1 La nascita del concetto di cultura

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“LA NASCITA DEL
CONCETTO DI CULTURA”
PROF. SSA GRAZIA GADDONI
Università Telematica Pegaso
La nascita del concetto di cultura
Indice
1
LA NASCITA DEL CONCETTO DI CULTURA ----------------------------------------------------------------------- 3
2
I CARATTERI DELLA CULTURA ANTROPOLOGICA ------------------------------------------------------------ 9
3
I CARATTERI PRINCIPALI DELLA CULTURA -------------------------------------------------------------------- 12
4
IL DIAMANTE CULTURALE --------------------------------------------------------------------------------------------- 14
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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La nascita del concetto di cultura
1 La nascita del concetto di cultura
Il termine cultura è per tutti molto familiare e contiene in sé diverse sfumature di significato.
La prima intende la cultura come un attributo della persona colta, che ha cioè seguito un percorso
più o meno lungo di formazione e educazione individuale; la seconda si riferisce alla cultura come a
un’insieme di costumi, procedimenti tecnici e tradizioni (cultura regionale).
I due concetti sono tra loro in contraddizione, perché la cultura, come elevazione culturale e
dello spirito, non tiene conto dei costumi singolari, locali, condizionati dal contesto storico e
ambientale, in quanto ha pretese universali e vale per l’essere umano in generale.
La cultura dei popoli, invece, è sempre una cultura radicata e particolare.
I due usi comuni attuali della nozione di cultura si collocano in tappe diverse di una stessa
evoluzione storica, che riguarda però i paesi occidentali, dove il termine italiano cultura è simile a
quello di altre lingue (francese, spagnolo, inglese). Il concetto di cultura rivela la storia culturale
della società occidentale, ed è uno strumento che nasce in stretta relazione con l’esperienza e con il
linguaggio, all’interno di un dato contesto storico-sociale, con il compito di riuscire a farci
comprendere qualcosa di noi e degli altri.
I due usi del linguaggio comune attuale si riferiscono a due concezioni della cultura che si
sono affermate in successione nel corso di secoli e che sono stati chiamate concezione umanistica o
classica e concezione antropologica o moderna
La parola cultura ha un’origine latina, dal verbo colere, ed è usata già presso i romani in
senso proprio per indicare il lavoro della terra, la coltivazione dei campi, e in senso metaforico,
figurato (Cicerone ed Orazio), per sostenere che con l’educazione e la filosofia si può agire
sull’animo umano ingentilendolo, raffinandolo, trasformandolo da incolto a colto, così come si fa
con i campi, che attraverso il lavoro e la cura, da sterili diventano fruttuosi.
Nell’età umanistica per cultura si intendeva ciò che oggi noi definiamo “erudizione” o
“cultura intellettuale” ed elitaria, opponendo le persone colte – coloro che appartenevano alle
società letterate e alle classi aristocratiche a quelle incolte, ovvero al volgo, così come alle società
illetterate.
Si può notare che già in quest’epoca la parola cultura separava le persone sia su base sociale
(di classe) che territoriale (le alterità erano per definizione barbare, primitive, selvagge).
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In epoca illuministica l’idea di cultura si connette a quella di progresso, di raffinamento
intellettuale, di rischiaramento dalla superstizione. In Francia si parla in particolare di Civiltà e di
costumi con una vocazione universalistica.
Mentre contemporaneamente in Germania si elabora il concetto di Kultur con un accento più
particolaristico legato ad un gruppo umano, ad una terra, ad uno spirito o al genio di un popolo.
Tale nozione viene diffusa in particolare dal ceto medio in opposizione al sapere convenzionale
dell’aristocrazia di corte.
Seguendo l’evoluzione della parola in francese, si evidenzia come l’idea di cultura
rispecchia l’universalismo e l’umanesimo dei philosophes; essa appartiene all’Uomo, senza alcuna
distinzione, ed è associata all’idea di progresso e alla fiducia che l’educazione possa migliorare e
raffinare l’animo umano. Con queste nuove connotazioni la nozione di cultura si avvicina, fino a
sovrapporsi, a quella di civiltà e civilizzazione.
Nell’800 molti studiosi sostenevano ancora l’ideale umanistico della cultura. Tra questi
Matthew Arnold, letterato e pedagogo inglese, secondo cui la cultura rappresenta “quanto di meglio
è stato pensato e conosciuto” nell’arte, nella letteratura e nella filosofia. Più che un fine, essa è un
mezzo per rendere più umano un mondo minacciato dagli effetti dell’industrializzazione. Per curare
i mali derivanti da essa Arnold propone una terapia che ha al suo centro l’ideale greco della cura e il
perfezionamento dell’uomo. La cultura sta ad indicare questa tensione verso la perfezione.
In seguito questa concezione di cultura diventa l’essenza della “cultura alta”.
Col tempo la “cultura alta” comincia ad essere usata in opposizione alla “cultura popolare”,
che sta ad indicare le manifestazioni e le pratiche culturali delle classi sociali meno privilegiate.
La concezione antropologica della cultura ha la sua origine nel 700, quando alcuni pensatori
tedeschi hanno contrapposto all’universalismo dei Lumi, la particolarità e la varietà della cultura di
ogni singolo popolo. Herder (1774), nella sua polemica contro il razionalismo illuministico, afferma
la diversità tra le culture; la storia per lui non consiste nell’avvento di una ragione astratta e identica
ovunque, ma nell’intreccio e nel contrasto tra diverse individualità culturali, ciascuna delle quali
costituisce una comunità specifica, un Volk, in cui l’umanità esprime ogni volta, in modo
insostituibile, un aspetto di se stessa.
Nel XIX secolo i pensatori tedeschi del romanticismo legheranno in maniera molto stretta la
cultura all’idea di nazione. La cultura è descritta come un insieme omogeneo di tradizioni,
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disposizioni morali e conquiste intellettuali che esprimono lo spirito più profondo e autentico di un
popolo. È questo patrimonio comune che fonda l’unità della nazione. Si fa avanti l’idea che la
nazione culturale preceda e fondi la nazione politica.
La nozione tedesca di Kultur, con l’importanza che attribuisce alle differenze nazionali e
alla particolarità delle singole culture, finisce per contrapporsi alla concezione umanistica e
universale di cultura elaborata nell’ambito del pensiero illuminista e alla nozione di “civiltà” e
“civilizzazione”.
Norbert Elias, in un’opera pubblicata nel 1936, descrive l’origine sociale della
contrapposizione tra il termine tedesco Kultur e quello di civiltà/civilizzazione. Egli spiega
l’evoluzione del significato della nozione di cultura in Germania con il fatto che essa fu adottata
dalla borghesia intellettuale tedesca nella sua opposizione all’aristocrazia di corte. Sarebbe stato il
risentimento degli strati intellettuali del ceto medio, esclusi dal potere e dall’attività politica, a dare
al concetto di cultura quei caratteri di autenticità e profondità legati ai valori e alle prestazioni
spirituali, scientifiche e artistiche che costituivano la loro legittimazione specifica di ceto sociale. Il
concetto di cultura viene dunque costruito, secondo Elias, inizialmente su un terreno sociale, di
opposizione ai comportamenti dello strato di corte, e solo successivamente si evolve in un’antitesi
nazionale.
XIX secolo molti intellettuali europei affermarono l'esistenza di un'opposizione tra cultura e
società o, nelle loro stesse parole, tra cultura e civilizzazione.
Per come impiegavano il termine, "civilizzazione" indicava i progressi tecnologici della
rivoluzione industriale.
Opporre cultura a civilizzazione significava protestare contro il pensiero illuminista, contro
la credenza che il progresso fosse necessariamente benefico, e contro ciò che Marx chiamava il
"rapporto monetario" del capitalismo.
Essi vedevano la cultura come salvezza degli esseri umani ultracivilizzati.
Gli effetti alienanti e disumanizzanti della civilizzazione umana erano contrapposti alle
capacità benefiche e salvifiche della cultura.
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Per Arnold la cultura era "uno studio della perfezione", poteva rendere la civilizzazione più
umana, restituendo bellezza e saggezza.
Egli elabora una teoria universale della cultura secondo la quale essa poteva restituire
all'umanità dolcezza e luce (bellezza e saggezza) derivanti da:
a) dalla consapevolezza e dalla sensibilità a quanto di meglio è stato creato, pensato e
conosciuto
b) da una ragione giusta (un'intelligenza tollerante, flessibile e aperta)
Arnold insomma concepiva la cultura come dotata di un grande potenziale educativo, e
sosteneva che la civiltà avesse naturalmente un rapporto armonioso con sapere, e bellezza garantito
proprio dalla cultura. (un mezzo per l'armonia).
.
La cultura rendeva capace la gente di connettere la conoscenza, compresa la scienza e la
tecnologia, al comportamento e alla bellezza.
La civiltà ha potenzialmente un rapporto armonioso con il sapere, la bellezza, il
comportamento e le relazioni sociali e la cultura poteva fornire questa armonia.
La cultura è un mezzo per un fine. Essa può curare malattie sociali causate dal materialismo.
Weber aveva la stessa concezione sostenendo che non fosse la scienza a fornire le risposte di
cui l'uomo ha bisogno, ma la cultura . Gli esseri umani devono rivolgersi alla cultura per vivere.
Generalmente si fa risalire la prima definizione “moderna” di “cultura” ad uno dei padri
fondatori delle scienze antropologiche ovvero Edward Burnett Tylor il quale nella sua opera del
1871 Primitive culture, diede della cultura la seguente definizione:
«La cultura, o civiltà, intesa nel suo ampio senso etnografico è quell’insieme complesso che
include la conoscenza, le credenze, l’arte, la morale, il diritto, il costume, e qualsiasi altra capacità e
abitudine acquisita dall’uomo come membro di una società» (Tylor, 1871).
Questa definizione portava con sé tre importanti innovazioni.
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Per un verso non ci si riferiva più alla cultura intellettuale di una specifica classe
sociale ma ad un idea più ampia e complessa che inglobando tutte le attività umane implicava sia
concezioni astratte (pensiero), che abitudini sociali ed usi pratici (le attività) e anche i loro artefatti
(tutto ciò che oggi chiameremmo cultura materiale).
Per un altro verso costituisce un processo di unificazione poiché la cultura include in
questo modo tutte le società ciascuna con i suoi costumi particolari. Come si capisce dal titolo della
sua opera Tylor riconosce il carattere di cultura ad altre società, anche se vi aggiunge l’aggettivo
“primitivo”.
Infine ponendo l’accento sulle capacità e le attitudini acquisite, si suggeriva l’idea
che la cultura non venisse trasmessa su base biologica ma che potesse essere appresa e dunque
estesa potenzialmente a chiunque, in altre parole democratizzata.
Caratteristiche principali dell'approccio umanistico:
1 – la cultura ha a che fare con la perfezione
2 – la cultura si oppone alle norme prevalenti dell'ordine sociale, alla civiltà, l'armonia è
possibile ma difficile
3 – la cultura dev'essere attentamente preservata
4 – la cultura ha un'aura di sacralità, non ha senso se ridotta alle sue dimensioni economiche
politiche e sociali.
Ovviamente questo punto di vista della scuola umanistica è un idealtipo che appiana
difficoltà e contraddizioni per facilitare il confronto.
Ha inoltre un approccio valutativo rispetto al concetto di cultura e viene spesso usato per
giustificare atteggiamenti elitari ma diffusi.
Oggi esistono centinaia di definizioni diverse di cultura.
Uno dei più eminenti antropologi contemporanei Clifford Geertz, recentemente scomparso,
ha definito la cultura in questo modo:
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«un modello di significati trasmesso storicamente, significati incarnati in simboli, un sistema
di concezioni ereditate espresse in forme simboliche per mezzo di cui gli uomini comunicano,
perpetuano e sviluppano la loro conoscenza e i loro atteggiamenti verso la vita» (Geertz, 1998, p.
113).
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2 I caratteri della cultura antropologica
La nozione di cultura appartiene alla storia occidentale e non sempre ci sono termini e
concetti grossomodo equivalenti nelle altre civiltà e società. Nella ricostruzione della sua genesi
sociale si possono distinguere come abbiamo visto, due concezioni fondamentalmente diverse:
•
quella umanistica o classica presenta la cultura come un ideale di formazione
individuale, un’attività che consente di “coltivare” l’animo umano (dal verbo latino colere)
•
quella antropologica o moderna presenta la cultura come il variegato insieme dei
costumi e delle abitudini delle diverse popolazioni del mondo; quindi non concerne solo
l’individuo, ma le collettività in cui risulta inserito
Il concetto scientifico di cultura, le cui radici risalgono al romanticismo tedesco della fine
del 700, ha una sua storia che inizia quando, tra 800 e 900, le varie scienze sociali (psicologia,
sociologia,…) entrano in campo e diffondono un nuovo modo di guardare all’uomo e alla società.
Si afferma uno sguardo più interessato a descrivere la realtà sociale e a riflettere sull’estrema varietà
dei costumi, delle norme sociali, delle tradizioni che caratterizzano le società umane.
Tutto ciò grazie ai viaggi e alle conquiste coloniali, dove i viaggiatori ritornavano con
resoconti fotografici di popolazioni “altre”. È proprio la diversità dei costumi e delle abitudini di
vita a formare il nuovo contenuto della nozione di cultura che quindi arriva a comprendere l’enorme
varietà dei costumi e delle abitudini locali. La cultura, di conseguenza, non si applica più
all’individuo, ma riguarda una collettività, né rappresenta più un ideale normativo, ma il suo
significato diviene descrittivo. Le scienze sociali intendono pensare all’unità dell’umanità attraverso
la diversità delle culture, ossia attraverso abiti acquisiti e non attraverso razze biologicamente
determinate.
L’antropologia culturale ha cercato di fondare la propria autonomia disciplinare sul concetto
di cultura, facendone il proprio oggetto specifico di ricerca.
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Taylor (1871) elabora la prima definizione del concetto antropologico di cultura. Nelle sue
opere si riconosce l’esistenza di una cultura primitiva, ignorata dall’Illuminismo. Per lui il problema
era quello di rendere comprensibili fenomeni nuovi che, agli occhi degli occidentali civilizzati
dell’epoca, potevano sembrare comportamenti irrazionali e credenze ingenue.
Da questa prima definizione tayloriana, di tipo descrittivo, si possono individuare alcune
componenti della cultura e alcuni suoi caratteri fondamentali.
Le tre componenti principali sono:
1. ciò che gli individui pensano: la religione, la morale e il diritto, ossia i complessi di norme
e di credenze esplicite;
2. ciò che fanno: i costumi e le abitudini acquisite dall’essere umano per il fatto di vivere
entro una data comunità. Vengono comprese nella cultura azioni ordinarie che l’individuo compie
nella vita quotidiana, basate su regole abitudinarie e tradizionali;
3. i materiali che producono: gli artefatti, ossia i prodotti oggettivati del lavoro umano che
comprendono gli oggetti di culto e quelli d’uso quotidiano
La tradizione sociologica ha lavorato fin dall’inizio in stretta connessione con l’elaborazione
antropologica. In molti casi la sociologia ha cercato di avanzare sistemazioni teoriche rispetto alle
osservazioni rinvenibili nelle diverse analisi etnografiche.
Le analisi di tipo sociologico della cultura sono a loro volta molto differenziate. Una
definizione classica è quella di Max Weber:
«La “cultura” è una sezione finita dell’infinità priva di senso dell’accadere del mondo, alla
quale viene attribuito senso e significato dal punto di vista dell’uomo» (Weber, 2003, p. 47).
Le discipline culturali comunque presuppongono attualmente l’esistenza universale di un
patrimonio culturale in ogni società umana (non esistono cioè gruppi umani privi di cultura), così
una diversità più o meno rilevante tra le diverse culture. Questo è anche il risultato del fatto che
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l’essere umano è fondamentalmente sociale, e deriva gran parte delle sue conoscenze, delle sue
capacità espressive e delle sue abilità dal gruppo sociale cui appartiene. Questo non elimina per
altro il riconoscimento di un fondo pre-culturale in tutti gli esseri umani (istinti, temperamenti,
forme logiche, abilità fisiche inconsapevoli).
L’immagine fondamentale di cultura che emerge è quella di una totalità sociale omogenea e
organica al suo interno, che si differenzia in rapporto ad altre culture altrettanto omogenee e
organiche. Questa immagine è stata così pervasiva e influente perché l’antropologia ha privilegiato
le popolazioni primitive, cioè quelle società in scala ridotta che ruotano intorno alla piazza del
villaggio. Hannerz ha descritto bene questo tipo di società: si tratta di comunità “faccia a faccia” in
cui gli individui interagiscono sempre tra di loro, molto frequentemente e all’interno di un ambiente
limitato geograficamente. Il flusso comunicativo è continuo in quanto la divisione del lavoro è
scarsa, ognuno commenta le azioni altrui e dispone dei commenti che gli altri fanno delle proprie.
Inoltre, tutti si conoscono a fondo fin dalla nascita e usano gli stessi linguaggi dalla culla alla tomba
senza rilevanti innovazioni. Le persone si assomigliano tra loro e il corso degli eventi si ripete più o
meno uguale a se stesso.
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3 I caratteri principali della cultura
Sono soprattutto tre.
1.
Innanzitutto la cultura è appresa. Tutto ciò che è frutto di apprendimento e non di
reazione geneticamente programmata appartiene alla cultura. Il fatto che la cultura sia irriducibile
all’eredità biologica e sia intesa come il frutto di un lungo e complesso processo di apprendimento
sociale comporta delle conseguenze.
Prima di tutto la cultura risulta essere qualcosa di specificatamente umano, che distingue
l’uomo dagli animali: l’uomo si differenzia dagli animali per la variabilità dei suoi costumi.
Questa nuova immagine subisce, tuttavia, delle modificazioni dovute allo sviluppo degli
studi di etologia animale. Si scopre la capacità di apprendere una vasta gamma di comportamenti da
parte di molte specie animali, soprattutto quelle più prossime a noi.
Più recentemente alcuni antropologi hanno spostato la linea di demarcazione cultura/natura
individuandola non nella capacità di apprendere, ma nella specifica capacità di apprendere a livello
simbolico. Solo gli esseri umani avrebbero la capacità di utilizzare una comunicazione simbolica,
un linguaggio che produce un significato anche in assenza del referente. Geertz afferma tutto questo
(pag. 19).
Anche questa linea di demarcazione si è dimostrata meno netta del previsto. Gli studi su
alcuni primati hanno mostrato la capacità di questi animali di far uso di richiami simbolici che
vengono appresi dai piccoli della specie gradualmente e in modo simile ai neonati umani. Anche
Levi-Strauss ha sostenuto questa tesi, affermando che la differenza tra noi e gli animali non sia di
qualità, ma di complessità e di grado di organizzazione (pag. 19). Rimangono notevoli le differenze
di grado tra il linguaggio umano e i sistemi di comunicazione vocale degli altri primati, per quanto
riguarda la varietà dei simboli utilizzati, l’enorme capacità di combinare suoni secondo regole
definite e quindi anche di produrre un’infinita varietà di significati.
2.
Rappresenta la totalità dell’ambiente sociale e fisico che è opera dell’uomo.
Nel concetto di cultura rientra tutto ciò che l’uomo apprende e crea insieme ai membri della
propria comunità. Nella cultura rientrano quindi anche le istituzioni, come la famiglia,
l’organizzazione politica e il sistema economico. In questo significato esteso il concetto di cultura
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finisce per sovrapporsi a quello di società. Il carattere totale della cultura comporta anche l’idea
dell’individualità e organicità del patrimonio culturale di ogni popolo. Ne deriva che ogni cultura
possiede una propria unità e coerenza, capace di integrare i diversi aspetti e ambiti in cui si esprime.
3.
Un 3° carattere della cultura è quello della condivisione. Si ritiene che un fenomeno
debba essere condiviso da un gruppo per poter essere definito culturale. Si crede infatti che la
cultura sia uniformemente distribuita all’interno della società. Nonostante quello della condivisione
non sia un assunto riferibile a tutte le ricerche antropologiche rimane tuttavia di fondamentale
importanza.
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4 Il diamante culturale
Un oggetto culturale è una espressione significativa che è udibile, o visibile, o tangibile, o
che può essere articolata. Inoltre racconta una storia.
Lo status di un oggetto culturale è il risultato di una decisione analitica che noi compiamo in
quanto osservatori; non è qualcosa di intrinseco all'oggetto stesso.
Specificare un oggetto culturale significa prendere una qualche parte del più ampio sistema
che noi chiamiamo cultura e trattenere quella parte per l'analisi.
Prendiamo, per esempio, il pane. Esso non solo può essere espressivo, ma è immerso nella
storia.
La Bibbia è piena di riferimenti al pane: esso è il sostegno della vita, è azzimo durante la
Pasqua ebraica, viene moltiplicato insieme ai pesci. Nella comunione cristiana il pane sta per il
corpo del Divino.
Gli oggetti culturali sono fatti da esseri umani.
La cultura è il "significato incorporato in simboli" attraverso i quali gli esseri umani
comunicano e trasferiscono sapere e abitudini; la cultura è l'esternalizzazione, oggettivazione e
interiorizzazione dell'esperienza umana.
Tutti gli oggetti culturali sono prodotti di uno o più creatori.
Quando degli oggetti diventano pubblici, quando passano nel circuito del discorso umano,
entrano a fra parte della cultura e diventano oggetti culturali.
Sia gli oggetti culturali sia la gente che li crea e li riceve, sono ancorati ad un determinato
contesto, cioè il mondo sociale.
Il mondo sociale è l'espressione con cui intendiamo i modelli e i bisogni economici, politici,
sociali e culturali che caratterizzano un particolare punto nel tempo.
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Possiamo considerare tutti gli OC come prodotti umani (in quanto culturali), possono avere
un singolo creatore o più creatori (una collettività)--> C, per esistere come oggetti culturali devono
avere "un pubblico", qualcuno che ne faccia esperienza --> R, inoltre non operano nel vuoto ma
sono inseriti in un dato contesto sociale --> MS.
Possiamo inserire questi elementi in uno schema dotato di diverse linee di connessione che
uniscono ogni punto agli altri (vedi schema)
La sociologia è interessata innanzi tutto alla correlazione tra OC (oggetto culturale) e MS
(mondo sociale)
Quando qualcosa diventa oggetto culturale, quella cosa è già cambiata.
Un oggetto culturale ha un significato comune, condiviso dai membri della cultura.
A livello di aggregato, una cultura è un "modello di significati" che è durato nel tempo. Il
senso o il significato si riferisce alla capacità dell'oggetto di suggerire o indicare qualcos'altro.
Vi sono due tipi di significato:
semplice, denota una corrispondenza biunivoca.
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complesso si trova nei simboli. I simboli evocano, connotano, suggeriscono,
implicano una varietà di significati. Evocano emozioni forti e possono spesso unire o disgregare i
gruppi sociali.
La cultura è fatta di significati complessi.
Per capire la cultura dobbiamo essere in grado di analizzare la relazione che può esiste tra un
simbolo da un lato, e "le cose esattamente come esse sono" dall'altro.
Weber affermò che è il mondo sociale a riflettere la cultura, e non viceversa.
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