“COMUNICAZIONE PUBBLICA”
PROF.SSA FRANCESCA MITE
Università Telematica Pegaso
Comunicazione pubblica
Indice
1
PREMESSE DI CARATTERE DEFINITORIO ------------------------------------------------------------------------- 3
2
LA COMUNICAZIONE PUBBLICA ALLA LUCE DEI PRINCIPI COSTITUZIONALI -------------------- 5
3
L’EVOLUZIONE NORMATIVA CHE HA CONDOTTO ALLA LEGGE 150/2000 ---------------------------- 9
4
LA COMUNICAZIONE POLITICA. PROFILI DI CONNESSIONE CON LA COMUNICAZIONE
PUBBLICA ED ISTITUZIONALE ----------------------------------------------------------------------------------------------- 21
5
LA COMUNICAZIONE SOCIALE --------------------------------------------------------------------------------------- 24
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 28
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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1 Premesse di carattere definitorio
Preliminare ad ogni indagine sull’atteggiarsi della comunicazione da parte della PA, è la
definizione di comunicazione1 in termini generali, quale tecnica fatta di esperienza e di
professionalità. Come già delineato nel corso della lezione dedicata alle nozioni introduttive, la
comunicazione è quel processo attraverso il quale un soggetto emittente trasferisce stimoli percettivi
ad un soggetto ricevente. Quest’ultimo consente di verificare che il messaggio è giunto a
destinazione ed è stato compreso. La comunicazione, come noto, ha una molteplicità di
sfaccettature; ciò consente di affermare che il riferimento al soggetto in quanto individuo non
esclude che protagonista del processo comunicativo possa essere anche un Ente, una comunità. In
tale ipotesi, evidentemente, emittente sarà non già una persona fisica, ma un soggetto strutturato,
con una propria organizzazione interna complessa che, tuttavia, è parimenti in grado di comunicare,
trasferire, trasmettere uno o più messaggi.
In ragione di ciò, il processo comunicativo si rivela ancor più delicato quando concerne le pubbliche
istituzioni le quali, dovendo coniugare il loro naturale ruolo politico con quello amministrativo, non
possono rinunciare a quelli che sono i canoni basilari della deontologia dell’esercizio delle
pubbliche funzioni.
Diversamente, come si vedrà, dalla comunicazione politica, gestita dai partiti e altre organizzazioni
di rappresentanza politica, ontologicamente proiettata a persuadere i cittadini della validità e
conformità legale delle scelte operate, la comunicazione da parte della P.A. è volta a farli
partecipare alle decisioni assunte e alle opportunità offerte dalle azioni istituzionali poste in essere
dalla PA; la comunicazione istituzionale, pertanto, assume significativa importanza nella vita
1
La comunicazione è un processo circolare che prevede sei elementi: l’emittente, o fonte di trasmissione, è il soggetto
da cui la comunicazione viene prodotta. L’emittente è caratterizzato e condizionato dalla propria cultura, da propri
interessi, dal proprio linguaggio, da risorse e strumenti che ha a disposizione, dalla propria esperienza passata e dalla
conoscenza che ha rispetto al contesto e agli interlocutori; il messaggio è rappresentato dai contenuti e significati che
l’emittente vuole trasmettere al destinatario; l canale è il mezzo che viene utilizzato per la trasmissione del messaggio
(giornali, radio, televisione, voce...); il codice è l’insieme di regole convenzionali utilizzate per esprimere il messaggio
(ad esempio, la lingua madre, il linguaggio gergale utilizzato all’interno di un gruppo giovanile, l’alfabeto dei sordomuti
o il braille per i ciechi); il destinatario-ricevente è il soggetto a cui il messaggio viene rivolto; anch’egli è caratterizzato
da cultura, linguaggi, esperienze e strumenti propri; il feedback rappresenta il ’’messaggio di ritorno’’ dal destinatario
all’emittente.
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quotidiana del cittadino; essa, infatti, è on grado di garantirgli tanto il diritto ad essere informato su
come ed a quali scopi agisce l’amministrazione, quanto il diritto ad informarsi accedendo al
contenuto degli atti amministrativi. In definitiva, se la prima intende valorizzare una dimensione
politica, l’altra essenzialmente quella sociale.
In linea di principio, possiamo sin da ora affermare che la comunicazione delle istituzioni
pubbliche,
funzionale come è all’agire amministrativo, rappresenta senz’altro un dovere nei
confronti della collettività, legittimata ad intervenire attivamente nella gestione degli “affari”
pubblici e sempre più consapevole dei propri diritti. I cittadini amministrati sono, infatti, i principali
destinatari della comunicazione pubblica. Tuttavia, quando si discorre di comunicazione pubblica,
non si può prescindere dal principio generale secondo cui il dovere di informazione della PA, va
contemperato con gli altrettanto fondamentali doveri costituzionali di riservatezza, imparzialità e
correttezza, trasparenza, buon andamento efficacia ed efficienza che improntano l’agire della PA,
nel rispetto dei diritti fondamentali del cittadino- persona.
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2 La comunicazione pubblica alla luce dei principi
costituzionali
Qualsiasi istituzione che agisce in un contesto di pluralità con altre organizzazioni non può
prescindere dall’informazione delle decisioni assunte, né dalla persuasione dei cittadini sulla
validità delle scelte operate. Detto ciò, si comprende come la comunicazione pubblica rappresenti
un fattore indispensabile per qualsiasi ente.
L’odierna comunicazione pubblica intercorre tra due specifici attori sociali:
1. un soggetto giuridico pubblico - la pubblica amministrazione
2. il resto della comunità – i cittadini amministrati.
Quando si discorre di comunicazione pubblica, quindi, non si può prescindere da un esame delle
leggi di riforma del sistema amministrativo ispirate a quei principi generali che informano il
modello democratico dello Stato di diritto2.
Un corretto inquadramento giuridico della comunicazione pubblica, impone preliminarmente di
indagare sul’atteggiarsi della più generale comunicazione nell’ambito dei vari poteri dello Stato,
secondo quelle che sono le previsioni del costituente.
La Costituzione, cioè, assegna un preciso obbligo di comunicare ai poteri dello Stato? Ed in
particolare, la PA è obbligata a comunicare ai cittadini il modo di essere del suo agire?
Più precisamente, posto che il nostro è uno Stato di Diritto, il cui agire è vincolato al rispetto delle
leggi, è necessario domandarsi se per la PA comunicare le decisioni assunte e le azioni intraprese
rappresenti un dovere costituzionalmente sancito.
Ebbene, quanto all’esercizio del potere legislativo, la norma costituzionale ex art. 64, co. 2 che
vuole le sedute della Camera dei Deputati pubbliche3 e quella di cui all’art. 72, co. 3, che vuole la
2
Il concetto dello Stato di diritto presuppone che l'agire dello Stato sia sempre vincolato e conforme alle leggi vigenti:
lo Stato dunque sottopone se stesso al rispetto delle norme di diritto e ciò fa per il tramite una Costituzione scritta. Il
concetto di Stato di diritto si esplica in due nozioni: lo Stato di diritto in senso formale caratterizzato dal principio di
legalità (tutte le azioni dello Stato devono essere conformi al diritto), dalla Separazione dei poteri e dall'esistenza di una
Corte costituzionale o amministrativa che controlla gli organi statali e lo Stato di diritto in senso materiale, che
garantisce i Diritti umani, politici e dell'Uguaglianza giuridica..
3
cost. art. 64. Ciascuna Camera adotta il proprio regolamento a maggioranza assoluta dei suoi componenti. Le sedute
sono pubbliche: tuttavia ciascuna delle due Camere e il Parlamento a Camere riunite [Cost. 55] possono deliberare di
adunarsi in seduta segreta. Le deliberazioni di ciascuna Camera e del Parlamento non sono valide se non è presente la
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pubblicità dei lavori dello stesso organo legislativo4, sembrano voler inquadrare l’agire
comunicativo dei pubblici poteri ed in particolare di quello legislativo in termini di dovere
costituzionale.
Al riguardo è stato opportunamente osservato dalla dottrina che, in quanto, istituzione pubblica, il
Parlamento fa senz’altro comunicazione pubblica, tuttavia, posto che i suoi gruppi parlamentari
mirano ad interessi di parte politica, più che comunicazione pubblica, fanno comunicazione
politica5.
Al Parlamento, quindi, ben potrebbero essere ascritte tanto una comunicazione politica quanto una
pubblica.
Nell’ambito del potere giurisdizionale ed esecutivo, emerge tutt’altro rapporto con la
comunicazione. Vediamo in quali termini verificando ancora una volta se la Costituzione obblighi
la Magistratura ed il Governo a comunicare
In verità, sul piano del potere giurisdizionale, non emergono profili di valenza che involgono la
comunicazione costituzionale. Laddove prevede che “la giustizia è amministrata nel nome del
popolo”, l’art. 101 della Costituzione6 sembra per lo più suggerire un semplice indirizzo per il
legislatore, del tutto svuotato di contenuto vincolante. In definitiva, in alcuna norma costituzionale è
possibile individuare un preciso obbligo per la magistratura di comunicare con i cittadini.
maggioranza dei loro componenti, e se non sono adottate a maggioranza dei presenti, salvo che la Costituzione
prescriva una maggioranza speciale. I membri del Governo, anche se non fanno parte delle Camere, hanno diritto, e se
richiesti obbligo, di assistere alle sedute. Devono essere sentiti ogni volta che lo richiedono.
4
cost. art. 72. Ogni disegno di legge, presentato ad una Camera, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da
una commissione e poi dalla Camera stessa, che l'approva articolo per articolo e con votazione finale.
Il regolamento stabilisce procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l'urgenza.
Può altresì stabilire in quali casi e forme l'esame e l'approvazione dei disegni di legge sono deferiti a commissioni,
anche permanenti, composte in tal modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari. Anche in tali casi, fino
al momento della sua approvazione definitiva, il disegno di legge è rimesso alla Camera, se il Governo o un decimo dei
componenti della Camera o un quinto della Commissione richiedono che sia discusso e votato dalla Camera stessa
oppure che sia sottoposto alla sua approvazione finale con sole dichiarazioni di voto. Il regolamento determina le forme
di pubblicità dei lavori delle commissioni.
La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge
in materia costituzionale [Cost. 138] ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa [Cost. 76, 79], di autorizzazione
a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi [Cost. 81]
5
S. Sica- V. Zencovich, Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione, 2012, pg. 180.
6
cost. art. 101. La giustizia è amministrata in nome del popolo. I giudici sono soggetti soltanto alla legge.
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Da escludere anche per il potere esecutivo un vero e proprio obbligo costituzionalmente previsto di
comunicazione; in ciò si conferma il carattere meramente programmatico delle modalità
comunicative, la cui attuazione spetterebbe nuovamente al legislatore.
Dal combinato disposto delle norme costituzionali che attengono ai poteri dello Stato in materia di
comunicazione, emerge l’intento del costituente di escludere (oltre che per la Magistratura) anche
per la PA un vero e proprio obbligo di comunicare.
Pur ammettendo, dunque, che l’azione comunicativa sia ascrivibile al modello democratico dello
Stato di diritto, efficace appare l’orientamento di chi, muovendosi sulla linea del dettato
costituzionale, esclude per lo Stato un dovere di comunicazione, non completamente per la P.A., il
cui agire comunicativo è improntato ai fondamentali principi di imparzialità, efficienza e buon
andamento.
Il principio costituzionale ex art. 97 Cost. secondo cui l’agire della PA deve essere improntato a
criteri di buon andamento e imparzialità non vale, tuttavia, ad integrare un obbligo di
comunicazione da parte dello Stato7, esso ha una valenza meramente programmatica delle modalità
comunicative delle P.A., la cui attuazione spetterebbe al Legislatore. Il Costituente, cioè, afferma il
principio generale che la PA sia improntata ai criteri di imparzialità, buon andamento , efficacia ed
efficienza di cui all’art. 978; nel rispetto di tali criteri essa dovrebbe comunicare con i propri
7
Nel caso del principio di imparzialità, al contempo, appare convincente l’opinione di chi asserisce che “la Costituzione
non dice che cosa l’imparzialità sia o debba essere e quindi stabilirne in concreto la portata appare compito rimesso alla
stessa amministrazione” Quindi, essa opererebbe soltanto quale limite (negativo) della discrezionalità amministrativa e
non potrebbe comportare obblighi positivi (nella specie, di comunicazione).
8
cost. art. 97. (Testo applicabile fino all'esercizio finanziario relativo all'anno 2013). I pubblici uffici sono organizzati
secondo disposizioni di legge [Cost. 95], in modo che siano assicurati il buon andamento e la imparzialità
dell'amministrazione. Nell'ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le
responsabilità proprie dei funzionari [Cost. 28]. Agli impieghi nelle Pubbliche Amministrazioni si accede mediante
concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge [Cost. 51].
******
(Testo applicabile a decorrere dall'esercizio finanziario relativo all'anno 2014). Le pubbliche amministrazioni, in
coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea, assicurano l'equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico
I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge [Cost. 95], in modo che siano assicurati il buon
andamento e la imparzialità dell'amministrazione. Nell'ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di
competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari [Cost. 28]. Agli impieghi nelle Pubbliche
Amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge [Cost. 51].
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cittadini, tuttavia è il Legislatore che al riguardo deve dettare una specifica normativa (come in
effetti ha fatto), nei termini in cui si dirà successivamente.
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3 L’evoluzione normativa che ha condotto alla legge
150/2000
Delineata la posizione del costituente circa il rapporto tra comunicazione e pubblici poteri,
rilevato, in particolare, che non esiste alcuna norma costituzionale che obblighi quest’ultima a
comunicare con i cittadini amministrati, passiamo ad esaminare la situazione normativa “ordinaria”.
Vediamo, cioè, come e se il Legislatore ha dato attuazione a quei principi costituzionali di valenza
meramente programmatica delle modalità comunicative.
Iniziamo con il dire che l’apertura della PA al cittadino, per oltre un trentennio, fa fatica ad
affermarsi.
Alla prima legge sull’attività di informazione e comunicazione delle pubbliche amministrazioni si è
giunti, infatti, solo recentemente e, precisamente, nel 2000, attraverso un lungo percorso normativo
parallelo a quello che ha segnato il passaggio da una amministrazione pubblica autoritaria ad una
relazionale.
Anticipiamo sin da ora che ad oggi la comunicazione tra PA e cittadini è espressamente disciplina
dalla legge n. 15 del 2000.
Proviamo a fissare le tappe del lungo cammino che ha condotto alla sua approvazione: ad una prima
fase, in cui la pubblica amministrazione era fortemente imperniata al segreto, segue una seconda, a
partire dagli anni novanta, all’insegna di una più intensa partecipazione dei cittadini ( basti pensare
alla comunicazione di avvio del procedimento e al diritto di accesso, previsti, appunto dalla legge n.
241 del 1990), per poi approdare alla terza, quella decisiva, caratterizzata dall’entrata in vigore della
legge 150/20009 e del regolamento di attuazione del 21/09/2001 n. 42210). È in tale fase che la
trasmissione di conoscenza da parte degli apparati pubblici diventa la regola a cui devono attenersi
tutte le istituzioni.
9
LEGGE 7 giugno 2000, n. 150, recante Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche
amministrazioni , pubblicata nella Gazz. Uff. 13 giugno 2000, n. 136.
10
DECRETO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 21 settembre 2001, n. 422. Regolamento recante norme per
l'individuazione dei titoli professionali del personale da utilizzare presso le pubbliche amministrazioni per le attività di
informazione e di comunicazione e disciplina degli interventi formativi. Pubblicato nella Gazz. Uff. 4 dicembre 2001, n.
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Da un punto di vista storico, ad ostacolare in Italia il trasferimento delle conoscenze
dall’amministrazione ai privati, è stata l’eredità della tradizione francese in diritto amministrativo.
Dal Regno d’Italia all’esperienza del ventennio fascista, l’atteggiamento di superiorità e diffidenza
dello Stato nei confronti del cittadino, visto come un suddito in posizione subalterna rispetto alla
pubblica amministrazione, ha rallentato un democratico processo comunicativo tra soggetto
pubblico e cittadini amministrati.
È solo con l’avvento della Costituzione, entrata in vigore, come noto, nel 1948, che il cittadino si
vede riconoscere molteplici diritti e torna al centro del sistema ponendosi con lo Stato in un
rapporto se non proprio paritario quantomeno relazionale e dialogativo.
Tuttavia, nonostante i passi avanti compiuti con l’avvento della Costituzione che espressamente
riconosce e garantisce il diritto all’informazione11 e, dunque, apre anche all’informazione
sull’attività delle istituzioni pubbliche, il processo di formazione di una specifica disciplina volta a
regolamentare l’attività di informazione e comunicazione della PA, non raggiunge a importanti
traguardi fino al 1990.
Solo con la legge di riforma delle autonomie locali (l. 142/90)12 e dell’attività amministrativa (l.
241/90)13, l’obiettivo teso a favorire la produzione e la diffusione delle conoscenze della PA, trova,
previo riconoscimento, una precisa collocazione giuridica. Il Legislatore intende creare una
pubblica amministrazione capace di soddisfare l’interesse pubblico attraverso una gestione più
razionale e democratica del potere, a tal fine riconosce per la prima volta al cittadino specifici diritti
di partecipazione all’attività amministrativa oltre che il diritto di accesso agli atti amministrativi.
11
Il diritto all’informazione gode di una garanzia costituzionalmente tutelata dal combinato disposto degli artt. 21, 64,
73 e 97, nonché dei principi fondamentali dello Stato, a partire dal principio democratico e della partecipazione ex att.
1, 3 e 49 Cost.
12
LEGGE 8 giugno 1990, n. 142, recante Ordinamento delle autonomie locali, pubblicata nella Gazz. Uff. 12 giugno
1990, n. 135, S.O. La presente legge è stata abrogata dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L'art. 64 della
presente legge è anche riportato, per coordinamento, in nota agli artt. 1-21, R.D. 12 febbraio 1911, n. 297, agli artt. 123124, R.D. 4 febbraio 1915, n. 148 e agli artt. 1-5, R.D. 3 marzo 1934, n. 383. Vedi, altresì, quanto disposto dall'art. 273
del medesimo decreto. L'art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti,
decreti o altre norme, a disposizioni della presente legge, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto
D.Lgs. n. 267/2000.
13
LEGGE 7 agosto 1990, n. 241, Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai
documenti amministrativi, pubblicata nella Gazz. Uff. 18 agosto 1990, n. 192.
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I rapporti tra pubblica amministrazione e cittadino, ispirati all’esigenza di un’azione amministrativa
celere ed efficiente ed ai principi di partecipazione dell’amministrato alla vita pubblica e politica e
di conoscibilità dell’estrinsecarsi della funzione pubblica, conoscono una nuova fase che segna il
passaggio da uno Stato chiuso ed autoreferenziale ad uno relazionale. Di forte impatto i citati
interventi normativi a seguito dei quali al cittadino si riconosce una posizione preminente nel
rapporto con la pubblica amministrazione.
Grazie alla legge n. 241 del 1990, così come modificata dalla legge 11 febbraio 2005, n. 1514,
infatti, si riduce la distanza tra sfera pubblica e privata, passando per un’affermazione più decisa dei
diritti partecipativi in capo al cittadino alla quale fa da sfondo una attività sempre più diretta alla
comunicazione con i privati.
In definitiva, l’agire comunicativo dei pubblici poteri e della P.A. in particolare si fa più pubblico,
più accessibile.
Vediamo, in particolare, come cambia la posizione giuridica del cittadino rispetto alla PA a seguito
della prima legge di riforma del 1990.
I diritti di partecipazione trovano un preciso riconoscimento giuridico nell’art. 10 della legge 241
del 199015, rubricato “Diritti dei partecipanti al procedimento”, ove si afferma che
-
i soggetti di cui all'articolo 7, quelli, cioè, ai quali deve essere comunicato l’avvio del
procedimento16,
14
e quelli intervenuti ai sensi dell'articolo 917
Legge 11 febbraio 2005, n. 15 recante Modifiche ed integrazioni alla L. 7 agosto 1990, n. 241, concernenti norme
generali sull'azione amministrativa, Pubblicata nella Gazz. Uff. 21 febbraio 2005, n. 42.
15
16
Rubrica aggiunta dall'art. 21, L. 11 febbraio 2005, n. 15.
Art. 7. Comunicazione di avvio del procedimento 1. Ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da
particolari esigenze di celerità del procedimento, l'avvio del procedimento stesso è comunicato, con le modalità previste
dall'articolo 8, ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli
che per legge debbono intervenirvi. Ove parimenti non sussistano le ragioni di impedimento predette, qualora da un
provvedimento possa derivare un pregiudizio a soggetti individuati o facilmente individuabili, diversi dai suoi diretti
destinatari, l'amministrazione è tenuta a fornire loro, con le stesse modalità, notizia dell'inizio del procedimento 2. Nelle
ipotesi di cui al comma 1 resta salva la facoltà dell'amministrazione di adottare, anche prima della effettuazione delle
comunicazioni di cui al medesimo comma 1, provvedimenti cautelari . Rubrica aggiunta dall'art. 21, L. 11 febbraio
2005, n. 15.Ai sensi dell'art. 15, comma 5, L. 1° agosto 2002, n. 166, per i lavori di manutenzione ordinaria e
straordinaria sulla rete stradale di importo non superiore a 200.000 euro, quanto disposto dal presente articolo si intende
adempiuto mediante pubblicazione per estratto dell'avvio del procedimento su un quotidiano a diffusione locale.
Vedi, anche, il comma 4 dell'art. 2, D.L. 28 aprile 2009, n. 39.
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Comunicazione pubblica
hanno diritto: a) di prendere visione degli atti del procedimento, salvo quanto previsto dall'articolo
2418; b) di presentare memorie scritte e documenti, che l'amministrazione ha l'obbligo di valutare
ove siano pertinenti all'oggetto del procedimento.
17
Art. 9. Intervento nel procedimento 1. Qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici o privati, nonché i portatori
di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento, hanno
facoltà di intervenire nel procedimento. Rubrica aggiunta dall'art. 21, L. 11 febbraio 2005, n. 15.
18
Art. 24. Esclusione dal diritto di accesso. 1. Il diritto di accesso è escluso:
a) per i documenti coperti da segreto di
Stato ai sensi della legge 24 ottobre 1977, n. 801, e successive modificazioni, e nei casi di segreto o di divieto di
divulgazione espressamente previsti dalla legge, dal regolamento governativo di cui al comma 6 e dalle pubbliche
amministrazioni ai sensi del comma 2 del presente articolo;
le particolari norme che li regolano;
b) nei procedimenti tributari, per i quali restano ferme
c) nei confronti dell'attività della pubblica amministrazione diretta
all'emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano
ferme le particolari norme che ne regolano la formazione;
d) nei procedimenti selettivi, nei confronti dei
documenti amministrativi contenenti informazioni di carattere psicoattitudinale relativi a terzi.
2. Le singole
pubbliche amministrazioni individuano le categorie di documenti da esse formati o comunque rientranti nella loro
disponibilità sottratti all'accesso ai sensi del comma 1.
3. Non sono ammissibili istanze di accesso preordinate ad un
controllo generalizzato dell'operato delle pubbliche amministrazioni.
4. L'accesso ai documenti amministrativi non
può essere negato ove sia sufficiente fare ricorso al potere di differimento.
5. I documenti contenenti informazioni
connesse agli interessi di cui al comma 1 sono considerati segreti solo nell'àmbito e nei limiti di tale connessione. A tale
fine le pubbliche amministrazioni fissano, per ogni categoria di documenti, anche l'eventuale periodo di tempo per il
quale essi sono sottratti all'accesso.
6. Con regolamento, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23
agosto 1988, n. 400, il Governo può prevedere casi di sottrazione all'accesso di documenti amministrativi:
a)
quando, al di fuori delle ipotesi disciplinate dall'articolo 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, dalla loro divulgazione
possa derivare una lesione, specifica e individuata, alla sicurezza e alla difesa nazionale, all'esercizio della sovranità
nazionale e alla continuità e alla correttezza delle relazioni internazionali, con particolare riferimento alle ipotesi
previste dai trattati e dalle relative leggi di attuazione;
b) quando l'accesso possa arrecare pregiudizio ai processi di
formazione, di determinazione e di attuazione della politica monetaria e valutaria;
c) quando i documenti
riguardino le strutture, i mezzi, le dotazioni, il personale e le azioni strettamente strumentali alla tutela dell'ordine
pubblico, alla prevenzione e alla repressione della criminalità con particolare riferimento alle tecniche investigative, alla
identità delle fonti di informazione e alla sicurezza dei beni e delle persone coinvolte, all'attività di polizia giudiziaria e
di conduzione delle indagini;
d) quando i documenti riguardino la vita privata o la riservatezza di persone fisiche,
persone giuridiche, gruppi, imprese e associazioni, con particolare riferimento agli interessi epistolare, sanitario,
professionale, finanziario, industriale e commerciale di cui siano in concreto titolari, ancorché i relativi dati siano forniti
all'amministrazione dagli stessi soggetti cui si riferiscono;
e) quando i documenti riguardino l'attività in corso di
contrattazione collettiva nazionale di lavoro e gli atti interni connessi all'espletamento del relativo mandato.
7. Deve
comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per
curare o per difendere i propri interessi giuridici. Nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l'accesso è
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La portata innovativa del riconosciuto diritto di partecipazione è anche nel nuovo art. 10 bis19, che
impone alla pubblica amministrazione, durante il procedimento, la presentazione per iscritto di
osservazioni, prima della comunicazione agli istanti dei motivi che propenderebbero per un non
accoglimento della domanda.
Una siffatta posizione del cittadino, per così dire funzionale, caratterizzata essenzialmente dalla
partecipazione, costituisce uno dei momenti chiave anche di altro principio a cui la PA pure deve
essere improntata e, cioè, quello della trasparenza dell’azione amministrativa20. Grazie alla
partecipazione, infatti, il cittadino prende parte alla definizione degli interessi che il provvedimento,
prima di essere emanato, realizza.
Il coinvolgimento dei cittadini nella vita pubblica, politica, amministrativa, apre la strada ad un
nuovo sistema, un vero sistema democratico. E così, da un lato il riconosciuto diritto a prendere
parte al procedimento amministrativo (per il tramite della comunicazione di avvio del
procedimento, ex art.7 L. 241/90), dall’altro il diritto di prendere visione degli atti amministrativi
(per il tramite del diritto di accesso agli atti, ex art.10 L.241/90) contribuiscono a definire un nuovo
modello di pubblica amministrazione, in grado di comunicare ed informare i soggetti destinatari
della propria azione politico amministrativa.
consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e nei termini previsti dall'articolo 60 del decreto legislativo 30
giugno 2003, n. 196, in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale.
19
10-bis. Comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza. 1. Nei procedimenti ad istanza di parte il
responsabile del procedimento o l'autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo,
comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all'accoglimento della domanda. Entro il termine di dieci
giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni,
eventualmente corredate da documenti. La comunicazione di cui al primo periodo interrompe i termini per concludere il
procedimento che iniziano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni o, in mancanza, dalla
scadenza del termine di cui al secondo periodo. Dell'eventuale mancato accoglimento di tali osservazioni è data ragione
nella motivazione del provvedimento finale. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alle procedure
concorsuali e ai procedimenti in materia previdenziale e assistenziale sorti a seguito di istanza di parte e gestiti dagli
enti previdenziali. Non possono essere addotti tra i motivi che ostano all'accoglimento della domanda inadempienze o
ritardi attribuibili all'amministrazione. Articolo aggiunto dall'art. 6, L. 11 febbraio 2005, n. 15 e, successivamente, così
modificato dal comma 3 dell’art. 9, L. 11 novembre 2011, n. 180, a decorrere dal 15 novembre 2011, ai sensi di quanto
disposto dal comma 1 dell’art. 21 della stessa L. n. 180/2011.
20
Non a caso in dottrina si è soliti far rientrare nell’ambito del diritto all’informazione proprio la trasparenza della
comunicazione pubblica; in tal senso, Paolo Mancini, Manuale di comunicazione pubblica, 2002, La Terza, pag. 98.
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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L'obbligo della comunicazione dell'avvio del procedimento21 ai soggetti nei cui confronti il
provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti e a quelli che per legge debbono
intervenirvi nonché agli altri soggetti, individuati o facilmente individuabili, che possano subirne
pregiudizio, previsto dall’art. 7 della legge 241/1990, consente di
superare quel tradizionale
modello "di definizione unilaterale del pubblico interesse che tendeva ad escludere i cittadini da
ogni forma di coinvolgimento per approdare ad un «sistema della democraticità delle decisioni e
della accessibilità ai documenti amministrativi in cui l’adeguatezza dell’istruttoria si valuta
anzitutto nella misura in cui i destinatari sono stati messi in condizione di contraddire»22.
La previsione legislativa di siffatto obbligo di comunicazione dell'avvio del procedimento è
strumentale al perseguimento di due obiettivi, entrambi meritevoli di considerazione e funzionali
all’interesse dell’amministrato e al contempo del buon agire della PA. Quanto al primo la PA
intende consentire ai destinatari dell'azione amministrativa di fare valere i propri diritti di accesso e
di partecipazione, quanto al secondo intende consentire all'amministrazione di meglio comparare gli
interessi coinvolti e perseguire l'interesse pubblico principale, a fronte degli altri interessi pubblici e
privati eventualmente coinvolti.
Ed infatti, detta comunicazione dell’avvio del procedimento incide anche sulla sufficienza della
motivazione; se da un lato, infatti, consente agli interessati di presentare memorie scritte e
documenti, dall’altro impone all'amministrazione l'obbligo di valutare i contributi presentati dai
21
L'obbligo di comunicazione è espressione del buon andamento (art. 97 Cost), è principio generale e le deroghe vanno
interpretate restrittivamente e con riferimento al limite della razionalità e del buon andamento, dell'efficacia, celerità ed
economicità e, quindi, della concreta utilità di detta partecipazione. Non solo, conferma anche la giurisprudenza che
trattasi di principio generale laddove il Consiglio Stato rileva che la necessità di comunicazione dell'avvio del
procedimento ai destinatari dell'atto finale è stata prevista in generale dall'art. 7, l. n. 241 del 1990, non soltanto per i
procedimenti complessi che si articolano in più fasi (preparatoria, costitutiva ed
per i procedimenti semplici che si esauriscono
integrativa dell'efficacia), ma anche
direttamente con l'adozione dell'atto finale, i quali comunque
comportano una fase istruttoria da parte della stessa autorità emanante. La portata generale del principio è confermata
dal fatto che il legislatore stesso (art. 7 comma 1 ed art. 13,
specifiche deroghe (speciali
l. n. 241 del 1990) si è premurato di apportare delle
esigenze di celerità, atti normativi, atti generali, atti di pianificazione e di
programmazione, procedimenti tributari) all'obbligo di comunicare l'avvio del procedimento, con la conseguenza che
negli altri casi deve in linea di massima garantirsi tale comunicazione, salvo che non venga accertata in giudizio la sua
superfluità in quanto il provvedimento adottato non avrebbe potuto essere diverso,
anche se fosse stata osservata la
relativa formalità.
22
Cons. Stato (Ad. Plen.), 15/09/1999, n. 14, Riv. Giur. Edil., 1999, I, 1350.
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partecipanti23. Ciò trova conferma nell’orientamento dei supremi giudici amministrativi, secondo
cui l'adeguatezza dell'istruttoria si valuta anche e soprattutto nella misura in cui i destinatari siano
messi in condizione di contraddire attraverso, appunto, la partecipazione.
Sempre sull’obbligo di comunicazione, si segnala altro recente arresto giurisprudenziale (del 2003)
che pure plaude alla sua previsione legislativa evidenziandone la funzionalità al buon agire della
P.A. e la collocazione «nell'ambito di una nuova visione dei rapporti tra pubblica amministrazione
e cittadini, imperniata sul principio
indispensabile per il pieno ed
della democraticità delle decisioni, quale strumento
efficace perseguimento dell'interesse pubblico con il minimo
sacrificio possibile degli interessi dei privati, così concretamente trovando attuazione i principi di
legalità, buon andamento ed imparzialità dell'azione amministrativa sanciti dall'articolo 97 della
Costituzione. In tale ottica, infatti, la comunicazione di avvio del procedimento è finalizzata a
consentire la partecipazione del soggetto "direttamente interessato" all'azione amministrativa, il
quale può rappresentare con memorie, osservazioni e controdeduzioni quegli elementi di fatto (di
cui l'amministrazione può non essere a conoscenza) per adottare un "giusto" provvedimento (Cons.
Stato, sez. V, 28 maggio 2001, n. 2884), un provvedimento cioè capace di esprimere il giusto
contemperamento degli opposti interessi (pubblici e privati) in gioco»24.
Dunque, il coinvolgimento e l’attiva partecipazione del cittadino colmano eventuali lacune
dell’amministrazione.
Le nuove modalità attraverso le quali la PA deve far circolare i dati e le conoscenze verso e fra i
cittadini disegna una pubblica amministrazione, diversa, più moderna e certamente più sensibile alla
tutela del cittadino.
La ratio che ispirato l’intervento normativo è, insomma, quella di consentire e prevedere lo scambio
di informazioni, opinioni e dati, imponendo alle amministrazioni un obbligo non solo a ricevere tali
fonti di conoscenze ma a tenerne conto ai fini delle proprie determinazioni e, dunque, a
“comunicare” con i privati. Ragione d’essere della comunicazione delle istituzioni, è la costruzione
di un rapporto di fiducia con i cittadini, volto a recuperare un dialogo costruttivo finalizzato
23
LEGGE n. 241 del 1990 art. 10 . Diritti dei partecipanti al procedimento. 1. I soggetti di cui all'articolo 7 e quelli
intervenuti ai sensi dell'articolo 9 hanno diritto: a) di prendere visione degli atti del procedimento, salvo quanto previsto
dall'articolo 24; b) di presentare memorie scritte e documenti, che l'amministrazione ha l'obbligo di valutare ove siano
pertinenti all'oggetto del procedimento.
24
Consiglio Stato sez. IV, 29 luglio 2003, n. 4352, in Foro Amm. CDS, 2003, 2205.
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all’accoglimento dei bisogni e a favorire una maggiore partecipazione alla gestione della cosa
pubblica e quindi alla soddisfazione dei fini di interesse generale.
Se, quindi, dal punto di vista normativo, la legislazione degli anni ’90
ha rappresentato
indubbiamente un enorme passo in avanti introducendo il principio di pubblicità dei pubblici poteri,
sancendo così l’obbligo di informazione ai cittadini, principio poi affermato e ribadito in altre fonti
normativi (per lo più regolamenti o direttive ministeriali)25 tanto da potersi oggi pacificamente
ammettere che la pubblicità rappresenti la regola generale della pubblica amministrazione, mentre,
il segreto è assolutamente eccezionale, appositamente disciplinato e se del caso debitamente
motivato, è solo nel 2000 che si segna una svolta radicale in tema di comunicazione.
L’attività di informazione e di comunicazione pubblica, infatti, sarà nuovamente regolata nel 2000,
per il tramite della legge n. 15026. Una corretta lettura di siffatto provvedimento normativo impone
un coordinamento con altra legge, sempre del 2000, la n. 28, più specificamente dedicata alla
comunicazione politica, della quale si dirà di seguito.
Dalla lettura del dato normativo emerge un primo rilievo critico sotto il profilo definitorio.
I concetti di informazione e comunicazione, infatti, sono dapprima distinti dalla legge che all’art. 1,
comma 4, alla 1ett. a) parla espressamente di informazione rivolta ai mass media (…) e alle lett. b) e
c) fa sua l’attività di comunicazione cosiddetta “esterna” ed “interna”27 e poi sovrapposti , perché
finalizzati entrambi a rendere pubblica e conoscibile ai cittadini l’attività delle amministrazioni.
Più precisamente, all’art. 1, comma 4, in armonia con i principi informatori della legge de quo,
viene esplicitamente stabilito che, nel rispetto delle norme vigenti in tema di segreto di Stato e
d’ufficio, di tutela di riservatezza dei dati personali ed in conformità ai comportamenti richiesti
25
Peraltro, il compito informativo è stato a più riprese sollecitato anche con apposite direttive della Presidenza del
Consiglio dei Ministri, (Direttiva della PCDM del 11 ottobre 1994 e Direttiva Ministro della Funzione Pubblica del
7.2.2002), al fine di promuovere la comunicazione al cittadino per far conoscere le normative, le strutture e i servizi,
nonché per informare sui diritti dell’utenza nei rapporti con la pubblica amministrazione.
26
LEGGE 7 giugno 2000, n. 150, recante Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche
amministrazioni , pubblicata nella Gazz. Uff. 13 giugno 2000, n. 136. Si tratta di un provvedimento che nell’evoluzione
dei rapporti tra PA e cittadini, segna la legittimazione a trasmettere conoscenze ed informazioni in loro possesso e a
consacrare definitivamente tale attività tesa alla comunicazione con i privati.
27
Una buona comunicazione interna fondata su un’ampia condivisione delle attività e dei processi lavorativi dei singoli
uffici, e il coinvolgimento del personale nei progetti di cambiamento organizzativo, rinsalda l’identità
dell’amministrazione; favorisce il senso di appartenenza; contribuisce a porre su nuove basi l’immagine della sfera
pubblica.
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dalle carte deontologiche, sono considerate attività di informazione e comunicazione istituzionale
quelle poste in essere dalle pubbliche amministrazioni in Italia o all’estero, indicate dall’art. 1, co.
2, del decreto legislativo n. 165 del 200128 (ovvero tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi
gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni
dello Stato ad ordinamento autonomo, le regioni, le province, i comuni, le comunità montane, e loro
consorzi ed associazioni, le istituzioni universitarie, gli istituti autonomi case popolari, le camere di
commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non
economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio
sanitario nazionale) volte a conseguire: a) l'informazione ai mezzi di comunicazione di massa,
attraverso stampa, audiovisivi e strumenti telematici; b) la comunicazione esterna rivolta ai
cittadini, alle collettività e ad altri enti attraverso ogni modalità tecnica ed organizzativa;
A sovrapporre invece, attività di informazione e di comunicazione, è l’art. 1, co. 4, lett. d), laddove
stabilisce che in attuazione dei principi della legge n. 150/2000 e di quelli che regolano la
trasparenza e l’efficacia dell’azione amministrativa le attività informazione e comunicazione sono
finalizzate a:
-illustrare e favorire la conoscenza delle disposizioni normative, statutarie e regolamentari, al fine di
facilitarne l’applicazione;
-illustrare le attività delle istituzioni e il loro funzionamento;
-favorire l’accesso ai servizi pubblici, promuovendone la conoscenza;
-promuovere conoscenze allargate e approfondite su temi di rilevante interesse politico e sociale;
-favorire processi interni di semplificazioni delle procedure e di modernizzazione degli apparati
nonché la conoscenza dell’avvio e del percorso dei procedimenti amministrativi;
-promuovere l’immagine delle amministrazioni locali, nonché quella dell’Italia, in Europa e nel
Mondo, conferendo conoscenza e visibilità ad eventi di importanza locale, regionale, nazionale ed
internazionale.
Ancor più eloquente dell’incerto confine definitorio tra comunicazione e informazione è l’ art. 2
che, in merito alle “Forme, strumenti e prodotti”, afferma al primo comma che le attività di
informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni si esplicano, oltre che per mezzo
di programmi previsti per la comunicazione istituzionale non pubblicitaria, anche attraverso la
28
DECRETO LEGISLATIVO 30 marzo 2001, n. 165 recante Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche, pubblicato nella Gazz. Uff , 9 maggio 2001, n. 106, S.O.
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pubblicità, le distribuzioni o vendite promozionali, le affissioni, l'organizzazione di manifestazioni e
la partecipazione a rassegne specialistiche, fiere e congressi, ed al secondo comma, tornando
nuovamente a sovrapporre i concetti afferma che le attività di informazione e di comunicazione
sono attuate con ogni mezzo di trasmissione idoneo ad assicurare la necessaria diffusione di
messaggi, anche attraverso la strumentazione grafico-editoriale, le strutture informatiche, le
funzioni di sportello, le reti civiche, le iniziative di comunicazione integrata e i sistemi telematici
multimediali.
Questa disposizione sembrerebbe volere delineare, al di là della differenza tra informazione e
comunicazione, una tipologia di comunicazione pubblica per così dire di servizio, in cui i soggetti
pubblici, volendo favorire l’accesso ai servizi pubblici e alle attività compiute dalla PA, tendono a
dialogare con l’utente29
In dottrina è stato evidenziato come, in realtà la distinzione tra informazione e comunicazione,
apparentemente semplice sul piano concettuale, è molto difficile, se non impossibile, da effettuare
dal punto di vista pratico30. La comunicazione prevede sempre una attività informativa, la quale
richiede a sua volta una corretta interpretazione, cioè un efficace canale di trasmissione tra
emittente e ricevente, in modo che venga decodificata e utilizzata secondo le aspettative
dell’emittente31.
Proseguendo nell’esame del dettato normativo, quanto ai pubblici poteri destinatari della legge
suddetta, essi sono da individuare, ai sensi dell’art. 1, comma 2, in tutte le PA, ove per esse si
intendono «tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e
grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento
autonomo, le regioni, le province, i comuni, le comunità montane, e loro consorzi ed associazioni,
le istituzioni universitarie, gli istituti autonomi case popolari, le camere di commercio, industria,
artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali
e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale».
In definitiva, ciò a cui tende il Legislatore è un trasferimento delle conoscenze e delle informazioni
verso i privati che garantisca la piena conoscibilità dell’operato dei soggetti pubblici, a soddisfare le
condizioni di accesso ai servizi da parte degli utenti.
29
S. Sica- V. Zencovich, Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione, 2012, pg. 186.
30
Paolo Mancini, Manuale di comunicazione pubblica, 2002, Laterza, pag. 100
31
Comunicazione istituzionale e diritto all’informazione, di Gesuele Bellini, in www.altalex.it.
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L’obiettivo è quello di organizzare una sistema di comunicazione interna delle pubbliche
amministrazioni razionale e proficuo anche rispetto all’utilizzo dei prodotti e dei servizi inerenti alla
comunicazione dei soggetti pubblici.
Come il Legislatore intende realizzare nel dettaglio tale obiettivo?
Preliminarmente ricorrendo agli uffici per le relazioni con il pubblico (urp) già disciplinati dal
decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e disponendo, all’art. 6, che le attività di informazione si
realizzano attraverso il portavoce e l'ufficio stampa e quelle di comunicazione attraverso l'ufficio
per le relazioni con il pubblico, nonché attraverso analoghe strutture quali gli sportelli per il
cittadino, gli sportelli unici della pubblica amministrazione, gli sportelli polifunzionali e gli sportelli
per le imprese.
Sulla scorta di ciò il legislatore ha disposto che ciascuna amministrazione definisca, nell'ambito del
proprio ordinamento degli uffici e del personale e nei limiti delle risorse disponibili, le strutture e i
servizi finalizzati alle attività di informazione e comunicazione e al loro coordinamento,
confermando, in sede di prima applicazione della presente legge, le funzioni di comunicazione e di
informazione al personale che già le svolge.
Al successivo art. 7, si disciplina espressamente e per la prima volta la figura del portavoce
disponendo che l'organo di vertice dell'amministrazione pubblica può essere coadiuvato da un
portavoce, anche esterno all'amministrazione, con compiti di diretta collaborazione ai fini dei
rapporti di carattere politico-istituzionale con gli organi di informazione. Il portavoce, incaricato dal
medesimo organo, non può, per tutta la durata del relativo incarico, esercitare attività nei settori
radiotelevisivo, del giornalismo, della stampa e delle relazioni pubbliche.
Specificamente colto a disciplinare l’attività comunicativa posta in essere dagli URP, proseguendo
nell’analisi del dato normativo, l’art. 8 vuole che l’attività di comunicazione assegnata agli Urp32 e
alle organizzazioni sia in grado di: garantire l’esercizio del diritto di informazione, di accesso e di
partecipazione di cui alla legge di riforma della PA e successive modificazioni;
agevolare
l’utilizzazione dei servizi offerti ai cittadini, anche attraverso l’illustrazione delle disposizioni
normative e amministrative, nonché l’informazione sulle strutture e sui compiti delle
amministrazioni medesime; promuovere l’adozione di sistemi di interconnessione telematica e
32
Il ruolo di comunicatore all’interno dell’Urp dovrà essere svolto, secondo le moderne tecnologie multimediali, dal
personale inquadrato nel comparto Ministeri con qualifica di tipo b o dirigenziale, se in possesso di laura in Scienze
della Comunicazione, Relazioni pubbliche o indirizzi affini; il personale già in ruolo di comunicatore, ma sfornito dei
titoli per accedervi, dovrà seguire i moduli formativi prescritti dalla legge.
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Comunicazione pubblica
coordinare le reti civiche; attuare, mediante l’ascolto dei cittadini e la comunicazione interna, i
processi di verifica della qualità dei servizi e di gradimento da parte degli utenti; garantire la
reciproca informazione per le relazioni con il pubblico e le altre strutture operanti
nell’amministrazione, nonché tra gli uffici per le relazioni con il pubblico delle varie
amministrazioni.
Oltre agli Urp, ulteriore terminale capace di descrivere il rapporto paritario tra cittadini e pubblica
amministrazione, andando ad ampliare il novero degli strumenti selezionati dall’art. 2, l. 150, è
costituito dallo sportello on-line, ex d.lgs 82/2005 (Codice amministrazione digitale)33, tramite cui
le amministrazioni conformano la propria azione comunicativa alle modalità digitali, così come
previsto anche dall’art. 3 bis della più volte richiamata l. 241/9034, consentendo la disponibilità, la
gestione, l’accesso, la trasmissione, la conservazione e la fruibilità delle informazioni prodotte.
33
DECRETO LEGISLATIVO 7 marzo 2005, n. 82 Codice dell'amministrazione digitale. Pubblicato nella Gazz. Uff.
16 maggio 2005, n. 112, S.O. Per l'approvazione delle specifiche tecniche per la trasmissione dei dati per l'avvio on line
di istanze di prevenzione incendi, vedi il Decreto 12 luglio 2007.
34
LEGGE 7 agosto 1990, n. 241Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai
documenti amministrativi. Pubblicata nella Gazz. Uff. 18 agosto 1990, n. 192.
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Comunicazione pubblica
4 La comunicazione politica. profili di connessione
con la comunicazione pubblica ed istituzionale
La fonte normativa che esattamente individua la comunicazione politica è, come si diceva
nella parte iniziale del paragrafo precedente, la l. 28/2000 recante “Disposizioni per la parità di
accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la
comunicazione politica” 35.
Sebbene l’attività di informazione e comunicazione pubblica sia espressamente regolamentata nella
già esaminata legge 150/2000, non può non evidenziarsi che in un ottica di coordinamento delle
fonti, dovendo le norme essere lette seguendo un procedimento logico, teleologico e sistematico e,
dunque, le une in connessione con le altre, una corretta lettura della legge dedicata alla
comunicazione e all’informazione pubblica impone un coordinamento con altra fonte normativa ed
in particolare con quella volta a disciplinare, appunto, la comunicazione politica, ovvero la l. 28/
2000.
È doveroso preliminarmente individuare eventuali punti di contatto tra le due tipologie di
comunicazione, individuando i punti salienti della legge in tema di comunicazione politica. Al fine
di evidenziare le differenze essenziali tra le due forme di comunicazione, occorre partire dalla
definizione di comunicazione politica per procedere alla distinzione tra trasmissioni di
comunicazione politica e trasmissioni di informazione.
È doveroso evidenziare, innanzitutto, che il processo comunicativo che ha per oggetto informazioni
di tipo politico è presente unicamente in sistemi democratici.
Orbene, al fine di garantire la parità di trattamento e l'imparzialità rispetto a tutti i soggetti politici,
la legge promuove e disciplina l'accesso ai mezzi di informazioni per la comunicazione politica e
l'accesso ai mezzi di informazione durante le campagne per l'elezione al Parlamento europeo, per le
elezioni politiche, regionali e amministrative e per ogni referendum. Su questa linea definisce
espressamente comunicazione politica radiotelevisiva ai fini della sua applicazione la diffusione sui
mezzi radiotelevisivi di programmi contenenti opinioni e valutazioni politiche; ina comunicazione,
quindi quella politica, che nulla ha a che vedere con la diffusione di notizie nei programmi di
informazione.
35
LEGGE 22 febbraio 2000, n. 28 recante Disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le
campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica, pubblicata nella Gazz. Uff. 22 febbraio 2000, n. 43.
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Comunicazione pubblica
Insomma, per comunicazione politica ben può intendersi il “programma in cui assuma carattere
rilevante l’esposizione di opinioni e valutazioni politiche manifeste attraverso tipologie di
programmazione che comunque consentono un confronto dialettico tra più opinioni, anche se
conseguito nel corso di più trasmissioni”.
In dottrina sono state avanzate diverse definizioni di comunicazione politica, particolarmente
efficace quella che la definisce come “lo scambio ed il confronto dei contenuti di interesse pubblico
politico prodotti dal sistema politico stesso, dal sistema dei mass-media e dal cittadino, non
solamente nella sua veste di elettore’’36
Ad una prima analisi della comunicazione politica, così come esplicata dalla Legge n. 28/00,
emerge il diverso ambito di applicazione rispetto a quello relativo alla comunicazione pubblica,
posto che a quella politica è estranea l’attività di comunicazione degli apparati pubblici.
Passando in rassegna le novità introdotte dalla legge, non affiorano elementi di confine o, se
vogliamo, di confusione rispetto alla disciplina di cui alla Legge n. 15/00 per la comunicazione
pubblica. Pochi, infatti, sono gli spunti per evidenziare punti di contatto e di distinzione tra
comunicazione pubblica e politica, eccetto quelli che emergono dall’art. 937 che nel disciplinare
l’attività di comunicazione istituzionale nel periodo della competizione elettorale, sembra
confondere i piani di azione allorquando stabilisce che “dalla data di convocazione dei comizi
elettorali e fino alla chiusura delle operazioni di voto è fatto divieto a tutte le amministrazioni
pubbliche di svolgere attività di comunicazione ad eccezione di quelle effettuate in forma
impersonale ed indispensabili per l’efficace assolvimento delle proprie funzioni”.
Da qui, sembra che l’attività di comunicazione istituzionale si conformi a quella di comunicazione
politica: da un lato si formula un divieto di comunicazione alle amministrazioni senza specificare se
trattasi di comunicazione politica e pubblica ed in ciò lasciando desumere che se ne vogliano
indebolire le differenze, dall’altro, sembra volersi far rientrare nell’azione di comunicazione dei
soggetti pubblici anche le attività svolte in forma impersonale ed indispensabile per l’efficacia
36
Giampiero Mazzoleni ", La comunicazione politica", Bologna, Il Mulino, 2004.
37
Art. 9. Disciplina della comunicazione istituzionale e obblighi di informazione.
1. Dalla data di convocazione dei comizi elettorali e fino alla chiusura delle operazioni di voto è fatto divieto a tutte le
amministrazioni pubbliche di svolgere attività di comunicazione ad eccezione di quelle effettuate in forma impersonale
ed indispensabili per l'efficace assolvimento delle proprie funzioni.
2. Le emittenti radiotelevisive pubbliche e private, su indicazione delle istituzioni competenti, informano i cittadini
delle modalità di voto e degli orari di apertura e di chiusura dei seggi elettorali
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assolvimento delle proprie funzioni, quasi a voler individuare una ulteriore modalità
comunicativa38.
In conclusione, la distinzione continua ad essere incerta, tant’è che la giurisprudenza costituzionale,
ripetutamente investita della questione afferente i confini tra l’una e l’altra, sollecita il legislatore ad
una più precisa definizione di entrambe.
38
Sica- V. Zencovich, Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione, 2012, pg. 192.
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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5 La comunicazione sociale
Il diritto all’informazione non può più ridursi alla libertà di manifestazione e diffusione del
pensiero attraverso i mezzi di comunicazione di massa tradizionali, ma abbraccia processi
comunicativi più complessi, propri di una società di servizi, coinvolgendo istituzioni, imprese e
cittadini.
Alla luce di tali premesse va inquadrata la cd. comunicazione sociale, per essa intendendosi una
comunicazione al servizio della società e cioè quel flusso di informazioni, tendenti a sensibilizzare e
coinvolgere l’opinione pubblica, nel medio e lungo periodo, su temi di interesse collettivo. Uno
strumento di conoscenza e di persuasione utilizzato tanto da soggetti pubblici quanto da soggetti
privati per coinvolgere la persona nella veste di cittadino, consumatore, donatore, e spingerla ad un
determinato comportamento, rendendola partecipe dei problemi ma anche delle soluzioni.
In ciò la comunicazione sociale si distingue dalla già esaminata comunicazione istituzionale, ovvero
da quella delle pubbliche amministrazioni, che sceglie priorità differenti quanto a finalità
perseguite, forme espositive e tecnologiche di comunicazione impiegate.
La metodologia della comunicazione sociale è quella propria della active dissemination, che
combina alla funzione divulgativa dei grandi media e della corrispondenza postale il lavoro face to
face dei movimenti di volontariato e delle altre istituzioni, espressione della società civile.
Gli obiettivi principali della comunicazione sociale sono:
1 Informare e aggiornare portando all’attenzione del pubblico un concetto positivo,un progetto
sociale, un intervento da condividere, un’azione responsabile,un’innovazione tecnologica.
2 Convincere e persuadere presentando e “argomentando” attraverso dati, ricerche, testimonianze
utili a dimostrare la veridicità di quanto comunicato.
3 Stimolare e motivare, proponendo nuovi modelli di comportamento, sollecitando azioni destinate
a contribuire ad una causa sociale; modificare concezioni errate.
I soggetti che la realizzano sono innanzitutto le organizzazioni non profit; la comunicazione di
questi soggetti è finalizzata a sensibilizzare le persone, ma spesso è legata anche alla raccolta fondi,
che costituisce la fonte di finanziamento principale per molte organizzazioni, non solo
organizzazioni non profit e P.A. Tale forma di comunicazione, infatti, è propria anche della
pubblica amministrazione; le iniziative promosse dai Ministeri e dagli Enti Locali hanno - o
dovrebbero avere– come scopo l’educazione e la sensibilizzazione dei cittadini su svariati temi di
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interesse sociale. La comunicazione sociale appartiene anche al mondo delle imprese che realizzano
campagne per sottolineare l’impegno sociale verso l’ambiente e la collettività.
Quanto all’esperienza italiana, l’affermazione di una iniziale forma di comunicazione sociale si
deve all’associazione “Pubblicità Progresso”39, fondata nel 1970 da alcuni organismi di
rappresentanza delle imprese pubblicitarie.
L’intervento pubblico per una più acuta sensibilizzazione rispetto a problemi quali diritti delle
minoranze, diritti umani e doveri sociali, difesa dell’ambiente, problemi dell’infanzia, lotta alle
condizioni disumane in cui vivono vasti settori della popolazione mondiale, corrisponde a specifici
obblighi derivanti dall’adesione dell’Italia ad accordi internazionali e, in particolare, dalla sua
appartenenza all’Organizzazione delle Nazioni Unite40
39
La Fondazione Pubblicità Progresso è una organizzazione senza fini di lucro. Pubblicità Progresso si propone di
contribuire alla soluzione di problemi civili, educativi e morali della comunità, ponendo la comunicazione al servizio
della società. Attiva dal 1971, prima come Associazione e poi come Fondazione, Pubblicità Progresso è entrata nel
vocabolario degli italiani diventando sinonimo di “pubblicità sociale”. Pubblicità Progresso crede che lo sviluppo della
comunicazione sociale nel nostro Paese debba passare attraverso il confronto, la sperimentazione e la ricerca. La
comunicazione sociale deve mettere al centro i valori della “buona causa”, considerare l’efficacia del messaggio, la
funzionalità del mezzo scelto, la capacità di motivare e, quando possibile, spingere all’azione. Essa è composta dalle più
importanti associazioni del mondo della comunicazione: utenti, concessionarie, mezzi, agenzie di pubblicità, istituti di
ricerca, imprese di marketing diretto e altro ancora. I soci sono 13: AAPI (Associazione aziende pubblicitarie italiane),
ADCI (Art Director Club Italiano), APP (Associazione Produttori Pubblicitari), ASSIRIM (Associazione tra Istituti di
Ricerche di Mercato. Sondaggi di opinione. Ricerche sociali), ASSOCOMUNICAZIONE (Associazione delle Imprese
di comunicazione), ASSOREL (Associazione italiana agenize di relazioni pubbliche), FIEG (Federazione Italiana
Editori Giornali), IAP (Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria), PUBLITALIA ‘80 (Concessionaria di pubblicità del
gruppo Fininvest), RAI (Radio televisione italiana), TP (Associazione Italiana Tecnici Pubblicitari, UNICOM (Unione
Nazionale Imprese di Comunicazione), UPA (Utenti Pubblicitari Associati).
40
L’art. 10 della nostra Costituzione recita:
L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto
internazionale generalmente riconosciute ).
In quest’ambito, in via meramente esemplificativa, possono menzionarsi:
-gli artt. 19 e 26 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, concernenti rispettivamente libertà di informazione e
diritto ad un’istruzione improntata al rispetto dei diritti umani e delle diversità;
-gli artt. 13 e 15 del Patto Internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (adottato il 16/12/1966 ed entrato in
vigore il 23 marzo 1976), in tema di diritto all’informazione sanitaria e diffusione della cultura e della scienza;
-gli artt. 17 e 29 della Convenzione sui diritti dell’Infanzia (1989), per l’importanza di vigilare sui mass-media affinché
operino per il benessere sociale dell’infanzia;
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Nel solco della comunicazione sociale, note sono le iniziative intraprese, in collaborazione con i
Governi e le associazioni locali, dall’Unicef (Fondo Nazioni Unite per l’Infanzia), la maggiore
organizzazione internazionale nel campo della tutela dei diritti dei minori (fondata nel 1946 su
delibera dell’Assemblea delle Nazioni Unite), e dall’Unesco (Organizzazione delle Nazioni Unite
per l’Educazione).
La comunicazione al servizio della società è certamente meritevole di considerazione e di tutela
sensibile come è ai problemi civili della società, tuttavia, tuttavia rischia di innescare pericolosi
cortocircuiti rispetto ai più sensibili diritti del cittadino persona.
La comunicazione sociale richiama il problema della libertà di informazione dei privati, come
singoli o in forma organizzata, in funzione di controllo o di critica, e dei limiti rappresentati dalla
reputazione e dalla riservatezza del soggetto cui l’informazione si riferisce.
Quanto, poi, alle connessioni della comunicazione sociale con il Codice del Consumo , esso, oltre a
contenere la disciplina della pubblicità ingannevole, riconosce ai consumatori il diritto ad
un’adeguata informazione ed educazione al consumo, prevedendo anche meccanismi di sostegno a
favore di associazioni dei consumatori per la realizzazione di campagne di informazione (art. 2).
L’accento posto sul contenuto del messaggio pubblicitario e sulla diffusione al pubblico ha fatto sì
che il settore nel quale la comunicazione sociale ha potuto incontrare un’apposita regolamentazione
sia stato quello del diritto di accesso delle formazioni sociali al mezzo radiotelevisivo.
Sin dalla legge 103/1975, è stato istituito un particolare meccanismo per esaminare le richieste di
accesso e determinare le modalità di programmazione (art. 6). I soggetti ammessi all’accesso al
mezzo televisivo, devono, nella libera manifestazione del loro pensiero, osservare i principi
dell’ordinamento costituzionale, e, tra essi, in particolare, quelli relativi alla tutela della dignità
della persona, della lealtà e correttezza del dialogo democratico ed astenersi da qualsiasi forma di
pubblicità commerciale. Per contro, i soggetti interessati devono designare la persona da ammettere
-l’art. 10 della Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (adottata
dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 18/12/1979), per il contrasto alle concezioni stereotipate sul ruolo
dell’uomo e della donna e per l’accesso alle specifiche informazioni miranti a garantire la salute ed il benessere
familiare;
-l’art 7 della Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale (adottata dall’Assemblea
Generale delle Nazioni Unite il 21/12/1965 ed entrata in vigore il 4/01/1969), che impegna gli Stati a prendere misure
tempestive ed efficaci nel campo dell’informazione per contrastare pregiudizi e discriminazioni etniche e razziali
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alla trasmissione, responsabile, civilmente e penalmente, del programma e devono comunicare alla
sottocommissione ed alla concessionaria il controllo del programma stesso.
Infine, un profilo, per così dire di socialità, lo assume anche la comunicazione istituzionale
Inoltre, la legge 150/2000 recante Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle
pubbliche amministrazioni, all’art. 3) considera, accanto alla comunicazione istituzionale, i
messaggi di utilità sociale , comunicati con finalità esclusivamente sociali che le concessionarie
radiotelevisive e le società autorizzate possono trasmettere.
La comunicazione può avvenire anche a titolo gratuito; in caso contrario, il prezzo per gli spazi
contenenti messaggi di utilità sociale non può essere superiore al cinquanta per cento del prezzo di
listino della concessionaria (art. 3, co. 5).
Le campagne sociali, essendo caratterizzate da una forte motivazione etica ed una mobilitazione di
mezzi e risorse per scopi altruistici, mal si conciliano con le finalità dell’iniziativa economica
privata a carattere lucrativi.
La categoria degli enti non profit, da leggere ormai alla luce del concetto di impresa sociale ,di cui
al D. lgs. 155/2006 che abbraccia le organizzazioni private in generale, al di là degli enti di cui al
Libro I del Codice Civile (associazioni, fondazioni, comitati), si caratterizza per reinvestire sempre
nelle proprie attività, attraverso il reclutamento di volontari, l’attività promozionale e la raccolta
fondi (fund raising), rimanendo preclusa la distribuzione di utili che giustifica normalmente gli
investimenti da parte dei soci nelle imprese lucrative.
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Bibliografia
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Zeno-Zencovich, Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione, CEDAM,
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