TESSILE- ABBIGLIAMENTO E CALZATURE1 Le previsioni al 2016: valore aggiunto, produttività ed occupazione Il tessile-abbigliamento e il calzaturiero rappresenta un settore di specializzazione dell’economia italiana ma negli ultimi decenni ha conosciuto un notevole ridimensionamento dovuto alla crescente concorrenza proveniente dalle economie emergenti (in particolare, da quelle asiatiche) che hanno spiazzato parte dei produttori italiani, ridimensionamento, quelli meno competitivi, accompagnatosi anche spinti allo fuori dal spostamento mercato. Tale di della parti produzione all’estero, si è tradotto in una riduzione del peso sul Pil del settore, che dal 3 per cento di inizio anni novanta è sceso all’1.7 per cento. Resta comunque un settore che produce quasi il 9 per cento del valore aggiunto industriale complessivo. Dopo una sostanziale stagnazione per tutti gli anni novanta, il valore aggiunto del settore è andato calando negli anni duemila: nell’ultimo decennio la crisi del settore tessile e del calzaturiero è andata intensificandosi. Nel periodo tra il 2001 ed il 2005 la variazione è stata di -3.1 punti percentuali in media all’anno; la caduta si è però moderata nel periodo successivo, quando il tasso medio annuo di variazione è stato del -1.9 per cento. Dal 2005, in effetti, si è osservata una stabilizzazione dell’attività produttiva: la correzione sembrava essersi completata. Nel biennio 2008-2009, però, gli esiti della crisi sono stati piuttosto pesanti, e sono andati sovrapponendosi alla tendenza stagnante: il valore aggiunto si è complessivamente ridotto di oltre il 18 per cento in un biennio. Inoltre, nel 2010 si è osservato un rimbalzo, pari al 10.6 per cento, che però ha consentito di recuperare solo una parte delle perdite. Sulle prospettive pesano non solo gli effetti della recessione in atto, ma anche la prosecuzione di tendenze di fondo sfavorevoli. Il risultato è una nuova riduzione dell’attività produttiva. Nel periodo 2012-2016 il valore aggiunto prodotto dal settore è previsto contrarsi ad un tasso dello 0.7 per cento all’anno. Nel primo grafico viene rappresentata la crescita del settore delle industrie tessili, dell’abbigliamento e delle calzature; come misura dell’attività si utilizza il valore 1 Il settore include le “Industrie tessili e dell’abbigliamento” e le “Industrie conciarie”; tali settori erano precedentemente distinti, ma con la revisione delle serie storiche dei conti nazionali, espressi nella nuova classificazione Ateco2007, non è più possibile distinguerli, dato che sono disponibili solo i dati per l’aggregato. 1 aggiunto a valori concatenati, ovvero espresso in termini reali (depurato cioè dall’inflazione specifica del settore).2 Valore Aggiunto (*) Variazioni % annue 15,0 10,0 5,0 0,0 -5,0 -10,0 -15,0 -20,0 94 97 00 03 06 09 12 15 (*) A prezzi costanti La produttività del lavoro è un’altra variabile di rilievo al fine di cogliere le tendenze di ciascun settore dell’economia. La dinamica della produttività del lavoro3 è stata positiva per tutti gli anni novanta: la ristrutturazione del settore tessile e calzaturiero ha permesso difatti alcuni guadagni di produttività. Questi però non sono stati sufficienti a recuperare in competitività rispetto ai concorrenti. A partire dal 2000, la crisi della produzione ha coinciso con un indebolimento della produttività. La fase di espulsione dal mercato delle imprese meno efficienti e il conseguente rinnovamento ha favorito un graduale recupero della produttività del lavoro nella seconda metà del decennio. Tra il 2006 ed il 2012 la dinamica della produttività è 2 Il valore aggiunto è definito, per ogni impresa, come la differenza tra il valore della sua produzione e il valore dei beni intermedi utilizzati. La somma dei valori aggiunti per le imprese operanti in un determinato comparto produttivo rappresenta il valore aggiunto settoriale. Mediante la tecnica del concatenamento, utilizzata nella contabilità nazionale a partire dal 2005, si è introdotta un indicatore delle variazioni di volume che non tenga conto solo dei valori assunti in due momenti precisi (l’anno corrente e quello base), ma che sia in grado di incorporare l’andamento complessivo del fenomeno nell’intervallo di tempo considerato. 3 La produttività del lavoro è misurata dal valore aggiunto per unità di lavoro. Incrementi di produttività permettono di conseguire determinati livelli produttivi con un minor fabbisogno di lavoro. In altre parole, la produttività aumenta se l’occupazione cresce a ritmi inferiori a quelli del prodotto. 2 tornata ad essere positiva, con tassi medi annui di crescita del 2.8 per cento. A sostenere la crescita nel periodo è stato il rimbalzo osservato nel 2010, quando l’incremento complessivo della produttività è stato di quasi il 17 per cento, a fronte di una riduzione blanda nel biennio di crisi. Il settore è stato così solo marginalmente interessato dal fenomeno del labour hoarding, che si è osservato invece per molti altri settori. Secondo le previsioni di medio termine, la produttività dovrebbe proseguire nella dinamica di recupero: prosegue difatti il processo di ristrutturazione del settore che la crisi recente pare aver accelerato. Produttività del lavoro Livello, 1992=1 2,10 1,90 1,70 1,50 1,30 1,10 0,90 92 96 00 04 08 12 16 Nel terzo grafico si confronta l’andamento dell’occupazione con quello degli equivalenti a tempo pieno, ovvero le unità di lavoro4. È da almeno un ventennio che l’industria tessile-abbigliamento e calzaturiera sta conoscendo un progressivo ridimensionamento: se nel 1992 gli occupati nel settore erano quasi 1.1 milioni, e rappresentavano poco meno del 5 per cento degli occupati totali, nel 2011 il loro numero si è quasi dimezzato, ridotto a poco più di 618 mila addetti, rappresentanti un modesto 2.5 per cento degli occupati. 4 L’unità di lavoro rappresenta la quantità di lavoro prestata da un occupato a tempo pieno, oppure la quantità di lavoro equivalente prestata da lavoratori a tempo parziale o che svolgono un doppio lavoro, al netto della Cassa Integrazione. Le unità di lavoro sono dunque utilizzate come unità di misura del volume di lavoro impiegato nella produzione dei beni e servizi; con tale misura si tiene conto delle variazioni dell’orario di lavoro. 3 La caduta del numero di occupati nel settore è del resto proseguita anche nell’ultimo decennio. Tra il 2001 ed il 2005 la contrazione è stata del 2.3 per cento in media all’anno; la flessione si è intensificata nell’ultimo periodo (2006-2011), quando è avvenuta a tassi medi annui del 3.5 per cento: tale accentuazione è il risultato prevalentemente della caduta osservata nel biennio 2009-2010, quando sono stati espulsi oltre 96 mila addetti come risposta alla crisi in atto. Il calo osservato nelle unità di lavoro è stato ancora più marcato: nel periodo 20062011 la contrazione è stata del 4.6 per cento in media d’anno. D’altra parte la crescente diffusione del lavoro a tempo parziale, ma anche la riduzione degli orari di lavoro, hanno consentito di assorbire parte degli effetti del ridimensionamento della domanda di lavoro, limitandone la ricaduta sui livelli occupazionali, che è stata comunque ampia. In prospettiva, le tendenze di ristrutturazione settoriale e di progressiva espulsione di manodopera proseguiranno; a ciò si sovrapporranno gli effetti negativi della recessione che sta interessando il primo biennio del periodo di previsione. Per il periodo 2012-2016 i tassi di variazione degli occupati restano negativi, pari in media a -4 punti percentuali all’anno. Alla fine del periodo di previsione gli occupati nel settore si saranno complessivamente ridotti di quasi 115 mila lavoratori rispetto al livello osservato nel 2011. Le perdite cumulate nel 2016 rispetto ai livelli pre crisi (2007) saranno pari a 225 mila occupati. Occupati totali - Unità di lavoro Livello, migliaia Unità di lavoro Occupati totali 1200 1000 800 600 400 200 0 92 94 96 98 00 02 04 06 08 10 12 14 16 4 L’andamento degli aggregati professionali al 2016 La tabella che segue distribuisce la previsione dell’occupazione al 2016 per i Grandi Gruppi professionali della Classificazione delle Professioni ISTAT CP 2011. L'occupazione al 2011 e le previsioni al 2016 GRANDI GRUPPI PROFESSIONALI*** Numero occupati Variazione 2011* 2011-2016** 2016** Legis latori, imprenditori e alta dirigenza 21.022 17.131 -3.892 Profess ioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione 14.314 11.664 -2.650 Profess ioni tecniche 72.303 58.917 -13.385 Profess ioni es ecutive nel lavoro d'ufficio 54.058 44.051 -10.008 Profess ioni qualificate nelle attivita’ comm erciali e nei servizi 18.067 14.722 -3.345 Artigiani, operai specializzati e agricoltori 246.193 200.616 -45.577 Conduttori di impianti, operai di macchinari fis si e mobili e conducenti di veicoli Profess ioni non qualificate 169.066 137.767 -31.299 23.177 18.886 -4.291 Totale occupazione 618.200 503.754 -114.446 *Dati riproporzionati sui valori di Contab ilità Nazionale **Previsioni ISFOL-IRS basate su proiezioni metodo dei coefficienti fissi ***Si riportano i grandi gruppi professionali rlevanti per il settore Fonte: elaborazioni ISFOL-IRS su microdati Istat Forze di Lavoro e previsioni ISFOL-REF 5