lezione “i diritti della personalità (prima parte prof .ssa

LEZIONE
“I DIRITTI DELLA PERSONALITÀ (PRIMA PARTE)”
PROF.SSA CARMELA ANNARUMMA
Università Telematica Pegaso
I diritti della personalità
Indice
1
Persona e diritti fondamentali -------------------------------------------------------------------------- 3
2
Le caratteristiche dei diritti della persona ----------------------------------------------------------- 5
3
Il diritto alla vita ------------------------------------------------------------------------------------------- 7
4
La posizione dell’embrione ------------------------------------------------------------------------------ 8
5
Diritto all’integrità psico-fisica ----------------------------------------------------------------------- 10
6
Diritto alla salute----------------------------------------------------------------------------------------- 12
7
Il potere di disposizione del cadavere --------------------------------------------------------------- 13
Bibliografia ------------------------------------------------------------------------------------------------------ 16
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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I diritti della personalità
1 Persona e diritti fondamentali
Con l’espressione diritti della personalità (definiti anche diritti fondamentali o
semplicemente diritti umani) si allude a quei diritti il cui riconoscimento tende ad assicurare il pieno
sviluppo della persona umana, tutelandone gli interessi essenziali, questi diritti sono sia quelli che
riguardano l’individuo nella sua fisicità sia quelli che riguardano la sfera morale ossia i rapporti con
gli altri consociati.
Inizialmente la tutela di tali diritti era affidata al diritto pubblico ed in particolare al diritto
costituzionale, l’idea che il diritto privato debba dedicare attenzione alla tutela della persona e dei
suoi valori al di fuori dell’ambito dei rapporti di natura patrimoniale, ha trovato la sua prima
concreta espressione, nel nostro ordinamento, solo con l’inserimento nel codice civile del libro I e
nella legislazione con esso coordinata1.
Bisogna ricordare che oltre alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, sottoscritta
a New York il 10 dicembre del 1948, quasi come manifesto del nuovo ordine mondiale di valori, ha
fatto seguito, nell’area europea, la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle
libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, i cui principi, attraverso la relativa
ratifica con la legge n. 848 del 4 agosto del 1955, si devono considerare senz’altro operanti anche
nel nostro ordinamento interno.
La particolare importanza della Convenzione in questione deriva dall’avere gli Stati
contraenti, tra cui anche l’Italia, accettato un meccanismo di controllo e di rispetto dei relativi
principi, fondato sull’attività decisionale della Corte europea dei diritti dell’uomo.
Ad essa si possono direttamente rivolgere coloro che ritengono violati, da parte di uno
Stato, i diritti sanciti dalla Convenzione stessa.
Il rispetto dei diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione è, inoltre sancito
dall’art. 6 comma 2 del Trattato sull’Unione Europea.
Il quadro normativo di riferimento entro cui devono collocarsi i diritti della personalità è
costituito in particolar modo dalla Costituzione dal codice civile nonché dalla legislazione speciale.
1
Proprio l’affermarsi dell’esigenza di garantire la salvaguardia degli interessi di natura personale del
soggetto anche nei rapporti intersoggettivi ha determinato la necessità di elaborare nuovi e originali strumenti di tutela e
di rivedere le posizioni in ordine a quelli già esistenti.
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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I diritti della personalità
In particolar modo l’art. 2 della Costituzione si pone come norma fondamentale di tutela e
di protezione integrale della persona e degli interessi di cui essa è portatrice2.
L’art. 2 è inteso come norma fondamentale, una sorta di clausola generale che consente
l’ingresso di nuovi diritti in una prospettiva di sempre maggiore tutela della dignità umana.
I diritti in questione sono considerati inviolabili e vengono riconosciuti dall’ordinamento
per promuovere la garanzia, si evidenzia da un lato, l’idea di una loro naturale inerenza alla persona
e dall’altro lato, si abbandona una visione tendente a considerare la persona e la sua tutela come
mero riflesso delle esigenze di conservazione e di potenziamento dello Stato.
Le vicende che hanno condotto al riconoscimento del diritto alla riservatezza evidenziano
come attraverso l’art. 2 della Costituzione si sia giunti a dare rilievo ad un diritto che né la
Costituzione né il codice civile contemplavano.
Il diritto della persona alla riservatezza, inteso come tutela di quelle situazioni personali e
familiari che non hanno per i terzi alcun apprezzabile interesse, ha poi trovato riconoscimento
dapprima nella legge n. 675 del 1996 e successivamente nel testo Unico in materi di protezione dei
dati personali.
Ciò dimostra che non tutti i diritti fondamentali ricevono lo stesso grado di tutela3.
I diritti in questione sono dichiarati inviolabili e vengono riconosciuti dall’ordinamento, da
una parte si accoglie l’idea di una loro naturale inerenza alla persona e dall’altro si abbandona una
visione tendente a considerare la persona e la sua tutela come mero riflesso delle esigenze di
conservazione e di protezione dello Stato.
Oltre all’art. 2 della Costituzione non meno importante risulta l’art. 3 della Costituzione
che prevede il principio dell’eguaglianza sostanziale tra i cittadini4.
2
Art.2 Cost., La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle
forme sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica,
economica e sociale.
3
Cfr. P. Stanzione, Manuale di diritto privato, G. Giappichelli Editore, 2006, pag. 313 e ss..
4
Altre disposizioni normative sono contenute nell’art.4 e 36 della Costituzione in materia di lavoro, l’art.41
della Costituzione in materia di iniziativa economica, l’art.32 della Costituzione in materia di salute, senza contare poi il
richiamo, in funzione garantista, alle varie libertà, artt.13 e ss. della Costituzione, caratterizzate espressamente dalla
comune nota della inviolabilità.
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2 Le caratteristiche dei diritti della persona
In primis possiamo affermare che i diritti della persona sono definiti diritti soggettivi5.
Secondo l’impostazione corrente, una volta considerati quali veri e propri diritti soggettive,
i diritti della persona vengono annoverati tra quelli assoluti. come tale tutelato erga omnes, nei
confronti di qualsiasi appartenete alla collettività a prescindere dalla preesistenza di un rapporto
giuridico.
Ad essi risulta connaturale la pretesa del titolare, nei confronti della generalità dei
consociati, oltre che verso lo Stato, all’altrui astensione da qualsiasi violazione dell’interesse
tutelato.
Inoltre assumono il carattere di diritti innati, per cui essi rappresentano per ognuno un
patrimonio comunque sussistente non potendo ammettere che una persona ne sia priva. Di
conseguenza l’imprescittibilità di tali diritti, essendo il soggetto ammesso sempre a rivendicarne la
titolarità a prescindere dal mancato esercizio, anche protratto nel tempo, ferma la prescrizione
dell’azione risarcitoria ex art. 2043 c.c..
L’intrasmissibilità e da intendere che tali diritti sono destinati a venire meno con la morte
del soggetto titolare.
Altra caratteristica di tale categoria di diritti è la indisponibilità collegata al fatto che si
tratta di diritti inviolabili e della non patrimonialità.
La indisponibilità si manifesta mediante il divieto assoluto, come ad esempio è per gli atti
di diposizione del proprio corpo lesivi del diritto alla vita e all’incolumità fisica, art. 5, ovvero con
la possibilità per l’interessato di revocare in ogni momento ed incondizionatamente l’eventuale
consenso a subire le conseguenze della violazione del diritto da parte di un terzo, pur se detto
consenso sia stato dato in piena libertà e consapevolezza.
5
Nel codice civile il diritto soggettivo è, in generale nel linguaggio legislativo, è la situazione giuridica
soggettiva favorevole (attiva) riconosciuta ad un soggetto in relazione ad un bene è correntemente identificata con il
termine diritto (diritto al nome, diritto di proprietà, diritto di superficie, diritto al risarcimento del danno). Si parla di
diritto, inteso in senso soggettivo, ogniqualvolta ad un soggetto viene garantita dall’ordinamento la realizzazione del
suo interesse, riconoscendogli il potere di pretendere da colui o da coloro i cui interessi sono stati subordinati al suo
comportamento (attivo o di mera astensione) che tale realizzazione renda possibile, a questo fine anche azionando gli
strumenti attuativi che l’ordinamento stesso gli mette a disposizione.
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I diritti della personalità
L’indisponibilità deriva dal fatto che è improponibile il trasferimento dell’oggetto, la
persona, o la rinunzia del diritto, ossia dell’interesse tutelato, data la sua inerenza alla persona stessa
in quanto soggetto ovvero, in altra prospettiva, che non c’è oggetto, ma solo tutela ex art. 2043 c.c.
della persona nei suoi vari modi di essere, tutela ovviamente indisponibile.
Prevale una crescente tendenza a ritenere l’indisponibilità in termini non eccessivamente
rigidi, ammettendosi, in relazione a talune manifestazioni della propria personalità, volontarie
limitazioni parziali e rinunzie al relativo esercizio6, sia pure entro il confine rappresentato dalla
compatibilità, alla stregua della coscienza sociale e nel rispetto della dignità dell’uomo.
Inammissibile sarebbe una abdicazione totale o definitiva.
Infine i diritti della persona hanno il carattere della non patrimonialità, nel senso che i
diritti della persona non hanno un valore economico predeterminato corrispondente.
Una parte della dottrina, utilizzando un concetto ampio di patrimonio come insieme delle
situazioni giuridiche e dei beni–interessi che gravitano nella sfera giuridica di un singolo individuo,
ha affermato che i diritti della persona possono essere visti anche come diritti di natura
patrimoniale.
Quest'ultima accezione assume rilievo nel momento in cui occorre quantificare il
risarcimento per il danno arrecato a tali diritti.
6
Cass. n.3014 del 17 febbraio 2004, ritiene che in tema di immagine, il consenso alla pubblicazione
costituisce un negozio unilaterale, avente ad oggetto non il diritto personalissimo ed inalienabile all’immagine, ma
soltanto il suo esercizio, tale consenso, sebbene possa essere occasionalmente inserito in un contratto, da esso resta
tuttavia distinto ed autonomo, con le conseguenze che ne derivano, in particolare, ai fini della sua revocabilità, quale
che sia il temine eventualmente indicato per la pubblicazione consentita.
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3 Il diritto alla vita
Bisogna rilevare che la Carta Costituzionale del 1948, a differenza della Costituzione
tedesca art.2, la Convenzione europea dei diritti dell’uomo e la Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione Europa, non contiene nessuna esplicita norma di tutela del diritto alla vita,
evidentemente in quanto ritenuta implica nella clausola generale di tutela dei diritti inviolabili
dell’uomo7.
La tutela del diritto alla vita si esprime all’interno di quei documenti internazionali a cui
pure l’Italia ha aderito, quali la Dichiarazione dei diritti dell’uomo, art. 3, e la Carta di Nizza, art. 2.
Pur in assenza di una previsione costituzionale il diritto alla vita rappresenta il principio
cardine del nostro ordinamento, ciò su ricava da una serie di disposizioni normative che a limitano
il potere dispositivo delle parti.
7
L’intangibilità del diritto alla vita emerge da tutta una serie di disposizioni contenute nel codice penale che
reprimono ad esempio l’omicidio del consenziente o l’integrità fisica della persona, artt.545 e ss. c.p. e 575 e s.s. c.p..
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4 La posizione dell’embrione
Più vivace si presenta il discorso in merito alla tutela del diritto di vita circa la posizione
del concepito ed il riconoscimento di una sua soggettività, almeno per quanto concerne la sua
titolarità dei diritti fondamentali.
Il problema di fondo rimane quello di stabilire se l’embrione debba considerasi persona o
cosa.
Parte della dottrina sottolinea come l’evoluzione biologica dell’individuo si compia lungo
un continuum, dimostrando appunto che la soggettività giuridica si compie a partire dal momento
della fecondazione.
La dottrina pur ammettendo che il concepito sia privo di capacità giuridica generale, in
quanto la medesima si acquista solo al momento della nascita, accenna ad una capacità giuridica
parziale.
L’ordinamento si limiterebbe a predisporre una forma di tutela anticipata dei diritti che
questi potrebbe acquistare al momento della nascita.
Sotto tale profilo è stato ammesso, a favore di chi abbia subito dei danni allo stato fetale, il
diritto ad essere risarcito per i pregiudizi che gliene siano derivati 8, questo a dimostrazione che nel
nostro ordinamento l’individuo trova tutela fin dal concepimento.
Significativamente, la stessa disciplina sull’interruzione volontaria della gravidanza, legge
n. 194 del 22 maggio 1978, si basa sul principio enunciato nell’art. 1 che tutela la vita umana dal
suo inizio, con la conseguenza che il diritto alla vita del concepito risulta destinato a cedere solo
entro certi limiti rigorosamente predeterminati e sulla base di un giudizio di bilanciamento con i
diritti fondamentali della gestante.
L’esigenza di tutela degli interessi della madre, causati da un particolare stato di salute, da
cattive condizioni economiche o sociali, in caso di pericolo di anomalie o malformazioni del
concepito, consente alla donna di accedere gratuitamente alle tecniche di interruzione della
gravidanza, art. 4.
8
Cassazione n. 11503 dl 22 novembre 1993, il soggetto una volta acquisita, con la nascita la capacità
giuridica, può chiedere il risarcimento dei danni sofferti nel periodo in cui si trovava allo stato fetale, nel caso di specie,
si trattava delle conseguenze della negligente assistenza al parto da parte dei medici di un ospedale.
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In tal caso la legge intende rivalutare la posizione della donna senza, al contempo, privare
di ogni tutela il concepito.
Infatti, la donna che decide l’interruzione della gravidanza può, nei primi novanta giorni
rivolgersi al consultorio, dove è aiutata a rimuovere le cause che hanno determinato la sua
decisione.
Tale diritto è concesso anche al minore, ma in questo caso il consenso deve essere prestato
dal genitore che ne ha la potestà o dal soggetto che ne ha la tutela. In caso contrario è il giudice
tutelare che valutando ogni elemento può autorizzare o meno l’interruzione della gravidanza.
Il riconoscimento all’individuo, di cui all’art. 32 comma 1 della Costituzione, concepito
del diritto alla dignità e alla identità, in particolare, sembra trovare fondamento nel divieto di
pratiche eugenetiche e della clonazione riproduttiva, Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
Europea art. 3 comma 2 e l’art. 13 comma 3 lett. c della legge n. 40 del 2004.
Il diritto alla vita e alla salute del concepito, e quindi anche all’embrione una volta
impiantato in utero a seguito di procreazione assistita, esso si è visto cedere solo in conseguenza di
un opportuno bilanciamento con i diritti fondamentali della gestante9.
In materia successoria, il legislatore non si limita a prendere in considerazione soltanto il
concepito, ma anche il non concepito, purché figli di una determinata persona vivente al tempo
della morte del testatore, così come indicato nell’art. 462 comma 3 c.c10.
9
All’embrione, formatosi a seguito di interventi di procreazione assistita, non impiantato non si ritiene essere
senz’altro riferibile le considerazioni che si svolgono a proposito del concepito.
10
Art.462 Capacità delle persone fisiche - Sono capaci di succedere tutti coloro che sono nati o concepiti al
tempo dell’apertura della successione.
Salvo prova contraria, si presume concepito al tempo dell`apertura della successione chi è nato entro i
trecento giorni dalla morte della persona della cui successione si tratta.
Possono inoltre ricevere per testamento i figli di una determinata persona vivente al tempo della morte del
testatore, benché non ancora concepiti.
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5 Diritto all’integrità psico-fisica
Il diritto all’integrità fisica è un diritto irrinunciabile e di natura non patrimoniale.
L’integrità fisica tutela l’individuo contro eventuali attività che possano in qualche modo
mettere in pericolo il proprio stato di salute fisica e psichica, ad eccezione dei trattamenti sanitari
che abbiano come conseguenza quella di incidere sull’integrità fisica della persona o di
comprometterne la libertà.
Tale divieto, che in qualche modo possa compromettere l’integrità fisica, opera sia nei
confronti dei pubblici poteri sia nei confronti dei privati, in caso di violazione è previsto sul piano
civilistico un diritto al risarcimento del danno, perche in nessun caso è possibile intervenire sul
corpo umano contro la volontà dell’interessato.
Il diritto all’integrità fisica è disciplinato nell’art. 5 del codice civile: “Gli atti di
disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente della
integrità fisica, o quando siano altrimenti contrari alla legge, all'ordine pubblico o al buon
costume”.
Il divieto in questione è da ritenere, nel suo insieme, immediata espressione della generale
esigenza di rispetto della dignità umana.
Entro i limiti in cui sono concessi, gli atti di disposizione del proprio corpo, il soggetto
coinvolto dovrà fornire il proprio consenso libero e consapevole, esempi di atti concessi sono quelli
della cessione dei capelli o della donazione del sangue, in quanto espressione di solidarietà sociale.
La necessità di leggere l’art. 5 alla luce dell’art. 2 della Costituzione, con specifico
riferimento all’adempimento dei doveri di solidarietà sociali, induce a ritenere che l’atto di
disposizione, anche dove tale atto possa causare una diminuzione permanente del soggetto, possa
trovare una propria giustificazione, appunto nello spirito di solidarietà sociale, come avviene in
tema di trapianti con prelievo di organi da soggetti in vita
Principio fondamentale in materia è quello del carattere gratuito dell’atto di disposizione,
quale risulta espressamente nell’art. 1 della legge n. 458 del 26 giugno 1967 in materia di trapianti
di rene.
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Successivamente, è stato disciplinato il trapianto parziale di fegato in seguito alla legge n.
483 del 16 dicembre 1999.
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6 Diritto alla salute
Il diritto alla salute in quanto diritto fondamentale dell’individuo trova tutela non solo nei
confronti dello Stato, ma anche nei rapporti intersoggettivi.
In primis la garanzia alla salute è garantita oltre che dalla legislazione specificamente
concernente la materia della organizzazione sanitaria, al fine di assicurare ai cittadini una adeguata
assistenza sanitaria, inoltre tale tutela è garantita in base agli artt. 9 comma 2 e 32 della
Costituzione11 di predisporre degli ambienti salubri al fine di prevenire o reprimere le diverse
attività inquinanti.
In merito ai rapporti intersoggettivi, in particolare con riguardo ai rapporti di lavoro ed a
quelli in cui assume la veste di consumatore, il diritto alla salute trova fondamentalmente tutela
attraverso lo strumento del risarcimento del danno, a sensi dell’art. 2043 c.c. “Qualunque fatto
doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a
risarcire il danno”.
11
Art.9 Cost., La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il
paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione
Art.32 Cost., La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della
collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La
legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.
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7 Il potere di disposizione del cadavere
Il rispetto che l’ordinamento a nei confronti della dignità umana si conferma ulteriormente
dall’attenzione che esso rivolge al cadavere.
La legge n. 130 del 30 Marzo 2001 “Disposizioni in materia di cremazione e dispersione
delle ceneri” tutela il diritto a scegliere il tipo di destinazione, ossia sepolcro o cremazione, per il
cadavere, nonché il luogo di sepoltura.
Un delicato problema si viene a porre tra il diritto spettante al soggetto di determinare le
sorte delle proprie spoglie e l’interesse della collettività ad utilizzare parti del cadavere a scopo di
trapianto a vivente.
In seguito a lunghissime discussioni è stata emanata la legge n. 91 del 1 aprile del 1999, la
quale ha notevolmente rivoluzionato la materia, evidenziando l’aspetto della solidarietà sociale.
I prelievi sono effettuati esclusivamente su quei soggetti per i quali sia intervenuto
l’accertamento della condizione di morte cerebrale.
La legge si ispira ai principi di trasparenza nonché di pari opportunità, come principio di
eguaglianza che individua nella necessità medica e nella compatibilità clinica gli unici criteri di
selezione.
Senza dubbio tali criteri, così come l’introduzione delle liste d’attesa, rappresentano un
tentativo di allontanarsi da canoni esclusivamente medici, dando precedenza a profili di carattere
etico e organizzativo.
La stessa previsione delle liste di attesa, ispirate a parametri medici, oltre a soddisfare
esigenze di tipo organizzativo in quanto rende più agevole la gestione dell’intera procedura dei
trapianti, tenta di risolvere anche un problema d’equità nella distribuzione degli organi.
L’efficienza e funzionalità della struttura è quindi affidata alla realizzazione di una rete
informatica che consenta un costante monitoraggio e scambio di informazioni.
Il problema principale è in relazione al consenso dell’espianto.
Da un lato ci sono coloro che sostengono la tesi del consenso espresso, dall’atro ci sono
coloro che sono invece favorevoli ad accettare la soluzione proposta dal legislatore del silenzioassenso sono d’accordo nel ritenere che solamente una informazione chiara e precisa possa far
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venire meno l’imbarazzo che suscitano quegli episodi, riportati con tanto clamore dalla stampa, di
un improvviso ritorno alla vita di soggetti ormai dichiarati morti.
È necessari predisporre una concreta informazione sulle varie fasi del procedimento, cha
va dalla certezza dei criteri adottati per la determinazione del momento della morte, alla garanzia
che le operazioni di prelievo siano effettuate solo successivamente all’adempimento degli obblighi
previsti dall’art. 5 della legge summenzionata.
Un altro aspetto importante da analizzare è il consenso, naturalmente tale consenso
assumerà un significato diverso a seconda che si tratti di trapianto da vivente o da cadavere.
Nel primo caso il consenso espresso è condizione necessaria sia da un punto di vista
giuridico sia da un punto di vista etico, le cose vanno diversamente per il trapianto da cadavere.
L’art. 4 della legge n. 9112 impone una esplicita manifestazione di volontà, in mancanza
della quale la persona è considerata donatrice.
La norma prevede non solo l’obbligo di parlare a differenza dell’art. 6 della legge n. 644
del 1975, ma stabilisce anche che il comportamento non partecipativo debba essere considerato
come assenso alla donazione.
In questo modo il silenzio è reso significativo dalla presenza di un’espressa previsione con
la quale se ne stabiliscono gli effetti, che sono simili a quelli della manifestazione di volontà.
12
Art. 4. Legge n. 91 Dichiarazione di volontà in ordine alla donazione - 1. Entro i termini, nelle forme e nei
modi stabiliti dalla presente legge e dal decreto del Ministro della sanità di cui all'articolo 5, comma 1, i cittadini sono
tenuti a dichiarare la propria libera volontà in ordine alla donazione di organi e di tessuti del proprio corpo
successivamente alla morte, e sono informati che la mancata dichiarazione di volontà è considerata quale assenso alla
donazione, secondo quanto stabilito dai commi 4 e 5 del presente articolo. 2. I soggetti cui non sia stata notificata la
richiesta di manifestazione della propria volontà in ordine alla donazione di organi e di tessuti, secondo le modalità
indicate con il decreto del Ministro della sanità di cui all'articolo 5, comma 1, sono considerati non donatori. 3. Per i
minori di età la dichiarazione di volontà in ordine alla donazione è manifestata dai genitori esercenti la potestà. In caso
di non accordo tra i due genitori non è possibile procedere alla manifestazione di disponibilità alla donazione. Non è
consentita la manifestazione di volontà in ordine alla donazione di organi per i nascituri, per i soggetti non aventi la
capacità di agire nonché per i minori affidati o ricoverati presso istituti di assistenza pubblici o privati. 4. Fatto salvo
quanto previsto dal comma 5, il prelievo di organi e di tessuti successivamente alla dichiarazione di morte è consentito:
a) nel caso in cui dai dati inseriti nel sistema informativo dei trapianti di cui all'articolo 7 ovvero dai dati registrati sui
documenti sanitari personali risulti che il soggetto stesso abbia espresso in vita dichiarazione di volontà favorevole al
prelievo; b) qualora dai dati inseriti nel sistema informativo dei trapianti di cui all'articolo 7 risulti che il soggetto sia
stato informato ai sensi del decreto del Ministro della sanità di cui all'articolo 5, comma 1, e non abbia espresso alcuna
volontà. 5. Nei casi previsti dal comma 4, lettera b), il prelievo è consentito salvo che, entro il termine corrispondente al
periodo di osservazione ai fini dell'accertamento di morte, di cui all'articolo 4 del decreto del Ministro della sanità 22
agosto 1994, n. 582, sia presentata una dichiarazione autografa di volontà contraria al prelievo del soggetto di cui sia
accertata la morte. 6. Il prelievo di organi e di tessuti effettuato in violazione delle disposizioni di cui al presente
articolo è punito con la reclusione fino a due anni e con l'interdizione dall'esercizio della professione sanitaria fino a due
anni.
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Se poniamo a confronto la legge del 1975 con l’innovazione introdotta dalla legge n. 91 del
1999, la differenza che emerge non è tanto nella regola del silenzio assenso, ma bensì nel fatto che
il legislatore ha rafforzato il potere dei congiunti di opporsi all’espianto, potere che invece la
precedente legge del’75 concedeva solamente al coniuge non separato e, in mancanza ai figli che
avessero compito il diciottesimo anno di età o ai genitori.
Il legislatore italiano, orientandosi verso il silenzio assenso, ha deciso di ridimensionare il
ruolo assegnato all’opposizione dei congiunti nelle decisioni relative all’espianto, mediando tra
esigenze di tutela della salute e della dignità della persona e il limite dell’inviolabilità del cadavere e
del rispetto dei sentimenti familiari.
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I diritti della personalità
Bibliografia
 P. Stanzione, Manuale di diritto privato, G. Giappichelli Editore, 2006
 F. Gazzoni, Manuale di diritto privato XIV edizione aggiornata e con riferimenti di
dottrina e di giurisprudenza, Edizioni Scientifiche Italiane, 2009
 D. Bellantoni, A. Benigni, Lesione dei diritti della persona - Tutela penale - Tutela
civile - Risarcimento del danno, Cedam, 2007
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