AGRICOLTURA Le previsioni al 2016: valore aggiunto, produttività ed occupazione Il peso del settore dell’agricoltura si è ridotto rispetto a qualche decennio fa, ma in alcuni territori rappresenta ancora una quota non trascurabile del valore aggiunto, in particolare nelle regioni meridionali. A livello nazionale, l’agricoltura produce il 2.1 per cento del Pil italiano. La dinamica del valore aggiunto dell’agricoltura ha mostrato un trend crescente per tutti gli anni novanta, interrottosi però con il nuovo decennio. Tra il 2001 ed il 2005, in media, l’attività produttiva in agricoltura ha registrato tassi di variazione pari a -0.2 punti percentuali all’anno, sintesi di una flessione del valore aggiunto nei primi anni e di un considerevole incremento (+13.6 per cento) nel 2004. Dopo quest’anno eccezionalmente favorevole, l’attività produttiva ha evidenziato un andamento generalmente in flessione. Tra il 2006 ed il 2011 il valore aggiunto si è ridotto di 1.9 punti percentuali in media all’anno, a causa soprattutto della contrazione osservata nel 2009 (-3.7 per cento) e nel 2010 (-7.8 per cento). Lo scenario di previsione al 2016 prefigura un proseguimento della tendenza cedente dei livelli produttivi. Nel periodo tra il 2012 ed il 2016 si prevede un tasso di variazione medio annuo ampiamente negativo (-1.2 per cento), sintesi di una caduta più marcata nella prima parte del periodo e di una stagnazione nella parte finale. Nel primo grafico viene rappresentata la crescita del settore dell’agricoltura; come misura dell’attività si utilizza il valore aggiunto a valori concatenati, ovvero espresso in termini reali (depurato cioè dall’inflazione specifica del settore).1 1 Il valore aggiunto è definito, per ogni impresa, come la differenza tra il valore della sua produzione e il valore dei beni intermedi utilizzati. La somma dei valori aggiunti per le imprese operanti in un determinato comparto produttivo rappresenta il valore aggiunto settoriale. Mediante la tecnica del concatenamento, utilizzata nella contabilità nazionale a partire dal 2005, si è introdotta un indicatore delle variazioni di volume che non tenga conto solo dei valori assunti in due momenti precisi (l’anno corrente e quello base), ma che sia in grado di incorporare l’andamento complessivo del fenomeno nell’intervallo di tempo considerato. 1 Valore Aggiunto (*) Variazioni % annue 15,0 10,0 5,0 0,0 -5,0 -10,0 94 97 00 03 06 09 12 15 (*) A prezzi costanti La produttività del lavoro è un’altra variabile di rilievo al fine di cogliere le tendenze di ciascun settore dell’economia. La dinamica della produttività del lavoro2 sta seguendo un trend positivo da almeno un ventennio. Il graduale ammodernamento del settore e lo sviluppo di attività accessorie più legate al terziario (come il turismo) hanno permesso di registrare un progresso tecnico: la produttività totale dei fattori ha fornito difatti contributi positivi, ma decrescenti con il tempo, alla crescita dell’output del settore. Il progresso e la progressiva espulsione di manodopera hanno consentito un incremento della produttività del lavoro. Tale tendenza si è però interrotta nella seconda metà degli anni duemila. Tra il 2006 e il 2011, infatti, la produttività è risultata stagnante, registrando tassi medi annui di variazione del -0.4 per cento, soprattutto per effetto della caduta osservata nel 2010. Nel medio termine, la produttività è prevista tornare a muoversi lungo un trend crescente. 2 La produttività del lavoro è misurata dal valore aggiunto per unità di lavoro. Incrementi di produttività permettono di conseguire determinati livelli produttivi con un minor fabbisogno di lavoro. In altre parole, la produttività aumenta se l’occupazione cresce a ritmi inferiori a quelli del prodotto. 2 Produttività del lavoro Livello, 1992=1 1,80 1,70 1,60 1,50 1,40 1,30 1,20 1,10 1,00 0,90 92 96 00 04 08 12 16 Nel terzo grafico si confronta l’andamento dell’occupazione con quello degli equivalenti a tempo pieno, ovvero le unità di lavoro3. È da almeno un trentennio che il settore dell’agricoltura sta conoscendo un progressivo ridimensionamento dei propri livelli occupazionali: se nel 1980 gli occupati nel settore erano 2 milioni 800 mila, e costituivano il 13 per cento degli occupati italiani, nel 2011 il loro numero si era ridotto a un terzo, pari a 898 mila addetti, ovvero il 3.6 per cento degli occupati. L’espulsione di occupati è proseguita anche nell’ultimo decennio. Tra il 2001 ed il 2005 la riduzione è avvenuta a tassi medi annui di contrazione dell’1.6 per cento: la flessione è risultata invece meno intensa nell’ultimo periodo (2006-2011), quando è avvenuta a tassi medi annui dell’1 per cento. Durante gli anni novanta si era osservato un calo più contenuto, rispetto quello rilevato per gli occupati, nelle unità di lavoro: d’altra parte l’agricoltura è caratterizzata da una quota non trascurabile di lavoratori stagionali, che quindi potevano svolgere un secondo lavoro. Nell’ultimo decennio, invece, il divario tra le dinamiche si è invertito, probabilmente anche per la crescente diffusione del lavoro a tempo parziale. Nel periodo tra il 2006 ed il 2011 le unità di lavoro si sono infatti 3 L’unità di lavoro rappresenta la quantità di lavoro prestata da un occupato a tempo pieno, oppure la quantità di lavoro equivalente prestata da lavoratori a tempo parziale o che svolgono un doppio lavoro, al netto della Cassa Integrazione. Le unità di lavoro sono dunque utilizzate come unità di misura del volume di lavoro impiegato nella produzione dei beni e servizi; con tale misura si tiene conto delle variazioni dell’orario di lavoro. 3 contratte dell’1.5 per cento in media all’anno, più di quanto sia stato rilevato per gli occupati. In prospettiva, si ritiene che le tendenze di progressiva espulsione di manodopera proseguiranno, con un’accentuazione rispetto all’ultimo quinquennio, data la debolezza dell’attività produttiva. Per il periodo 2012-2016 i tassi di variazione degli occupati restano negativi, pari in media a -1.7 punti percentuali all’anno. Nel 2016 i posti di lavoro persi nell’agricoltura saranno più di 73 mila rispetto al livello osservato nel 2011, e gli addetti nel settore saranno scesi a 825 mila. Rispetto ai livelli pre-crisi (2007), le perdite cumulate nel 2016 saranno pari a quasi 123 mila occupati. Occupati totali - Unità di lavoro Livello, migliaia Unità di lavoro Occupati totali 2100 1900 1700 1500 1300 1100 900 700 500 92 94 96 98 00 02 04 06 08 10 12 14 16 4 L’andamento degli aggregati professionali al 2016 La tabella che segue distribuisce la previsione dell’occupazione al 2016 per i Grandi Gruppi professionali della Classificazione delle Professioni ISTAT CP 2011. L'occupazione al 2011 e le previsioni al 2016 GRANDI GRUPPI PROFESSIONALI*** Legis latori, imprenditori e alta dirigenza Numero occupati Variazione 2011* 2011-2016** 2016** 54.227 49.802 -4.425 1.812 1.664 -148 Profess ioni tecniche 18.554 17.040 -1.514 Profess ioni es ecutive nel lavoro d'ufficio 12.323 11.317 -1.006 7.432 6.826 -606 460.990 423.371 -37.619 Profess ioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione Profess ioni qualificate nelle attivita’ comm erciali e nei servizi Artigiani, operai specializzati e agricoltori Conduttori di impianti, operai di macchinari fis si e mobili e conducenti di veicoli Profess ioni non qualificate 27.946 25.666 -2.281 315.069 289.358 -25.711 Totale occupazione 898.353 825.043 -73.310 *Dati riproporzionati sui valori di Contab ilità Nazionale **Previsioni ISFOL-IRS basate su proiezioni metodo dei coefficienti fissi ***Si riportano i grandi gruppi professionali rlevanti per il settore Fonte: elaborazioni ISFOL-IRS su microdati Istat Forze di Lavoro e previsioni ISFOL-REF 5