Parsons e Merton - FOR.PSI.COM. Uniba

Talcott Parsons (1902-1979)
L'approccio di Parsons è definito struttural-funzionalismo, poiché si propone di
individuare la struttura di fondo della società e di comprenderla mostrando le
funzioni assolte dalle sue parti.
Si riallaccia al funzionalismo di Durkheim, il quale riconduce ogni fenomeno alla
funzione che esso ha all'interno dell'insieme di cui è parte, la società.
Definisce l'azione sociale (o atto) sulla base di elementi necessari che la
compongono, perché l’azione è l’unità elementare di cui si occupa la sociologia:
il soggetto o attore sociale: colui che compie l’azione
e può essere un individuo, un gruppo o una collettività;
la finalità dell’azione: l’azione deve avere un “fine”,
cioè una situazione futura verso la quale è orientato
il processo dell’azione;
la situazione: cioè le condizioni oggettive e i mezzi
entro i quali si sviluppa l’azione.
Condizioni e mezzi sono: l’ambiente naturale,
le risorse economiche e tecniche, le strutture del
contesto sociale e culturale.
Le condizioni sono gli elementi sui quali non vi è possibilità di controllo;
i mezzi sono gli elementi sui quali vi è questa possibilità.
Per scegliere i mezzi adeguati al raggiungimento del fine
è necessario adeguarsi a determinate norme,
che vanno assunte anch’esse come
elemento imprescindibile dell’azione.
L’elemento normativo è quello che dà concretezza al fine.
L’ordine simbolico-normativo: cioè l’insieme
delle rappresentazioni, dei modelli e delle regole culturali
che orientano l’agire e determinano le possibilità di controllo;
cioè un orientamento normativo dell’azione,
che porta l’attore a preferire certi mezzi ad altri e certe vie ad altre,
basandosi sul sistema morale vigente nella sua società.
È fondamentale il problema dell’integrazione sociale
ovvero
si ha società solo in presenza di valori e norme comuni
per cui è esaltato l’elemento normativo
Parsons riconosce l’intenzionalità dell’azione,
cioè l’individuo è mosso da motivazioni
interne e no da stimoli esterni, ma sottolinea
che l’ordine sociale è raggiungibile solo
quando i soggetti che agiscono condividono
i valori normativi comuni anche se,
in linea di principio, sono scelti liberamente.
Parsons si sforza di contrastare:
da un lato il comportamentismo,
la tendenza cioè a ridurre
l’azione umana a mero meccanismo
di risposta a stimoli,
togliendo ogni ruolo alla volontà;
dall’altro l’utilitarismo,
che spiega tutte le azioni in base
a un interesse eliminando il ruolo
dell’orientamento normativo.
Le norme collegano l’individuo alla società di cui è parte,
il che in parte riduce il libero arbitrio umano:
l’uomo nel suo comportamento è vincolato da
queste norme sociali (se non le segue è sottoposto a sanzioni),
e queste norme sono espressione dei valori di fondo di una cultura.
L’azione individuale va ricollegata
alla società nel suo insieme
- tramite le norme –
Parsons ha già in parte trovato un punto
di congiunzione nella dicotomia individuo/società.
Un successivo passo avanti è compiuto
con la definizione del concetto di sistema.
Mutua i concetti di sistema e di funzione
usati Pareto e dagli antropologi culturali
Malinowski e Radcliffe-Brown.
Malinowski definisce il concetto di funzione
come quell’attività tesa a soddisfare un bisogno
per cui gli individui sono disposti a
“cooperare, a usare prodotti e a consumare beni”
Il soddisfacimento dei bisogni deriva
dalla necessità di sopravvivenza attraverso
gli imperativi biologici primari (nutrizione, riproduzione, igiene)
soddisfatti dall’organizzazione culturale e dalle istituzioni sociali
che sono organismi con dei propri bisogni, derivati o culturali
perché derivano dall’ambiente artificiale creato dall’uomo
e si manifestano con gli imperativi strumentali e integrativi,
legati alla produzione di beni, alle attività sociali di controllo e di educazione.
Radcliffe-Brown pone il concetto di funzione
in relazione al sistema sociale e
definisce la struttura sociale come quell’elemento
necessario per consolidare la stabilità del sistema
sociale attraverso le norme di tipo giudirico,
morale e religioso propri di ogni società
Nell’opera “Verso una teoria generale dell’azione”
l’azione può essere considerata da punti di vista diversi:
• in relazione alla personalità di chi la compie: è il compito della psicologia;
• dal punto di vista della cultura, dei segni e dei simboli comuni che permettono
l’interazione: è il compito dell’antropologia culturale;
• dal punto di vista delle relazioni che intercorrono tra i vari soggetti agenti: è il
compito della sociologia.
In tutti e tre i casi si può parlare di “sistema”:
l’individuo non agisce in termini casuali,
ma seguendo regole ben precise per integrarsi
in un sistema in cui i sistemi della personalità,
della cultura e della società devono essere
tra loro coerenti e devono integrarsi affinché
il sistema stesso si mantenga nel tempo.
Il sistema è come un insieme interrelato di parti, capace di autoregolazione e in cui
ogni parte svolge una funzione necessaria alla riproduzione dell’intero sistema. Ogni
sistema deve essere in grado di svolgere almeno quattro funzioni (secondo il celebre
sistema AGIL), dette “prerequisiti funzionali”:
•
•
•
•
Adattamento all’ambiente: il sottosistema che svolge questa funzione è il
sottosistema economico.
Conseguimento degli scopi: il sottosistema che svolge questa funzione è il
sottosistema politico.
Integrazione delle parti componenti; il sottosistema che svolge questa
funzione è il sottosistema giuridico e il sottosistema religioso.
La “latenza”, o Conservazione della propria organizzazione; i sottosistemi
che svolgono questa funzione sono il sottosistema della famiglia e il
sottosistema della scuola.
In realtà nella visione di Parsons
gli individui non sono singole persone,
ma persone che svolgono dei ruoli specifici,
modelli di comportamento regolati da norme
ed orientati all’espletamento di una funzione
Il sistema sociale è dunque un sistema di ruoli:
nell’ambito del proprio ruolo ogni individuo
entra in relazione con gli altri e contribuisce
alla riproduzione del sistema nel suo complesso.
Il sistema sociale è definito in termini di interazione,
cioè è un insieme di rapporti considerati in relazione
allo status e ai ruoli.
Lo status definisce la posizione
dell’individuo rispetto agli altri
il ruolo è ciò che il soggetto compie
in relazione alla posizione che occupa.
Al soggetto agente si presentano alternative
di ruolo in numero limitato e definito,
definite “variabili strutturali” o “schema delle variabili dei modelli”:
1) universalismo/particolarismo: a seconda che il soggetto agente consideri
l’oggetto con cui entra in rapporto nella sua singolarità o facente parte di una
intera categoria;
2) orientamento verso il sé/verso la collettività: la scelta è tra interessi privati o
collettivi;
3) realizzazione/attribuzione: l’oggetto è considerato per la sua utilità o la sua
qualità;
4) affettività/neutralità: l’azione suscita emozioni o è di tipo formale;
5) specificità/diffusione: a seconda che i rapporti con l’altro sia rivolti alle sue
competenze particolari o alla persona in generale.
Le variabili strutturali, combinate tra loro,
determinano varie forme di azioni e di aspettative
tali da creare eventuali scompensi o tensioni nell’individuo.
Le variabili dei modelli possono combinarsi
anche con i prerequisiti funzionali creando
una varietà infinita di tipi di azione.
Robert Merton (1910-2003)
Vuole costruire “teorie di medio raggio”,
ossia teorie più limitate
I temi oggetto di studio non sono scelti
dagli scienziati in base alle logiche
proprie della ricerca scientifica,
ma derivano dalle domande poste
dalla società alla scienza.
Merton individua e contesta tre
postulati propri del funzionalismo:
“il postulato dell’unità funzionale” del sistema sociale:
tutti gli elementi di una cultura e tutte le attività sociali
sono funzionali all’intero sistema sociale o culturale.
Tale unità funzionale completa è contraddetta
dal fatto che il grado di integrazione di una società
è una variabile empirica cha cambia da periodo a periodo
nella stessa società, ed è diverso da una società all’altra
(es. la religione è coesione, ma anche motivo di conflitto).
“il postulato del funzionalismo universale”:
ogni aspetto di un sistema sociale o culturale
svolge una funzione positiva nei confronti
dell’integrazione sociale.
È indimostrato che tutto ciò che esiste ha,
per il fatto di esistere, una funzione positiva
nei confronti dell’integrazione sociale.
Esistono forme culturali residue,
tramandate dal passato (come usi e costumi riprodotti
meccanicamente per abitudine),
che non hanno più alcuna funzione.
“il postulato dell’indispensabilità”:
ogni elemento esistente in una società
o in una cultura è indispensabile per
lo svolgimento di una specifica funzione.
Non è vero che gli stessi elementi
svolgano sempre le stesse funzioni.
Merton critica il funzionalismo
perché accanto ai fattori funzionali
vi sono fattori disfunzionali
che tendono alla disintegrazione
piuttosto che all’integrazione.
Funzioni manifeste:
coincidono con le motivazioni coscienti
e sono le conseguenze volute e
riconosciute dell’azione;
Funzioni latenti:
riguardano le conseguenze dell’azione
nei confronti dell’integrazione
o della disintegrazione sociale
che non sono né volute
né riconosciute, quindi inconsce.
Dunque può esserci differenza
tra le motivazioni soggettive coscienti
e le conseguenze oggettive del comportamento sociale.
Merton cerca di applicare le proprie teorie
sociologiche di medio raggio
a problemi sociali concreti
tra i quali lo studio dell’anomia
ripreso da Durkheim.
L’anomia dipende da una mancata
integrazione tra la struttura sociale (status e i ruoli dei soggetti agenti)
e la struttura culturale (mete da perseguire e norme a cui conformarsi)
A causa del carattere competitivo
della società americana, l’accento
è posto sul successo economico.
Secondo Merton i comportamenti delinquenziali
possono essere espressione di un disagio
che non deriva dalla loro scarsa socializzazione.
“profezia che si autoadempie”:
la previsione avanzata su una
situazione sociale diventa fatto sociale
che influenza l’agire collettivo determinando
l’effettiva attuazione della profezia.
Teoria della devianza di Merton
Il termine anomia, derivato da Emile Durkheim,
assume in Merton un significato nuovo:
la discontinuità tra scopi culturali e
mezzi legittimi per raggiungerli.
Pensando agli Stati Uniti, egli vede il "sogno americano"
come un'enfasi del successo economico,
come scopo culturale, a cui però non corrisponde
un'adeguata enfasi sui mezzi legittimi per raggiungerlo.
Questa contraddizione porta
ad un aumento considerevole di devianza.
Scopi culturali
+
+
±
Norme istituzionalizzate Modalità di adattamento
+
Conformità
Innovazione
+
Ritualismo
Rinuncia
±
Ribellione
conformismo:
raggiungimento degli obiettivi sociali
attraverso mezzi legittimi
Innovazione:
raggiungere gli stessi obiettivi (segno + nello schema),
rifiutando i mezzi legittimi (segno - nello schema).
Un esempio: la ricerca di profitto economico (scopo sociale)
attraverso pratiche illegali (corruzione o altro).
ritualismo:
seguire le norme legittime,
senza condividere gli scopi sociali.
Un esempio: il burocrate che "fa il suo dovere",
in maniera ottusa, rispettando formalmente
le regole senza però guardare ai risultati.
Rinuncia: è l'atteggiamento di chi rifiuta
sia gli scopi che i mezzi legittimi per raggiungerli
e si ritira dalla vita sociale
Un esempio: tossicodipendenti, senza fissa dimora.
ribellione:
è l'atteggiamento di chi rifiuta entrambi
e li sostituisce con altri.