e compare quella di calore. Si attiva con l’aumento di PGE2 e si mantiene per tutto il periodo in cui si ha produzione di PGE2 in eccesso. Fase di defervescenza: sensazione di caldo ed abbassamento della temperatura, con riduzione delle citochine infiammatorie e di conseguenza di PGE 2 . I centri termoregolatori riportano lentamente (per crisi) o velocemente (per lisi) il corpo a livelli di temperatura normale attivando la sudorazione per facilitare l’abbassamento della temperatura. Per quanto riguarda il trattamento dello stato febbrile si utilizzano, quando necessario, antipiretici che agiscono inibendo le cicloossigenasi (COX) che sono responsabili della produzione di PGE2 come l’aspirina o altri farmaci non steroidei, oppure farmaci steroidei (glucocorticoidi) che inibiscono la fosfolipasi A2 responsabile del rilascio di acido arachidonico necessario per la sintesi di PGE2. TIPI DI FEBBRE Febbre continua: rialzo termico che si mantiene costante durante i periodo di fastigio, classica nelle malattie infettive. Febbre remittente: oscillazioni di temperatura durante il periodo di fastigio, con variazioni non superiori ad 1 °C, senza mai raggiungere la defervescenza. Tipica del tifo. Febbre continua-remittente: aumenti di temperatura di 1°C durante il periodo di fastigio senza mai raggiungere la defervescenza. Febbre intermittente: rialzi di temperatura seguiti da temperatura normale con alternanza spesso regolare. Si indica quotidiana quando il rialzo è mattutino per poi ridursi durante la giornata. Il significato patologico della febbre Aspetti positivi Febbre = sintomo = indice di evolutività della malattia causale Aumenta le difese dell’organismo, in particolare la produzione di heat shock proteins (HSPs) dette anche chaperons, che proteggono proteine cellulari dal danno Aspetti negativi L’ipertermia stessa è problemi di tolleranza (astenia + intensa, compl. neurologiche, disidratazione…) I pirogeni stessi possono indurre gravi complicanze generali = la sindrome maligna FEBBRE EMORRAGICA Nabissi15 Classificazione del virus Ebola Ordine: Mononegavirales Filoviridae • Ebolavirus – 5 viruses/species – Ebola (Zaire) – Sudan – Bundibugyo – Tai Forest – Reston • Marburgvirus • Cuevavirus Struttura del virus § Il virione ha una struttura tubulare variabile § I virioni misurano complessivamente 80 nm di diametro e circa 1000/1400 nm di lunghezza § Al centro del virione è presente il”nucleocapside” composto da RNA genomico e da un complesso proteico NP, VP35, VP30 ed L § E’ presente una glicoproteina (GP) virale derivante dalla membrana della cellula ospite § Nella matrice situata tra membrana e nucleocapside si trovano le proteine virali VP40 e VP24 Genoma • Ciascun virione contiene una molecola anti-senso di RNA (sssRNA) composta da due estremità: 3’ e 5’ • Il genoma codifica per 7 proteine strutturali disposte in linea: - 4 strutturali (VP 30, VP35, NP e una polimerasi [ L] ) - 3 associate alla membrana ( GP, VP40 e VP24) • La regione codificante è: 3’-LEADER-NP-VP35-VP40-GP/sGP-VP30-VP24-TRAILER-5’ Replicazione citoplasmatica La replicazione citoplasmatica avviene attraverso: • Aggancio ai recettori tramite GP ed endocitosi del virus in vescicole della cellula ospite • Il virione entra negli endosomi mediante macropinocitosi • Fusione della membrana dei virus con membrana vescicolare e rilascio del ribonucleotide nel citoplasma • Trascrizione sequenziale, maturazione degli mRNA virali tramite aggiunta di basi e poliadenilazione con polimerasi • Replicazione • Il ribonucleotide interagisce con le proteine della matrice e attraverso gemmazione rilascia il virione Serbatoio e trasmissione all’uomo q Probabilmente i pipistrelli della frutta sono il serbatoio naturale del virus Ebola q I pipistrelli possono infettare altri animali tra cui scimpanzé, gorilla e antilopi q Gli esseri umani maneggiano e consumano carne cruda di questi animali selvatici q Infezione umana passa da persona a persona Patogenesi - Come il virus causa la malattia q Il virus entra nel corpo umano tramite sangue e fluidi corporei infetti (urina, feci, vomito, saliva,sudore, sperma e latte materno) che entrano in contatto diretto con mucose, ferite aperte e via parenterale (punture) q Virus replica preferenzialmente in monociti / macrofagi e cellule dendritiche che facilitano la diffusione del virus in tutto il corpo attraverso il sistema linfatico. q Altre cellule vengono infettate in via secondaria, provocando una rapida crescita virale in epatociti, cellule endoteliali e tessuti epiteliali q Nella fase progressiva della malattia si verifica una forte cascata infiammatoria con rilascio di citochine pro-infiammatorie tra cui interferone, interleuchine (IL-2, IL-6, IL-8, IL-10) e fattori di necrosi tumorale (TNF-α) Patogenesi – La risposta infiammatoria q Provoca danno endoteliale, aumento della permeabilità vascolare e shock. q A sua volta ciò comporta disfunzioni a livello di un singolo organo o multi-organo q Diffusa coagulazione intravascolare disseminata(CID) con consumo di piastrine e fattori della coagulazione che portano a emorragia. q Presenza di IgM a due giorni e IgG a 5-8 giorni dall'infezione. Risposta immunitaria si correla con la sopravvivenza del paziente infetto q Aumento della probabilità di guarigione in coloro che attivano tale risposta immunitaria e sopravvivono per un periodo > 1 settimana Manifestazioni cliniche q Il periodo di incubazione del virus è solitamente di 8-10 giorni (range 2-21) Sintomi precoci: (da 0 a 3° giorno) q comparsa improvvisa di febbre> 38.6°C q sintomi simil-influenzali: mialgia, artralgia, malessere e brividi, mal di gola,difficoltà di deglutizione,astenia, cefalea Sintomi successivi (da 3° a 12° giorno) q nausea, vomito, dolore addominale, diarrea q dolore toracico, difficoltà respiratorie e tosse q sintomi SNC: mal di testa, confusione e coma Manifestazioni cliniche Sintomi gravi (intorno al 5° giorno) q ipotensione, edema periferico q manifestazioni emorragiche (interne/esterne) si sviluppano nel 40- 50% dei pazienti malati q rush cutanei, ematomi, petecchie ed ecchimosi, epistassi, emottisi, ematuria, ematemesi, e massiccia perdita di sangue a livello GI q disidratazione e perdita di peso q disfunzioni a livello di reni e fegato Anomalie in esami di laboratorio confermano: q trombocitopenia e leucopenia q transaminasi elevate (AST> ALT), amilasi, D-dimeri q Riduzione di albumina Sintomi terminali q Tachipnea, anuria, esaurimento fisico, shock ipovolemico ed insufficienza multi-organo Fattori di rischio a confronto Sono fattori di rischio Non sono fattori di rischio § Esposizione a oggetti e/o ambienti contaminati con secrezioni infette § Contatti frequenti tra malati e parenti § Precarie condizioni igienico-sanitarie § Allattare al seno bambini dopo aver contratto la malattia § Partecipare alla cerimonia funebre toccando il cadavere di una persona deceduta a causa dell’infezione § Fare sesso con una persona infetta o con persona guarita dalla malattia da poco tempo § Riutilizzare siringhe con aghi non sterili § Entrare in contatto con persone che non presentano sintomi § Viaggiare in aereo con persone che hanno sviluppato i sintomi solo successivamente § Puntura di zanzare § Trasmissione aerea (non possibile) Prevenzione e Gestione dei pazienti Il personale sanitario deve Ø Indossare dispositivi di protezione individuali(DPI) Ø Utilizzare cautela nella vestizione e rimozione Ø Utilizzare corrette misure di controllo e sterilizzazione Ø Isolare i pazienti con malattia sospetta e quelli con malattia accertata Le popolazioni delle aree endemiche devono Evitare contatto con fluidi corporei infetti Non maneggiare oggetti probabilmente contaminati Evitare funerali e cerimonie di sepoltura Evitare contatti con pipistrelli e di mangiare carne di scimmia (bush-meat) Ø Praticare un’attenta igiene delle mani e del corpo Ø Ø Ø Ø