Prof. Monti – classe IV – La Scuola di Oxford e Guglielmo da Ockham – a.s. 2016/2017 La Scuola di Oxford 1. L'AVERROISMO LATINO E LA TEORIA DELLA "DOPPIA VERITÀ" Il rapporto tra fede e ragione: due posizioni ben diverse! Come abbiamo visto, Tommaso volle delimitare l’autonomia della ragione filosofica, conciliandola con le verità di fede: non solo, a suo avviso, non vi è contraddizione fra le due, ma accade che le verità di ragione supportano quelle di fede e quelle di fede integrano e completano quelle di ragione. Insomma, a suo avviso: fede e ragione possono naturalmente e proficuamente convergere! Questa opinione, sostanzialmente condivisa anche da Agostino e Anselmo, non era però l'unica! Per AVERROÈ, interprete arabo di Aristotele (il quale, come abbiamo visto, restò il riferimento filosofico fondamentale per Tommaso), le cose stanno ben diversamente: la filosofia (ovvero la ragione) è del tutto autonoma dalla fede e non richiede in alcun modo di essere da essa integrata. La filosofia è sapere dimostrativo e l’unica verità esistente è quella filosofica. Secondo questa posizione, fede e ragione sono sostanzialmente divergenti. Una strana teoria Sigieri di Brabante, rappresentante dell’Averrosimo latino, riprese quest'ultima idea concludendo alla singolare teoria della doppia verità. Il suo movimento emerse a Parigi fra il 1260 e il 1265 e non mostrò alcuna preoccupazione di conciliare verità di fede e verità di ragione, diversamente da Tommaso. Sigieri, infatti, separa i due ambiti – fede e sapere filosofico – e ignora le contraddizioni esistenti fra i due campi. La fede, per esempio, afferma che il mondo non è eterno (infatti è stato creato da Dio) né necessario (Dio lo ha creato di sua libera iniziativa, senza soggiacere ad obbligo alcuno). La ragione, invece, sembra concludere all'idea dell'eternità del mondo e di una sua intrinseca necessità. Sigieri non si fa problema alcuno di queste e altre palesi contraddizioni: filosofia e fede conducono a due verità distinte e distanti (fra le quali, certo, il buon cristiano darà sempre la preferenza alla verità di fede!). Naturalmente, il problema sta nel fatto che la posizione di Sigieri, ammessa la doppia verità, si poteva facilmente ribaltare... Non a caso nel 1270 l’arcivescovo di Parigi, Stefano Tempier, giunse a condannare l’Averroismo e l’Aristotelismo. Citato dal tribunale dell’Inquisizione, Sigieri fu poi costretto a risiedere presso la corte papale, laddove morì assassinato da un chierico (folle). 1 Prof. Monti – classe IV – La Scuola di Oxford e Guglielmo da Ockham – a.s. 2016/2017 2. FRANCESCANI VERSUS DOMENICANI La tradizione che si rifaceva ad Agostino, il cosiddetto "Agostinismo", era ancora assai viva e si manifestò anche con la condanna di alcune tesi di Tommaso, come quella relativa all’unità della forma sostanziale dell’uomo. Numerosi autori francescani – che qui non stiamo a citare – si rivolsero polemicamente contro Tommaso, e dunque i Domenicani, e contro l’aristotelismo in tutte le sue forme. In generale, contro l’intellettualismo tomista, viene difeso il volontarismo: l’amore è superiore alla sapienza, proprio come il raggiungimento del fine ultimo, la salvezza, è superiore alla verità (oggetto, appunto, del sapere). 3. LA SCUOLA NATURALISTA DI OXFORD Quanto abbiamo appena detto riguardò principalmente l’università di Parigi. Ad Oxford, negli stessi anni, si sviluppava un diverso filone filosofico, diciamo così, particolarmente attento ai fenomeni della natura e alla sperimentazione scientifica. Fondatore della scuola naturalista di Oxford fu ROBERTO GROSSATESTA, mentre il suo massimo rappresentante fu RUGGERO BACONE. Presso questa scuola – pur frammiste a elementi di carattere teologico, mistico, metafisico – cominciano a emergere delle ricerche che possiamo accostare più da vicino a quella che sarà la scienza sperimentale moderna. Già Alberto Magno, maestro di Tommaso d’Aquino, aveva posto attenzione allo studio dei minerali e degli esseri viventi, affermando come “unicamente l’esperienza dà la certezza in questi argomenti, perché intorno ai fenomeni così particolari il sillogismo non ha valore.” Roberto Grossatesta si spinse ancora oltre: il suo sistema filosofico era sì di impianto complessivamente teologico-metafisico, ma in esso erano presenti ricerche di tipo empirico, in particolare sulle proprietà degli specchi e sulla natura delle lenti. Ruggero Bacone, allievo di Grossatesta, nasce nel 1214 e muore nel 1292. Bacone, come già Averroè, riteneva che Aristotele fosse la massima realizzazione possibile dell’intelletto umano, ma questo non significava per lui che la ricerca della verità termini con Aristotele stesso, perché “la verità è figlia del tempo”. Quattro, ad avviso di Ruggero Bacone, sono gli ostacoli al raggiungimento della verità. Queste cause sono, allo stesso tempo, il motivo dell'ignoranza: 1) l’esempio dell’autorità fragile e ingenua; 2) la continua abitudine; 3) le idee del volgo sciocco; 4) l’occultamento dell’ignoranza tramite l’ostentazione di una sapienza solo apparente. La verità è figlia del tempo e la scienza non è opera del singolo, ma dell’umanità. Con il passare del tempo, uomini nuovi eliminano gli errori di uomini vecchi. In particolare, due sono i modi in cui giungiamo a conoscere: 2 Prof. Monti – classe IV – La Scuola di Oxford e Guglielmo da Ockham – a.s. 2016/2017 1) Argomentazione; 2) "Esperimento". L’argomentazione, il ragionamento, non ci rende mai del tutto certi. Ci occorre l’esperienza, che è di due tipi: interna (illuminazione divina agostiniana verità soprannaturali) ed esterna (sensi verità naturali). Relativamente alla conoscenza della natura, Bacone ritiene essenziale il ruolo della matematica. Bacone, in particolare, in campo fisico si occupò di ottica, comprendendo le leggi della riflessione e della rifrazione della luce. Egli studiò le lenti e comprese come esse si potessero usare per la costruzione degli occhiali (la cui invenzione si fa risalire proprio a lui). Bacone intuì anche la possibilità di costruire macchine dotate di motore e, addirittura, di aerei e di sottomarini. In un certo senso anticipatore del genio di Leonardo, vediamo in Bacone l’idea di mettere l’ingegno umano al servizio della costruzione di congegni di utilità pratica. Vediamo così nascere all’interno della Scolastica, anche se lentamente, un filone di studi più pratico di carattere matematico e sperimentale. Sino a questo momento quella che noi chiameremmo ricerca scientificotecnologica era rimasta al di fuori del sapere ufficiale, della filosofia. Le numerose invenzioni tecniche che si possono ascrivere ai secoli del Medioevo – diversi tipi di bardature, fabbricazione di lenti e carta, processi per l’estrazione dei metalli dai minerali, ecc. – furono compiute del tutto al di fuori del pensiero filosofico. Roberto Grossatesta e Ruggero Bacone stanno all’inizio di quel movimento che, unendo teoria filosofica e tecnica, porterà alla nascita della scienza moderna. *** *** *** 3 Prof. Monti – classe IV – La Scuola di Oxford e Guglielmo da Ockham – a.s. 2016/2017 Guglielmo di Ockham 1280 - 1349 1. SITUAZIONE STORICA E SOCIALE Siamo ormai nel ‘300: gli ideali universalistici incarnati dalle due figure del papa e dell’imperatore decadono di fronte a dimensioni più particolaristiche e vitali. Assistiamo all’ascesa della borghesia e dei suoi valori laici, il progressivo emergere e imporsi degli Stati nazionali indipendenti. Il Petrarca ebbe, addirittura, a definire l’impero: “Vano nome senza soggetto”. Emerge sempre più la tendenza a togliere alla Chiesa ogni potere temporale per sottometterla, in questo campo, all’autorità civile dello Stato. Per quanto riguarda la cura d’anime, dunque la salvezza, essa non abbisogna di un apparato di potere e di beni il quale, anzi, è ad essa di impedimento. Nel ‘300, la divaricazione fra teologia e filosofia teorizzata da Duns Scoto (del quale noi non abbiamo parlato!) si approfondisce ulteriormente, in linea con il clima di crescente scompaginazione della concezione unitaria della società umana. 2. LA FIGURA E LE OPERE Quella del francescano Guglielmo di Ockham è una figura importante. Nato vicino a Londra, entra nell’ordine francescano attorno ai vent’anni. Diviene maestro di filosofia, insegna ed attende alla stesura di alcune opere. Nel 1324 si trasferisce nel convento francescano di Avignone, dove papa Giovanni XXII lo ha convocato per rispondere a un'accusa di eresia. La sua posizione si aggrava, anche perché nella contesa sorta all’interno dell’Ordine francescano circa il problema della povertà, Ockham si schiera con l’ala che rigetta aspramente l’orientamento moderato del Papa. Temendo pesanti sanzioni, nel 1328 Ockham fugge da Avignone e si rifugia presso la corte dell’imperatore Ludovico il Bavaro, a Pisa, dove lo raggiunge la scomunica. Sempre al seguito dell’imperatore, morirà nel 1349. 3. L'INDIPENDENZA DELLA RAGIONE DALLA FEDE Ockham è ben consapevole di quanto sia fragile l’armonia fra ragione e fede (quell’armonia che personaggi come Agostino e Anselmo ritenevano, invece, essere indubitabile), così come la sussidiarietà della filosofia rispetto alla teologia (ricordate Tommaso!). Il piano del sapere razionale, fondato sull’evidenza logica della filosofia, e quello della teologia, orientato alla morale e fondato dalla fede, a suo avviso sono asimmetrici. Sono piani non solo distinti, ma separati. 4 Prof. Monti – classe IV – La Scuola di Oxford e Guglielmo da Ockham – a.s. 2016/2017 Le verità di fede non sono di per sé evidenti, come i principi della logica, né sono dimostrabili, come le conclusioni della geometria. L’ambito delle verità rivelate è quindi radicalmente sottratto a quello della conoscenza razionale. La filosofia non è affatto "l’ancella della teologia" e quest’ultima non è affatto una scienza, ma un insieme di proposizioni unite non dalla coerenza della ragione, ma dalla forza della fede. Del resto, se è vero che Dio è onnipotente e che il Mondo è contingente, l’unico legame fra le due cose - Dio e Mondo - è il libero atto creativo di Dio: a nulla valgono i tentativi di mediazione proposti da Agostino, Bonaventura, Tommaso, Scoto e altri: si tratta solo dei residui di una ragione superba e pagana, la quale pretende di giungere laddove non può in alcun modo arrivare. Questi sistemi cercano di stabilire una qualche continuità, e dunque una derivazione razionale, fra l’onnipotente libertà divina e la contingenza delle creature, cosa che Ockham ritiene impossibile. Sono sistemi che stanno a metà strada fra la fede e la ragione: non riescono a sostenere la prima, non sono sostenuti dalla seconda. Fra ragione e fede vi è netta frattura: chi crede non lo fa seguendo la ragione! La fede, al contrario, si basa interamente sulla volontà (questo è il cosiddetto volontarismo), sulla decisione personale del singolo, e non su un qualche ragionamento. 4. L'EMPIRISMO E IL PRIMATO DELL'INDIVIDUO In Ockham possiamo individuare la fine della Scolastica e, in qualche modo, l'esito ultimo della filosofia cristiana per come siamo venuti descrivendola. Non a caso egli fu ritenuto, già dai contemporanei, l'iniziatore della cosiddetta via moderna, cioè un modo di fare filosofia diverso rispetto all'immediato passato. Egli può, oltre tutto, essere considerato anche l'iniziatore di una nuova corrente di pensiero poi nota con il nome di empirismo (cui per certi versi si contrapporrà, come vedremo, il cosiddetto razionalismo): per Ockham, come in genere sarà per tutti gli empiristi, tutto ciò che supera i limiti dell'esperienza non può essere dimostrato, dunque non è oggetto di scienza, e questo vale a partire dalla figura divina per arrivare a tutti i dati di fede! Ad avviso di Ockham, c’è una netta distinzione e separazione fra Dio – che è uno e onnipotente – e le cose create – che sono molteplici e contingenti. Il mondo creato, l'universo, è per Ockham un insieme di cose individuali, senza legami necessari fra loro, non ordinabili in base a concetti universali dotati di una qualche realtà, dipendenti dalla sola volontà divina. Ockham nega anche la distinzione, all’interno del singolo individuo, tra materia e forma. In contrasto con Aristotele e Tommaso, Ockham sostiene che oggetto della scienza è l’individuale. L’universo non è un sistema retto da cause necessarie ed ordinate – come accade nei sistemi di Platone ed Aristotele, ma anche nella fisica moderna – ma è un insieme di individui isolati, contingenti, dipendenti dalla libera volontà di Dio. Insomma: una diversa considerazione di Dio conduce ad una diversa considerazione del mondo. Come ben sapete, per Aristotele Dio è razionalità pura, pensiero di pensiero, e l’ordine naturale ad esso finalizzato è necessario e immutabile. Per 5 Prof. Monti – classe IV – La Scuola di Oxford e Guglielmo da Ockham – a.s. 2016/2017 Ockham, invece, Dio è volontà onnipotente (non a caso egli è francescano): egli liberamente crea e, di fronte ad esso, la natura è totalmente contingente (è così come è, ma poteva essere diversa). 5. "CONOSCENZA INTUITIVA" E "CONOSCENZA ASTRATTIVA" (STUDIARE SOLO LA DISTINZIONE FRA SAPERE INTUITIVO E SAPERE ASTRATTIVO!) Se, ontologicamente (cioè per quanto riguarda l'essere) il primato spetta all’individuo, gnoseologicamente (cioè per quanto riguarda il conoscere) il primato spetta all’esperienza ("empirismo" di Ockham). Vi è una distinzione all’interno degli atti dell’intelletto: l’atto con cui si apprende qualcosa – l'atto apprensivo – può riguardare sia un singolo termine che una proposizione. Un secondo atto, quello con cui si giudica ciò che si è appreso – giudizio – può riguardare solo la proposizione e si manifesta nell’espressione di un assenso o un dissenso, relativo alla verità o falsità della proposizione stessa. Ora: solo l’intelletto opera atti di giudizio, mentre l’atto con cui si apprende è proprio sia dell’intelletto che dei sensi. La conoscenza è incomplessa quando riguarda oggetti e termini singolari, è complessa quando è relativa a proposizioni che risultano dalla composizione di termini. La seconda, naturalmente, si basa sulla prima. La conoscenza incomplessa è, a sua volta, divisa in intuitiva ed astrattiva: INTUITIVA - si riferisce all’esistenza di un essere concreto, esistenza che, appunto, viene "intuita". È, questo, il livello conoscitivo fondamentale, senza il quale gli altri non sarebbero possibili. È un sapere perfetto quando si riferisce a una realtà presente, imperfetto se riferito ad una realtà trascorsa. Può, poi, essere sensibile (esempio: un oggetto si trova davanti a me e io lo vedo) o intellettuale (conosco i miei propri pensieri e sentimenti, dolori e piaceri). ASTRATTIVA - questa forma di conoscenza deriva dalla prima e può essere intesa in due modi: 1) qualcosa che viene astratto da molti singolari empirici (vedo un cane, due cani, tre cani... astraggo le somiglianze ed elaboro l'immagine, l'idea di cane) 2) si astrae dalla esistenza o non esistenza delle cose contingenti (penso a una cosa in maniera del tutto indipendente dal fatto che questa cosa esista davvero o meno). I due tipi di conoscenza, intuitiva e astrattiva, si riferiscono sempre al medesimo oggetto, ma colto sotto due aspetti diversi: sotto l’aspetto della sua esistenza (o non esistenza), oppure prescindendo da questo. La prima conoscenza è causata dall’oggetto presente, la seconda lo presuppone ed è successiva all’apprensione di esso. La prima si occupa di verità contingenti, la seconda di verità necessarie e universali. 6 Prof. Monti – classe IV – La Scuola di Oxford e Guglielmo da Ockham – a.s. 2016/2017 6. IL NOMINALISMO DI OCHHAM: LA NEGAZIONE DEGLI UNIVERSALI Ockham afferma che l’universale non è reale. Ogni cosa reale è individuale. Gli universali sono solo dei nomi (nominalismo), non delle realtà essi stessi, né con un fondamento nella realtà. La realtà è tutta singolare. Ma in questo modo cosa ne è della conoscenza astrattiva e del carattere universale delle sue proposizioni? Gli universali sono solo forme verbali tramite le quali la mente umana costituisce una serie di relazioni logiche. La conoscenza astrattiva altro non è che quella ricavata da più cose individuali: la ripetizione di molti singoli atti di conoscenza relativi a singole cose fra loro simili genera nella mente concetti che non significano una cosa singola, ma una molteplicità di cose simili. Tali concetti sono, diciamo, abbreviazioni. Che ne è, allora, della scienza? Il sistema di Ockham pare escludere un sistema di leggi universali e, ancor più, una strutturazione gerarchica e sistematica dell’universo. Il sapere metafisico, sapere che pretende di adire ad una certezza assoluta, va abbandonato a favore di una conoscenza probabile – fondata su ripetute esperienze simili, magari tutte conclusesi con il medesimo risultato – ma non certa vista l’assenza di nessi immutabili e necessari. 7. IL "RASOIO" DI OCKHAM E LA DISSOLUZIONE DELLA METAFISICA TRADIZIONALE (STUDIARE E RICORDARE COS'È IL PRINCIPIO DI ECONOMIA) Anche detto “principio di economia”, il rasoio suggerisce di “Non moltiplicare gli enti se non è necessario”: questo semplice principio diviene un’arma contro il Platonismo e anche contro alcuni aspetti dell’Aristotelismo. Detto in altre parole: Ockham suggerisce che, nella ricerca di una spiegazione razionale, occorre ammettere l'esistenza solo di quanto è strettamente necessario alla spiegazione stessa: tutto il resto è inutile! Applicando tale principio, Ockham critica molti suoi predecessori. La metafisica dell’essere analogico di Tommaso, ma anche quella dell’essere univoco di Scoto sono da rifiutare. Da rifiutare anche il concetto di sostanza: delle cose noi conosciamo solo quelle qualità e quegli accidenti che l’esperienza ci rivela. Il concetto di essenza indica una realtà sconosciuta, ma arbitrariamente indicata come nota. Cade anche la nozione metafisica di causa efficiente: noi vediamo che causa ed effetto si susseguono regolarmente, ma si tratta sempre di fatti diversi che noi non possiamo vincolare in termini metafisici. È possibile enunciare delle leggi, ma queste non possono essere indicate come universali e certe. Lo stesso dicasi per il concetto di causa finale: non ha senso dire che il fuoco brucia per uno scopo, dal momento che non è necessario postulare tale fine perché il fuoco bruci. Il principio di economia non è certo un'invenzione di Ockham: l’idea che non si debba supporre l’esistenza di cose in numero maggiore a quello necessario per dare una spiegazione razionale dei fenomeni è già un principio aristotelico (che lo usa nelle sue critiche a Platone!). Significativo che Ockham utilizzi questo principio proprio contro il suo primo, grande ideatore! 7 Prof. Monti – classe IV – La Scuola di Oxford e Guglielmo da Ockham – a.s. 2016/2017 8. IL PROBLEMA DELL'ESISTENZA DI DIO (RICORDARE COSA PENSA OCKHAM DELLE "DIMOSTRAZIONI DELL'ESISTENZA DI DIO" E QUALE DEVE ESSERE PER LUI IL RUOLO DEL TEOLOGO) Ockham asserisce con chiarezza che l’uomo non può conoscere Dio intuitivamente per via puramente naturale. Riguardo alle cosiddette prove a posteriori di Tommaso e Scoto, ma anche di Anselmo – prove che prendono le mosse dalla realtà creata – Ockham le critica ritenendole poco cogenti. Rispetto alla conoscenza di Dio, insomma, la ragione umana si muove in spazi davvero ristretti: diviene così più ampio lo spazio della fede nelle verità rivelate. A proposito di tali verità, la ragione umana deve abbandonare la propria smania argomentativa, il desiderio di esplicitare, chiarire, dimostrare. In questo ambito la ragione non ha un ruolo di rilievo e non perché le verità rivelate abbiano solo un valore pratico e non speculativo – molte di esse, infatti, hanno valore teoretico: Dio creatore del mondo, Dio uno e trino, ecc. – ma perché il loro contenuto non può costituire una forma di sapere certo e dimostrato razionalmente. Per ciò che concerne Dio, la ragione ha una importanza minima ed è completamente superata dalla fede. Per Ockham, quindi, compito del teologo non può essere quello di chiarire o addirittura di dimostrare le verità di fede, ma, al contrario, dimostrare che rispetto a quelle verità la ragione risulta insufficiente e impotente. Ockham pensa a istituire un concetto di ragione rigoroso, riducendola nei suoi effettivi limiti, e a salvaguardare la specificità e l’alterità della fede. Solo la luce della fede porta ad accettare come verità la Rivelazione. La Scolastica si è a lungo sforzata di mediare fra ragione e fede, con costruzioni di diverso tipo, Ockham vuole far cadere tali mediazioni. “Credo ut intelligam, intelligo ut credam” diceva Agostino. “Se prima non crederò, non potrò intendere” diceva Anselmo. Ockham spezza tutti questi legami: credo et intelligo. Si tratta di cose separate! 9. CONTRO LA TEOCRAZIA, A FAVORE DEL PLURALISMO (SOLO DA LEGGERE) Ockham è uno dei più importanti interpreti della caduta degli ideali universalistici facenti capo alle figure dell’Imperatore e del Papa. Da quanto detto fino ad ora, non è difficile credere che Ockham fosse un sostenitore dell’autonomia del potere civile dal potere spirituale e, a partire da questo, sostenitore di una profonda revisione della struttura della Chiesa e del suo spirito. Coinvolto nel conflitto fra Papato e Impero, Ockham vuole ridimensionare il potere del Pontefice e demitizzare la sacralità dell’Impero. Il Papa è un ministrator, non un dominator. Egli deve servire i credenti, non asservirli a sé. Tanto il Papa quanto i vari Concili sono fallibili. È invece la Chiesa come libera comunità di fedeli a sancire, nel corso della sua storia, le verità che ne costituiscono il fondamento. Occorre ridare spazio a tutti i fedeli. Con Ockham la Scolastica è giunta alla sua fine. 8 Prof. Monti – classe IV – La Scuola di Oxford e Guglielmo da Ockham – a.s. 2016/2017 10. IL METODO DELLA RICERCA SCIENTIFICA CHE OCKHAM PROPONE (DOVETE SOLO SAPER RISPONDERE A QUESTA DOMANDA: "COSA SI PUÒ CONOSCERE SCIENTIFICAMENTE? PERCHÉ?" ) Ockham e i suoi discepoli, oltre a tesi di carattere strettamente filosofico, elaborarono anche un nuovo metodo scientifico. Abbiamo visto che il mondo, per Ockham, è contingente e costituito solo da cose individuali: non è dunque lecito presupporre che il mondo sia strutturato secondo relazioni necessarie note tramite la speculazione metafisica: non bisogna ammettere nulla oltre la molteplicità degli individui. Se ciò è vero, solo la conoscenza sperimentale può essere base della scienza. Si può conoscere scientificamente solo ciò che è controllabile tramite l’esperienza empirica. Anche la logica spinge alla fedeltà al mondo reale: per ogni termine presente in una proposizione, occorre indicare chiaramente a quale realtà esso faccia segno. Ockham, fedele agli individui, rifiuta l’ipostatizzazione (= trasformazione di concetti in cose reali) di entità quali moto, spazio, tempo, ecc. Prendiamo il movimento come esempio: esso non è nulla di reale in sé, vi sono solo corpi che si muovono. Lo stesso vale per il tempo: esso non esiste in se stesso, esistono solo corpi che mutano la propria condizione. Più che preoccuparci di che cosa siano i fenomeni, di quale sia la loro essenza, o natura, ci dobbiamo occupare di come essi si verifichino. Non cerchiamo più di spiegare il perché accade ciò che accade – come ancora avviene nella fisica aristotelica – ci rinunciamo, accontentandoci di descrivere il come. Il mondo è solo un insieme di individui, non c’è alcuna legalità metafisica, alcuna struttura ordinata capace di inserire le singole cose in un disegno esplicativo generale. Secondo la fisica aristotelica tutto si svolge secondo leggi immutabili: non a caso il mondo è frutto di necessità e non di libertà. Nel contesto di un mondo liberamente creato, del tutto contingente, non bisogna pretendere di possedere o di determinare leggi certe, ma occorre mettere al vaglio dell’esperienza diverse ipotesi esplicative. - Ockham nega anche che fra il mondo sublunare e le sfere celesti vi sia quella diversità qualitativa sostenuta da Aristotele. Non è lecito ammettere diversità radicali fra le parti dello stesso universo. 11. GLI OCKHAMISTI E LA SCIENZA ARISTOTELICA (CURIOSITÀ) Il paradigma aristotelico, a partire da Ockham e dai suoi seguaci, viene progressivamente criticato e sostituito. La conoscenza scientifica aristotelica era caratterizzata da universalità e necessità, il nuovo modello è caratterizzato dal particolarismo e dal probabilismo. Insomma, già molto prima delle rivoluzione scientifica moderna il dominio dell’aristotelismo comincia a vacillare. 9 Prof. Monti – classe IV – La Scuola di Oxford e Guglielmo da Ockham – a.s. 2016/2017 12. APPROFONDIMENTI (CURIOSITÀ) LOGICA. È possibile considerare Ockham essenzialmente un logico che riprende molti contenuti della logica del XIII secolo, conferendo nuovo vigore agli strumenti e ai metodi di questa disciplina. Una serrata analisi di carattere logico e linguistico trasforma molti problemi filosofici e teologici, che vengono ricondotti ad una considerazione del significato e della funzione dei termini e delle condizioni di verità delle proposizioni. Ockham dice che è tanto facile quanto sbagliato confondere entità linguistiche con entità reali (vedi la questione degli universali) La comunicazione richiede dei segni linguistici, inevitabilmente, ma ad essi non bisogna attribuire alcuna funzione se non quella dell’indice. I termini indicano sempre qualcosa di diverso da sé, essi non hanno oggettività alcuna: logica e realtà, piano concettuale e piano reale sono radicalmente distinti. Ockham non poteva saperlo, ma la moderna logica simbolica seguirà proprio questa strada di netta separazione. La costante attenzione di Ockham nel segnalare gli errori in cui si incorre, quando si confonde il linguaggio con la realtà, trae dalle riflessioni sulla logica strumenti fondamentali per affrontare gli stessi problemi filosofici. Ockham suddivide la Summa Logicae, secondo l’indicazione di Aristotele, in tre parti: logica dei termini, logica delle proposizioni, logica degli argomenti. Benché ogni termina sia parte di una proposizione o lo possa essere, non tutti i termini hanno la medesima natura. La prima grande distinzione è tra il termine mentale, il concetto, e quello orale o scritto, che non significa nulla se non per istituzione convenzionale. Tutti i termini designano direttamente un oggetto, ma quelli orali e scritti traggono questa capacità dall’essere connessi con un concetto. I termini si dividono poi in categorematici, che hanno un senso definito e preciso, come il termine “uomo”, o “gatto”, e sincategorematici, come “ogni”, “nessuno”, “il”, “eccetto”… che non hanno un significato definitivo e preciso, né significano qualche cosa di distinto dai categorematici. Tra le altre distinzioni che Ockham compie, particolarmente significativa è quella fra termini assoluti e termini connotativi. I primi significano allo stesso modo tutto ciò che significano, riferendosi alla realtà singolare nella inseparabilità di essenza ed esistenza, così come viene colta dall’intelletto. Il termini connotativo è quello che significa qualcosa primariamente e qualche cosa secondariamente. Lo studio dei diversi modi in cui significano riguarda i termini singolarmente, mentre la supposizione studia la funzione dei termini all’interno delle proposizioni. “La supposizione è per così dire il porre qualcosa al posto di qualcosa d’altro, di modo che quando un termine in una proposizione sta al posto di qualche altra cosa, suppone per essa.” I tipi fondamentali di supposizione sono personale, semplice e materiale. La supposizione personale si ha quando il termine suppone per il suo significato, sia che questo coincida con una realtà extramentale, sia con un termine orale, mentale o scritto, o con qualunque altra cosa. Suppone in modo personale il termine che, in una proposizione, sta al posto della singola realtà per cui è stato costituito, che non necessariamente deve essere una realtà extramentale. La supposizione semplice si ha quando un termine suppone per un concetto, ma non viene preso significativamente. “Uomo è una specie”. Qui uomo sta al posto di un concetto, mentre non è stato istituito a significare un concetto, ma gli uomini individuali concreti. Si ha infine supposizione materiale quando un termine non suppone significativamente, ma per il termine orale o scritto: “uomo” è una parola. Nella seconda parte della Summa logicae, dove che sono state indicati i vari tipi di proposizione, la dottrina della suppositio viene ripresa per approfondire il problema della verità che, significativamente, viene ricondotta in questo modo sul piano del linguaggio e viene a coincidere con la proposizione vera. “Socrate è un uomo” è vera non perché al soggetto inerisca l’umanità, o perché l’umanità costituisca la quiddità di Socrate: non c’è posto per gli universali fuori dalla mente. La proposizione è vera se esiste qualcosa al posto della quale stanno, nella proposizione, sia il soggetto che il predicato. Le posizioni fino a qui indicate rappresentano l’atteggiamento che è stato chiamato nominalismo. 10 Prof. Monti – classe IV – La Scuola di Oxford e Guglielmo da Ockham – a.s. 2016/2017 UNIVERSALI. Il “peggiore errore della filosofia” consiste nel ritenere che gli universali siano cose reali, diverse dai termini che li esprimono, e nasce dalla pretesa di attribuire realtà autonoma a strutture linguistiche che l’uomo utilizza per semplificare i propri discorsi. L’identificazione degli universali, in primo luogo, con i concetti che significano naturalmente e, in secondo luogo, con i termini generali che significano per convenzione, non equivale a sostenere che le relazioni di somiglianza, da cui i concetti hanno origine, siano arbitrarie o puramente soggettive. Ockham intende sottolineare che il rapporto di somiglianza lega tra loro due realtà, la cui esistenza è sufficiente perché si dia somiglianza, e non è affatto una relazione a tre termini, che implichi due cose e una natura comune. “Dio non può produrre due cose bianche, senza produrre due cose simili, in quanto la somiglianza è le stesse due cose bianche”. MUTAMENTO E MOVIMENTO; TEMPO E CAUSA. L’analisi linguistica e gli strumenti logici sono per Ockham la strumentazione necessaria per condurre un’indagine sulle categorie fondamentali di Aristotele, da cui emerge una visione della realtà naturale coerente con il suo modo di concepire il rapporto tra linguaggio e realtà e tra Dio e mondo. “Mutamento” e “movimento” appartengono anch’essi a quei termini o concetti che vengono introdotti nel linguaggio, mentale o verbale, per desiderio di brevità o per abbellire il discorso: equivalgono ad espressioni complesse, senza affatto strare al posto di entità autonome. Affermare che esiste mutamento significa semplicemente che una cosa possiede ora qualcosa che prima non possedeva. Movimento locale appare, in ultima analisi, un termine connotativi che significa un corpo mobile, che acquista successivamente posizioni diverse, e lo spazio successivamente acquistato dal mobile. Anche il tempo, così come il moto, non è una res distinta dalle altre cose esistenti. Così come affermare che esiste il movimento significa dire che qualcosa si muove, esiste il tempo significa solo che qualcosa è in moto continuo ed uniforme e l’anima, riferendosi al prima e al dopo di tale movimento, può misurare la durata delle altre cose. Tempo, dunque, significa solo il movimento del primo mobile, scelto come riferimento comune per i suoi caratteri di regolarità, e connota l’attenzione dell’anima che in base a tale riferimento misura ogni altra durata nel mondo fisico. Ockham non vuole negare il valore del principio di causalità, ma sottolineare il carattere determinato e contingente della conoscenza umana. “Perché qualcosa sia causa immediata è sufficiente che quando si dà quella realtà assoluta, si dia l’effetto, e che quando questa realtà non si dà, rimanendo identiche le altre condizioni, non si dia l’effetto.” Possiamo sapere che una certa realtà produce un certo effetto, osservandolo, ma non possiamo dimostrare che ogni realtà di un certo tipo produca effetti di un certo tipo. ESISTENZA DI DIO. Ockham ritiene che la prova dell’esistenza di Dio sia più efficace se riferita non alle cause efficienti, ma a quelle conservanti. “Qualsiasi cosa realmente prodotta da un ente, per tutto il tempo in cui si mantiene nell’essere reale, viene conservata da un ente; ora è certo che il mondo è prodotto; dunque esso è conservato da un ente per tutto il tempo in cui si mantiene nell’essere.” Risalendo, nella serie degli enti che conservano ciò che non può darsi l’essere da solo, “è impossibile procedere all’infinito […] perché in tale caso esisterebbe l’infinito in atto, e ciò è assurdo.” 11