“L`IDENTITÀ NELLA SOCIETÀ CONTEMPORANEA PROF .SSA

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“L’IDENTITÀ NELLA SOCIETÀ
CONTEMPORANEA”
PROF.SSA MARIA GRAZIA SIMONE
L’identità nella società contemporanea
Università Telematica Pegaso
Indice
1
IDENTITÀ “RISCRIVIBILI” ----------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2
TRA COMPLESSITÀ E CONTRADDIZIONI -------------------------------------------------------------------------- 7
3
IDENTITÀ E SCELTA DI SÉ ----------------------------------------------------------------------------------------------- 9
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 12
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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1 Identità “riscrivibili”
Il concetto di identità personale, nella letteratura psicologica e sociologica, si riferisce a
“l’esperienza reale del Sé in una particolare situazione sociale”, il “modo in cui gli individui
definiscono se stessi”1, una capacità autonoma di produzione e riconoscimento dell’Io2.
L’identità personale è quel nucleo di significati, di valori e di esperienze attorno alle quali la
persona struttura l’immagine di sé e, tramite quest’ultima, si riconosce e si presenta agli altri.
E. Erikson ha parlato dell’identità personale come di una consapevolezza da parte
dell’individuo di un senso di Sé costante e continuo nel tempo che si struttura sulla base delle
sollecitazioni provenienti dall’ambiente socio-culturale e del processo di maturazione psico-fisica3.
L’identità personale, pertanto, non è un blocco monolitico, ma è piuttosto il frutto di una
rielaborazione di differenti sollecitazioni che provengono dalla cultura di appartenenza, dalle
proprie credenze, dai propri valori, dall’interazione con gli altri, ecc.
Attualmente, il concetto di identità individuale si fa testimone della progressiva scomparsa
del senso dell’esistenza come narrazione lineare a favore di una concezione più fluida e dinamica.
Le nuove opzioni esistenziali e sociali vogliono l’identità della persona disposta a sviluppare
notevoli capacità di adattamento, a “reinventarsi” continuamente, ad essere versatile. Per questo si
ipotizzano identità leggere, mai rigide, per non divenire la zavorra di un individuo che ama tuffarsi
in una pluralità di esperienze e sperimentare di continuo.
1
P. BERGER, B. BERGER, H. KELLNER, La pluralizzazione dei mondi di vita, in L. SCIOLLA (a cura di), Identità. Percorsi
di analisi in sociologia, Rosemberg & Sellier, Torino 1983, p. 179.
2
Cfr. R. DE VITA, Incertezza e identità, F. Angeli, Milano 1999, p. 134.
3
Cfr. E. ERIKSON, Gioventù e crisi d’identità, tr. it., Armando, Roma 1974.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Se si dovesse paragonare l’identità ad un oggetto fisico, sarebbe più simile ad un vestito che
alla pelle: intercambiabile, non asfittica per chi la indossa, soggetta a cambiamenti veloci,
facilmente rimpiazzabile, non di intralcio per lo svolgersi delle complesse vicende personali.
La facilità nella scelta dell’identità più congeniale si inscrive in una maggiore autonomia di
espressione, e fa scaturire persino la possibilità di poter rivendicare la propria originalità e la propria
diversità. Il progetto, a ben guardare, non è così lineare: mentre si rivendica la possibilità dei
singoli individui di costruirsi autonomamente un profilo identitario, nei fatti ci si scontra con i vasti
e capillari apparati di controllo tipici dei sistemi complessi, i quali definiscono le condizioni, le
modalità ed i fini dell’agire individuale e collettivo4. Accanto a ciò, si deve sempre considerare la
facile tentazione di omologarsi allo stile di vita dominante. A tal proposito A. Melucci parla di una
speciale manovra difensiva nota come “mimetismo protettivo”5, tipica di chi preferisce confondersi
con le tendenze (sociali, culturali, relazionali, ecc.) in atto, piuttosto che imprimere una rotta
personale alla propria vita.
Ne deriva dunque che il processo di costruzione dell’identità individuale, in teoria
liberamente praticabile in più direzioni, in realtà non lo è. È comunque emblematico il passaggio da
una “concezione fotografica” dell’identità individuale (come successione di eventi irreversibili e
non cancellabili, tipica della modernità) alla metafora della “identità come videotape”, che è
possibile “riutilizzare” e “riscrivere”6, da rimodulare progressivamente nel corso dell’esistenza.
La nuova situazione di fluidità dell’identità, in ogni caso, non sempre è appagante per
l’uomo. L’incertezza esistenziale è ampiamente diffusa. Le persone oggi soffrono di insicurezza, di
assenza di progetti di vita, di confusione esistenziale, di paura, di disagio emotivo e relazionale. Il
4
Cfr. A. MELUCCI, Identità e azione collettiva, in AA.VV. Complessità sociale e identità, F. Angeli, Milano 1983, p.
159.
5
C. LASCH, L’io minimo. La mentalità della sopravvivenza in un’epoca di turbamenti, tr.it., Feltrinelli, Milano 1985.
6
Cfr. Z. BAUMAN, La società dell’incertezza, tr.it., Il Mulino, Bologna 1999, p. 27.
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contesto sociale, incerto ed ambivalente, nel mentre richiede ai singoli la capacità continua di
mutare identità e ruoli in base alle vicissitudini del momento, e a trasformare gli stili di vita, allo
stesso tempo non riesce a rispondere alle ansie esistenziali ed ai tormenti personali.
L’individuo si trova in una permanente condizione di prova: è costretto a fare piani a breve
scadenza, ad adattarsi alle circostanze, ad improvvisare, a saper sopportare i contraccolpi e
rimettersi in gioco. In assenza di principi guida e di valido supporto da parte della comunità sociale
di riferimento, egli diviene l’unico artefice del proprio destino, attore principale della biografia
personale, in un mondo sempre più mediato dalle logiche del mercato.
Tutto ciò impone alla persona di concepirsi come centro dell’azione, degli orientamenti da
prendere, delle relazioni e delle capacità da sviluppare. L’Io, in tal modo, assume maggiore spazio
per l’agire, ma diviene anche l’unico responsabile in caso di fallimenti personali e di insuccessi:
un’identità liberamente scelta, e consapevolmente progettata, fa ricadere con più intensità sul
singolo tutte le conseguenze di eventuali risvolti negativi della vicenda esistenziale.
La nuova etica non può che conformarsi sul dovere verso se stessi, sul sé come centro
dell’agire. I nuovi orientamenti di valore, di conseguenza, sono stati spesso interpretati come
espressioni di egoismo e di narcisismo. La oggettiva difficoltà nel poter contare su una comunità
sociale stabile, o su dei riferimenti individuali di senso, in effetti non fa che convogliare l’energia
inutilizzata nel regno dell’Io; qui, essa potrà essere impiegata per il soddisfacimento di bisogni
momentanei e contingenti, ed allevierà, seppur provvisoriamente, le ansie del vivere.
È così che la biografia della scelta, derivante dalla apparente libertà di potersi costruire, in
autonomia, una identità personale, si trasforma in “biografia a rischio” e in “biografia
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funambolica”7: tali espressioni fanno pensare ad uno stato di assedio e di tensione permanente,
tipico di chi si sforza di rimanere in equilibrio, pur in una condizione di incertezza e di instabilità.
7
Cfr. U. BECK, I rischi della libertà. L’individuo nell’epoca della globalizzazione, tr. it., Il Mulino, Bologna 2000, p. 6.
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2 Tra complessità e contraddizioni
La fine dell’età moderna ha condotto l’umanità al terzo millennio in mezzo ad un groviglio
di incertezze, a segnali di turbolenza e a complessi cambiamenti su scala mondiale.
Più precisamente, alcune convinzioni di fondo, maturate mezzo secolo prima (l’esaustività
delle forme conoscitive, la forza delle proposte scientifiche, la sicurezza delle opzioni culturali
dell’uomo, le presunte certezze raggiunte dal sapere umano, la convenienza di istituire ordine ed
omogeneità negli stili di vita e di pensiero, ecc.), sicuramente funzionali al controllo sociale, non
riescono più ad attirare proseliti come un tempo.
In un simile contesto, l’uomo appare sempre più disposto – o forse costretto – a misurarsi
con la discontinuità, con l’imprevisto, con l’incertezza.
Quest’ultimo sostantivo, l’incertezza, per quanto abusato nell’attuale universo semantico,
ben descrive l’attuale condizione umana, ed ha trovato nell’opera di Z. Bauman una delle analisi più
significative nella letteratura contemporanea di riferimento. Per il sociologo e filosofo polacco, il
transito dall’età moderna a quella contemporanea è avvenuto secondo la logica del “qualcosa si
guadagna e qualcosa si perde”8: assunto forse banale, e persino ovvio, per essere alla base di una
svolta storica di rilievo, e però rivelatore delle notevoli tensioni e delle contraddizioni del tempo
attuale.
L’ansia di perseguire la bellezza, la pulizia, l’ordine, allo scopo di conferire alle cose la
massima trasparenza ed una maggiore comprensibilità, entrambe funzionali al controllo, ha
richiesto, nell’età moderna il sacrificio della libertà, in molte sue forme e in diverse sue
manifestazioni.
8
Z. BAUMAN, Il disagio della postmodernità, tr. it., Mondadori, Milano 2002, p. XII introduzione.
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Oggi, l’ordine assoluto ed onnicomprensivo non è più la principale aspirazione del vivere.
Calato l’entusiasmo verso la moda delle soluzioni definitive, la situazione ha assunto colori e
direzioni affatto nuove e specifiche: il principio di realtà è assediato dal principio di piacere; il
reale, mancante di riferimenti, diviene una forma di simulazione e, per alcuni, non esiste più9; si
registra una certa diminuzione della tendenza ad attuare delle scelte irrevocabili (una per tutte, il
divenire genitori); la libertà individuale sembrerebbe apparentemente regnare incontrastata, quasi a
rappresentare il vettore primario dell’incessante progresso umano.
E tutto questo in una logica che rifiuta la linearità, che si arricchisce del frammento, che si
celebra nel momento e che quindi invoca la provvisorietà, perché in ogni caso “qualcosa si
guadagna, qualcosa si perde”.
Da qui lo scatenarsi di un fraintendimento e, per certi versi, di un paradosso: quello di
intendere la libertà soltanto come maggiore autonomia nella ricerca del piacere. La richiesta di
esperienze piacevoli è oggi talmente disinibita che è impossibile conciliarla con quel minimo di
sicurezza richiesto dall’individuo libero nella propria esperienza di vita10.
Secondo questa interpretazione, l’ottenimento di una maggiore libertà individuale e la corsa
al soddisfacimento dei piaceri, genererebbero una spirale illimitata di desideri (molteplici,
imprevedibili, mai del tutto appagabili) ed una condizione di perenne insoddisfazione e di
incertezza. O forse anche di ambivalenza e di ambiguità, se non proprio di contraddittorietà, da cui
poi deriverebbero come inevitabili esiti, una certa difficoltà ad orientarsi lungo l’esistenza, una
evidente incapacità ad assumere e a gestire responsabilità, comprese quelle educative o forse a
partire da quelle destinate alla cura ed alla educazione dei più giovani.
9
Cfr. J. BAUDRILLARD, Il delitto perfetto. La televisione ha ucciso la realtà?, tr. it., R. Cortina, Milano 2002.
Cfr. Z. BAUMAN, Il disagio della postmodernità, op. cit, p. XII dell’Introduzione.
10
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3 Identità e scelta di sé
In base a quanto fin qui detto, emerge come si presenti un compito individuale, un compito
che diventa ancor più impegnativo nella complessità del quadro sociale attuale. Occorre rendere la
persona capace di scelta, di decidere e di scegliere una propria identità. Si tratta di un compito che si
radica profondamente nella questione educativa. La scelta dell’identità necessita, in primo luogo,
della competenza individuale di riportare ad unità e di rilevare la dimensione di integrazione delle
molteplici esperienze vissute nel quotidiano.
Quello dell’unità, nella società contemporanea, diventa allora un effettivo compito, da
promuovere in chiave educativa e da incentivare nella riflessione pedagogica. Presuppone la
scoperta della propria unità nella pluralità delle situazioni dell’umana vicenda. Laddove la pluralità
delle esperienze, dei luoghi e delle sollecitazioni potrebbero ingenerare smarrimento e confusione,
“la persona raccoglie e semplifica, è centro di relazioni e di significati, partecipa e rende partecipi
qualità ed esperienze, è percezione di continuità e di stabilità pur nella diversità delle condizioni e
nella molteplicità delle situazioni”11.
In tale prospettiva l’idea dell’identità personale è da riguardare anche come un “dovere”:
quello di essere se stessi, di rimanere fedele alla propria vocazione per perseguire con tenacia il
personale progetto di vita umana12.
Un ulteriore compito educativo che, a tal proposito, merita di essere incentivato è
l’educazione alla scelta, quest’ultima intesa quale preciso valore e basilare competenza della
persona derivante dal saper discriminare tra identità distinte optando poi per quella più confacente
11
12
N. PAPARELLA, Pedagogia dell’apprendimento, La Scuola, Brescia 1988, pp. 42-43.
Cfr. B. ROSSI, Identità e differenza. I compiti dell’educazione, La Scuola, Brescia 1994, pp. 31-32.
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alla propria personalità, accogliendo il vissuto di tensione e di sforzo interpretativo che a tale
esperienza si accompagna.
La stessa conquista dell’identità è, in fin dei conti, una scelta, dal momento che la persona
può svilirsi nell’omologazione e nella ripetizione o nell’espressione narcisistica o, al contrario, può
darsi come soggettività creativa e responsabilmente impegnata in direzione personale e
comunitaria13.
Saper scegliere è dunque una competenza fondamentale perché interessa direttamente
l’identità dell’individuo in quanto lo spinge ad interrogarsi su che tipo di persona vuole essere.
La scelta appare dapprima come facoltà di colui che sceglie. Scegliendo questo o quello, io
scelgo ogni volta indirettamente me stesso, e mi costruisco in quella scelta: per aver osato, per
essermi esposto ed avventurato nell’oscurità e nell’incertezza, io mi sono incontrato un po’ di più
con me stesso, senza essermi propriamente cercato14.
In tal modo si risponderà anche ad un’esigenza educativa particolarmente sentita al giorno
d’oggi: quella di consolidare, specie nei soggetti in età evolutiva, la competenza di costruirsi come
personalità governate dall’autodecisionalità, dall’intenzionalità e dall’aspirazione verso le grandi
opzioni valoriali, allo scopo di respingere le spinte eterodirettive e l’adeguamento passivo mediante
la configurazione di una propria coscienza critica.
Il “sentiero” dell’educazione è sempre quello più idoneo da percorrere per aprirsi
all’interpretazione dei problemi del tempo presente, per salvaguardare e promuovere le risorse
interiori di ognuno, consentendo di sfuggire alle spinte omologanti ed agli atteggiamenti
13
14
Ivi, p.95.
E. MOUNIER, Il personalismo, tr. it., Garzanti, Milano 1952, p. 76.
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autocentrati ed investendo maggiormente sulla libera e consapevole realizzazione di sé, per dare un
senso al proprio progetto di vita.
E’ su questa pista di riflessione che si potrebbe lavorare per evidenziare, nella prospettiva
della pedagogia sociale, specifiche responsabilità educative della società, e poi per promuovere la
costruzione di speciali identità progettuali, autonome e partecipanti verso la produzione di un
universo valoriale solidale, onesto, consapevole.
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Bibliografia
 Bauman Z., La società dell’incertezza, tr.it., Il Mulino, Bologna 1999.
 Bauman Z., Il disagio della postmodernità, tr. it., Mondadori, Milano 2002.
 Baudrillard J., Il delitto perfetto. La televisione ha ucciso la realtà?, tr. it., R. Cortina,
Milano 2002.
 Beck U., I rischi della libertà. L’individuo nell’epoca della globalizzazione, tr. it., Il Mulino,
Bologna 2000.
 Berger P., Berger B., Kellner H., La pluralizzazione dei mondi di vita, in L. Sciolla (a cura
di), Identità. Percorsi di analisi in sociologia, Rosemberg & Sellier, Torino 1983.
 De Vita R., Incertezza e identità, F. Angeli, Milano 1999.
 Erikson E., Gioventù e crisi d’identità, tr. it., Armando, Roma 1974.
 Lasch C., L’io minimo. La mentalità della sopravvivenza in un’epoca di turbamenti, tr.it.,
Feltrinelli, Milano 1985.
 Melucci A., Identità e azione collettiva, in AA.VV. Complessità sociale e identità, F.
Angeli, Milano 1983.
 Mounier E. , Il personalismo, tr. it., Garzanti, Milano 1952.
 Paparella N., Pedagogia dell’apprendimento, La Scuola, Brescia 1988.
 Rossi B., Identità e differenza. I compiti dell’educazione, La Scuola, Brescia 1994.
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