COMMERCIO Le previsioni al 2016: valore aggiunto, produttività ed occupazione Il commercio all’ingrosso e al dettaglio rappresenta un settore di dimensioni rilevanti: più dell’11 per cento del Pil italiano è prodotto dal commercio. La dinamica del valore aggiunto ha mostrato un trend positivo per quasi due decenni. Nonostante alcuni episodi in cui l’attività, risentendo delle flessioni cicliche dell’economia, si è contratta, tra il 1992 ed il 2007 il valore aggiunto in termini reali è complessivamente cresciuto di quasi il 16 per cento. Lo sviluppo è però andato rallentando con il tempo. Se nella seconda metà degli anni novanta il tasso di crescita era mediamente di 0.9 punti percentuali all’anno, il ritmo di incremento si è ridotto allo 0.2 per cento tra il 2001 ed il 2005. L’attività è entrata in stagnazione. La fase di graduale crescita dell’attività del settore osservata a partire dal 2004 si è interrotta bruscamente nel 2008; per effetto della crisi, che ha comportato una caduta del reddito disponibile delle famiglie, un deterioramento della fiducia e un venire meno del sostegno del credito al consumo (dato l’irrigidimento delle condizioni di finanziamento), l’attività del settore si è contratta di oltre 13 punti percentuali nel solo biennio 2008-2009. Nel 2010 e nel 2011 si è osservata una ripresa, complessivamente del 10 per cento, che però risulta insufficiente per ritornare sui livelli precedenti la crisi, recuperando le perdite subite. Le prospettive del settore sono strettamente legate alla dinamica prevista per i consumi. Nel breve periodo peseranno gli effetti della recessione in atto. Il reddito disponibile delle famiglie, che si è già contratto di quasi 5 punti percentuali in termini reali in quattro anni consecutivi di debolezza, sta risentendo delle crescenti difficoltà: da una parte la debolezza del mercato del lavoro e delle retribuzioni, dall’altra la pesante correzione dei conti pubblici. La riduzione del tasso di risparmio operata dalle famiglie, che ha permesso una tenuta dei consumi, negli ultimi mesi ha mostrato un’inversione di tendenza, che potrebbe continuare, a causa della crescente incertezza e del timore di ulteriori manovre fiscali. Nel breve periodo, pertanto, il valore aggiunto è previsto registrare una nuova contrazione. Nel medio periodo, invece, non è da escludere una progressiva ripresa, che però risulterebbe insufficiente a riportare il settore sui livelli produttivi del 2011 (che erano comunque inferiori a quelli pre crisi). Nella media del periodo 2012-2016 1 il valore aggiunto dovrebbe registrare tassi di variazione annui di -0.1 punti percentuali. Nel primo grafico viene rappresentata la crescita del settore del commercio; come misura dell’attività si utilizza il valore aggiunto a valori concatenati, ovvero espresso in termini reali (depurato cioè dall’inflazione specifica del settore).1 Valore Aggiunto (*) Variazioni % annue 10,0 5,0 0,0 -5,0 -10,0 -15,0 94 97 00 03 06 09 12 15 (*) A prezzi costanti La produttività del lavoro è un’altra variabile di rilievo al fine di cogliere le tendenze di ciascun settore dell’economia. La dinamica della produttività del lavoro2 del settore del commercio ha registrato discreti progressi tra la seconda metà degli anni ottanta e la prima metà dei novanta, per effetto della ristrutturazione del settore, con la diffusione anche della grande distribuzione nel nostro paese. Negli anni duemila la produttività nel commercio è apparsa in stagnazione. Nel periodo tra il 2001 ed il 2005 la produttività ha registrato un tasso di variazione 1 Il valore aggiunto è definito, per ogni impresa, come la differenza tra il valore della sua produzione e il valore dei beni intermedi utilizzati. La somma dei valori aggiunti per le imprese operanti in un determinato comparto produttivo rappresenta il valore aggiunto settoriale. Mediante la tecnica del concatenamento, utilizzata nella contabilità nazionale a partire dal 2005, si è introdotta un indicatore delle variazioni di volume che non tenga conto solo dei valori assunti in due momenti precisi (l’anno corrente e quello base), ma che sia in grado di incorporare l’andamento complessivo del fenomeno nell’intervallo di tempo considerato. 2 La produttività del lavoro è misurata dal valore aggiunto per unità di lavoro. Incrementi di produttività permettono di conseguire determinati livelli produttivi con un minor fabbisogno di lavoro. In altre parole, la produttività aumenta se l’occupazione cresce a ritmi inferiori a quelli del prodotto. 2 media annua negativo, pari allo 0.4 per cento. La flessione è proseguita nel periodo successivo. Tra il 2006 ed il 2011 il tasso medio annuo di variazione è stato nullo: su tale risultato medio influisce il crollo della produttività osservato con il manifestarsi della crisi, pari a oltre 11 punti percentuali nel biennio 2008-2009, al quale è però seguito un rimbalzo congiunturale nel biennio successivo. Il settore del commercio è stato interessato dal fenomeno del labour hoarding: la caduta del valore aggiunto è stata prevalentemente assorbita dalla contrazione della produttività del lavoro, mentre la domanda di lavoro si è ridotta in misura minore. Il labour hoarding implica anche il rimbalzo della produttività non appena la ripresa comincia a manifestarsi: man mano che i livelli produttivi aumentano, la manodopera presente viene utilizzata in maniera più intensiva. Ed è quanto si è effettivamente osservato nel 2010 e nel 2011. In prospettiva, anche se nel breve periodo non è da escludere un nuovo labour hoarding, seppur d’intensità minore, la produttività dovrebbe continuare a recuperare, sebbene a tassi contenuti, pari allo 0.4 per cento tra il 2012 ed il 2016. Produttività del lavoro Livello, 1992=1 1,25 1,20 1,15 1,10 1,05 1,00 0,95 0,90 92 96 00 04 08 12 16 Nel terzo grafico si confronta l’andamento dell’occupazione con quello degli equivalenti a tempo pieno, ovvero le unità di lavoro3. 3 L’unità di lavoro rappresenta la quantità di lavoro prestata da un occupato a tempo pieno, oppure la quantità di lavoro equivalente prestata da lavoratori a tempo parziale o che svolgono un doppio lavoro, al netto della Cassa Integrazione. Le unità di lavoro sono dunque utilizzate come unità di misura del 3 Il settore del commercio riveste un ruolo di rilievo per le dinamiche occupazionali, rappresentando una quota prossima al 15 per cento sul totale degli occupati. All’inizio degli anni novanta, il commercio occupava circa 3 milioni e 500 mila addetti. Nel corso degli anni novanta, per effetto anche della ristrutturazione in atto nel settore, la dinamica della domanda di lavoro ha evidenziato un trend negativo. Dalla seconda metà degli anni novanta, però, la tendenza si è prima stabilizzata e ha poi evidenziato un’inversione. Tra il 2001 ed il 2005 le unità di lavoro sono cresciute in media dello 0.5 per cento all’anno. La crescita è durata un decennio, e si è interrotta con la crisi: la contrazione complessivamente registrata nel biennio 2008-2009, pari al 2.3 per cento, è stata comunque tutto sommato contenuta, se confrontata con la caduta dell’attività, data la correzione nella produttività. Il calo della domanda di lavoro è proseguito nel 2010, mentre nel 2011 si è osservata una stabilizzazione. Rispetto all’evoluzione delle unità di lavoro, la crescita dell’occupazione prima della crisi è stata anche più vivace; la maggior dinamica è stata permessa dalla crescente diffusione del lavoro a tempo parziale. Anche durante la crisi, l’andamento dell’occupazione è stato più favorevole; d’altra parte il ricorso alla Cassa Integrazione ha permesso l’ampliamento del divario tra unità di lavoro e occupati; nel solo 2009 le ore autorizzate di Cig nel commercio sono quadruplicate e il ricorso è proseguito nel 2010. In prospettiva, l’evoluzione prevista per gli occupati resta più favorevole di quella delle unità di lavoro. L’elevata femminilizzazione del settore fa sì che il part time sia previsto in ulteriore diffusione. Pertanto, a fronte di una previsione di contrazione della domanda di lavoro, per effetto della debolezza del settore e dei recuperi di produttività, l’occupazione è prevista cadere in misura minore, restando sostanzialmente stagnante nel periodo di previsione. Le unita di lavoro nel periodo tra il 2012 e il 2016 sono previste cadere ad un tasso medio annuo dello 0.5 per cento. Gli occupati invece sono previsti ridursi nello stesso periodo dello 0.2 per cento all’anno, in media. Nel 2016 si saranno persi quasi 27 mila addetti nel commercio, e le perdite cumulate rispetto alla situazione pre crisi saranno di circa 81 mila posti di lavoro. volume di lavoro impiegato nella produzione dei beni e servizi; con tale misura si tiene conto delle variazioni dell’orario di lavoro. 4 Occupati totali - Unità di lavoro Livello, migliaia Unità di lavoro Occupati totali 3700 3600 3500 3400 3300 3200 3100 3000 92 94 96 98 00 02 04 06 08 10 12 14 16 L’andamento degli aggregati professionali al 2016 La tabella che segue distribuisce la previsione dell’occupazione al 2016 per i Grandi Gruppi professionali della Classificazione delle Professioni ISTAT CP 2011. L’andamento degli aggregati professionali al 2016 La tabella che segue presenta la distribuzione degli occupati del s ettore al 2011 e le previsioni al 2016 per i Grandi Gruppi profes sionali della Class ificazione delle Profes sioni ISTAT CP 2011. L'occupazione al 2011 e le previsioni al 2016 GRANDI GRUPPI PROFESSIONALI*** Numero occupati Variazione 2011* 2011-2016** 2016** Legis latori, imprenditori e alta dirigenza 115.349 114.486 -863 Profess ioni intellettuali, s cientifiche e di elevata specializzazione 105.343 104.555 -788 Profess ioni tecniche 517.596 513.725 -3.871 Profess ioni esecutive nel lavoro d'ufficio 317.458 315.083 -2.374 1.765.287 1.752.084 -13.204 453.540 450.148 -3.392 79.817 79.220 -597 239.910 238.115 -1.794 3.594.300 3.567.416 -26.884 Profess ioni qualificate nelle attivita’ comm erciali e nei servizi Artigiani, operai specializzati e agricoltori Conduttori di impianti, operai di macchinari fiss i e mobili e conducenti di veicoli Profess ioni non qualificate Totale occupazione *Dati riproporzionati sui valori di Contab ilità Nazionale **Previsioni ISFOL-IRS basate su proiezioni metodo dei coefficienti fissi ***Si riportano i grandi gruppi professionali rlevanti per il settore Fonte: elaborazioni ISFOL-IRS su microdati Istat Forze di Lavoro e previsioni ISFOL-REF 5