QUI - Gistonline

annuncio pubblicitario
22 Giugno 2010
Intervista ad Anna Costato, Presidente
dell’Associazione Italiana GIST
Autore: Redazione
Dal 2006, Anna Costato affianca all’attività lavorativa l’impegno volontario in A.I.G.
Associazione Italiana GIST Onlus, di cui è fondatrice e presidente.
Incontriamo Anna Costato, Presidente dell’Associazione Italiana GIST (Tumore
Stromale Gastrointestinale). Ci può illustrare la storia e le finalità della sua
organizzazione? Essa è nata dal contributo volontario dei malati di GIST e delle loro
famiglie.....
GIST è l’acronimo di Gastro-Intestinal Stromal Tumor ed è il nome di un tumore che colpisce
gli organi del tratto gastrointestinale, principalmente stomaco, intestino e, meno
frequentemente, esofago, colon e retto. Il GIST fa parte di un gruppo di malattie chiamate
“Sarcomi dei tessuti molli”. I Sarcomi sono tumori relativamente inusuali che rappresentano
solo l’1% dei tumori negli adulti, mentre il 99% circa sono Carcinomi.
Il GIST è un tumore raro con una incidenza stimata in 1-1,5 casi l’anno ogni 100.000 abitanti
(cioè 10-15 persone su un milione si ammalano di GIST ogni anno). Non è “rarissimo”, ma
raro quanto basta per non essere riconosciuto e diagnosticato correttamente ancora oggi da
molte oncologie nel paese, né curato nel modo giusto.
Nella mia famiglia di origine si sono verificati frequenti casi di malattie oncologiche nel corso
degli ultimi decenni e tra noi credevamo di avere acquisito, nostro malgrado, una certa
conoscenza nel campo di queste malattie, ma eravamo impreparati alla diagnosi di un
tumore raro, un GIST, che si presentò nei primi mesi del 2001 ad una nostra giovane
familiare. Ci accorgemmo subito che questa patologia era praticamente sconosciuta anche
tra i medici e che era quasi impossibile trovare informazioni nella nostra lingua. Non
sapevamo che malattia fosse e, soprattutto, non conoscevamo nessuno che avesse avuto a
che fare con questo problema e come l’avesse affrontato prima di noi. Ci mancava il conforto
che nasce dalla conoscenza di altri pazienti che, affetti da una malattia importante, l’avevano
potuta curare e superare. Insomma, ci sentivamo molto “unici “ e isolati, una condizione che
moltiplicava tutte le nostre paure.
Mi misi alla ricerca di ogni informazione utile che potesse orientarci e fu così che trovai in
internet il sito di una associazione americana di pazienti affetti da GIST: Life Raft Group che
raggruppava un migliaio di pazienti, famigliari e amici. Avendo lavorato a Londra per alcuni
anni e conoscendo l’inglese, mi fu facile accedere al gruppo e alle tante informazioni che,
finalmente, mi era possibile ricavare da questo sito. L’incontro con questa comunità, attiva e
accogliente, che operava per diffondere la conoscenza della malattia tra i pazienti e per
sostenerli nel percorso terapeutico, rappresentò per la mia famiglia una svolta e una risorsa:
non eravamo piu’ soli!
Da allora molti eventi si sono susseguiti ma, in particolare, la nostra familiare colpita da GIST
ha superato con successo la malattia, ora sta bene ed è seguita in follow-up nel centro di
riferimento e di eccellenza per lo studio e la cura dei GIST in Italia: la Fondazione IRCCS
Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. Anche se per la mia famiglia l’epilogo di questa
esperienza di vita è stato positivo, l’incontro con questo raro tumore ci ha spalancato le porte
sulla realtà, fino ad allora sconosciuta, delle malattie rare e dello sgomento che vive ogni
malato e la sua famiglia quando viene diagnosticato un tumore, per giunta raro!
Da ciò è nata l’iniziativa di creare anche nel nostro paese un’associazione di pazienti affetti
da GIST, per fornire informazione nella nostra lingua e per affiancare il malato e la sua
famiglia nel percorso di diagnosi e cura. Nel 2006 è nata così A.I.G. Associazione Italiana
GIST, ad opera di un minuscolo gruppo di pazienti e famigliari uniti dal desiderio di aiutare
altre persone colpite nella salute. Determinante è stato l’incoraggiamento e l’appoggio che
abbiamo ricevuto fin dall’inizio dal Dr. Paolo G. Casali, referente di questa malattia nel nostro
paese e Responsabile della Struttura per il Trattamento Medico Sarcomi dell’Adulto,
Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori e dai medici oncologi e chirurghi del suo
gruppo di lavoro. Il Dr. Casali è anche il responsabile della Rete Nazionale Tumori Rari, con
la quale collaboriamo fattivamente. Novartis Oncology, la casa farmaceutica produttrice del
farmaco Glivec che cura con successo questa patologia, ci ha aiutato mettendoci a
disposizione i mezzi per creare il nostro sito e gettare le basi per costituire l’associazione.
Oggi siamo una Onlus che raggruppa piu’ di 300 pazienti che, per un tumore raro che conta
poche migliaia di malati in Italia, è un buon inizio. Il nostro obiettivo è di raggiungere il
maggior numero possibile di pazienti, farci conoscere, crescere e continuare ad aggiornare i
nostri associati sulle novità cliniche e le nuove scoperte scientifiche nel campo di questa
malattia. Siamo in stretto contatto con medici e ricercatori attivi nel campo dei GIST e
facciamo parte di Global GIST Network, la rete internazionale delle associazioni di pazienti
affetti da GIST.
Sul portale dell’Associazione si legge che la prognosi per un malato di Gist è oggi
molto più favorevole rispetto al passato. Per quali ragioni? Come si sta evolvendo la
ricerca oncologica in questo senso?
Per rispondere a questa domanda è necessario ripercorrere la storia del GIST, che è una
malattia “giovane” perchè comincia a delinearsi come patologia specifica solo nel 1998,
quando un patologo giapponese, il Dott. Seiichi Hirota dell’università di Osaka, scopre che
tumori poco conosciuti che originavano dal tratto gastrointestinale, contenevano spesso una
mutazione in una proteina chiamata “KIT”.
Fino alla fine degli anni ‘90, ai pazienti affetti da GIST venivano diagnosticate malattie simili,
come il leiomiosarcoma gastrointestinale (LMS), oppure leiomioma, leiomioblastoma o altre
malattie analoghe dal punto di vista istologico. Il GIST non rispondeva, però, alla
chemioterapia convenzionale ed alla radioterapia, per cui l’unica opzione per il paziente era
la chirurgia. Tuttavia, la chirurgia da sola non era sempre in grado di arrestare l’evoluzione
della malattia e per i pazienti con GIST metastatico oppure inoperabile non esisteva alcuna
terapia farmacologica efficace. Allora l’aspettativa di vita era drammaticamente breve per
quei pazienti, nell’ordine di alcuni mesi.
La scoperta del Dr. Hirota pubblicata su ‘Science’ nel 1998 costituì una pietra miliare che ha
rivoluzionato la storia di questa malattia e dell’oncologia più in generale. In particolare, il Dr.
Hirota ha scoperto che nella maggior parte dei GIST la proteina KIT (un recettore che
trasmette i segnali di sopravvivenza e di proliferazione alle cellule tumorali di GIST) era
‘costituzionalmente attivata’ cioè si comportava come un interruttore sempre ‘bloccato nella
posizione attiva (ON)’, ed inviava, quindi, continuamente alle cellule malate il segnale di
sopravvivere e riprodursi.
In seguito alle scoperte di Hirota, alcuni centri specialistici cominciarono a constatare che il
GIST era una malattia differente dalle altre sino ad allora diagnosticate. I trattamenti,
comunque, rimasero gli stessi fino alla fine del 2000 quando fu chiaro nei primi studi clinici,
che una nuova molecola chiamata STI571 (Imatinib), prodotta dalla casa farmaceutica
Novartis, che veniva da poco tempo sperimentata con successo nella cura della Leucemia
Mieloide Cronica, era efficace anche nei GIST: questa molecola poteva “disattivare
l’interruttore” che mandava segnali di riproduzione alle cellule malate.
Nel marzo 2000 per la prima volta STI571 fu provato in una paziente finlandese affetta da
GIST metastatico e diffuso, col risultato di bloccare la progressione della malattia. A luglio
del 2000 iniziarono gli studi di fase I e II negli Stati Uniti ed in Europa. La comunità medica
restò entusiasta dei risultati che si registravano nei primi pazienti; via internet e nella
comunità dei sarcomi si diffuse rapidamente la notizia che c’era un farmaco in studio che, al
contrario delle precedenti terapie, sembrava funzionare molto bene: era mirato a colpire il
recettore KIT, interrompendo il ciclo vitale della malattia. E’ diventato subito molto importante
distinguere il GIST dalle altre malattie poiché i trattamenti erano di gran lunga differenti. I
pazienti con leiomiosarcoma addominale furono incoraggiati a fare il test per c-kit, poiché il
test c-kit positivo avrebbe significato che essi avevano un GIST invece che un
leiomiosarcoma. Questo segnò l’inizio di un periodo in cui i pazienti erano spesso meglio
informati dei loro oncologi sulle opzioni di trattamento!
In pochi mesi dall’inizio degli studi di fase II, gli specialisti di sarcoma e i pazienti insieme
capirono che qualcosa di speciale stava avvenendo. Questo introdusse la comunità dei
pazienti GIST nel mondo degli studi clinici come non si era mai visto prima. Anche i pazienti
GIST, come la gran parte dei malati di cancro in precedenza non avevano partecipato, se
non in minima parte, a sperimentazioni cliniche. Ora essi erano dipendenti dagli studi clinici
per la loro sopravvivenza.
Ecco perchè nel giro di breve tempo, la prognosi per un malato con GIST metastatico o
inoperabile è passata da pochi mesi a, mediamente, 5 e piu’ anni. Ci sono parecchi pazienti
in terapia da 10 anni con Imatinib (il cui nome commerciale è Glivec) e continuano a riportare
buoni risultati nel controllo della malattia. La ricerca ha poi messo a punto una nuova
molecola, Sunitinib, che viene impiegata come farmaco di seconda linea nei GIST resistenti
o intolleranti a Glivec. E’ prodotta dalla casa farmaceutica Pfizer ed il nome commerciale è
Sutent. Altri nuovi farmaci sono allo studio e vengono ricercati nuovi principi attivi in tutto il
mondo scientifico.
In che modo il Gist può rappresentare una sorta di “modello”nella cura di altri tumori?
Glivec e Sutent sono definiti “Terapie molecolari mirate”. Alcuni li chiamano “farmaci
intelligenti”, per distinguere la loro azione rispetto alle terapie chemioterapiche convenzionali:
queste ultime colpiscono le cellule a rapida riproduzione, come avviene per le cellule
cancerose, cioè colpiscono gli “effetti” provocati dalla malattia. Queste terapie citotossiche
colpiscono sia le cellule malate che si dividono rapidamente, sia quelle “sane” che hanno
una naturale, rapida divisione come, per esempio, le cellule pilifere. Per questo la
chemioterapia ha, tra gli effetti collaterali, anche la perdita dei capelli. Invece, le terapie
molecolari mirate hanno per obiettivo (target) l’origine stessa della malattia, cioè disattivano il
recettore che invia i segnali alla cellula di riprodursi continuamente. La novità e la speranza
della ricerca stanno in questo: trovare molecole capaci di agire in modo mirato e selettivo sul
meccanismo che “origina” il tumore, inibendone l’attività. Il GIST è stato il primo tumore
solido che ha risposto ad una terapia molecolare mirata. Si pensa che altri tipi di tumore
molto più diffusi come il carcinoma mammario, il tumore al polmone, il cancro al colon retto e
infine alla prostata (che sono chiamati Big Killer perché causa del maggior numero di
decessi ogni anno), possano trarre grandi benefici dall’impiego di terapie molecolari mirate.
Per questo, un tumore raro, poco conosciuto e poco diffuso come il GIST, che probabilmente
non avrebbe mai sollevato tanto interesse scientifico, è studiato attivamente per capire i
meccanismi di risposta da trasferire ad altri campi di applicazione. Ecco perché il GIST è
diventato un “modello” nella ricerca oncologica.
Cosa si intende per “uso compassionevole” di un farmaco?
“Uso compassionevole” è la brutta traduzione del termine inglese “Compassionate Use”
riferito ad un nuovo farmaco non ancora approvato ne’ autorizzato all’immissione in
commercio, quando questo viene somministrato a qualche paziente al di fuori degli studi
clinici in corso. Infatti può succedere (e nelle malattie rare, dove i farmaci omologati sono
pochi, questo accade con frequenza) che un nuovo farmaco sia in fase di sperimentazione e
venga somministrato, all’interno di studi clinici specifici, a pazienti con determinate
caratteristiche cliniche per testare la sua efficacia. Se un paziente ha le caratteristiche
cliniche che fanno ritenere che potrebbe beneficiare di questo nuovo farmaco, ma non può
essere arruolato nello studio clinico per svariati motivi (per esempio, se lo studio clinico ha
già raggiunto il numero di pazienti prefissato per la sperimentazione e perciò ha “chiuso”
l’arruolamento, oppure nel caso in cui lo studio clinico abbia luogo in un paese europeo
diverso da quello di residenza del malato, con in mezzo sistemi sanitari diversi e ciò significa
impossibilità di accesso alla sperimentazione e, di conseguenza, al farmaco salva-vita), il
paziente può chiedere alla casa farmaceutica produttrice di fornirgli il farmaco al di fuori dello
studio clinico, per motivi umanitari ma non per motivi di studio e perciò “in via
compassionevole”.
La concessione del farmaco per “uso compassionevole” dipende dalla filosofia dell’azienda
farmaceutica che lo produce e non è affatto scontato che le ragioni umanitarie prevalgano su
altre logiche. Solo le pochissime aziende che adottano la “centralità del paziente” come
approccio operativo (Novartis è la prima casa ad avere fatto scuola), si sono finora
dimostrate collaborative e sensibili su questo tema. Anche in queste circostanze, le
associazioni di pazienti si attivano e sono al fianco dei pazienti, delle famiglie e dei medici
per ottenere il farmaco salva-vita che spesso rappresenta l’ultima speranza di cura. Per
un’azienda ricercatrice può essere scientificamente irrilevante prolungare la vita di un
paziente oncologico in fase terminale, ma noi riteniamo che sia etico ed umanamente
corretto batterci per dare una possibilità di sopravvivenza a tutti i malati che si trovano in tali
circostanze. Lavoreremo anche con l’ente regolatore EMEA per modificare le rigide direttive
europee sugli studi clinici, perché vengano abbattuti gli ostacoli burocratici che impediscono
il libero movimento dei malati all’interno degli stati membri.
Quali sono le prossime iniziative e progetti che intendete promuovere? Come gli
associati possono interagire fra di loro?
Abbiamo un fitto calendario di impegni per i prossimi mesi: riunioni mediche dedicate ai
pazienti con GIST, loro famigliari e amici che potranno incontrare medici esperti in questa
malattia, ascoltare spiegazioni e aggiornamenti sulle terapie e, soprattutto, potranno fare
domande. Questi incontri avranno carattere locale e li terremo a Firenze, Roma, Genova,
Bari, Messina e Bologna a cominciare dal mese di giugno fino a fine anno. Da tre anni
organizziamo a Milano, nel mese di febbraio, una riunione nazionale dedicata ai pazienti e
loro famiglie. Abbiamo sempre avuto molta partecipazione, con pazienti che sono venuti da
ogni parte del paese, affrontando talvolta viaggi impegnativi. Quest’anno siamo riusciti, con
l’aiuto di Novartis, ad organizzare anche incontri decentrati in modo da favorire molti pazienti
impossibilitati a lunghi viaggi.
Inoltre, stiamo tenendo delle conferenze telefoniche “a tema” riservati ai nostri associati che
possono collegarsi via web o via telefono ad un medico relatore che, dopo aver parlato del
tema prescelto (per esempio: gli effetti collaterali delle terapie, il ruolo della chirurgia e dei
farmaci, gli studi clinici in corso e le novità sui trattamenti medici) può rispondere in diretta
alle domande dei partecipanti. E’ un modo per mettere la tecnologia al servizio dei pazienti,
azzerare le distanze ed avvicinarli a medici esperti e disponibili a collaborare con noi.
In che modo è possibile sostenere l’associazione?
Siamo una Onlus che opera attraverso il lavoro volontario del comitato direttivo e dei soci. Ci
finanziamo attraverso le quote associative e le libere donazioni che riceviamo. E’ possibile
sostenerci economicamente con donazioni oppure offrendoci il contributo del 5 per mille
sulla dichiarazione del redditi. Cerchiamo aiuto per continuare il lavoro che stiamo
svolgendo: desideriamo divulgare la conoscenza di questo tumore raro e ancora poco noto
affinché, attraverso un’informazione più diffusa, sia possibile migliorare il percorso
diagnostico e terapeutico dei pazienti che ne sono affetti. Desideriamo continuare a crescere
e raggiungere molti pazienti: per fare questo abbiamo anche bisogno di visibilità, di articoli
nei media che parlino di noi, che ci facciano arrivare a contatto con chi è colpito da questa
malattia e con i loro medici curanti. Perciò vi ringraziamo, Editrice Le Fonti, per lo spazio che
ci avete riservato. Ci state aiutando a raggiungere il nostro scopo: far sapere ai pazienti
affetti da GIST e alle loro famiglie che non sono soli, che devono guardare con fiducia al
futuro perché esistono terapie efficaci, mentre altre sono allo studio e che possono contare
sulla solidarietà di molti pazienti che hanno già affrontato questo percorso e sono pronti ad
aiutare.
Come indica il nostro logo, vogliamo promuovere la solidarietà tra i malati e la collaborazione
coi medici: per una stretta di mano tra pazienti …..
…. e tra pazienti, medici e ricercatori.
Fonte:
http://www.finanzaediritto.it/canali-tematici.php?idcat=34
Scarica