Lezione 12 - Facoltà di Scienze della Comunicazione

Corso di Scienza Economica (Economia Politica)
prof. G. Di Bartolomeo
Lezione 12
Il problema dell’impresa: La
ricerca del massimo profitto e
l’offerta
Facoltà di Scienze della Comunicazione
Università di Teramo
L’impresa e il suo problema economico
L’economia studia i problemi che hanno a che fare con
l’utilizzo di mezzi scarsi suscettibili di impieghi alternativi.
Il problema del consumatore è quello di scegliere il proprio
piano di consumo (quanto comprare sul mercato) data la sua
ricchezza reale (reddito monetario e prezzi dei beni).
Cos’è l’impresa e quale è il problema dell’impresa ?
Impresa e produzione
Le scelte di produzione sono guidate dal criterio della
massimizzazione del profitto.
Definiamo appunto impresa qualsiasi soggetto
che produce beni, e li vende sul mercato,
allo scopo di rendere massimo il proprio profitto.
Definiamo produzione l’attività che impiega
inputs (risorse, come lavoro e altro) secondo una
determinata legge tecnica (funzione di
produzione) e che in questo modo ottiene outputs
o prodotti (beni e servizi da vendere sul mercato
o, eventualmente, da consumare)
Profitto e ricavo
Definiamo profitto (π) la differenza
tra i ricavi (Rt) ottenuti dalla vendita dei prodotti
e i costi (Ct) sostenuti per l’acquisto e l’impiego degli inputs.
Scriveremo perciò:
π = Rt − Ct
Definiamo ricavo totale (Rt) ciò che l’impresa incassa dalla
vendita dei prodotti, ossia, supponendo che ne produca uno
soltanto, la cifra che si ottiene moltiplicando la quantità
venduta (y) per il prezzo (p) al quale viene venduta:
Scriveremo Rt = p×y o, più brevemente,
Rt = py
Precisazioni sulla nozione di costo
Il costo (totale) non coincide col complesso delle spese
sostenute dall’impresa nel corso del processo produttivo:
(a) vi sono spese che non vanno contabilizzate tra i costi;
(b) vi sono costi cui non corrisponde una spesa effettiva.
(a) Quando l’impresa acquista un mezzo di produzione durevole, nel costo di produzione va contata non tutta la spesa ma
solo il prezzo del “servizio” (interesse più ammortamento).
(b) Nei costi vanno contati invece tutti i cosiddetti “costiopportunità”, anche quando non comportano spese effettive.
Costo-opportunità: quando si usa nell’impresa una risorsa
senza pagarla, si deve conteggiare tra i costi il mancato
guadagno che sarebbe derivato dall’uso alternativo (esempi:
lavoro dell’imprenditore; remunerazione del capitale proprio).
Ricavo totale e prezzo
Ricordiamo innanzitutto la formula:
Rt = py
Essa dice che il ricavo (totale) dipende da due grandezze:
la quantità venduta y e il prezzo p a cui essa viene venduta.
Può il prezzo di vendita essere considerato un dato (esogeno)?
La risposta è sì purché valgano tre condizioni (principali):
(i) l’impresa è “piccola”;
(ii) è in concorrenza con “tante” altre imprese;
(iii) tutte vendono lo stesso identico prodotto.
In questo caso si dice che nel mercato c’è concorrenza.
In concorrenza l’impresa non può alzare il prezzo
perché perderebbe tutti i clienti;
e non le conviene abbassarlo perché, essendo piccola,
può vendere tutto quel che vuole al prezzo dato.
Ricavo totale e quantità
In concorrenza il prezzo
lo stabilisce il mercato
(nel modo che vedremo
tra qualche lezione).
Per le imprese il prezzo
è appunto un dato.
Rt
R(y)
Rt b
Rt a
0
B
p
yb
Rt = R(y)
Si tratta di una funzione
particolarmente semplice.
Il ricavo è proporzionale alla
quantità venduta:
Rt = py
A
ya
Essendo dato il prezzo, il ricavo è
una funzione della quantità
venduta y. Scriveremo
y
Il suo grafico, con y in ascissa e Rt
in ordinata, è una retta che esce
dall’origine con coefficiente
angolare pari al prezzo p.
Costo totale e quantità
Come è fatta questa funzione?
Anche il costo totale
può essere considerato
una funzione della
quantità prodotta
Facciamo due ipotesi:
(i) l’impresa sopporta un costo
anche se non produce nulla
(è il cosiddetto costo fisso);
Scriveremo Ct = C(y)
Ct
Ct b
(ii) il costo cresce più che
proporzionalmente rispetto
alla quantità prodotta.
C(y)
B
Ct a
k
0
ya yb
y
Il suo andamento è riportato nel
grafico, con y in ascissa e Ct in
ordinata: è una curva crescente,
che diventa sempre più ripida,
con un’intercetta positiva (k).
Profitto e quantità
Perciò, l’impresa
sceglie la quantità y
Il profitto è dato da
π = R(y) − C(y)
perciò è una funzione
della quantità prodotta e venduta.
che le permette di
realizzare l’obiettivo
del massimo profitto.
NOTA IMPORTANTE:
In questo modello, y è
la “variabile di scelta”
dell’impresa.
Dato che in Ct sono compresi,
come costi-opportunità,
le remunerazioni del “capitale proprio”
e del lavoro dell’imprenditore,
è più corretto parlare di extraprofitto
(profitto che eccede il livello normale).
Abbiamo visto invece
che il prezzo p,
rappresenta
(per l’impresa)
un dato che non può
influenzare.
Profitto massimo
Questo suggerisce
un metodo grafico
per identificare
questa quantità.
La quantità che rende massimo il
profitto è, per definizione, quella per
cui lo scarto tra Rt e Ct è massimo.
Basta riportare sullo stesso grafico le due
funzioni R(y) e C(y) e cercare il valore di y
per cui la distanza tra le due è massima.
Prima di yb e dopo ya si ha Ct
> Rt, sicché l’impresa è in
perdita. Per quantità prodotte
tra yb e ya l’impresa consegue
profitti (Rt > Ct). La distanza
è massima in corrispondenza
di y*, che perciò è la quantità
che rende massimo il profitto.
Rt,
Ct
C(y)
R(y)
A
πMAX
B
0
yb
y*
ya
y
Ricavo marginale
Il ricavo marginale (Rm) è l’aumento di ricavo totale
che si ottiene quando la quantità venduta aumenta di uno:
Rm = R(y + 1) − R(y)
Calcoliamo il ricavo marginale partendo dalla funzione R(y)
valida per l’impresa in concorrenza (in cui il prezzo è dato):
Rm = p(y + 1) − py = p
In concorrenza Rm è costante e coincide col prezzo
SPIEGAZIONE. Se l’impresa (essendo “piccola”) può vendere
qualsiasi quantità decida di produrre al prezzo (dato) di
mercato, su ogni unità venduta in più incassa appunto il prezzo.
Il ricavo marginale può essere anche interpretato come il
coefficiente angolare della funzione R(y) del ricavo totale.
Costo marginale
Il costo marginale (Cm) è l’aumento di costo totale
che si sopporta quando la quantità prodotta aumenta di uno:
Cm = C(y + 1) − C(y)
Diversamente dal ricavo totale, la funzione C(y) del costo totale
non è una retta; perciò il costo marginale non è costante.
Dal grafico si vede che il costo
Ct
marginale è crescente.
C(y)
Anche Cm può essere
approssimato dal coefficiente
B
angolare (delle rette tangenti
Cmb
alla C(y) nei vari punti).
A
Esso misura perciò l’inclinazione della funzione del costo
Cma
totale (ossia Cm = ∆Ct/∆y, co0
y
ya
yb
me anche Rm = ∆Rt/∆y).
Il principio marginale
Ricavo marginale e costo marginale forniscono un altro metodo
per identificare la quantità y che massimizza il profitto.
L’idea è questa: se, partendo da una certa quantità y, si osserva
che Rm > Cm, allora la produzione di un’unità in più accresce il
profitto. Se invece si osserva Rm < Cm, allora il profitto viene accresciuto producendo una unità in meno. Questo significa che
conviene aumentare la produzione fino a quando il Rm rimane
maggiore del Cm, mentre conviene ridurla nel caso contrario.
All’aumentare di y il ricavo marginale è costante (è uguale a p)
mentre il costo marginale è crescente. Ci sarà allora un certo
livello y* in cui si arriva all’uguaglianza tra Rm e Cm. Quella è
proprio la quantità in cui il profitto è massimo. Perciò la condizione che identifica il massimo profitto è Rm = Cm.
Due grafici sul massimo profitto
Il grafico a sinistra riporta le curve R(y) e C(y). L’uguaglianza
Rm = Cm viene sfruttata cercando il punto (che è y*) in cui le
due curve hanno la stessa inclinazione. Il grafico a destra
riporta direttamente le curve Rm (= p) e Cm. In entrambi i
grafici, prima di y* si ha Rm = p > Cm e conviene produrre di
più (dopo vale il contrario − vedi frecce rosse).
Rt,
Ct
Rm,
C(y)
R(y) Cm
πMAX
Cm
R
p
Rm
M
Rm
C
Cm
0
y*
y
0
y*
y
Visualizzare il profitto
Nel grafico di sinistra il profitto è visualizzato dalla differenza
tra ricavo (l’ordinata del punto R) e costo (l’ordinata del punto
C). Si vede che, nel caso considerato, esso è positivo
(ma avrebbe potuto non esserlo se la curva C(y) fosse stata più
in alto, oppure se p fosse stato più basso).
Il grafico di destra è più semplice, ma ha il difetto che il profitto
non è visualizzato. Osservando quel grafico non si vede (per
esempio) se π > 0 (profitto positivo) o se π < 0 (perdita).
C’è un modo per visualizzare il profitto (o la perdita)
anche nel grafico di destra?
Il modo esiste.
Esso fa uso del concetto di costo medio.
Costo medio
Il costo medio (o costo unitario) misura quando costa
(appunto in media) ogni singola unità prodotta.
Lo indichiamo col simbolo Cu. Esso può essere calcolato
dividendo il costo totale per la quantità prodotta:
Cu = Ct/y
Mentre il costo marginale (Cm) misura quanto costa
l’ultima unità prodotta, il costo unitario (Cu) misura
quanto costa in media ciascuna unità prodotta.
Costo marginale e costo unitario sono legati tra loro:
se Cm > Cu (l’ultima unità costa più della media)
la produzione di quell’unità in più fa aumentare il costo medio;
si ha ∆Cu > 0; viceversa, se Cm < Cu allora segue ∆Cu < 0.
Il grafico del costo medio
Ricordando che la definizione è
Ct
C(y)
Cu = Ct/y, può essere ricavato
B
dal grafico del costo totale.
Prendiamo la quantità yc: il costo
totale è l’ordinata del punto C,
M
C A
sicché il costo medio è il rapporto
k
tra l’ordinata e l’ascissa di C (che
è pari al coefficiente angolare
y
yc ya ym yb
della retta che unisce C con
Cu
l’origine.
Cu
Ripetendo l’operazione per i punti
A, M e B, si vede che Cu diminuisce
C
fino a ym e poi aumenta.
A M
B
Il suo caratteristico andamento “a U”
è riportato nel grafico inferiore.
y
yc ya ym yb
Costo medio e costo marginale
Il legame tra costo medio Cu e costo marginale Cm
ha un corrispettivo grafico.
Dato che il costo medio diminuisce quando Cm < Cu e aumenta
quando Cm > Cu, questo significa che la curva del costo
marginale sta sotto quella del costo medio finché quest’ultima
diminuisce (fino al punto M) mentre passa sopra quando il
costo medio comincia ad aumentare (dopo il punto M).
PROPRIETÀ IMPORTANTE
Quando il costo medio ha un
andamento “a U”, la curva del
costo marginale incontra quella
del costo medio nel punto di
minimo di quest’ultima.
Cu,
Cm
Cm
Cu
M
ym
y
Rappresentazione grafica del profitto
L’impresa che massimizza il profitto sceglie la quantità y* per
cui si ha Cm = p.
Come si può visualizzare il profitto nel grafico?
“Mettendo in evidenza” y nella formula π = Rt − Ct si ottiene
π = y(p − Cu),
formula che dice che il profitto può essere espresso come il
prodotto di due numeri: la quantità y e la differenza tra prezzo e
costo medio p − Cu.
Cm
Questo permette di visualizzare Cm,
nel grafico il profitto (massimo) Cu
Cu
come l’area del rettangolo (in
R
p
Rm
colore) che ha per base la
PROFITTO
C
quantità y* e per altezza la
M
differenza p − Cu, misurata dal
segmento RC.
y*
y
Curva di offerta
Cosa succede alla scelta dell’impresa quando cambia il prezzo p?
Evidentemente cambia la produzione y. Vediamo come.
Consideriamo la situazione del grafico. Inizialmente il prezzo è
pv e l’impresa sceglie di produrre (data la condizione p = Cm) la
quantità yv. Ora il prezzo aumenta diventando pa > pv. Il grafico
ci dice che la scelta si sposta nel punto A, dove si produce ya > yv
(la produzione aumenta). Se invece il prezzo diminuisce (pb < pv)
anche la quantità prodotta si riduce
(si passa nel punto B). La quantità
Cm
S(p)
prodotta dipende dal prezzo, è una p
A
funzione crescente del prezzo).
pa
Essa si chiama curva di offerta e si
V
v
p
scrive y = S(p). Il suo grafico
B
coincide con quello del costo
pb
marginale, ma letto “a rovescio” (la
variabile indipendente è ora p).
yb yv ya y