GUGLIELMO d’OCKHAM (1290-1349) Empirismo e Nominalismo nella filosofia di Guglielmo d’Ockham Sulle orme del Nominalismo di Duns, secondo cui gli Enti reali hanno come Essenza semplicemente la loro Esistenza oggettiva, Ockham introduce nella filosofia cristiana una teoria della conoscenza integralmente di natura empirica, distinguendo una Conoscenza Intuitiva basata sulla apprensione di un oggetto attualmente presente, o sensibilmente o nell’Intelletto, e una Conoscenza Astrattiva che opera sulle immagini mentali e sui concetti per ricavarne altri non direttamente intuitivi, più universali, e garantiti dalle procedure autonome della ragione, senza più bisogno delle Forme o Essenze come realtà sostanziali. Per Ockham i Termini Universali finiscono per essere soltanto dei Segni, delle ‘suppositio’ intenzionate dalla Coscienza che li mette ‘al posto di altro’, o di un’esistenza individuale o della totalità degli individui appartenenti ad una medesima classe o Specie, distinguendo in ogni relazione, in ogni rimando, un Significato diverso. Diventa evidente per Ockham che l’universalità del Concetto ha una genesi empirica e che diventa impossibile giustificarne l’applicazione alle realtà che stanno aldilà dell’esperienza, primo tra tutti all’esistenza di Dio, che è di per sé quanto esiste di più lontano dall’esperienza. Pretendere di conoscere l’Essenza di Dio come Causa Efficiente di tutto il reale o come Motore Immobile che muove senza essere mosso, vuol dire applicare i procedimenti dimostrativi della Ragione oltre i limiti dell’esperienza, nella quale invece troviamo sempre e solo Cause Efficienti limitate e descrivibili a partire dai Fenomeni sensibili e naturali. Ockham conduce una serrata critica del valore dimostrativo delle diverse prove dell’esistenza di Dio per negare alla Teologia ogni valore di scienza dimostrativa e razionale, e riservarle, come in Duns, il valore di Scienza Pratica. L’unico attributo riferibile a Dio sarà quello di postulare la sua infinita Potenza in quanto capace di produrre l’effetto parimenti infinito della totalità del mondo naturale, ma ciò significa poter riconoscere Dio solo come Infinita Volontà, come un postulato della Fede, senza poterne dare una alcuna dimostrazione razionale. Il principio di economia del ‘ rasoio’ e il Volontarismo Teologico Ockham introduce quel principio di economia, noto appunto come ‘il rasoio di Ockham’, secondo il quale è inutile e dannoso moltiplicare gli Enti, facendo per es. di qualsiasi Ente concreto la duplicazione individuale di una Forma o Essenza Sostanziale Universale; bisogna piuttosto recidere gli Enti inutili, a cominciare da quelli che vanno ritenuti inverificabili e indimostrabili, cioè molte nozioni della Metafisica, a partire dalle nozioni di Sostanza, di Causa Formale e di Causa Finale. Per la Sostanza, intesa come la Forma di un Sinolo, bisogna comprendere che, se anche esistesse, sarebbe espressa solo negativamente, come ciò che non può avere nessuna delle qualità sensibili manifestate dalla sua esistenza individuale; sarà più utile ed economico cogliere la sua individualità esistenziale come il semplice presentarsi nell’esperienza, della costante e regolare unificazione di qualità sensibili. Anche per la Causa e il Fine sarà più utile ed economico conoscere le cause empiriche o efficienti dei fenomeni che si manifestano in un’esistenza individuale piuttosto che affidarsi ad una Causa Formale a priori identica per tutti gli individui, o predeterminare un effetto a partire da un Fine che, sempre a priori, ne sarebbe la Causa. In questa prospettiva, tutto il mondo naturale appare come una totalità fenomenica da comprendere applicando la Ragione all’osservazione empirica delle esistenze contingenti. Ecco che la contingenza delle creature, il loro non potersi dare da sé l’esistenza perché effetto della creazione divina, si iscrive nella totale contingenza del mondo stesso, che Dio poteva volere e creare diverso dall’attuale, con lo sguardo nuovo che ricerca nella regolarità dei fenomeni naturali e nelle leggi che li governano i segni e il linguaggio della volontà divina. Il mistero di tale libera Volontà rimane però precluso agli sforzi della ragione e solo l’autonomia della Fede, volontaristicamente accettata dall’uomo, potrà mettere in contatto l’uomo con Dio, rivelandogli la spiritualità profonda della sua Anima, che rimane invece ignota alla Ragione e alla conoscenza teoretica.