ESERCIZI DI MECCANICA QUANTISTICA
B.Buonaura : ISIS “ALBERTINI” –NOLA (NA) & GSF-AIF1 -
Esercizio 11 ( Modelli atomici: da Thompson a Bohr )
Come, giustamente afferma Franco Selleri, l’atomismo fece il suo vero ingresso in fisica quando furono trovate leggi
matematiche che permisero la comprensione di alcune importanti proprietà atomiche. Ciò accadde quando la teoria
del moto dei pianeti venne applicata anche al livello atomico. In entrambi i casi (moto dei pianeti, moti degli elettroni
atomici) si parte dal moto di un punto materiale in un campo centrale descrivibile da una funzione potenziale:
U (r ) 
e quindi dal campo di forze:

r
F (r )  U  r  
dove:

r2
rˆ
GmM  problema gravitazionale 

 : 2Ze2  particella  nel campo di un nucleo 

2
 Ze  elettrone nel campo del nucleo 
con
r  rrˆ vettore che va dal centro delle forze al punto materiale mobile.
Lo studio matematico degli effetti generati da questa forza ha permesso di risolvere i problemi relativi a situazioni
fisiche molto diverse:
La spiegazione di Newton delle leggi di Keplero;
L’interpretazione di Rutherford delle deviazioni a grandi angoli delle particelle α con i nuclei pesanti (la scoperta del
nucleo atomico);
La spiegazione di Bohr –Sommerfeld delle righe spettrali dell’idrogeno.
Dimostrare che, in un campo centrale, una particella di massa m:
a)
Conserva il momento angolare:
Lr p
con
p  mv , quantità di moto della particella.
b) La traiettoria è una conica di equazione:
r
c)
L2
1
 m 1   cos   0 
Conserva l’energia totale che risulta:
E
m 2 2
  1
2 L2
con  eccentricità della conica.
1
Gruppo di Storia della Fisica- Associazione per l’Insegnamento della Fisica.
Risoluzione
a)
Poiché
F (r )  U  r  

r2
rˆ è una forza centrale si ha la conservazione del momento angolare della
particella, infatti:
F
poiché
dp
dp
d
dr
 rF r
 r  F  r  p 
p
dt
dt
dt
dt
dr
 v  v  p=0 , quindi:
dt
rF 
d
r  p
dt
cioè :
rF 
Ora introducendo l’espressione di
F (r ) 

r2
dL
dt
rˆ troviamo che:
r  F r 

r
2
rˆ 

r2
r  rˆ  0
Pertanto:
dL
 0  L  costante
dt
pertanto l’orbita è in un piano formato da
r
e
p ed L
è perpendicolare a tale piano.
b) In coordinate polari, r e , la posizione della particella di massa m si può scrivere:
r  r cos xˆ  rsen yˆ
per la velocità si ha subito:

 

v  r  r cos   r sin  xˆ  rsen  r cos yˆ
L’energia cinetica della particella è:
T
e quindi la lagrangiana
L

1 2 1
mv  m r 2  r 2 2
2
2

di m è:
L  T  U  m  r 2  r 2 2  
1
2

r
Una prerogativa delle equazioni di Lagrange è quello di valere per qualunque sistema di coordinate, esse
valgono, dunque, anche in coordinate polari.

 L
 mr  mr 2  2

r
 r
d  L  L
d
0 

mr 2

dt     dt
0
d  L

dt  r


La seconda delle equazioni implica che al variare nel tempo della distanza radiale

r e della velocità angolare
si conserva il momento angolare, come già dimostrato al punto a).


d
mr 2  0  L  r  p  mr 2 zˆ
dt
Il momento angolare si conserva perché l’energia potenziale U, della particella, dipende solo da r e non da .
Pertanto la seconda equazione di Lagrange contribuisce solo all’energia cinetica, come se l’energia potenziale
non ci fosse. Per risolvere, invece, la prima equazione di Lagrange bisogna eliminare
angolare L:
 , mediante il momento
L2
  2 4
mr
2
ed in più farla diventare lineare in r (infatti contiene r -2). Questo si ottiene con il cambiamento di variabile:
u  r 1 . Tuttavia è utile usare la trasformazione:
dr d d (u 1 )
1 du L
L du
r

 2


d dt
d
u d mr 2
m d
dr d dr L
L 2 d  L du 
L2 2 d 2u
r

 u

 2 u
d dt d mr 2 m d  m d 
m
d 2
La prima equazione di Lagrange si riscriverà allora:
d 2 u L du 
 L2
m  2 u 2

  u2  0
2

d
m d 
 m
da cui si ottiene un’equazione differenziale, questa volta lineare, in u che risulta:
d 2u
m
u   2
2
d
L
Per risolverla procediamo in due tempi.
1° risolviamo l’equazione omogenea associata:
d 2u
u  0
d 2
La cui soluzione è:
uOmog  Asen  B cos  Q cos   0 
con
Q  A2  B 2
e
cos0 
A
Q
e
sen0 
B
.
Q
2° Troviamo un integrale particolare dell’equazione differenziale
L’integrale particolare che cerchiamo è:
uPartic  
m
L2
basta sostituirlo nell’equazione e vedere che è una soluzione.
Pertanto la soluzione generale dell’equazione:
d 2u
m
u   2
2
d
L
è data da:
u  uOmog  uPartic  
dove si è posto:
Q
 m
L2
, con
 0
m
1   cos   0  
L2 
essendo lecito cambiare segno al coseno ridefinendo 0
aggiungendo  .
Scrivendo la soluzione in
r
1
otteniamo:
u
r
L2
1
 m 1   cos   0 
che rappresenta l’equazione di una conica in coordinate polari. Per

vi sono 3 casi:
  1 ellisse

  1 parabola
  1 iperbole

Si distinguono quattro casi fisicamente significativi:
1) γ < 0; ε <1 (attrazione, ellisse). Tutti i valori di  sono positivi e perciò fisicamente accettabili. La
traiettoria è chiusa per la periodicità del coseno.
2) γ < 0; ε =1 (attrazione, parabola). Tutti i valori di r sono positivi tranne quello per cui  = 0 + per il
quale r =  . La traiettoria è una parabola, caso limite di una ellissi con semiasse maggiore infinito.
3) γ < 0; ε >1 (attrazione, iperbole). Poiché r deve essere positivo, sono accettabili tutti i valori per i quali
1   cos   0   0 , separati dai due punti   a cos(1/  )  0 , per i quali r   . La
traiettoria è un ramo d’iperbole. La particella si avvicina al centro delle forze provenendo dall’infinito per
poi riallontanarsi verso l’infinito.
4) γ > 0; ε >1 (repulsione, iperbole). Poiché r deve essere positivo, sono accettabili tutti i valori per i quali
1   cos   0   0 , separati dai due punti   a cos(1/  )  0 , per i quali r   . La
particella si avvicina al centro delle forze provenendo dall’infinito raggiungendo la distanza minima
rmin  
L2 1
( cos   0   1)dove per poi riallontanarsi verso l’infinito. Si tratta di un urto.
 m 1 
(Caso particella α-nucleo).
In conclusione:
Nel caso repulsivo vi sono solo traiettorie iperboliche; in quello attrattivo è possibile avere tutte e tre i tipi di
coniche.
c)
L’energia cinetica di m è:
1 2 1
1  2
L2 
2
2 2
T  mv  m r  r   m  r  2 2 
2
2
2 
mr 

ricordando che
r

L2
1
, derivando rispetto al tempo si ottiene:
 m 1   cos   0 
r
m
2
L
 sin   0  r 2
da cui:
L2
 2 2
r  4  sen   0  r   4  sen   0  r 2 4  2 sen2   0 
L
L
mr
L
2
 2 m2
2
2
4
2
 2 m2
2
2
4
E’ anche:
2
L

 2 1   cos   0  
2 2
mr
L
2
2
per cui l’energia cinetica risulta:
1  2
L2
T  m r  2 2
2 
mr

 m 2 2



1



 2 L2
r

e quindi l’energia totale della particella è data da:
E
m 2 2
  1  costante
2 L2
e risulta:
 E  0    1 ellisse  stati legati

 E  0    1 parabola  stati non legati
 E  0    1 iperbole  stati non legati

Breve Bibliografia:
F. Selleri: Dispense di ISTITUZIONI DI FISICA TEORICA, Università di Bari, Laurea in Fisica, a.a. 2001/2002
ESERCIZI DI MECCANICA QUANTISTICA
B.Buonaura : ISIS “ALBERTINI” –NOLA (NA) & GSF-AIF2 -
Esercizio 12 ( Modelli atomici: da Thompson a Bohr )
Le particelle  (nuclei di He) emesse da un materiale radioattivo viaggiano ad altissima velocità (ad es. 2 .104km/s).
Quando vennero scoperte (a cavallo tra il 1800 e 1900) erano i proiettili più veloci che i fisici avessero mai avuto a
disposizione.
Quando colpivano una fogliolina d’oro di spessore di 1= 10-3mm, a volte, erano deviate anche a grandi angoli anche di
90° o 150° (esperienza di Geiger –Marsden 1911). Queste grandi deviazioni non potevano essere spiegate dal modello
atomico di Thompson, formulato dopo il 1897, anno in cui era stato scoperto l’elettrone.
Il modello atomico di Thompson considerava l’atomo come una sfera di carica elettrica positiva, distribuita
uniformemente, grande come l’atomo stesso, in cui erano immersi gli elettroni.
Si consideri una sfera di raggio R, uniformemente carica, provare che:
a)
L’energia potenziale elettrica U della particella  è:
 Ze 2
 2 r se r  R

0
U 
2
2
 3Ze  Ze r 2 se 0  r  R
 4 0 R 4 0 R 3
dove 2e è la carica elettrica della particella  e Ze la carica positiva dell’atomo.
b) Trovare la forza media su una particella  che passa da una distanza R1>R ad una distanza R2<R.
c) Dimostrare che se Max è l’angolo di deviazione, risulta:
tgMax
dove
M
e
v
sono
rispettivamente
 0 = 8.854187817  10-12
Ze2

 0 M  Rv2
la
massa
e
la
velocità
2
C
N  m2
.
Risoluzione
a)
All’esterno il campo di una sfera carica si trova applicando il Teorema di Gauss:
Qint
 E  dS  
S
0
per rR si ha:
Eest  4 r 2 
pertanto:
2
Gruppo di Storia della Fisica- Associazione per l’Insegnamento della Fisica.
Ze
0
della
particella

ed
Eest 
Ze
4 0 r 2
Per 0rR si ha:
 Ze  4 3 

  r 
4 / 3 R 3  3


2
Eint  4 r 
0
cioè:
 Ze 
Eint  
r
3 
4

R
0


Pertanto il potenziale generato dalla sfera uniformemente carica si calcola:
per rR si ha:

Vest  r   Vest      Eest dr
r
Assumendo il potenziale all’infinito nullo, cioè
Vest  0   0 , otteniamo:

Vest  r   
r
Ze
Ze
dr 
2
4 0 r
4 0 r
Per 0rR si ha:

R
 Ze 
Ze
dr

rdr


2
3 
R 4 0 r
r  4 0 R 

Vint  r    Edr  
r
quindi:
Vint  r  
 Ze  2
3Ze
Ze

R  r2  

r2
3 
3
4 0 R  8 0 R 
8 0 R 8 0 R
Ze
L’energia potenziale della particella  vale:
per rR
Ze2
U est  r   2eVest  r  
2 0 r
Per 0rR
U int  r   2eVint  r  
3Ze2
Ze2 2

r
4 0 R 4 0 R3
b) La forza sulla particella  è data da:
 Ze 2
 2 r 2 r  R

0
F (r )  2eE (r )  U (r )  
2
 Ze r 0  r  R
 2 0 R 3
Sia U che F sono funzioni continue in r = R.
La forza media che si esercita sulla particella  che passa dalla distanza R1 >R esterna al nucleo, alla distanza
R2<R interna al nucleo è data da:
F
R

1 R
1 R
F
(
r
)
dr

F
(
r
)
dr

Fint (r )dr 
est




R2  R1 R
R2  R1  R
R

2
2
1
1
cioè:
R


1  R Ze2
Ze2
1  Ze2  1 1 
Ze2
F
dr  
rdr  
R 2  R 2 

  

2
3
3  2
R2  R1  R 2 0 r
R 2 0 R
 R2  R1  2 0  R1 R  2 0 R

2
1
dopo un po’ di algebra possiamo scrivere:

R22
Ze2 
2
1
Ze2
F




2 0  ( R1  R2 ) R ( R1  R2 ) R1 ( R1  R2 ) R 3   0 ( R1  R2 ) R
c)
Ricordando la II legge del moto di Newton e il teorema dell’impulso la variazione della quantità di moto della
particella :
R1  R2
Ze2
Ze2
p  F t 


 0 ( R1  R2 ) R
v
 0 Rv
dove
v  2  104 km / s  2  107 m / s è la velocità della particella .
L’angolo Max l’angolo di deviazione massimo è dato da:
tgMax
p
Ze2


p  0 RM  v2
Nell’esperimento si aveva:
v  2 107 m / s ; Z  79 ; M  6.63  1027 kg ; R  1.4 108 cm ; e  1.6 1019 C.
Pertanto inserendo i dati troviamo:
max  1.5  104 rad  0.01
La sfera di elettricità positiva non è dunque in grado di produrre grandi deviazioni angolari!
Breve Bibliografia:
F. Selleri: Dispense di ISTITUZIONI DI FISICA TEORICA, Università di Bari, Laurea in Fisica, a.a. 2001/2002
ESERCIZI DI MECCANICA QUANTISTICA
B.Buonaura : ISIS “ALBERTINI” –NOLA (NA) & GSF-AIF3 -
Esercizio 13 ( Modelli atomici: da Thompson a Bohr )
La particella , durante il viaggio all’interno dell’atomo “modello Thompson” può urtare un elettrone.
Utilizzando le legge relativistiche di conservazione dell’impulso e dell’energia provare che l’angolo massimo di
deviazione delle particelle , dopo l’urto con l’elettrone è:
Max 
2me
 0.01
M   2me
dove M = 6.63.10-27kg (massa della particella ); me =9.11.10-23kg (massa dell’elettrone).
Risoluzione
L’elettrone sia inizialmente in quiete nel Sistema di Riferimento del laboratorio ( vtermica + vorbitale =0).
Le leggi di conservazione relativistiche dell’energia e della quantità di moto danno:
 E  me c 2  E ' 

 p  p 'cos   q cose
0  p ' sen  qsen
e

dove (p, E) impulso ed energia iniziale della particella ; (p’, E’) impulso ed energia della particella  dopo l’urto; (q,
) impulso ed energia dell’elettrone dopo l’urto.
Dalle due ultime equazioni troviamo:
p 'cos   p  q cos e ; p 'sin   q sin e
Elevando al quadrato entrambe:
p '2 cos2   p 2  2 pq cos e  q 2 cos2 e ; p '2 sin 2   q 2 sin 2 e
Sommando membro a membro e, dopo, moltiplicando per c 2:
p '2 c2  p 2c2  q 2c 2  2c 2 pq cos e
Ricavando E’ dalla prima equazione:
E '  E  me c 2  
3
Gruppo di Storia della Fisica- Associazione per l’Insegnamento della Fisica.
elevando al quadrato entrambi i membri:
E '2  E 2  me 2 c 4   2  2Eme c 2  2E  2me c 2
e sottraendo membro a membro questa equazione con la precedente ottenuta dalla conservazione della quantità di moto,
troviamo:
E '2  p '2 c2  E 2  p 2 c2  me 2 c 4   2  q 2 c 2  2Eme c 2  2E  2me c 2  2 pqc2 cose
Semplifichiamo tale espressione utilizzando gli invarianti relativistici:
E '2  p '2 c2  M2 c4 ; E 2  p 2 c2  M2 c4 ;  2  q 2 c2  me2 c4
otteniamo:
c 2 pq cos e    me c 2  E  me c 2 
Questa si può scrivere anche:
  me c 2
pc
cos e 
qc
E  me c 2
quindi sicuramente risulta:
  me c 2
qc
pc
pc

2
E  me c
E

Ricordando anche che da:
E
M c2
M  v
; p
v2
1 2
c
v2
1 2
c
si ottiene:
pc / E  v / c
dove v è la velocità della particella  prima dell’urto.
Sostituendo nella disuguaglianza ottenuta troviamo:
  me c 2
qc
v
pc
 
2
c
E  me c

quindi utilizzando l’invariante relativistico dell’elettrone
 2  q 2 c2  me2 c4
  m c 
2 2
e

 2  me2 c 4
troviamo:
v2
c2
cioè:
  me c 2 v2

  me c 2 c 2
Risolvendo in  la disequazione, ricordando che il suo denominatore è sempre positivo, si ottiene:

1  v2 / c 2

 1  2v2 / c 2
2
2
2
me c
1  v / c
2
perché 2v / c  10 , pertanto l’energia cinetica dell’elettrone è più piccola della sua energia di massa.
Allora può scriversi anche:
2
2
1
2
  me c 2  me ve2
dove ve è la velocità dell’elettrone dopo l’urto, quindi:

me c 2
 1
v2
1 ve2

2
 ve  2v
2 c2
c2
Dal sistema iniziale di equazioni si ottiene anche:
tg 
q sin e
p 'sin 
q


p 'cos  p  q cos e p  q
quindi essendo ve < 2v si può scrivere:
tg 
me ve
2me v
2me
1



M  v -me ve M  v -2me v M  -2me 3700
quindi:
tg  max 
1
 2.7 104 rad  0.01
3700
Dunque l’angolo per il quale la particella  può essere deviata nel suo percorso, nell’atomo, “modello Thompson”,
urtando un elettrone è molto piccolo; dunque, nemmeno l’urto -e provoca le deviazioni osservate a grandi angoli delle
.
Breve Bibliografia:
F. Selleri: Dispense di ISTITUZIONI DI FISICA TEORICA, Università di Bari, Laurea in Fisica, a.a. 2001/2002
ESERCIZI DI MECCANICA QUANTISTICA
B.Buonaura : ISIS “ALBERTINI” –NOLA (NA) & GSF-AIF4 -
Esercizio 14 ( Modelli atomici: da Thompson a Bohr )
Gli esercizi precedenti mostrano (Esercizio 12 ed Esercizio 13) mostrano che il modello atomico di Thompson non è in
grado di “spiegare” la deviazioni a grandi angoli delle particelle incidenti su una lamina metallica d’oro di spessore 10 -4
cm, contenente 104 atomi nella direzione di attraversamento.
a)
Considerando il risultato ottenuto nell’Esercizio 12
tgMax 
p
Ze2

p  0 RM  v2
, che dà la deviazione
massima subita dalle particelle  da parte della sfera di elettricità positiva, mostrare cosa indusse Rutherford a
proporre il “modello planetario” di atomo: nucleo di carica positiva centrale ed elettroni ruotanti “simili a
pianeti”.
b) Un nucleo d’oro è molto più pesante di una particella . Si assumerà, pertanto, che il nucleo sia in quiete
durante l’urto.
Sia b la distanza tra la direzione della particella  incidente ed una retta parallela passante per il nucleo fermo;
tale distanza viene chiamata parametro d’urto. Sulla particella  agisce il potenziale coulombiano
Ze
r
repulsivo. L’elemento di superficie bersaglio che corrisponde ad un angolo di diffusione tra  e  +d è
definito dall’area della corona circolare compresa tra i parametri d’urto b e b+db è chiamata sezione d’urto
differenziale d.
Nella figura d=d
Poiché d=2bdb mostrare che risulta:
2
 Ze 2  sin
d  2 
2 
 M  v  sin 4   
 
2
detta sezione d’urto di Rutherford.
4
Gruppo di Storia della Fisica- Associazione per l’Insegnamento della Fisica.
Risoluzione
a)
Nell’espressione
tgMax 
Ze2
 0 RM  v2
tutti parametri sono noti ( in particolare Z =79 (oro)). L’unico
parametro, non fissato, dipendente dal modello teorico è R, il raggio della sfera di carica positiva. Affinché
max sia dell’ordine di grandezza osservato (150° = (5/6) rad) deve essere:
Ze2
R
 0 M  tgMax v2
sostituendo i valori:
5 
v  2  107 m / s ; Z  79 ; M   6.63  1027 kg ; tg     0.5773; e  1.6  1019 C;
6 
 0  8.854  1012 F / m
si ottiene:
R=3.8.10-27cm
ben più piccolo del raggio atomico di 10 cm allora stimato. Queste considerazioni indussero Rutherford ad
assumere che gli elettroni fossero attratti da un nucleo di carica positiva di dimensioni molto piccole e,
pertanto, fossero in equilibrio dinamico con il nucleo, come i pianeti con il Sole.
-10
b) Sulla particella  agisce il potenziale coulombiano
Ze
( in unità gaussiane) che è centrale. In un campo
r
centrale sono conservati il momento angolare e l’energia meccanica. Consideriamo le posizioni asintotiche
della particella  prima dell’urto (-) e dopo l’urto (+) con il nucleo atomico:
 M  v (-  ) d sin   M  v (+ ) d sin 

1
1
2
2
 M  v  (-  )  U   M  v  (+  )  U 
2
2
essendo
U (r ) 
2Ze2
2Ze2
 0 per cui:
risulta che lim
r 
r
r
 v (-  )  v (  )

b  d sin   d sin 
Ora consideriamo l’equazione del moto dell’esercizio 3-11:
M
d 2u
 u   2
2
d
L
con u =1/r (distanza -1 della particella  dal nucleo) ;  = 2Ze2 ; L= Mvb con b=rsin . Sostituendo troviamo
che:
 M
L2
con
D
2Ze2
M  v2
2Ze2 M 
2Ze2
D
 2 2 2 
 2
2 2
M v b
M v b
b
e quindi l’equazione del moto assume la forma:
d 2u
D
u   2
2
d
b
Il suo integrale generale è:
u  A cos  B sin  
D
b2
dove A e B sono costanti che vengono determinate dalle seguenti condizioni iniziali:
I.
0 deve essere compatibile con u0 (cioè r) pertanto:
A
0 deve essere compatibile con
nucleo) quindi:
II.
r
D
0
b2
r  v (poiché r decresce e r  0 , fase di avvicinamento al
dr
d (1/ u ) L
1 du L 2
L du

 2
u 
2
d
d M  r
u d M 
M  d
du
  A sin   B cos otteniamo:
d
r  vb( Asin  B cos )
sostituendo al posto di L : L= Mvb e al posto di du/d:
Per  =0 deve aversi allora:
 v   vbB  B 
1
b
Quindi:
1 D
1
D D
1
 2 cos  sin   2  2  cos  1  sin 
r b
b
b
b
b
Ora se ricordiamo l’esercizio 11possiamo scrivere la soluzione del moto ottenuta nella forma:
r
 M
L2

L2
1
 M  1   cos   0 
D
D2 1
1
2
2
;
Q


A

B


 2  2
2
4
b
b
b
b
D2  b2


b2
D



D 2  b2 
D 2  b2

con:

B 1 
b2
b
sin 0     


Q b 
D 2  b2 
D 2  b2
cos 0 
A D

Q b2
QL2 
D 2  b2
 
 
 M  
b2
2
  b2 
b
   1    1
 D 
D

cioè la traiettoria della particella  è un’iperbole se b0 (Se b =0 si ha un urto centrale).
L’angolo ’, con cui emerge la particella  emerge dopo l’urto, si può trovare come segue:
per r:
0
Questa equazione ha 2 soluzioni:
’ = 0 prima dell’urto
e la seconda dopo l’urto data da:
D
1
 cos ' 1  sin  '
2
b
b
b 1  cos '
' 

 tg  
D
sen '
2
Poiché ’ +  =   ’ =  -  risulta:
' 
 
tg    ctg  
2
2
e quindi:
  b
ctg   
2 D
Differenziamo la relazione trovata e otteniamo:
db

D
d
 
2sin 2  
2
Questa relazione permette di ricondurre il problema di sapere quante particelle  sono diffuse tra  e  + d al
problema di determinare quante hanno parametro d’urto fra b e b + db.
Si definisce sezione d’urto differenziale l’area della corona circolare compresa tra i parametri d’urto b e b+db:
d  2 bdb
Sia h lo spessore della lamina sulla quale incidono le particelle . Sia a l’area sulla quale le  vanno a cadere
realmente. Se n è il numero di nuclei per unità di volume, il numero totale d nuclei Nt è Nt = n a h.
La probabilità che una particella  abbia parametro d’urto compreso tra b e b+db :
P(b)db 
cioè:
Area complessiva di tutte le corone circolari circondanti ogni nucleo Nt d

Area totale su cui incidono concretamente le 
a
P(b)db  2 nhbdb
Quindi la probabilità che la particella  possa essere deviata fra  e  + d risulta:



Dd  
sin 
 
  nhD 2
P   d   P(b)db  2 nhD c tg   
d
 2   2sin 2     2
4  
sin  
 

2
 
2
2Ze2
ricordando che D 
si ottiene definitivamente:
M  v2
2
 2Ze2  sin 
P   d  nh 
d

2  M  v2 
4  
sin  
2

e quindi la sezione d’urto differenziale d dipende solo dal nucleo in esame (e non dalle variabili
macroscopiche n e h ) è data da:
2
 2Ze2  sin 
d  2 
d
2 
 M  v  sin 4   
 
2
Essa è chiamata la sezione d’urto di Rutherford. E’ stata verificata sperimentalmente molte volte con proiettili
diversi ( particelle , protoni, elettroni,…) ed è stata trovata corretta dando fiducia nella reale presenza di un
nucleo al centro di un atomo, ma anche nella validità delle solite leggi elettromagnetiche al suo interno.
Breve Bibliografia:
F. Selleri: Dispense di ISTITUZIONI DI FISICA TEORICA, Università di Bari, Laurea in Fisica, a.a. 2001/2002
ESERCIZI DI MECCANICA QUANTISTICA
B.Buonaura : ISIS “ALBERTINI” –NOLA (NA) & GSF-AIF5 -
Esercizio 15 ( Modelli atomici: da Thompson a Bohr )
L'esperimento di Rutherford (anche detto esperimento di Geiger e Marsden) fu un esperimento effettuato per sondare la
struttura dell'atomo eseguito da Hans Wilhelm Geiger e Ernest Marsden nel 1909 sotto la direzione di Ernest Rutherford
al laboratorio di fisica dell'Università di Manchester. Tuttavia questo esperimento e la scoperta del modello atomico
nucleare che ne seguì, resero drammaticamente chiara l’impossibilità della fisica del 1910 di spiegare le proprietà degli
atomi, anzi, cosa assai ancor più grave, la loro stessa stabilità.
Infatti, il modello planetario di atomo proposto da Rutherford (atomo costituito da una parte centrale, il nucleo, e da
elettroni ruotanti attorno al nucleo) presenta due seri problemi:
 la stabilità
 la radiazione che viene emessa presenta uno spettro continuo di frequenze e non uno spettro di righe come
viene sperimentalmente osservato.
E’ noto che, dall’elettromagnetismo di Maxwell, una carica accelerata (ad es. un elettrone) perde energia emettendo
radiazione elettromagnetica. Questa perdita di energia, nell’unità di tempo, è data dalla relazione:
dE
2 e2

a2
3
dt
3 4 0 c
con e = 1.6.10-19C; c = 3.10-8 m/s; a  accelerazione dell’elettrone (o della carica considerata).
Si consideri ora l’atomo di idrogeno, H, esso è costituito secondo il modello Rutherford da un protone di carica + e e da
un elettrone di carica – e. Consideriamo le orbite circolari dell’elettrone attorno al protone ( supposto fermo poiché la
sua massa mp  2000 me ; me = 1.9.10-31kg). Determinare il tempo di collasso c dell’elettrone sul nucleo (protone)
supponendo che il raggio atomico medio sia r0 = 0.5.10-10m.
Risoluzione
L’energia totale E dell’elettrone dovuta all’intersezione coulombiana del nucleo è:
1
e2
2
E  me ve 
2
4 0 r
La velocità dell’elettrone sull’orbita circolare è data dell’equazione del moto di Newton:
me ve2
1 e2

r
4 0 r 2
da cui:
1
1 e2
2
me ve 
2
4 0 r
5
Gruppo di Storia della Fisica- Associazione per l’Insegnamento della Fisica.
per cui l’energia totale meccanica dell’elettrone si scrive:
1 e2
E
0
2 4 0 r
L’accelerazione (centripeta) dell’elettrone è data da:
a
ve2
1 e2

r 4 0 me r 2
Sostituendo nell’espressione che dà la perdita di energia dE/dt troviamo:
dE
2
e6
1

3
dt
3  4 0  me2 c3 r 4
Derivando rispetto al tempo l’espressione dell’energia meccanica dell’elettrone otteniamo:
dE 1 e2 dr

dt 2 4 0 r 2 dt
Uguagliando le due espressioni troviamo:
1 e2 dr
2
e6
1


3
2 4 0 r 2 dt
3  4 0  me2 c3 r 4
da cui semplificando:
dr
4
e4
1

2
2 3
dt
3  4 0  me c r 2
Quest’ultima è un’equazione differenziale a variabili separabili, cioè :
r 2 dr  
4
e4
dt
2
3  4 0  me2 c3
Integrando r tra r0 e 0 e t tra 0 e c otteniamo:

4
e4
 r dr   3 4 2 m2 c3 0 dt
r
 0 e
0
c
2
0
quindi:
2 3
1  4 0  me c 3
c 
r0
4
e4
2
Inserendo i valori otteniamo per l’atomo di H: c = 1.3.10-11s .
Gli atomi non dovrebbero esistere e noi con loro! La frequenza dell’elettrone ( orbitando attorno al nucleo) è:
e 
v
e

 r 3 / 2
3
r
4 0 me r
Pertanto se r 0  e  , dunque la frequenza della radiazione emessa è continua e diverge.
Breve Bibliografia:
F. Selleri: Dispense di ISTITUZIONI DI FISICA TEORICA, Università di Bari, Laurea in Fisica, a.a. 2001/2002