Anno accademico 1986-1987 1) Si sa che l’elio è un gas perfetto monoatomico e se ne misura il calore specifico a pressione costante, trovando il valore di circa 1.25 πππ/(πΎ π). Determinare il peso atomico dell’elio. L’elio (dal greco helios, sole) fu scoperto dal francese Pierre Janssen e dall’inglese Norman Lockyer, indipendentemente l’uno dall’altro, nel 1868. Entrambi stavano studiando la luce solare durante un’eclissi ed, analizzandone lo spettro, trovarono la linea di emissione di un elemento sconosciuto. Edward Frankland confermò la scoperta di Janssen e propose che il nome dell’elemento ricordasse Helios il dio greco del sole, con l’aggiunta del suffisso ium (in inglese), perché ci si aspettava che il nuovo elemento fosse un metallo. Venne isolato da Sir William Ramsay nel 1895, dalla cleveite, un minerale fortemente radioattivo contenente uranio, e definitivamente classificato come non metallo. I chimici svedesi Nils Langlet e Per Theodor Cleve, lavorando indipendentemente da Ramsay, riuscirono a isolare l’elio dalla cleveite all’incirca nello stesso periodo. Si consideri una certa massa π di elio, costituita da π= π(grammi) peso atomico moli e contenuta in un recipiente dalle pareti bloccate, in modo da evitare ogni aumento del volume. Si fornisca dall’esterno una certa quantità di calore βπ, in modo da produrre nel gas un incremento βπ di temperatura. Allora la quantità di calore βπ da fornire al corpo è legata alla variazione di temperatura dal calore specifico a volume costante πΆπ , in modo che si possa scrivere βπ = ππΆπ βπ . Trattandosi di un gas perfetto posto in un sistema isolato, l’energia interna dipende solo dalla temperatura, sicché si può scrivere 2 3 π = π(π) = ππ π , 2 essendo π la costante dei gas. La variazione di energia interna prodotta dal riscaldamento descritto è, dunque, pari a 3 3π βπ = βπ = ππ βπ = π βπ = ππΆπ βπ , 2 2 ππ΄ da cui è immediato ricavare il peso atomico ππ΄ dell’elio ππ΄ = 3π . 2πΆπ Infine, ricordando che per i gas monoatomici 3 πΆπ = πΆπ , 5 si ottiene ππ΄ = 3π 5π π = = 3.974 , 2πΆπ 2πΆπ πππ essendo π = 1.987 πππ/(πΎ πππ). 3 2) In presenza di un campo magnetico uniforme π΅0 , un filo elettrico di resistenza π , inizialmente avvolto a cappio come in figura, viene tirato agli estremi a velocità costante π£0 . Si assuma che la forma del cappio sia e rimanga circolare e che il campo magnetico sia perpendicolare al piano dove giace il cappio. (π) Qual è la quantità totale di carica π che ha percorso il cappio fino a quando esso è scomparso? (ππ) Qual è l’andamento temporale della corrente π(π‘) durante il processo? La prima cosa da fare è determinare come si riduce nel tempo la superficie circolare che delimita la spira. Il raggio della spira parte da un valore iniziale π(0) = π0 e si riduce nel tempo. Alla circonferenza iniziale viene sottratta istante per istante una lunghezza funzione del tempo pari a 2π£0 π‘, per cui si può concludere che π(π‘) = π0 − π£0 π‘. π Dopo un certo tempo π‘0 si osserva che il raggio della spira diventa nullo, sicché π0 − π£0 π0 π‘0 = 0 → π‘0 = π . π π£0 4 Anche la resistenza del cappio varia con il tempo, partendo dal valore π (0) = π , secondo la relazione π (π‘) = π π(π‘) π£0 π‘0 − π‘ π‘ =π = π − (1 ), π0 π π£0 π‘0 π‘0 π determinata dalla seconda legge di Ohm. A questo punto è facile determinare la contrazione temporale π(π‘) della superficie sferica, sicché π(π‘) = ππ 2 (π‘) = ππ02 π£02 2 − 2π£0 π0 π‘ + π‘ . π Il flusso magnetico Φπ΅ (π‘) al generico istante vale β β πΜ ππ = π΅0 π(π‘) , Φπ΅ (π‘) = β¬ π΅ π(π‘) essendo πΜ il versore normale al piano della spira, orientato come il campo di induzione magnetica. La forza elettromotrice indotta nella spira, allora, è pari a π π£0 π£02 β°(π‘) = − Φπ΅ (π‘) = 2π΅0 π£0 (π0 − π‘) = 2π΅0 (π‘0 − π‘) . ππ‘ π π L’ultima forma riportata mostra chiaramente che anche la forza elettromotrice, all’istante π‘0 , si annulla. Invertendo l’ordine delle risposte, si può dire che la corrente istantanea che fluisce nel cappio è pari a 5 π£02 2π΅ β°(π‘) 2π΅0 π£0 π0 0 π (π‘0 − π‘) π(π‘) = = = , π£ π (π‘) π π 0 (π‘0 − π‘) ππ0 cioè è una costante che non dipende dal tempo, almeno fino all’istante π‘0 in cui repentinamente si torna a zero. Questa corrente può scorrere solo in una spira chiusa, come stabilisce la legge dell’induzione elettromagnetica, vale a dire nel cappio con il nodo. La riprova è che il testo chiede la carica che è passata nel cappio durante il processo. La corrente non può circolare nei tratti rettilinei svolti oltre il nodo del cappio, a destra e sinistra: si tratta di conduttori che hanno lo stesso potenziale dell’estremo del cappio a cui sono collegati e quindi senza corrente. Si conclude che la carica π che ha percorso il cappio vale 2π΅0 π£0 π0 2ππ΅0 π02 π= π‘0 = . π π 6 3) Alla parete superiore di un contenitore è appeso un pendolo di lunghezza π = 0.1 π. Si sa che il contenitore non è inclinato, cioè che la parete superiore è orizzontale (perpendicolare alla accelerazione di gravità terrestre – si prenda π = 10 π/π 2 ). Si considerino ora le tre situazioni seguenti. (π) Il pendolo oscilla con periodo π0 = π π 5 π1 = π π 10 intorno all’asse verticale. (ππ) Il pendolo oscilla con periodo intorno all’asse verticale. (πππ) Il pendolo oscilla con periodo π2 = π0 √cos π intorno a un asse inclinato (verso sinistra) di un angolo π rispetto all’asse verticale. Cosa si può dire sul moto del contenitore, riferito ad un sistema solidale con la Terra, nei tre casi? Come è ben noto, il periodo di oscillazione di un pendolo, fermo rispetto ad un sistema inerziale, vale 7 π π = 2π√ . π La Terra non è un vero e proprio sistema di questo tipo, a causa dei suoi movimenti di rivoluzione e di rotazione. In particolare, il moto di rotazione sottopone gli oggetti sulla sua superficie lontani dai poli a una piccola forza centrifuga. Tuttavia questa accelerazione è irrilevante in certi casi, per cui la Terra è un sistema di riferimento che approssima un sistema di riferimento inerziale. (π) In questa situazione risulta che il periodo π 0.1 π π0 = 2π√ = 2π√ π = π π 10 5 coincide con il periodo di un pendolo fermo sulla Terra. Si tratta, dunque, di un pendolo solidale con la Terra. 8 (ππ) In questo caso il pendolo è in moto accelerato rispetto alla Terra. Precisamente, dato che π π π1 2 2π 2 π π1 = 2π√ → = ( ) → π = π ( ) − π = 30 2 . π+π π+π 2π π1 π Il contenitore con il pendolo è allora animato di moto uniformemente accelerato verso l’alto, in direzione opposta all’accelerazione di gravità. (πππ) In questa terza situazione il contenitore è animato di moto rettilineo uniformemente accelerato nella direzione opposta allo spostamento sistematico del pendolo. Nel riferimento solidale con il carrello, sul corpo di massa π oltre alla forza peso agisce una forza apparente che lo allontana dalla verticale. Il corpo è in equilibrio statico grazie a una terza forza, la tensione del filo. Nel riferimento inerziale del laboratorio, sul corpo oltre alla forza peso agisce soltanto la tensione del filo inclinato: la risultante di queste due forze accelera il corpo insieme al carrello. In entrambi i casi, la forza orizzontale sul corpo è uguale al prodotto della massa del corpo per l’accelerazione del carrello nel riferimento del laboratorio. L’angolo π rispetto all’asse verticale si determina facilmente, immaginando il pendolo non oscillate, semplicemente trascinato dal contenitore. Ebbene, operando un bilancio delle forze all’equilibrio, si ricava l’accelerazione di trascinamento del contenitore, che è pari a π = π tan π = 10 tan π . 9 4) Siano π, π interi dispari. Si dimostri che π2 − π2 è divisibile per 8. Supposto che π = 2π + 1 , π = 2π + 1 , con π, π ∈ β€ , si può scrivere che π2 − π2 = (2π + 1)2 − (2π + 1)2 = 4(π − π)(π + π + 1) . Discende allora che π2 − π2 (π − π)(π + π + 1) = . 8 2 Per comprendere per quale motivo il rapporto al secondo membro rappresenti un numero intero, basta considerare i due casi che coinvolgono gli interi relativi π e π. (π) Gli interi π e π siano entrambi pari oppure entrambi dispari. In questo primo caso la differenza π − π è comunque pari e quindi risulta divisibile per due. (π) Gli interi π e π sono uno pari e l’altro dispari. In questo secondo caso è la somma π + π + 1 a risultare pari e quindi divisibile per due. 10 5) Si dica per quali numeri reali π₯ vale la seguente disuguaglianza |sen π₯ − √3 cos π₯| ≤ sen π₯ . Dato che, in forza della formula di addizione del seno, risulta 1 π √3 sen π₯ − √3 cos π₯ = 2 ( sen π₯ − cos π₯) = 2 sen (π₯ − ) , 2 2 3 la disequazione assegnata diventa π 2 |sen (π₯ − )| ≤ sen π₯ . 3 Nella figura precedente sono stati rappresentati ambo i membri della disequazione: in particolare, in blu è mostrato il primo membro, in rosso il secondo. A meno di multipli interi dell’angolo giro, le due curve si incontrano nei due punti che seguono 11 − sen π₯1 + √3 cos π₯1 = sen π₯1 → sen π₯2 − √3 cos π₯2 = sen π₯2 → √3 → π₯1 ≅ 0.227185 π , 2 π cos π₯2 = 0 → π₯2 = . 2 tan π₯1 = In definitiva, la soluzione completa della disequazione data vale π₯1 + 2ππ ≤ π₯ ≤ π₯2 + 2ππ , 12 (π ∈ π). 6) Sia π un triangolo rettangolo. Si determini il rettangolo di area massima contenuto in π e avente un lato parallelo all’ipotenusa di π. Detta π l’ipotenusa del triangolo π e β l’altezza relativa all’ipotenusa, indicata con π₯ = ππ = ππ l’altezza del rettangolo, risulta π΅π = π₯ cot πΌ , ππΆ = π₯ tan πΌ . Si ricava, allora, che la base del rettangolo vale π π = π − π₯ cot πΌ − π₯ tan πΌ = π − π₯ 2π₯ =π− . sen πΌ cos πΌ sen(2πΌ) L’area del rettangolo π(π₯), che rappresenta la funzione da massimizzare, è pari a 13 π(π₯) = π₯ [π − 2π₯ ], sen(2πΌ) cioè si è in presenza di una parabola con concavità rivolta verso il basso e con un vertice (massimo relativo) nel punto π π2 π₯π = sen(2πΌ) , π(π₯π ) = sin(2πΌ) = πππ΄π . 4 8 Ora, dal momento che l’area del triangolo π vale π β β π 2 sen πΌ cos πΌ π 2 ππ = = = sin(2πΌ) , 2 2 4 si può, in definitiva concludere che il rettangolo di area massima occupa una superficie pari alla metà di quella del triangolo π πππ΄π π2 1 = sin(2πΌ) = ππ . 8 2 14