EMERGENZA SALUTE 29/11/06 Un tempo si

EMERGENZA SALUTE 29/11/06
Un tempo si diceva "sindrome da classe economica" per indicare la
trombosi venosa causata da viaggi in aereo.
Si riteneva, infatti, fosse causata da un insieme di fattori quali
gli spazi stretti dei sedili aerei e lo stare seduti a lungo in
condizioni particolari di pressione atmosferica. Oggi si parla più
in generale di sindrome che insorge dopo viaggi a lunga percorrenza,
tanto che la si indica come "trombosi venosa del viaggiatore ".
Tuttavia proprio per chiarire gli aspetti della trombosi venosa che
si manifesta durante viaggi aerei, l'Organizzazione Mondiale della
Sanità ha condotto uno studio al fine di valutare gli effetti della
pressione e della concentrazione di ossigeno sullo sviluppo di
trombosi venosa. Si è scoperto così che una bassa concentrazione di
ossigeno in condizioni di bassa pressione aumenta il rischio di
sviluppare trombosi venosa in particolare nei soggetti che hanno la
mutazione Leiden del fattore V della coagulazione.
Lo studio è stato condotto su 71 volontari sani (15 uomini e 56
donne) ai quali sono stati misurati i marcatori dell'attivazione
della coagulazione prima, durante e dopo un viaggio aereo della
durata di 8 ore. Come gruppo di controllo sono stati reclutati dei
volontari disposti a fare una maratona di film e a stare seduti per
otto ore di fronte ad uno schermo.
È risultato che l'attivazione della coagulazione, che può portare
come evento finale alla trombosi, si registra in alcuni individui
solo dopo otto ore di volo: la sola immobilità, dunque, non è
l'unico fattore che può scatenare la sindrome.
È noto da tempo, tuttavia, che vi siano delle condizioni che rendono
i passeggeri soggetti a rischio di trombosi venosa del viaggiatore;
in particolare le donne in gravidanza o coloro che sono sotto
trattamento ormonale, chi ha subito di recente interventi chirurgici
di grossa entità, chi soffre di malattie cardiovascolari.
Genetica Molecolare.
FATTORE V LEIDEN
Patogenesi
Sindrome di Leiden, resistenza alla proteina C attivata (APC), o mutazione Leiden del fattore V
della coagulazione sono tutti sinonimi e si riferiscono alla più frequente causa ereditaria
predisponente alla trombosi venosa profonda.
La trombosi venosa si verifica quando una piccola quantità di sangue coagula all'interno di una
vena aderisce alla sua parete impedendo in modo parziale o completo il flusso del sangue.
Il coagulo prende il nome di trombo.
Il fattore V, quando è attivo, ha l’effetto di promuovere la coagulazione del sangue.
A sua volta il fattore V è "tenuto a bada " da un altro fattore, chiamata proteina C attiva, che
funge quindi da anticoagulante.
La mutazione di Leiden rende il fattore V meno sensibile alla proteina C attiva, e di
conseguenza le persone che hanno questa mutazione hanno un rischio maggiore di trombosi
rispetto alla popolazione generale.
La malattia è causata dalla mutazione R506Q del gene del fattore V della coagulazione.
In circa la metà degli episodi trombotici vi sono fattori di rischio associati quali:
•
la gravidanza, (durante la gravidanza e’ possibile che si verifichino episodi di trombosi
venosa profonda, in presenza della mutazione del fattore V, tale mutazione sembra
•
•
anche essere responsabile di un’aumentata incidenza di aborti spontanei, durante il
primo trimestre di gestazione.)
gli interventi chirurgici e una prolungata immobilità,
l’uso della pillola anticoncezionale o di terapia estroprogestinica sostitutiva,
Epidemiologia
La sindrome di Leiden è una patologia relativamente comune: solo in Italia sono circa
2.000.000 (3-4% della popolazione) i soggetti di portatori della mutazione.
La resistenza alla proteina C attivata puo’ essere sospettata in soggetti giovani (con meno di
40 anni) che abbiano avuto episodi trombotici specie se ricorrenti o che presentino una storia
familiare positiva per trombosi venosa profonda degli arti inferiori, embolie polmonari,
tromboflebiti dei vasi superficiali e in donne che abbiano manifestato episodi trombotici
durante la gravidanza o in seguito all’assunzione di contraccettivi orali.
Test
La mutazione Leiden e’ facilmente identificabile con un test genetico. Per mezzo di una tecnica
chiamata PCR (polymerase chain reaction) viene isolato e amplificato un frammento del gene
del fattore V dove puo’ essere presente la mutazione. Il prodotto dell’amplificazione viene
digerito con un enzima di restrizione, in grado di identificare la mutazione, i frammenti ottenuti
sono quindi separati elettroforeticamente.
Il riscontro della mutazione permette la conferma del sospetto diagnostico.