Punto di vista - Banca ALBERTINI SYZ

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17 gennaio 2014
L'essenziale in un colpo d’occhio
Obbligazioni

Azioni

Hedge funds

Proiezioni a 6 mesi
 Buon 2014! I consueti auguri che accompagnano questo primo “Punto di
vista” dell’anno rispecchiano le prospettive di crescita che – se si
confermano – faranno realmente del 2014 un anno positivo per
l’economia mondiale.
 Adesso che Washington si è mostrata decisa a procedere con un tapering
moderato, tutti gli elementi sono riuniti affinché la crescita americana,
dopo quattro anni intorno al 2%, passi alla marcia superiore. Anche in
Europa il picco del rigore di bilancio è ormai superato, l’eurozona è
finalmente uscita dalla recessione e il 2014 dovrebbe essere l’anno della
crescita positiva, anche se ancora modesta. In Giappone le politiche di
reflazione sostengono lo slancio positivo apparso dopo l’arrivo al potere
del governo Abe. E, fra le economie emergenti, alcune riescono a tenere
il passo a dispetto delle difficoltà alle quali sono attualmente confrontate.
Nella seconda metà dell’anno, l’attesa accelerazione della crescita
mondiale dovrebbe avere delle ricadute positive anche sull’insieme del
mondo emergente.
 Ovviamente, questo scenario economico positivo (come tutte le
risoluzioni per l’anno nuovo) non è privo di rischi: possibili delusioni sul
fronte del lavoro in USA, ricaduta di una delle economie europee,
incidente di percorso per la crescita cinese, conseguenze della
normalizzazione della politica monetaria USA sulle economie emergenti…
 Ma le maggiori incertezze riguardano forse i mercati finanziari. Il
miglioramento delle prospettive del 2014, infatti, ha già influenzato i
mercati nel 2013. E nell’eventualità che le cose non vadano come
previsto, le conseguenze sarebbero tanto più importanti in quanto molte
delle possibili buone notizie sono già state anticipate. In definitiva,
affinché il 2014 sia all’altezza degli auguri di gennaio, paradossalmente,
occorrerà mostrarsi prudenti sui mercati, anche se l’economia migliorerà.
Economia
Stati Uniti ............................................................................... 2
Crescita del 2014 favorita dalla minore pressione fiscale
Questa pubblicazione si basa sulle
informazioni raccolte fino al lunedì che
precede il giorno di diffusione.
Pubblicazione curata dal team Ricerche &
Analisi
SYZ Asset Management
Tel. +41 (0)22 819 09 09
[email protected]
Autori:
Yasmina Barin
Yves Gallati
Maurice Harari
Wanda Mottu
Adrien Pichoud
Fabrizio Quirighetti
Europa ..................................................................................... 3
Di fronte al rischio di deflazione la BCE rinforza i toni
Giappone ................................................................................ 4
Logico peggioramento dei saldi con l’estero
Economie emergenti ............................................................... 4
Messico primo della classe fra gli emergenti
Mercati
Azionario ................................................................................. 5
Investitori tranquillizzati dal tapering «moderato»
Obbligazionario ....................................................................... 5
Ottimismo in area euro
Valutario.................................................................................. 6
Il dollaro non beneficia dell’inizio del tapering
La presente pubblicazione è rivolta esclusivamente ai clienti professionali, ai clienti istituzionali e alle controparti qualificate; non è destinata alla distribuzione o all’uso da parte di clienti al dettaglio o di qualsiasi persona o organismo che sia cittadino, residente o abbia la propria sede in qualsiasi territorio,
stato, paese o altra giurisdizione nella quale la distribuzione, pubblicazione, disponibilità o uso di tali informazioni sia contrario alla legge o alla regolamentazione. La presente pubblicazione è rilasciata esclusivamente a scopo informativo e non costituisce in alcun modo un documento contrattuale,
un’offerta o una sollecitazione all’acquisto o alla vendita di prodotti d’investimento o di altra natura finanziaria. Le analisi ivi contenute sono fondate su una serie di ipotesi. Differenti ipotesi potrebbero comportare risultati sostanzialmente diversi. Le opinioni espresse sono pertinenti esclusivamente alla
data della pubblicazione e possono essere modificate in qualsiasi momento senza preavviso. Le performance passate non sono indicative dei risultati futuri. Sebbene tutte le informazioni e le opinioni espresse in questo documento siano fornite in buona fede da fonti ritenute attendibili, nessuna garanzia
– implicita o esplicita - è fornita in merito alla loro completezza o esattezza. Syz Asset Management SA declina ogni responsabilità in caso di perdite o danni occorsi in conseguenza del loro utilizzo. Si raccomanda a chi prende visione della presente pubblicazione di consultare il proprio consulente legale,
finanziario e/o fiscale prima di prendere qualsiasi decisione in merito all’investimento. La presente pubblicazione non può essere riprodotta o distribuita, per intero o in parte, senza previa autorizzazione di Syz Asset Management SA.
17 gennaio 2014
Economia
Stati Uniti
In dicembre, la Riserva Federale ha interrotto le
speculazioni e l’incertezza sull’avvio del tapering
provocate dalle dichiarazioni di Ben Bernanke in maggio
con la decisione di ridurre gli acquisti di obbligazioni
da 85 a 75 mrd di dollari al mese. Questo primo passo
(forse il più difficile?) apre la strada al processo di
riduzione progressiva degli acquisti, fino al loro completo
arresto a fine anno. Il definivo ritiro del sostegno della
politica monetaria sancirebbe il miglioramento del
contesto economico atteso per quest’anno.
Ma affinché l’intero processo vada in porto, occorre che
l’economia mantenga il trend positivo apparso nella
seconda metà del 2013 (forte crescita del PIL nel terzo
trimestre: +4.1% annualizzato; circa 200.000 posti di
lavoro creati al mese, calo della disoccupazione,
orientamento
positivo
degli
indici
dell’attività
industriale). Se così non fosse è probabile che la Fed
adeguerebbe il ritmo della riduzione, soprattutto finché
l’inflazione resterà bassa. Il principale obiettivo resta
quello di non ostacolare la crescita e di favorire la
normalizzazione
delle
condizioni
economiche,
in
particolare sul fronte dell’occupazione.
Poiché gli altri indici del mercato del lavoro restano
favorevolmente orientati (iscrizioni settimanali ai sussidi
di disoccupazione, componente «posti di lavoro» degli
indici ISM, indagine ADP, ecc.), il vuoto d’aria nella
creazione mensile di posti di lavoro probabilmente va
letto con precauzione e non dovrebbe influenzare le
scelte fatte in dicembre dalla Fed in tema di politica
monetaria. Ma non vi è dubbio che se la debolezza
dovesse durare nei primi mesi del 2014, l’interrogativo
riguardo ad un una pausa, o un rallentamento della
normalizzazione della politica monetaria sarebbe di
nuovo di attualità.
Il quadro macro-economico de 2014 per gli USA sembra
tuttavia sufficientemente favorevole affinché lo scenario
di progressiva normalizzazione della politica della Fed
resti l’ipotesi più probabile. Alcuni degli elementi positivi
sono già all’opera da diversi trimestri e dovrebbero
perdurare nel 2014 (ripresa dell’immobiliare, calo della
disoccupazione, bassi costi dell’energia grazie al gas di
scisto…). Ma c’è un punto che migliorerà sensibilmente
nel 2014 rispetto all’anno scorso: la politica di bilancio, e
in particolare il suo impatto sulla crescita e le incertezze
che ha alimentato.
Impatto della politica di bilancio sulla crescita del PIL
(in % del PIL)
Variazione mensile del numero di lavoratori e tasso di
disoccupazione dal 2010
10.00
500
3.0
2009
2002
Sostegno
alla crescita
2.5
9.50
400
9.00
2008
2.0
1.5
300
2001
2003
1.0
8.50
8.00
100
2004
2010
0.0
-0.5
7.50
-1.0
0
7.00
2000
2005
2006
2011
2012
2014
-1.5
-2.0
-100
Freno alla crescita
6.50
-2.5
-200
2010
2011
US - MoM CHANGE IN NONFARM PAYROLLS
US - UNEMPLOYMENT RATE(R.H.SCALE)
2007
0.5
200
6.00
2012
2013
2013
-3.0
Source: SYZ A M , IM F
Source: Thomson Reuters Datastream
Sebbene in dicembre la disoccupazione sia scesa al livello più
basso degli ultimi 5 anni, la creazione di posti di lavoro è
rallentata in parte a causa delle condizioni meteorologiche
sfavorevoli.
I dati di dicembre riflettono un mercato del lavoro in
parte contrastato. Questo è dovuto a fluttuazioni
riconducibili in parte alle avverse condizioni climatiche.
Mentre la disoccupazione è sensibilmente calata (a
6.7%, il livello più basso da fine 2008), la creazione di
posti di lavoro incassa una battuta d’arresto (74.000
contro 213.000 in media negli ultimi quattro mesi).
La politica di bilancio che nel 2013 ha sensibilmente rallentato la
crescita nel 2014 dovrebbe avere un impatto molto meno
negativo e sostenerne l’accelerazione.
Nel 2013, infatti, la politica di bilancio - attraverso
l’aumento della pressione fiscale e il taglio delle spese
pubbliche - ha avuto un effetto frenante sulla crescita del
PIL, decurtandola di circa 2 punti percentuali. Nel 2014
lo stato continuerà a essere impegnato per la riduzione
del deficit pubblico e l’impatto dovrebbe quindi restare
negativo. Ma lo sarà molto meno che nel 2013… I venti
contrari causati dalla politica di bilancio si sono in buona
parte dissolti e questo dovrebbe bastare per permettere
La presente pubblicazione è rivolta esclusivamente ai clienti professionali, ai clienti istituzionali e alle controparti qualificate; non è destinata alla distribuzione o all’uso da parte di clienti al dettaglio o di qualsiasi persona o organismo che sia cittadino, residente o abbia la propria sede in qualsiasi territorio,
stato, paese o altra giurisdizione nella quale la distribuzione, pubblicazione, disponibilità o uso di tali informazioni sia contrario alla legge o alla regolamentazione. La presente pubblicazione è rilasciata esclusivamente a scopo informativo e non costituisce in alcun modo un documento contrattuale,
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17 gennaio 2014
alla crescita di accelerare verso il 3% nel 2014. Tanto più
che dopo la crisi di ottobre, repubblicani e democratici
hanno finalmente trovato un accordo sul budget e le
incertezze per il bilancio, che da due anni pesano sulla
fiducia e le anticipazioni delle aziende e delle famiglie,
nel 2014 non dovrebbero più essere un freno per
l’espansione. Così, a dispetto della «doccia fredda» dei
dati sulla creazione di posti di lavoro di dicembre, le
prospettive per il 2014 restano marcatamente favorevoli
per l’economia americana.
Tasso annuo d’inflazione (totale e « core », esclusi i prezzi
dell’energia e dei prodotti alimentari) e tasso Refi della BCE
Europa
Anche per l’area euro il 2014 si annuncia sotto migliori
auspici. In parte lo si deve allo stesso motivo degli Stati
Uniti: il picco del rigore di bilancio è stato superato, e
questo non solo nelle periferie, ma anche nei paesi del
cuore dell’area alle prese con la necessità di risanare i
loro deficit pubblici (Francia, Paesi Bassi, Belgio). Così,
nel 2014, l’accenno di ripresa intravisto nel 2013
dovrebbe essere sostenuto dalla minore pressione
esercitata dalle politiche di bilancio.
Indice del sentiment economico in Europa e variazione annua del
PIL dell’area euro
6
120
110
5
4
3
2
1
4
0
2
-1
100
99
00
01
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03
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EMU - INFLATION RATE YoY %
EMU - "CORE" INFLATION RATE YoY %
ECB REFI RATE
0
90
-2
80
-4
70
65
96
97
98
99
00
01
02
ECONOMIC SENTIMENT INDEX
EURO AREA - GDP YoY %(R.H.SCALE)
scomparsa quasi totale delle pressioni rialziste sui prezzi
al consumo. Così, a fine 2013, l’inflazione è rallentata ai
livelli più bassi dalla creazione della zona euro: l’indice
«core»
(depurato
delle
componenti
più
volatili
dell’energia e dei prodotti alimentari) è sceso a +0.7%
mentre il tasso d’inflazione globale si attestava a +0.8%.
Sono livelli nettamente inferiori al target della Banca
Centrale Europea (inflazione « inferiore ma vicina al
2%») che fanno planare lo spettro della deflazione
sull’Europa.
-6
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Source: Thomson Reuters Datastream
Il migliorato sentiment economico del 2013 rafforza la
convinzione che per l’Europa il 2014 segnarà il ritorno della
crescita.
Ma contrariamente a quanto avviene per gli Stati Uniti,
per l’area euro questo è in sostanza l’unico elemento
realmente incoraggiante per le prospettive insieme alle
ricadute positive sulle esportazioni europee del previsto
miglioramento della crescita mondiale. Sul piano interno,
il livello tuttora molto elevato della disoccupazione nella
maggior parte dei paesi europei pesa ancora sui consumi
e gli investimenti, in un contesto tuttora segnato dalla
contrazione del credito.
Questa debolezza della dinamica interna si riflette anche
nell’andamento dell’indice dei prezzi del 2013. Per effetto
della recessione (da fine 2011 all’inizio 2013), la caduta
della domanda interna nell’area euro, unita alla relativa
forza della moneta,e ha avuto come conseguenza la
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Source: Thomson Reuters Datastream
L’inflazione in Europa è scesa ai livelli più bassi dalla creazione
dell’area euro. Sarà sufficiente per spingere la BCE ad allentare
ancora la sua politica monetaria?
Di fronte a questa situazione e alla luce delle dinamiche
di crescita, del credito e demografiche in Europa, la
politica monetaria della BCE, nonostante il taglio di 25 pb
del tasso refi dello scorso novembre, non sembra ancora
sufficientemente accomodante. Pur avendo lasciato i
tassi di riferimento invariati all’inizio di gennaio, la BCE
di fronte al rischio deflazionistico ha deciso di dare
maggiore incisività ai suoi toni. Rafforzando la « forward
guidance » istituita la scorsa estate, la BCE ha voluto
riaffermare che intende impedire il rialzo dei tassi e
mantenere l’approccio fortemente accomodante. Per
farlo ha ancora una serie di frecce al suo arco che le
consentono, se sarà necessario, di allentare ancora di più
la sua politica (taglio del tasso refi, azzeramento del
rendimento della deposit facility, VLTRO, Quantitative
Easing…). Tanto al momento della severa recessione
della zona euro la reazione della BCE non era stata mlto
forte, tanto la minaccia d’implosione della zona euro nel
2012, o quella della deflazione oggi (con le Outright
Monetary Transactions) sembrano in grado di dare il via
a misure di politica monetaria «non ortodosse», purché
rigorosamente in linea con il mandato della BCE (stabilità
del sistema finanziario e dei prezzi). La zona euro entra
quindi nel 2014 con la prospettiva di un policy mix
(politica di bilancio + monetaria) più accomodante (o
meno restrittivo) rispetto agli ultimi due anni, e questo
La presente pubblicazione è rivolta esclusivamente ai clienti professionali, ai clienti istituzionali e alle controparti qualificate; non è destinata alla distribuzione o all’uso da parte di clienti al dettaglio o di qualsiasi persona o organismo che sia cittadino, residente o abbia la propria sede in qualsiasi territorio,
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17 gennaio 2014
dovrebbe alimentare la dinamica incoraggiante apparsa
nel 2013. Ma, contrariamente a quanto avviene negli
Stati Uniti, gli elementi legati alla domanda interna
restano un freno e rischiano di ostacolare una franca
accelerazione della crescita per quest’anno.
La tendenza positiva apparsa nel Regno Unito all’inizio
del 2013 è perdurata fino alle ultime settimane
dell’anno: indici di attività tuttora molto alti,
disoccupazione in calo, prezzi dell’immobiliare in
progressione e per la prima volta dal 2009, calo
dell’inflazione sotto il 2% (il target della Bank of
England). Questo assicura ancora alla banca centrale un
certo margine di manovra benché la disoccupazione si
stia (rapidamente) avvicinando al limite fissato dalla
banca centrale per dare il via al rialzo del tasso di
riferimento.
Risulterà
più
facile
giustificare
l’abbassamento della soglia della disoccupazione se
l’inflazione è inferiore o uguale al target… Un altro
sviluppo di rilievo è il peggioramento del deficit corrente
britannico (nel terzo trimestre ai livelli più alti dal
dopoguerra), probabilmente riconducibile alla ripresa
della domanda interna.
Giappone
Gli indici di attività e di fiducia (Tankan, PMI,…)
continuano a essere intonati positivamente riflettendo
un’economia che continua a crescere e una reflazione
tuttora in corso. La ripresa dell’attività nel 2013 non
interessa solo le aziende esportatrici, principali
beneficiarie del forte ribasso dello yen. Il vento di ripresa
soffia anche sulla domanda interna e alimenta la crescita
delle importazioni, già gonfiata dall’indebolimento dello
yen. Di conseguenza, il deficit commerciale continua a
crescere e la bilancia delle partite correnti, per la prima
volta nella storia moderna del Giappone, è rimasta in
rosso per tre mesi consecutivi. Ma questa è una delle
logiche conseguenze della reflazione lanciata dal governo
ABE: il modo più rapido per spezzare la spirale
deflazionistica che deprime l’economia da 15 anni è di
importare inflazione attraverso l’indebolimento della
moneta e il deterioramento dei saldi con l’estero.
Economie emergenti
Sul versante delle riforme, i principali interventi
riguardano il settore dell’energia. Alla fine dell’anno
scorso è stata approvata una riforma energetica che è di
buon auspicio per la crescita messicana dei prossimi
anni. Per la prima volta, le aziende private potranno,
infatti, operare in parallelo con lo stato per la crescita e
lo sviluppo di questo settore. Negli ultimi cinque anni la
manna petrolifera ha rappresentato quasi il 10% del PIL
messicano.
La produzione industriale messicana, inoltre, è
strettamente correlata con l’attività economica del vicino
Nord America. Gli Stati Uniti sono di gran lunga la
principale destinazione delle esportazioni messicane
(80% del totale ossia il 25% del PIL). In uno scenario di
ritrovato slancio della crescita mondiale guidato dalle
economie avanzate, Stati Uniti in testa, le prospettive
per il Messico miglioreranno ancora.
Il Messico si trova anche in una posizione ideale per
approfittare della reindustrializzazione degli Stati Uniti
dovuta non solo all’energia a basso prezzo in America,
ma anche alla progressiva riduzione negli ultimi anni
della differenza di costo con la manodopera cinese. Il
costo del lavoro in Messico, che in passato era fino a due
o tre volte superiore al costo in Cina, ora è dello stesso
ordine di grandezza. E se si aggiungono i costi di
spedizione e di trasporto delle merci dall’Asia e la
maggiore flessibilità della catena di approvvigionamento
che consente la prossimità geografica del Messico,
appare chiaro che questo paese è di nuovo il migliore
candidato per l’approvvigionamento del mercato nord
americano.
I principali fattori di rischio che pesano sulla crescita
messicana potrebbero derivare da una crescita meno
vigorosa del previsto negli Stati Uniti o dall’interruzione
del programma di riforme avviato dal presidente Peña
Nieto. Nello scenario di un’uscita massiccia di capitali dai
mercati emergenti in seguito al brusco rialzo dei tassi
d’interesse americani, il Messico dimostrerebbe una
maggiore resilienza rispetto al resto del mondo
emergente. Tirando le somme, grazie ai fondamentali
economici solidi nel 2014 il Messico dovrebbe mettere a
segno una crescita economica più forte (+1.2% nel
2013) e mettersi in luce rispetto al resto dei paesi
emergenti.
Nei prossimi trimestri il Messico dovrebbe staccarsi dal
blocco dei paesi emergenti grazie alla sua situazione
macro-economica più sana e alle riforme ambiziose ma
necessarie avviate dal governo.
L’economia messicana, infatti, si distingue per l’assenza
di gravi squilibri: la bilancia commerciale è vicina al
pareggio (nel 2013- previsto il -0.1% del PIL), il deficit
delle partite correnti (-1.4% del PIL) è abbastanza
contenuto da non creare preoccupazione. Sul fronte dei
conti pubblici il debito appare sotto controllo (fra il 2 e il
3% del PIL negli ultimi due anni) e questo spiega perché
il rapporto debito pubblico / PIL tende a ridursi (43% nel
2012).
La presente pubblicazione è rivolta esclusivamente ai clienti professionali, ai clienti istituzionali e alle controparti qualificate; non è destinata alla distribuzione o all’uso da parte di clienti al dettaglio o di qualsiasi persona o organismo che sia cittadino, residente o abbia la propria sede in qualsiasi territorio,
stato, paese o altra giurisdizione nella quale la distribuzione, pubblicazione, disponibilità o uso di tali informazioni sia contrario alla legge o alla regolamentazione. La presente pubblicazione è rilasciata esclusivamente a scopo informativo e non costituisce in alcun modo un documento contrattuale,
un’offerta o una sollecitazione all’acquisto o alla vendita di prodotti d’investimento o di altra natura finanziaria. Le analisi ivi contenute sono fondate su una serie di ipotesi. Differenti ipotesi potrebbero comportare risultati sostanzialmente diversi. Le opinioni espresse sono pertinenti esclusivamente alla
data della pubblicazione e possono essere modificate in qualsiasi momento senza preavviso. Le performance passate non sono indicative dei risultati futuri. Sebbene tutte le informazioni e le opinioni espresse in questo documento siano fornite in buona fede da fonti ritenute attendibili, nessuna garanzia
– implicita o esplicita - è fornita in merito alla loro completezza o esattezza. Syz Asset Management SA declina ogni responsabilità in caso di perdite o danni occorsi in conseguenza del loro utilizzo. Si raccomanda a chi prende visione della presente pubblicazione di consultare il proprio consulente legale,
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17 gennaio 2014
Mercati
Azionari
Sull’onda della salda convinzione da parte degli
investitori sulla possibilità di contare ancora sull’aiuto
delle banche centrali e dei tassi
d’interesse, che
resteranno nel complesso bassi, le borse mondiali
hanno ripreso slancio. La buona tenuta dei dati
economici
mondiali
aveva
suscitato
qualche
apprensione, all’inizio di dicembre, per l’eventuale
riduzione del programma d’iniezione di liquidità.
Tuttavia, i timori sono rientrati quando la Fed ha
annunciato che il tapering sarà « modesto » e ha
ridotto il volume dei suoi acquisti di attivi di 10 miliardi,
a 75 miliardi di dollari al mese.
Il quadro che si è creato ha permesso ad alcuni indici di
salire a nuovi record storici (in monete locali), come
l’S&P 500, che a fine dicembre ha sfiorato i 1.850 punti.
Nel periodo in esame (metà dicembre- metà gennaio), i
mercati europei si sono messi in luce, sovraperformando la maggior parte dei mercati mondiali,
mentre gli emergenti hanno continuato a subire
pressioni che si sono tradotte con una performance
negativa.
Andamento dei principali indici azionari mondiali in monete
locali
15/1/14
107
106
complessivamente favorevole a questa asset class. Da
un lato perché la normalizzazione della politica
monetaria della Fed non dovrebbe avvenire a scapito
del mercato azionario, dall’altro perché le basse
remunerazioni del mercato obbligazionario insieme al
miglioramento
del
quadro
economico
mondiale
dovrebbero continuare a sostenere questa asset class
nei prossimi mesi.
Obbligazionario
In Europa l’inizio dell’anno è stato caratterizzato dalla
nuova ventata di ottimismo, in particolare sui paesi
periferici. Fra le buone notizie di questo esordio d’anno
ricordiamo
il
ritorno
dell’Irlanda
sul
mercato
obbligazionario, primo paese dell’area euro ad uscire
dal piano di salvataggio. Nonostante il quadro
economico
ancora
incerto
(crescita
fragile,
disoccupazione alta), l’Irlanda ha saputo convincere gli
investitori della solidità del suo risanamento economico,
come dimostra la forte domanda dell’obbligazione
irlandese a 10 anni al 3.54%. Il Portogallo la segue da
vicino, superando anch’esso con successo il test dei
mercati, con un’emissione a 5 anni (al tasso del
4.66%). Il successo dell’asta è di buon augurio per
questo paese che conta di uscire dal piano di
salvataggio in maggio e spera di ritrovare la capacità di
auto-finanziarsi.
In questo contesto positivo, le obbligazioni dei paesi
periferici sono state accolte positivamente dagli
investitori, e i tassi a 10 anni spagnoli ma anche italiani
sono sensibilmente diminuiti (rispettivamente a 3.8% e
3.9%), riducendo la distanza dalla Germania. Sebbene
in misura inferiore sono scesi anche i tassi dei paesi più
solidi : il rendimento a 10 anni del Bund tedesco si
attesta all’ 1.8% e al 2.3% per il titolo francese.
105
104
103
102
101
100
Spread sui tassi a 10 anni con la Germania
99
4. 00
98
97
16
23
DEC
ST OXX EUROPE 600 (EUR)
S&P 500 (USD)
T OPIX (J PY)
30
6
J AN
3. 50
MSCI EMERGING MARKET S (USD)
Sourc e: T homs on Reuters Datas tream
I mercati europei hanno raccolto la sfida sovra-performando la
maggior parte dei mercati mondiali mentre i paesi emergenti
hanno continuato a essere sotto pressione.
Quanto alle performance settoriali, la maggior parte dei
settori europei ha realizzato performance positive (nel
periodo in esame). I finanziari si sono messi in luce
sull’onda del tapering «moderato», mentre gli
alimentari sono stati penalizzati dalle prospettive di
crescita deboli. Negli USA il settore farmaceutico ha
iniziato l’anno con il vento in poppa, contrariamente alle
telecomunicazioni, unico comparto a chiuder il periodo
in calo.
Benché non si possa più dire che le quotazioni azionarie
sono particolarmente convenienti il nostro parere resta
3. 00
2. 50
2. 00
1. 50
1. 00
J
F
S pain
It aly
Ireland
M
A
M
J
J
A
S
O
N
D
J
Source: Thomson Reuters Datastream
La presente pubblicazione è rivolta esclusivamente ai clienti professionali, ai clienti istituzionali e alle controparti qualificate; non è destinata alla distribuzione o all’uso da parte di clienti al dettaglio o di qualsiasi persona o organismo che sia cittadino, residente o abbia la propria sede in qualsiasi territorio,
stato, paese o altra giurisdizione nella quale la distribuzione, pubblicazione, disponibilità o uso di tali informazioni sia contrario alla legge o alla regolamentazione. La presente pubblicazione è rilasciata esclusivamente a scopo informativo e non costituisce in alcun modo un documento contrattuale,
un’offerta o una sollecitazione all’acquisto o alla vendita di prodotti d’investimento o di altra natura finanziaria. Le analisi ivi contenute sono fondate su una serie di ipotesi. Differenti ipotesi potrebbero comportare risultati sostanzialmente diversi. Le opinioni espresse sono pertinenti esclusivamente alla
data della pubblicazione e possono essere modificate in qualsiasi momento senza preavviso. Le performance passate non sono indicative dei risultati futuri. Sebbene tutte le informazioni e le opinioni espresse in questo documento siano fornite in buona fede da fonti ritenute attendibili, nessuna garanzia
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finanziario e/o fiscale prima di prendere qualsiasi decisione in merito all’investimento. La presente pubblicazione non può essere riprodotta o distribuita, per intero o in parte, senza previa autorizzazione di Syz Asset Management SA.
17 gennaio 2014
Lo spread sui titoli a 10 anni fra la Germania e i paesi periferici
continua a ridursi.
bilancio delle banche centrali continua a giocare a vantaggio
dell’euro rispetto al dollaro.
Valutari
Nonostante l’annuncio della Fed in dicembre sull’avvio
della riduzione del programma di acquisto di attivi,
l’USD ha terminato il 2013 in perdita nei confronti delle
principali monete, avvicinandosi ai livelli più bassi
dell’anno. Contro l’euro, il biglietto verde ha perso
quota scendendo a quota 1.379; contro il franco
svizzero si è attestato intorno a 0.88 e contro la sterlina
è sceso ai livelli più bassi dell’anno a GBPUSD 1.656.
Solo all’inizio di gennaio il dollaro ha recuperato terreno
sull’onda dei dati positivi sull’occupazione di fine anno,
che riflettono la persistente schiarita sul mercato del
lavoro.
Nella
prima
economia
mondiale,
nonostante
l’andamento positivo, la ripresa appare ancora fragile
(disoccupazione alta e crescita modesta) e quindi il
dollaro stenta a invertire la tendenza al ribasso nei
confronti delle principali monete. Continua a essere
strutturalmente svantaggiato rispetto alla moneta
unica, come dimostrano le differenze nelle rispettive
bilance delle partite correnti (deficit per gli USA contro
il surplus nell’area euro) e nell’andamento dei bilanci
delle banche centrali (i successivi quantitative easing
negli Stati Uniti hanno causato una forte espansione del
bilancio della Fed). Su questo sfondo, e con il
mantenimento dei tassi vicini allo zero da parte della
Fed (secondo le ultime dichiarazioni fino alla fine del
2015), l’apprezzamento del dollaro nei confronti
dell’euro rimarrà comunque contenuto, a meno che
nell’area euro il rischio deflazionistico si aggravi
spingendo la BCE a reagire.
L’EURUSD si attesta a 1.36, il GBPUSD intorno a 1.63 e
l’EURCHF a 1.23.
Confronto fra EUR/USD e bilancio della Fed /bilancio della BCE
(in % PIL)
1.7
1.1
1.6
1
1.5
0.9
1.4
0.8
1.3
0.7
1.2
0.6
1.1
0.5
1
0.4
0.9
0.8
0.3
00
01
02
03
04
EUR/USD (LHS)
05
06
07
08
09
10
11
12
13
Fed/B CE B alance Sheet (RHS)
Nonostante la ripresa economica americana e l’inizio della
normalizzazione della politica monetaria USA, l’andamento del
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