LEZIONE
“LA COMUNICAZIONE
PU B B LI C A ”
PROF.SSA CARMENCITA GUACCI
Università Telematica Pegaso
La comunicazione pubblica
Indice
1
DEFINIZIONE DI COMUNICAZIONE PUBBLICA, RATIO DELLA COMUNICAZIONE ---------------- 3
2
PRESUPPOSTI NORMATIVI DELLA LEGGE N. 150 DEL 2000-------------------------------------------------- 7
3
LA LEGGE N. 150 DEL 7 GIUGNO 2000 -------------------------------------------------------------------------------- 9
4
L’EVOLUZIONE DELLA COMUNICAZIONE PUBBLICA ------------------------------------------------------- 11
5
INFORMAZIONE E COMUNICAZIONE ------------------------------------------------------------------------------ 13
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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La comunicazione pubblica
Definizione di comunicazione pubblica, ratio
della comunicazione
La comunicazione è un processo di trasmissione di informazioni, che riveste un ruolo di
fondamentale importanza nell’ambito dell’agire istituzionale. Il dovere di informazione va
contemperato con i doveri costituzionali di riservatezza, imparzialità e correttezza.
Alla luce delle recenti riforme che hanno interessato la pubblica amministrazione, la
comunicazione come obbligo generale della amministrazione, diventa una risorsa fondamentale per
dare effettività ai diritti dei cittadini e rispondere ai loro bisogni.
La P.A. non comunica per convincere i cittadini della validità e conformità legale delle
scelte operate, questa è la dimensione politica, ma per farli partecipare alle decisioni assunte e alle
opportunità offerte, consentendo un reale accesso ai documenti amministrativi e fornendo loro
informazioni sui servizi di pubblica utilità.
Per comunicazione pubblica si intende ogni attività rivolta a fornire messaggi ed
informazioni da amministrazioni pubbliche o altri enti erogatori di servizi pubblici agli utenti dei
servizi. In altri termini, la comunicazione pubblica è ogni forma di comunicazione che proviene
dalla pubblica amministrazione.
Si possono individuare fondamentalmente tre modalità d’uso della comunicazione da parte
delle istituzioni pubbliche1:
• la comunicazione istituzionale: è finalizzata ad esternare le attività e le funzioni, ad
applicare norme, a regolare giuridicamente i rapporti fra i soggetti membri dell’ordinamento
(comunicazione normativa o giuridico-formale); ad informare gli utenti sulle modalità di
funzionamento degli uffici e sull’applicazione di norme (comunicazione di servizio); a far
1
V. Pendaci, Il Management Pubblico, Napoli, 2010, 297ss.
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conoscere l’identità e l’orientamento operativo delle istituzioni pubbliche (comunicazione
d’immagine).
Questa modalità di comunicazione, la più utilizzata dà attuazione ai principi di trasparenza,
pubblicità, informazione dell’azione amministrativa sanciti dalla legge n. 241 del 1990, e aumenta
le conoscenze degli utenti, facendo diminuire i rischi di illegittimità e disservizi dovuti alla carenza
di informazioni o anche solo la sfiducia collettiva;
• la comunicazione politica: e la comunicazione che proviene dalle istituzioni pubbliche e
dai partiti o movimenti politici, ed è incentrata su tematiche controverse di interesse generale sulle
quali sussistono orientamenti e opinioni contrastanti. La comunicazione politica è identificata con la
comunicazione istituzionale, sia a livello di collettività che di classe dirigente, in quanto la politica
ha occupato gli spazi lasciati liberi dal potere amministrativo anche nel campo della comunicazione
pubblica, generando così una pericolosa sovrapposizione di funzioni;
• la comunicazione sociale (o promozionale): è diretta a promuovere la risoluzione di
problemi di interesse generale (tutela ambientale, salute, previdenza, istruzione, occupazione,
sicurezza sociale, ordine pubblico, ecc.). La finalità di questa forma di comunicazione è
sensibilizzare e convincere i cittadini utenti .Il ruolo dell’amministrazione non è tanto quello di
risolvere i problemi generali, quanto quello di mobilitare le risorse necessarie per ottenere tale
risultato, imponendo un certo comportamento e minacciando eventualmente sanzioni in caso di
inadempienza.
Con la legge 150/2000, in particolare, si definiscono confini e finalità delle attività di
comunicazione realizzate da un soggetto pubblico.
Abbiamo detto che la ragione d’essere della comunicazione delle istituzioni è la costruzione
di un rapporto di fiducia con i cittadini, volta a recuperare un dialogo costruttivo finalizzato
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all’accoglimento dei bisogni e a favorire una maggiore partecipazione alla gestione della cosa
pubblica e quindi alla soddisfazione dei fini di interesse generale. E questo attraverso:
• l’informazione ai mezzi di comunicazione di massa;
• la comunicazione esterna rivolta ai cittadini, alle collettività e ad altri enti;
• la comunicazione interna realizzata nell’ambito di ciascuna amministrazione (l. 150/2000,
art. 1, comma 4)2.
Si tratta quindi di:
• illustrare e favorire la conoscenza delle disposizioni normative;
illustrare e favorire la conoscenza delle disposizioni normative;• favorire l’accesso ai servizi
pubblici, promuovendone la conoscenza;
• promuovere conoscenze allargate e approfondite su temi di rilevante interesse pubblico e
sociale;
• favorire processi interni di semplificazione delle procedure e di modernizzazione degli
apparati;
• promuovere l’immagine delle amministrazioni (l. 150/2000, art. 1, comma 5).
La legge quadro stabilisce l’importanza strategica della comunicazione pubblica, ne
individua gli ambiti di applicazione e fissa regole per rendere omogenea la prestazione in tutte le
amministrazioni. E soprattutto riconosce alla comunicazione istituzionale lo status di funzione
amministrativa con una sua disciplina, strutture specializzate, procedure, mezzi e personale
professionalmente qualificato.
La recente Direttiva del Ministro per la Funzione Pubblica del 7 febbraio 2002 – finalizzata
all’attuazione della legge 150/2000 – ribadisce quanto la riforma amministrativa e i suoi obiettivi di
semplificazione e qualificazione dell’azione pubblica, il federalismo, il rafforzamento dei livelli
2
Carla Brotto, Comunicazione e relazione all’interno dell’ente pubblico, 2005, Maggioli, pag. 41
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locali di governo e l’attuazione del principio di sussidiarietà possono realizzarsi soltanto con il
pieno sostegno dei cittadini, delle imprese e degli operatori del settore pubblico che devono essere
coinvolti attraverso opportuni e adeguati processi di comunicazione e relazione.
La Direttiva contiene quindi una visione integrata e sinergica delle attività rispetto a tutti i
pubblici considerati, mass media, cittadini, altre amministrazioni e personale interno.
La comunicazione, quindi, diviene snodo importante non solo della nuova relazione con il
cittadino ma anche dei processi di cambiamento e di modernizzazione, a condizione che venga
realizzata una rete efficace di scambio informativo e comunicativo interna alle amministrazioni.
Una buona comunicazione interna fondata su un’ampia condivisione delle attività e dei
processi lavorativi dei singoli uffici, e il coinvolgimento del personale nei progetti di cambiamento
organizzativo:
• rinsalda l’identità dell’amministrazione;
• favorisce il senso di appartenenza;
• contribuisce a porre su nuove basi l’immagine della sfera pubblica.
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2 Presupposti normativi della legge n. 150 del 2000
Prima di soffermarci sulla legge n. 150 del 2000 con la quale il legislatore ha disciplinato la
comunicazione che proviene dalla pubblica amministrazione, ci soffermeremo sulle tappe
legislative che hanno portato verso una reale comunicazione di pubblica utilità.
In primo luogo è da citare la Legge 400/1988. Con questa articolata riforma della Presidenza
del Consiglio si istituisce, tra l’altro, il Dipartimento per l’informazione e l’editoria al quale viene
affidato il compito di promuovere innovative campagne di pubblicità sociale, nonchè attività ed
eventi che danno un valido ritorno sia interno che internazionale.
Successivamente furono emanati due testi legislativi che puntavano a regolare, soprattutto in
relazione alla quantificazione delle risorse economiche da destinare specificamente alla
comunicazione, il rapporto tra Pubblica Amministrazione e mezzi di comunicazione di massa. Si fa
riferimento alla Legge 67/1987, recante la disciplina delle imprese editrici e provvidenze per
l’editoria, nonchè alla Legge 223/1990, cosiddetta Legge Mammì.
La prima concernente la stampa scritta, la seconda, invece, legata alle emittenti radiofoniche
e televisive private.
Lo sviluppo della comunicazione pubblica nel nostro Paese trova poi una valida sponda
nell’articolato processo di decentramento amministrativo e funzionale che interessa l’Italia negli
ultimi venticinque anni. L’esigenza di una reale pubblicità delle istituzioni incontra nella legge
142/1990, recante la disciplina sull’Ordinamento delle autonomie locali, una tappa di sicuro rilievo.
L’art. 7 del suddetto testo legislativo, infatti, afferma espressamente che “tutti gli atti
dell’Amministrazione Comunale e Provinciale sono pubblici, ad eccezione di quelli riservati per
espressa indicazione di legge”, e statuisce che in apposito Regolamento in seguito si detteranno “le
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norme necessarie per assicurare ai cittadini l’informazione sullo stato degli atti e delle procedure e
sull’ordine di esame delle domande, progetti e provvedimenti che comunque li riguardino”.
La tendenza che spinge, però, la Pubblica Amministrazione ad agire sempre più secondo i
concreti parametri della comunicazione bidirezionale, della pubblicità e della trasparenza, trova la
propria attuazione con la legge 241/1990, che detta per la prima volta una vera e propria disciplina
del procedimento amministrativo. La norma, nota anche come legge sulla trasparenza, è di singolare
importanza, in quanto all’articolo 1 detta che “L’attività amministrativa persegue i fini determinati
dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di
trasparenza, secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che
disciplinano singoli procedimenti, nonché dai princípi dell’ordinamento”. Sulla base dei principi
enucleati all’art. 1 della suddetta legge i cittadini, che su richiesta possono conoscere e valutare la
natura, l’iter e l’esito di atti e documenti che li riguardano, divengono essi stessi garanti della
positività dell’azione della Pubblica Amministrazione.
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3 La Legge n. 150 del 7 giugno 2000
Con la legge n.150 del 7 giugno 2000, il legislatore disciplina l’ attività di informazione e di
comunicazione delle pubbliche amministrazioni, istituzionalizzando dunque l’area della
comunicazione pubblica. Per la prima volta una legge dello Stato riconosce alla “comunicazione” il
carattere di risorsa prioritaria e strutturale, legittimandone e prevedendone la diffusione in ogni
momento e settore della Pubblica Amministrazione, e distinguendone altresì la specifica natura da
quella di ognuna delle altre attività amministrative.
La comunicazione viene vista come una funzione strategica, processo di conoscenza e
rinnovamento fortemente legato al cambiamento della pubblica amministrazione. E’importante
notare che dalla lettura della legge emerga una differente specificità che diversifica le attività e le
finalità di informazione rivolta ai media da quelle di comunicazione rivolta ai cittadini, alle
Associazioni, all’interno di ciascun ente3.
Il legislatore ha, inoltre, precisato che le attività di informazione e di comunicazione delle
pubbliche amministrazioni possono manifestarsi, oltre che per mezzo di programmi previsti per la
comunicazione istituzionale non pubblicistica, anche a mezzo di pubblicità, distribuzioni o vendite
promozionali, organizzazione di manifestazioni e di partecipazione a fiere e congressi.
La legge 150/2000 promuove poi l’interazione fra la Pubblica Amministrazione e i cittadini:
proprio nella comunicazione si identifica un luogo e strumento dei rapporti paritari, cooperativi e
3
Paolo Mancini, Manuale di comunicazione pubblica, 2002, La Terza, pag. 98, Giancarlo Fornari, La nuova
comunicazione pubblica, 2004, Il sole 24 ore, pag. 83, Mattia Miani, Comunicazione pubblica e nuove tecnologie, 2005,
Il mulino, pag. 15
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partecipati che ciascuna amministrazione deve perseguire sia con le altre amministrazioni che con i
cittadini.
La legge istituisce e regolamenta tre strutture quali il Portavoce, l’Ufficio Stampa e l’Ufficio
Relazioni con il Pubblico (URP). Creato ex novo e legato da un totale rapporto fiduciario al
soggetto/organo che egli rappresenta, il Portavoce collabora in prima persona ai fini dei rapporti di
carattere politico-istituzionale con gli organi d’informazione; costituito da personale iscritto
all’Albo nazionale dei giornalisti, l’Ufficio Stampa ha invece il compito di curare
continuativamente i rapporti fra l’istituzione e l’universo dei media; concreto momento di incontro
e partecipazione, l’attività dell’URP è infine indirizzata ai cittadini singoli e associati, garantendo
loro l’esercizio dei diritti di informazione e accesso attraverso l’organizzazione di un circuito di
front office – cittadino/URP – e back office – URP/Pubblica Amministrazione.
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4 L’evoluzione della comunicazione pubblica
L'evoluzione delle attività di comunicazione e informazione nelle amministrazioni pubbliche
è strettamente correlata all'espansione dei compiti esercitati dai poteri pubblici. Fino all’inizio dello
scorso secolo la quasi totale mancanza di comunicazione nei riguardi dei cittadini – se si eccettuano
le forme obbligatorie di informazione (“Gazzetta ufficiale”, foglio degli annunzi legali, ecc.) – era
in sintonia con i compiti, essenzialmente "d'ordine", delle amministrazioni pubbliche. I pubblici
poteri non dialogavano con gli "amministrati" (i sudditi"), ma esercitavano semplicemente il loro
potere di imperium. La comunicazione era, sostanzialmente, unidirezionale e si esprimeva in ordini
e divieti con relative sanzioni. Il binomio logico (e normativo) imporre/vietare aveva, infatti, come
unico risvolto l'obbligo di garantire l'informazione "legale" delle norme. Il messaggio implicito era
che lo Stato "sorvegliava" perché nulla turbasse il buon andamento del vivere civile.
In seguito ad una crescente democratizzazione del paese, la comunicazione fra poteri
pubblici e cittadini è diventata un’esigenza sempre più preponderante.
.Non a caso la comunicazione, insieme all’attuazione del principio di trasparenza,
rappresenta un cardine dell’evoluzione normativa che negli ultimi anni ha investito il settore
pubblico nel suo complesso.
Attualmente, infatti, i pubblici poteri sono incaricati di : 1) informare correttamente i
cittadini sulle decisioni adottate; 2) garantire la trasparenza dei processi decisionali, consentendo
l’esercizio del diritto di accesso agli atti delle amministrazioni pubbliche; 3) individuare standard
qualificativi dei servizi erogati e garantire la più ampia comunicazione ai cittadini.
La dottrina (Arena) ha individuato tre funzioni che la comunicazione pubblica può
assolvere:
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a)
di
servizio,
consistente
La comunicazione pubblica
nel
fornire
ai
destinatari
dell’amministrazione, sui programmi futuri, sulla normativa in
informazioni
sull’attività
vigore, e, in generale sul
funzionamento delle strutture amministrative; b) di immagine, che mira a promuovere l’immagine
del soggetto pubblico che comunica; c) amministrativa, tendente ad avvicinare i cittadini alle
amministrazioni, coinvolgendoli nella realizzazione degli obiettivi attribuiti dalla legge
all’amministrazione.
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5 Informazione e comunicazione
Secondo la dottrina (Lìhmann), la comunicazione comprende tre tipi di attività: a)
informazione, cioè il contenuto della comunicazione e, quindi,, ciò che viene trasferito; b) atto del
comunicare, vale
a dire la scelta del comportamento da assumere (mezzi e obiettivi), c)
comprensione, cioè l’attesa e la verifica del successo in relazione agli obiettivi dati.
Da quanto sopra detto, si può desumere che l’informazione è il contenuto della
comunicazione stessa, intendendo per informazione il livello di conoscenza che garantisce
l’instaurazione di un rapporto trasparente tra utente/cittadino ed uffici pubblici.
Una parte della dottrina (Fregoli), individua due modelli di comunicazione, l’uno opposto
all’altro: a) il modello autoreferenziale, utilizzato da istituzioni chiuse orientate a soddisfare
esigenze esclusivamente interne; b) il modello della trasparenza, tipico delle organizzazioni
proiettate verso l’esterno e che adottano processi di adattamento continuo alle esigenze dei
cittadini/utenti.
Al fine di evitare che le informazioni in entrata possano perdere le loro caratteristiche prima
di raggiungere l’operatore pubblico interessato, devono essere predisposte, internamente
all’organizzazione, reti di comunicazioni idonee a: 1) limitare la dispersione di informazioni; 2)
garantire che i compiti istituzionali vengano attuati, in base al modello decision making di ciascuna
organizzazione, nel modo migliore e relativamente al flusso di informazioni proveniente
dall’esterno.
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