Casistica clinica Vol. 98, N. 3, Marzo 2007 Pagg. 175-178 Una rara associazione di trombofilia ereditaria e sclerosi sistemica Giovanna Minenna, Livia Albanese1, Simona D’Amore2, Pasquale Scagliusi1, Massimo D’Amore1 Riassunto. Gli Autori descrivono un caso di sclerosi sistemica associato a trombosi venosa profonda. L’interesse è rappresentato dal riscontro di una condizione di trombofilia ereditaria. In letteratura non sono riportate segnalazioni in merito e maggiori studi sarebbero necessari per capire la possibile interconnessione tra le due patologie. Parole chiave. Fattore V di Leiden, metilentetraidrofolatoreduttasi, protrombina, sclerosi sistemica, trombofilia ereditaria. Summary. Hereditary thrombophilia and systemic sclerosis. An unusual case report. Authors describe a case of systemic sclerosis with deep venous thrombosis. Great attention must be taken for this case because it represents the condition of hereditary thrombophilia. No similar case was reported in literature; therefore, further studies must go ahead understand the possible relation between the two pathologies. Key words. Factor V Leiden, hereditary thrombophilia, MTHFR, prothrombin, systemic sclerosis. La sclerodermia (SSc) è una malattia generalizzata del tessuto connettivo, clinicamente eterogenea, in cui disfunzione del microcircolo, alterazione della funzione immunitaria e massiva fibrosi conducono alla compromissione di molteplici organi e apparati. I bersagli della malattia sono rappresentati dalla cute e da organi interni come il polmone, il cuore, il tubo gastroenterico e il rene. Dal punto di vista classificativo, si distinguono la sclerodermia generalizzata o sclerosi sistemica, la sclerodermia circoscritta, le forme associate ad altre connettiviti e i quadri sclerodermici indotti da sostanze tossiche. La diagnosi di sclerodermia si avvale dei criteri definiti dall’American College of Rheumatology dei quali sono necessari un criterio maggiore o due o più criteri minori: • criterio maggiore: SSc prossimale (alterazioni sclerodermiche bilaterali e simmetriche in ogni localizzazione prossimale alle articolazioni metacarpofalangee e metatarsofalangee); • criteri minori: sclerodattilia; ulcere necrotiche a carico delle dita o perdita di sostanza alla superficie volare dei polpastrelli; fibrosi polmonare bilaterale dimostrabile radiologicamente1. Per trombofilia ereditaria si intende la tendenza geneticamente determinata a sviluppare patologia trombo-embolica venosa ed arteriosa in soggetti di età inferiore a 50 anni, senza una causa apparente, con tendenza a recidivare. Le prime cause di trombofilia ereditaria identificate con certezza negli anni ’60-’70 sono rappresentate dal deficit congenito di antitrombina III, proteina C e proteina S che sono i principali fattori anticoagulanti naturali. Queste mutazioni sono rare nella popolazione con trombosi venosa e rarissime nella popolazione generale. Cause più frequenti sono: – la mutazione G1691A nel gene per il fattore V di Leiden; – la mutazione G20210A nel gene per la protrombina (fattore II); – la mutazione C677T nel gene per la metilentetraidrofolatoreduttasi (MTHFR). Il fattore V attivato è un cofattore essenziale per l’attivazione della protrombina (fattore II) a trombina. Il suo effetto pro-coagulante è normalmente inibito dalla proteina C attivata che taglia il fattore V attivato in tre parti. La mutazione G1691A determina una sostituzione aminoacidica, che impedisce il taglio da parte della proteina C attivata, rallentando l’inattivazione del fattore V e portando ad uno stato di ipercoagulabilità2-4. 1 Sezione di Reumatologia, 2Sezione di Medicina Interna, Dipartimento Medicina Interna e Medicina Pubblica, Università, Bari. Pervenuto il 24 luglio 2006. 176 Recenti Progressi in Medicina, 98, 3, 2007 Tale evento trombotico è favorito in presenza di altre condizioni predisponenti quali la gravidanza, l’assunzione di contraccettivi orali e gli interventi chirurgici. In gravidanza una condizione genetica di eterozigosi per il fattore V Leiden è considerata predisponente all’aborto spontaneo, alla eclampsia, ai difetti placentari, alla sindrome HELLP (emolisi, elevazione enzimi epatici, piastrinopenia)5-7. La protrombina o fattore II della coagulazione svolge un ruolo fondamentale nella cascata coagulativa, in quanto la sua attivazione in trombina porta alla trasformazione del fibrinogeno in fibrina e quindi alla formazione del coagulo. La mutazione G20210A nel gene del fattore II comporta un aumento del 30 % dei livelli di protrombina, il che spiega pertanto il meccanismo trombogeno della mutazione8,9. La metilentetraidrofolatoreduttasi (MTHFR) è un enzima coinvolto nella trasformazione del 5-10 metilentetraidrofolato in 5 metiltetraidrofolato che serve come donatore di metili per la rimetilazione della omocisteina a metionina tramite l’intervento della vitamina B12. Rare mutazioni (trasmesse con modalità autosomica recessiva) possono causare la deficienza grave di MTHFR con attività enzimatica inferiore al 20% e comparsa di omocisteinemia ed omocistinuria e bassi livelli plasmatici di acido folico. La sintomatologia clinica è grave con ritardo dello sviluppo psico-motorio e massivi fenomeni trombotici. Accanto alla deficienza grave di MTHFR, è stato identificato un polimorfismo genetico comune, dovuto alla sostituzione di una C (citosina) in T (timina) al nucleotide 677 (C677T), che causa una sostituzione di una alanina in valina nella proteina finale ed una riduzione dell’attività enzimatica della MTHFR pari al 50%; fino al 30% in condizioni di esposizione al calore (variante termolabile). Tale variante comporta livelli elevati nel sangue di omocisteina specie dopo carico orale di metionina. Recentemente, una seconda mutazione del gene MTHFR (A1298C) è stata associata ad una ridotta attività enzimatica (circa il 60% singolarmente; circa il 40% se presente in associazione alla mutazione C677T). Questa mutazione, in pazienti portatori della mutazione C677T, determina un aumento dei livelli ematici di omocisteina. Livelli aumentati di omocisteina nel sangue sono oggi considerati fattore di rischio per malattia vascolare, (trombosi arteriosa) forse attraverso un meccanismo mediato dai gruppi sulfidrilici sulla parete endoteliale dei vasi10. Descrizione del caso Donna di 36 anni, fumatrice di due sigarette (in media) al giorno da oltre 15 anni, obesa. Familiarità positiva per dislipidemia, endocrinopatie di vario tipo ed ipertensione arteriosa. Riferite apparenti buone condizioni di salute fino all’età di 20 anni, quando compare fenomeno di Raynaud alle mani. All’età di 25 anni si evidenziano teleangectasie sul volto, sul collo, sul tronco e sugli arti superiori. A 30 anni aborto spontaneo e successivamente due gravidanze a termine complicate entrambe dalla comparsa di gestosi con edema, ipertensione e proteinuria. Dal 2003 riferisce di assumere terapia estroprogestinica a scopo anticoncezionale. A novembre del 2004, per la comparsa di ipertensione, dispnea, iperpiressia (temperatura corporea maggiore di 38°C) ed emoftoe, viene ricoverata in Reparto di Medicina Interna e sottoposta ad una serie di indagini sia strumentali sia bioumorali. La paziente al momento del ricovero nel Reparto di Reumatologia del Policlinico di Bari presenta ulcere necrotiche a livello del II e del III dito di entrambe le mani. Gli esami di laboratorio mostrano: VES 65 mm/h (v.n. 1-20), PCR 1,7 mg/dl (v.n. 0-0,5), ANA: positivi a titolo di 1/1280 con pattern nucleare, anticorpi anti ENA, AMA, ASMA e anti ds-DNA: assenti. Vitamina B 12: 666 pg/ ml (v.n.200-950); acido folico: 5,60 ng/ml (v.n. 5,30-15,40). Omocisteina: 13,1 Umol/L (valori normali fino a 12; valori soglia compresi tra 12 e 15). L’ecocardiogramma mostra un lieve rigurgito aortico con pressione arteriosa polmonare di 37 mmHg e frazione di eiezione del 55%. La TC torace segnala: «destro-posizione dell’ arco aortico e dell’aorta toracica, con beanza dell’esofago esplorato», per cui vengono eseguiti la manometria esofagea che segnala «un’ipotonia degli sfinteri esofagei inferiore e superiore» e l’RX esofago baritato in cui si evidenzia un «aumento di calibro con ipotonia esofagea e ritardo di svuotamento, e tempo di transito oro-cecale rallentato». L’esame capillaroscopico descrive: «anse capillari allungate, ectasiche e ridotte di numero, presenza di megacapillari e flusso rallentato»: il tutto compatibile con quadro di scleroderma. La paziente viene dimessa con diagnosi di sclerosi sistemica e terapia con pentossifillina 400 mg/die, metilprednisolone 4 mg/die, ketoprofene 50 mg/die, atenololo + clortalidone 1 cps/die, iloprost 1 fiala più 250 ml di soluzione fisiologica endovena per cicli mensili, omeprazolo 20 mg/die. Nel dicembre 2005, per la comparsa di algie e sensazione di tensione al polpaccio sinistro, eseguiva, su consiglio dello specialista reumatologo, eco-color-doppler artero-venoso degli arti inferiori, che mostrava la presenza di trombosi venosa profonda femoro-poplitea a sinistra e sindrome post-trombotica a destra, per cui veniva ricoverata presso la nostra Divisione e veniva iniziata terapia con enoxaparina 8000 U.I./die e warfarin (mantenendo il PT-INR nel range terapeutico compreso tra 2,5 e 3). Si sospendeva la terapia con ketoprofene, mentre rimaneva invariata la restante terapia. La tipizzazione tessutale mostrava i seguenti antigeni tessutali: HLA A1, A2, B35, BW4, BW6, CW6, CW7, DR8, DR14, DRW52, DQ4, DQ5. ANA: positivi a titolo 1/160 pattern nucleolare. Anti-ds-DNA, anticorpi anti-ENA, IgM e IgG anticardiolipina e anti beta 2 glicoproteina: negativi. Studio LAC: negativo. Proteina C funzionale: 69% (v.n. 67-140); proteina S funzionale 120% (v.n. 62-145); proteina S libera antigene 10% (v.n. 57-113); plasminogeno 130% (v.n. 65-130); resistenza proteina C attivata (fenotipo FV Leiden): 1,9 (v.n. >2,05); fattore II: 91 UI/dl (v.n. 70-120); fattore VIII 137 UI/dl (v.n. 60-150); fattore vW-Ag 181 UI/dl (v.n. 58-154); lipoproteina (a): >100 mmoli/L ( v.n. 10-70). L’analisi molecolare dei fattori della coagulazione, utilizzando le metodiche PCR e Riverse Dot Blot, rilevava che la paziente era portatrice delle seguenti mutazioni nella forma eterozigote per: il fattore V di Leiden (G1691A), il fattore II (protrombina)(G20210A), il MTHFR (C677T) e il MTHRF (A1298C). G. Minenna et al.: Una rara associazione: trombofilia ereditaria e sclerosi sistemica Gli esami bioumorali eseguiti mostravano: VES 70 (v.n. 1-20), microematuria, colesterolo: 247 mg/dl(v.n <200), trigliceridi: 161 mg/dl (v.n. < 200); azotemia: 63 mg/dl (v.n. 10-50), PCR: 5,8 mg/dl (v.n. <0,5); fibrinogeno: 505 mg/dl (v.n. 170-410); AST: 47UI/l (v.n.10-37); ALT: 57UI/l (25-65); gamma-GT 64 UI/l (v.n. 5-55), LDH: 258UI/l (v.n. 100-258), creatininemia 1,1 mg/dl (v.n. 0,6-1,1), marker antigeni epatitici virali: assenti. Rx torace ed ECG: nei limiti della norma. L’ecografia addome segnalava steatosi epatica, mentre l’ecografia tiroidea rilevava ecostruttura disomogenea pseudonodulare come da tiroidite. L’ecocolor-doppler artero-venoso degli arti inferiori confermava la presenza di trombosi venosa profonda occlusiva femoro-popliteo-surale sinistra con interessamento della grande safena. La paziente veniva dimessa dopo un mese di degenza con la stessa terapia attualmente ancora in corso (due mesi dopo il ricovero). Discussione In accordo con l’ipotesi formulata da Virchow nel 185611, gli elementi principali implicati nella patogenesi della trombosi venosa possono essere individuati nel rallentamento del flusso sanguigno o stasi, nelle alterazioni della parete vasale e nell’aumento della coagulabilità del sangue o ipercoagulabilità. Ciascuno di questi elementi contribuisce, con peso diverso, nel favorire l’insorgenza dell’evento trombotico che può verificarsi spontaneamente o in concomitanza di fattori scatenanti o di patologie predisponenti. Ancor oggi, non è del tutto chiaro quale possa essere il ruolo del danno vasale nel determinismo della trombosi venosa. ■ Sta di fatto che nell’endotelio vengono prodotte e/o sono presenti numerose sostanze ad azione anticoagulante (glicosaminoglicani, trombomodulina), antipiastrinica (prostaciclina, nitrossido) e profibrinolitica (attivatore tessutale del plasminogeno = PAI). È pertanto possibile che alterazioni dell’integrità della parete vasale e dei suoi meccanismi funzionali possano svolgere un ruolo importante nella insorgenza della trombosi o delle recidive di trombosi10-12. ■ La stasi, così come le alterazioni reologiche più in genere, può contribuire a determinare eventi trombotici. ■ Il terzo elemento della triade di Virchow è rappresentato dalla ipercoagulabilità o stato trombofilico che può essere determinata sia da cause congenite che acquisite. Dal punto di vista patogenetico la SSc è caratterizzata: a) da disfunzione endoteliale a livello del microcircolo, b) da alterazioni dell’immunità umorale e cellulare. 177 Il risultato di queste anomalie è l’attivazione dei fibroblasti con eccessiva deposizione di collagene e di altre macromolecole della matrice extracellulare nella cute e negli organi interni. Benché l’evento scatenante della malattia sia sconosciuto, grande rilievo è dato alle alterazioni vascolari che rappresentano, in effetti, una delle più precoci manifestazioni di SSc, legate a modificazioni della struttura capillare e a disfunzioni endoteliali13. Queste alterazioni interessano le arterie di piccolo calibro, le arteriole e i capillari di cute, tratto gastroenterico, reni, cuore e polmoni. Le manifestazioni cliniche della disfunzione endoteliale sono rappresentate dal fenomeno di Raynaud, spesso il più precoce segno clinico di malattia, e dagli effetti sul microcircolo renale, polmonare e cardiaco che costituiscono le principali cause di morbilità e mortalità della SSc. La disfunzione endoteliale comprende: perdita del controllo del tono vascolare, progressiva disorganizzazione dell’architettura dei vasi, proliferazione delle cellule endoteliali, ispessimento dell’intima e occlusione vascolare. Questi fenomeni, insieme alla necrosi della cellula endoteliale, conducono ad un incremento della permeabilità vascolare con formazione dell’infiltrato infiammatorio14. Il danno endoteliale causa l’esposizione del subendotelio alle piastrine circolanti, che a questo possono aderire con successiva deposizione di fibrina, formazione di trombi intravascolari e conseguente ipossia dei tessuti a valle15. L’attivazione piastrinica induce anche il rilascio di mediatori quali il fattore di crescita derivato dalle piastrine, che ha proprietà chemiotattiche e citogenetiche per le cellule muscolari lisce e per i fibroblasti, e il fattore di crescita trasformante-alfa (TGF-alfa), che è il principale attivatore della sintesi di collagene da parte dei fibroblasti. L’ischemia cronica dei tessuti è favorita anche dal ridotto rilascio, da parte delle cellule endoteliali, di sostanze ad attività vasodilatante (tra cui l’ossido nitrico e le prostaglandine) e dall’aumentata sintesi delle molecole vasocostrittrici come l’endotelina (ET-1)16. In questo caso la condizione di trombofilia geneticamente determinata, in presenza di fattori acquisiti favorenti la trombosi, quali l’ ipercolesterolemia e la terapia estroprogestinica, possono spiegarci l’evento trombotico. In realtà il nostro interesse è rivolto al ruolo della condizione trombofilica nel favorire e/o condizionare un eventuale danno endoteliale che in determinate situazioni, tuttora sconosciute, potrebbe aver assunto un ruolo importante nella insorgenza di questa connettivite. 178 Recenti Progressi in Medicina, 98, 3, 2007 Bibliografia 1. Villa R, Panico N, Oliveri C, Bezante G, Brusasco V, Indiveri V. Sclerosi sistemica con compromissione cardiopolmonare avanzata. Ann Ital Med Int 2005; 20: 118-35. 2. Bertina RM, Koeleman BP, Koster T, Rosendaal FR, Dirven RJ, de Ronde H, et al. Mutation in blood coagulation factor V associated with resistance to activated protein C. Nature 1994; 369: 64-7. 3. Rees DC, Cox M, Clegg JB. World distribution of factor V Leiden. Lancet 1995; 346: 1133-4. 4. Rees DC. The population genetics of factor V Leiden (Arg506Gln). Br J Haematol 1996; 95: 579-86. 5. Koeleman BP, Reitsma PH, Allaart CF, Bertina RM. 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