l`apprendimento (prima parte)

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LEZIONE
“L’APPRENDIMENTO (PRIMA PARTE)”
PROF. BARBARA CARRETTI
Università Telematica Pegaso
L’apprendimento (Prima parte)
Indice
1
Una definizione di apprendimento --------------------------------------------------------------------- 3
2
Il comportamentismo e l’apprendimento nell’animale e nell’uomo. --------------------------- 4
2.1 Condizionamento classico. ----------------------------------------------------------------------------- 4
2.2 Condizionamento operante. ----------------------------------------------------------------------------- 5
2.3 Apprendimento latente.---------------------------------------------------------------------------------- 6
3
Apprendimento e cognitivismo ------------------------------------------------------------------------- 8
4
Lo studio --------------------------------------------------------------------------------------------------- 10
Bibliografia ------------------------------------------------------------------------------------------------------ 12
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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L’apprendimento (Prima parte)
1 Una definizione di apprendimento
L’apprendimento può essere definito come un cambiamento relativamente
permanente del comportamento che si basa sulle esperienze precedenti che
l’individuo ha accumulato e dalla sua interazione con l’ambiente. Questi
cambiamenti possono riguardare comportamenti, conoscenze, abitudini. Apprendere
significa quindi comprendere e mantenere nel tempo le conoscenze (memoria), ma
anche il saperle utilizzare in contesti differenti (si parla a questo proposito di
generalizzazione). Apprendere significa anche imparare attraverso l’esperienza una
procedura, come ad esempio imparare ad andare in bicicletta, o acquisire delle
abitudini.
Ma come apprendiamo? La psicologia ha dato risposte differenti a questa
apparentemente semplice domanda. Si è passati dall’interesse verso lo studio degli
effetti
manifesti
dell’apprendimento,
quindi
analizzando
esclusivamente
i
cambiamenti nel comportamento degli individui (è il caso degli studi sul
condizionamento del comportamentismo), fino a cercare di evidenziare i meccanismi
cognitivi implicati nell’apprendimento (come nel caso degli studi sull’apprendimento
complesso del cognitivismo).
Nei prossimi paragrafi verranno passati in rassegna le principali forme di
apprendimento messe in evidenza dagli studi della psicologia.
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2 Il comportamentismo e l’apprendimento
nell’animale e nell’uomo.
Il Comportamentismo è un approccio teorico, sviluppato dallo psicologo
americano John Watson agli inizi del XX secolo, il cui assunto di base è che il
comportamento esplicito è l'unica unità di analisi scientificamente studiabile della
psicologia. Questo ha portato i comportamentisti a interessarsi di apprendimento
analizzando i fattori che producono i cambiamenti osservabili nel comportamento.
2.1
Condizionamento classico.
Nel condizionamento classico l’apprendimento è dato dal fatto che
l’organismo impara che ad un evento ne seguirà un altro. Lo studio
dell’apprendimento basato sul condizionamento ha avuto origine nei laboratori di
fisiologia del medico russo Ivan Pavlov che studiando i meccanismi della digestione
osservò un comportamento che attirò la sua attenzione: i cani emettevano saliva non
solo mentre veniva introdotto del cibo nella loro bocca, ma anche alla semplice vista
del cibo o dello sperimentatore che solitamente li nutriva. Pavlov ipotizzò che questa
reazione non fosse un riflesso biologico innato, ma appreso.
Sulla base di questa osservazione organizzò una situazione sperimentale in
cui al cane veniva somministrato del cibo (stimolo incondizionato che porta ad una
risposta di salivazione) in associazione con un altro stimolo (stimolo neutro), che nel
caso specifico era il suono di una campanella. Prima di ciò, Pavlov si era assicurato
che la campanella non provocasse nessuna risposta di salivazione.
Ripeté più volte i due stimoli in successione (suono e cibo); alla fine notò che
i suoi cani cominciavano a salivare al solo suono del campanello (stimolo
condizionato), in altre mostravano un apprendimento condizionato.
I suoi studi misero in evidenza che questo apprendimento, vale a dire la
salivazione alla presentazione del suono del campanello, può estinguersi: infatti se si
continua a far suonare il campanello senza portare la carne, la salivazione tende a
scomparire (estinzione); se l'esperimento viene interrotto e ripreso successivamente,
il campanello può produrre di nuovo la salivazione. Quest’ultimo fenomeno viene
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chiamato recupero spontaneo della risposta precedente. Gli studi di Pavlov misero in
evidenza altri fenomeni interessanti: ad esempio se si usa un suono più o meno
intenso rispetto a quello originario, la salivazione si verifica lo stesso
(generalizzazione); se invece si somministra il cibo solo in concomitanza di suono
molto forte e non di uno più debole, al sentire quest'ultimo suono il cane non
produrrà salivazione (discriminazione).
Il condizionamento classico, pur essendo una forma semplice di
apprendimento, può spiegare molte situazioni della vita dell’uomo, in particolare le
risposte di tipo involontario. Ad esempio, sembra avere un ruolo importante nella
acquisizione di reazioni emotive, come la paura o l’ansia, anche in determinati
contesti scolastici.
2.2
Condizionamento operante.
Nell’apprendimento operante l’organismo apprende che la sua risposta avrà
una particolare conseguenza. Questa forma di apprendimento si basa sulla presenza
di una risposta da parte dell’ambiente in replica al comportamento emesso. Questa
risposta può essere positiva (rinforzo positivo) o negativo (rinforzo negativo),
l’obiettivo è in entrambi i casi quella di aumentare la probabilità di comparsa del
comportamento.
Gli studi di Skinner, padre del condizionamento operante, si basarono su
quella che viene chiamata legge dell’effetto di Thorndike. Quest’ultimo aveva messo
in evidenza che mettere un gatto affamato in una gabbia, al di fuori della quale era
stato posto del cibo molto appetitoso, portava il gatto a emettere una serie di
comportamenti (mordeva, graffiava, spingeva...); alcuni i comportamenti che non
portavano a nessuna conseguenza (raggiungimento del cibo) scomparivano
gradualmente, fino a che non veniva prodotto il comportamento che portava ad
uscire. Il comportamento che portava al successo veniva poi riprodotto
all’occorrenza. In altre parole quindi la legge dell'effetto implica che un animale in
una situazione nuova effettui un certo numero di risposte diverse tra loro, le risposte
che risultano efficaci vengono selezionate e conservate (acquisite), mentre le altre
vengono cancellate. L'efficacia determina l'acquisizione dell'azione.
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Skinner basandosi su questi studi costruì una situazione sperimentale che
consisteva in una gabbia dotata di una leva da premere per ottenere del cibo. Prima
d'iniziare l'esperimento, l'animale veniva tenuto a dieta ridotta per un certo periodo di
tempo, al fine di motivare la sua ricerca di cibo. La gabbia funzionava in modo tale
che l'animale ottenesse il cibo alla pressione della leva. In questa situazione quindi
l'azione dell'animale è strumentale al raggiungimento di una mèta gratificante
(rinforzo positivo). L’appellativo operante a questo tipo di apprendimento sta a
sottolineare il ruolo attivo del soggetto e che un suo comportamento spontaneo mette
in moto tutto il processo.
Gli studi sul condizionamento operante hanno analizzato con particolare
attenzione le caratteristiche del rinforzo. I rinforzi possono essere: di tipo primario,
come ad esempio il cibo, o secondario, come atteggiamenti di approvazione e stima;
positivi, se costituiscono un evento piacevole per il soggetto, negativi, se consistono
nella cessazione di uno stimolo spiacevole. È stato inoltre evidenziato che il rinforzo
immediato è più efficace di quello ritardato.
Per definizione, il rinforzo, sia esso positivo che negativo, è quello stimolo
che porta all’aumento della frequenza di un determinato comportamento.
Nell’ambito del condizionamento operante sono stati inoltre studiati gli effetti di
stimoli che portano alla cessazione di un determinato comportamento come
l’addestramento all’omissione o la punizione. Nel caso di quest’ultima sono stati
tuttavia evidenziati degli svantaggi. Innanzitutto i suoi effetti non sono così
prevedibili come quelli seguiti da rinforzi positivi. La ricompensa dà infatti il
messaggio di ripetere una azione mentre il castigo dà quello di sospenderla, ma non
offre delle alternative comportamentali. Come risultato l’organismo può sostituire la
risposta indesiderabile con un’altra ancor meno desiderabile. Inoltre , come effetto
secondario, può portare a rifiutare o temere la persona che dà la punizione, ad
esempio il genitore o l’insegnante, ed il luogo in cui è stata ricevuta. Infine, un
castigo drastico o doloroso può provocare una reazione aggressiva
2.3
Apprendimento latente.
Non tutti gli apprendimenti però portano ad una modifica immediata del
comportamento. Questa affermazione è ben evidenziata dagli studi di uno psicologo
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comportamentista, Tolman. Nella situazione sperimentale da lui ideata, tre gruppi di
topi venivano posti per diversi giorni in uno stesso labirinto. I topi del primo gruppo
ricevevano del cibo quando raggiungevano una scatola collocata all’estremità
opposta a quella di entrata nel labirinto. Quelli del secondo gruppo esploravano
liberamente il labirinto senza ottenere alcun rinforzo. Il terzo gruppo era trattato
come il secondo per dieci giorni e per i successivi sette come il primo. Nella prima
fase erano i topi del primo gruppo, cioè quelli rinforzati, che ottenevano i risultati
migliori, ma dal momento in cui il terzo gruppo ricevette il rinforzo, questo
migliorava molto velocemente la sua prestazione e superava ben presto quella del
primo gruppo.
Tale
risultato
metteva
in
discussione
sia
il
ruolo
del
rinforzo
nell’apprendimento, che il binomio “apprendimento è uguale a prestazione”. Infatti
dimostrava che nel corso della prima fase dell’esperimento anche i topi appartenenti
al terzo gruppo, benché non rinforzati, avessero appreso efficacemente la struttura
del labirinto. Tale apprendimento, che si rese manifesto solo nella fase successiva in
presenza del rinforzo, venne definito da Tolman “apprendimento latente”.
La posizione di Tolman aprì la strada a concezioni dell’apprendimento che
vanno oltre all’associazione di sequenze di stimoli e di risposte di tipo
comportamentali, per approdare al campo dei processi cognitivi.
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3 Apprendimento e cognitivismo
Il declino del comportamentismo e lo svilupparsi della ricerca sulla
cognizione hanno delineato una nuova concezione dell’apprendimento. Innanzitutto
sono stati messi in discussione in modo definitivo sia il cosa si apprende (la tipologia
degli apprendimenti) sia il come (la modalità). Infatti non si imparano solo
comportamenti ed abitudini ma anche concetti, regole, procedure per affrontare
diversi compiti (ad es. come studiare un testo, come scrivere un tema o guidare
l’automobile). Tali apprendimenti, che si definiscono complessi, non possono essere
il frutto di semplici associazioni, ma sono il risultato dell’elaborazione
dell’informazione, intesa nella sua accezione più ampia ed articolata. Mentre
tradizionalmente si era pensato alla memoria come fase successiva a quella
dell’apprendimento secondo la concezione cognitivista, invece, essa consente
l’apprendimento, che può essere spiegato quindi in relazione ad altri processi
cognitivi (percezione, attenzione, pensiero, linguaggio), metacognitvi e emotivomotivazionali.
Gli studi della psicologia cognitiva hanno evidenziato che l’apprendimento ha
la caratteristica di essere costruttivo, poiché nasce dal confronto tra informazioni in
arrivo e conoscenze depositate in memoria. La conoscenza viene costruita, e non
semplicemente registrata o recepita; è influenzata dalla tipologia della conoscenza
precedente e da come questa è organizzata. Per quanto riguarda l’organizzazione
della conoscenza riveste un ruolo importante la nozione di schema.
Gli schemi sono delle strutture astratte di conoscenza che si formano
attraverso la presentazione ripetuta di alcune esperienze dalle quali è possibile
astrarre caratteristiche comuni e la cui attivazione resta generalmente inconsapevole.
Noi abbiamo una molteplicità di schemi riferiti a concetti (ad es. lo schema di
pianoforte), a tipologie testuali (ad es. lo schema di una storia), a situazioni (ad es. lo
schema dell’andare a cena al ristorante). Gli schemi danno organizzazione e senso
alle informazioni in arrivo, ci aiutano a completarle e a ricordarle. Dalla nozione di
schema deriva che l’apprendimento si basa sulla conoscenza attraverso un rapporto
dinamico e continuo tra ciò che di nuovo acquisiamo e ciò che sappiamo. Si può
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sostanzialmente dire che, se da un lato non si impara mai nulla di veramente nuovo,
dall’altro la conoscenza, in quanto costruita e ricostruita, non è mai ripetitiva.
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4 Lo studio
La capacità di apprendere e utilizzare nuove conoscenze è determinante lungo
tutto il corso della vita, dai primi apprendimenti fino alle competenze richieste nella
vita quotidiana di una persona adulta, come guidare, orientarsi, praticare uno sport,
affinare abilità relazionali e comunicative per interagire positivamente con gli altri.
Gli esseri umani condividono con gli altri animali numerosi apprendimenti. Tuttavia,
una particolare forma di questo, lo studio, inteso come “lettura attenta e selettiva
mirata a comprendere e a memorizzare le informazioni utili per eseguire una prova”
[Anderson, 1979], si configura come una attività tipicamente umana.
La ricerca psicologica ed educativa degli ultimi decenni ha dimostrato che
nello studio sono implicate molteplici variabili di tipo cognitivo, metacognitivo,
motivazionale, emotivo e di personalità. Un buon funzionamento delle funzioni
cognitive di attenzione, memoria e comprensione è naturalmente alla base di uno
studio efficace. Tuttavia, se tali funzioni sono una condizione necessaria
all’apprendimento, costituendone in qualche modo gli elementi strutturali, non sono
però sufficienti. Altre variabili sovra-ordinate intervengono nel processo di
apprendimento e studio e risultano decisive per il suo successo. In altri termini,
possiamo affermare che nell’attività di studio entra in gioco la quasi totalità delle
componenti che caratterizzano l’essere umano: razionalità, strategicità, volontà,
credenze, motivazione, valori e emozioni, e che tutti questi aspetti vanno considerati
per spiegare le differenze tra studenti più o meno abili e per implementare
programmi in grado di aiutare a migliorare le abilità di studio. Le cause e i correlati
del successo (e dell’insuccesso) nello studio possono essere ricercati nella
personalità, nell’atteggiamento strategico, nella consapevolezza meta cognitiva, nelle
motivazioni che spingono e orientano verso un determinato compito di studio e nelle
emozioni associate, in una rete di interazioni reciproche in cui un cambiamento a uno
di questi livelli può ripercuotersi su tutti gli altri, fino e contribuire a modifiche
sostanziali sia nelle prestazioni di studio, sia nell’immagine di sé come studente.
Alcuni autori, a cavallo degli anni ottanta, hanno sviluppato un modello interattivo
dell’apprendimento (Jenkins 1979, Bransford 1979, 1984) che consente di analizzare
la relazione tra i seguenti fattori: le caratteristiche individuali dello studente, le
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attività di apprendimento, le caratteristiche del materiale da apprendere e
l’insegnamento, le caratteristiche del compito criteriale.
Le caratteristiche individuali dello studente riguardano le sue specifiche
abilità cognitive (memoria, attenzione, conoscenze precendenti) e metacognitive
(conoscenze circa l’obiettivo dello studio, il come si studia, le strategie e come
usarle), i suoi stili cognitivi, le sue motivazioni, attribuzioni, aspettative, credenze.
Le attività di apprendimento sono i processi cognitivi (attenzione,
comprensione, pensiero ecc.) messi in atto e le strategie usate dallo studente in quel
particolare compito.
Le caratteristiche del materiale da apprendere riguardano i testi più o meno
complessi, le modalità e l’ordine di esposizione, la presenza di domande, schemi,
immagini, facilitatori.
Le caratteristiche della qualità dell’istruzione sono strettamente legate alle
scelte metodologiche dell’insegnante ed alla capacità di comunicare con gli allievi.
Il
compito
criteriale
riguarda
il
modo
utilizzato
per
verificare
l’apprendimento, sempre scelto dall’insegnante, può essere una prova con domande a
scelta multipla, un questionario a risposta breve, una classica interrogazione, una
soluzione di un problema. Per esempio, il risultato di un compito criteriale, che un
insegnante propone come modalità di verifica dell’apprendimento, è influenzato
dalle conoscenze dell’alunno, dalle sue aspettative (“ce la farò”); credenze (“è alla
mia portata”, “se ho studiato non mi devo preoccupare”,…), che a loro volta sono in
relazione con le attività cognitive e strategiche messe in atto, con il tipo di materiale
usato per studiare e con l’istruzione ricevuta. Qualche volta succede a scuola che la
verifica proposta non è in stretta relazione con quanto, come e per quanto tempo è
stato insegnato quel particolare argomento.
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Bibliografia

De Beni, R., Molin, A., Pazzaglia F. e Zamperlin, C. (2003). Psicologia cognitiva
dell’apprendimento. Ed. Erickson, Trento.

De Beni, R., Carretti, B., Moè, A., e Pazzaglia, F., (2008). Psicologia della personalità e
delle differenze individuali. Ed. Il Mulino, Bologna.
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