Informazioni per il paziente La presenza di disordini della coagulazione predisponenti a trombosi si definisce trombofilia. Tali condizioni da sole o in presenza di fattori scatenanti (ad esempio: immobilizzazione, chirurgia, diabete, assunzione di estro-progestinici) possono determinare tromboembolie arteriose o venose in vari distretti dell'organismo e, nella donna in gravidanza, un aumentato rischio di patologia ostetrica, come poliabortività, pre-eclampsia, IUGR (Intra Uterine Growth Restriction ovvero deficit di crescita intrauterina), morte endouterina. Alcuni disordini trombofilici sono rari mentre altri sono diffusi nella popolazione generale determinando quindi implicazioni di diagnosi e profilassi di grande rilevanza nella pratica clinica quotidiana. La frequenza di tali difetti e le recenti possibilità di terapia farmacologica hanno di recente spinto la comunità scientifica ad elaborare linee guida diagnostiche e terapeutiche per la individuazione precoce e la cura di tali affezioni. La gestione della patologia trombofilica investe un’area multidisciplinare ed implica un lavoro sinergico dalla prevenzione alla terapia. Alle trombofilie ereditarie (condizioni che predispongono geneticamente alla trombosi), appartengono alcune alterazioni individuate molto recentemente e particolarmente diffuse nella popolazione generale, le più frequenti sono: mutazione del Fattore V o fattore di Leiden (presente nel 3-5% della popolazione generale) responsabile nella maggioranza dei casi del fenomeno definito Resistenza alla Proteina C attivata, mutazione della Protrombina (presente nel 2-4% della popolazione), causa di aumentati livelli del Fattore II (protrombina), mutazioni del gene MTHFR (c677t e 1298A/C) implicato nel metabolismo della omocisteina e responsabili di elevati livelli plasmatici della stessa. Polimorfismo GPIIIa L33P (HPA 1). La genotipizzazione dello Human Platelet Alloantigens (HPA) permette di distinguere le due forme alleliche Pl (1A) e Pl (1B) determinate dal polimorfismo Leu33Pro, consistente in una variazione nucleotidica da T(1A) a C (1B) in posizione 1565, esone 2 del gene ITGB3, con conseguente variazione aminoacidica Leu->Pro a livello del codone 33. Differenti studi hanno associato la presenza di almeno un allele Pl (1B) a stati di ipercoagulazione, con conseguenti complicanze trombotiche venose. Apo B (R3500Q) costituente fondamentale delle proteine a bassa e molto bassa densità coinvolte nel metabolismo del colesterolo. La mutazione R3500Q nel gene che codifica per la Apo cardiovascolari B porta a ipercolesterolemia e conseguente rischio di patologie Descrizione tecnica dell'analisi L'analisi di mutazione del DNA viene condotta operando inizialmente una reazione enzimatica di amplificazione del DNA, conosciuta come Polymerase Chain Reaction (PCR), che consente di amplificare in vitro una specifica regione della molecola, copiando in varie fasi successiva, fino ad ottenerne milioni di copie. In tale maniera viene amplificata la regione codificante e parte della regione intronica per ciascun esone del gene investigato, e contemporaneamente ne viene eseguita una marcatura con biotina; i prodotti di PCR così ottenuti vengono ibridati su strip. Gli ibridi biotinilati sono successivamente rivelati utilizzando la streptavidina coniugata con fosfatasi alcalina e un appropriato substrato colorato.