1 Amartya Sen, On Ethics and

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Dottorato in
SCIENZE DELLA COGNIZIONE E DELLA FORMAZIONE
A.A. 2005/2006
ciclo XXI
Alessandra Aiello
Venezia, 1 maggio 2006
Amartya Sen, On Ethics and Economics, Basil Blackwell Oxford 1987, Tr. It. di
Salvatore Maddaloni, Etica ed Economia, Editori Laterza, Bari 2004, pp. 166.
1. Abstract
Inside of this collection of conferences Sen evidences his issues on the contribution that the
economic theory of the general balance can give to the study of the moral philosophy and the
contributions that the moral philosophy and the well-being economy can supply to the predominant
the economic theory. Finally, the Economist evidences the damage that the bad use of the
hypothesis of a behaviour moved from the personal interest has brought to the quality of the
economic analysis.
All’interno di questa raccolta di conferenze Sen evidenzia i contributi che la teoria economica
dell’equilibrio generale può dare allo studio della filosofia morale e i contributi che la filosofia
morale e l’economia del benessere possono fornire alla teoria economica predominante. Infine,
l’Economista evidenzia il danno che il cattivo impiego dell’ipotesi di un comportamento mosso
dall’interesse personale ha arrecato alla qualità dell’analisi economica.
2. Etica ed economia
“Non è della benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio
che ci aspettiamo il nostro desinare,
ma dalla considerazione che essi hanno
per il proprio interesse personale.
Non ci rivolgiamo alla loro umanità, ma al loro egoismo
e ad essi parliamo dei loro vantaggi,
non delle nostre necessità”.1
L’accostamento tra due dimensioni così incommensurabili sotto tanti aspetti può, di primo
acchito, far sorridere. Eppure tutti gli studiosi di economia, nonché coloro che si confrontano con le
problematiche etiche, sono concordi nel sostenere che ambedue le discipline sono nate insieme e
solo in seguito hanno subito un progressivo di scostamento: si pensi, ad esempio, alla crematistica
di aristotelica memoria.
Amartya Sen arriva persino ad ipotizzare che sia l’etica ad aver contribuito in misura
determinante alla nascita dell’economia. L’Autore individua, all’interno del testo preso in esame,
due origini nell’economia alquanto diverse tra di loro. Un’origine etica, le cui origini sono
chiaramente ascrivibili ad Aristotele, che analizza il problema della motivazione umana e il giudizio
dei risultati sociali; un’origine ingegneristica, caratterizzato dall’assoluta mancanza di cordialità
nelle spinte motivazionali degli uomini. “Nessuno dei due tipi (di approccio), naturalmente, è puro
in alcun senso, ed è tutta una questione di equilibrio dei due approcci dell’economia. In realtà molti
esponenti dell’approccio etico, da Aristotele ad Adam Smith, erano anche molto interessati alle
questioni di ingegneria, pur entro un approccio prevalentemente orientato sul ragionamento etico.”2
Con l’evolversi e il progressivo formalizzarsi della disciplina economica, l’approccio etico si è
indebolito in modo sostanziale, dando luogo all’impoverimento dell’economia moderna. Ciò ha
condotto anche a degli innegabili vantaggi, contribuendo a dare delle analisi oggettive ai fenomeni
1
2
Smith A., An Inquiry into the Nature and Causes of the Wealth of Nations, Clarendon Press, Oxford 1776, p.92
Sen A., Etica ed Economia, Editori Laterza, Bari 2004, p.13
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indagati (quali ad, esempio, i movimenti economici); d’altro canto, l’economia, così come si è
venuta costituendo, potrebbe essere resa più produttiva se si prestasse più esplicita attenzione alle
considerazioni di natura etica che informano il comportamento e il giudizio umani. L’ipotesi in base
alla quale gli esseri umani agiscano sempre e solo in nome della razionalità, svolge un ruolo
importante nell’economia moderna; essa contribuisce a spiegare una serie di comportamenti ma un
comportamento razionale alla base di ogni scelta umana rimane sempre un ipotesi. Nella teoria
economica, il concetto di coerenza, alla base del comportamento razionale, viene definito in base a
due ragionamenti: il primo consiste nel vedere la razionalità come coerenza interna di scelta; l’altro
consiste nell’identificare la razionalità come la massimizzazione dell’interesse personale.3
In genere si tende a utilizzare il concetto di coerenza per spiegare l’insieme delle scelte effettive
compiute da una persona come risultante della massimizzazione dell’interesse personale. E’ arduo
tuttavia identificare la razionalità esclusivamente come coerenza interna: la scelta razionale deve
richiedere almeno un minimo di corrispondenza tra ciò che si cerca di ottenere e il modo in cui si
agisce per farlo. Relativamente all’approccio alla razionalità inteso come la massimizzazione
dell’interesse personale, esso si basa su un prerequisito di rispondenza interna tra le scelte che una
persona compie e il proprio interesse personale. Tale posizione comporta un netto rifiuto della
concezione della motivazione come componente “collegata all’etica” in quanto si identifica ogni
allontanamento dalla massimizzazione dell’interesse personale con una prova di irrazionalità. Le
radici storiche della concezione smithiana dei sentimenti morali sono individuabili nelle
affermazioni di Smith: “l’uomo secondo gli stoici dovrebbe considerare se stesso non come
qualcosa di separato e staccato ma come un cittadino del mondo, un membro della vasta comunità
della natura” e “ all’interesse di questa grande comunità egli dovrebbe sempre esser lieto che si
sacrifichi il suo piccolo interesse personale.”4
Smith intende la prudenza come la virtù più utile alla persona mentre virtù quali l’umanità, la
giustizia, la generosità, sono le qualità più utili agli altri. Sen si fa interprete delle parole di Smith,
per scardinare l’ipotesi in base alla quale l’economista settecentino assegnerebbe un ruolo
generalmente superiore al perseguimento dell’interesse personale. Secondo Sen l’analisi economica
smithiana è stata male interpretata, soprattutto in merito al problema delle carestie e della fame:
Smith era contrario a sopprimere o a limitare il commercio ma non era contrario all’aiuto pubblico
ai poveri. L’erronea interpretazione del comportamento smithiano nei confronti della motivazione è
dovuta ad una mancanza di attenzione per la sua analisi etica dei sentimenti e del comportamento.
Smith diede dei contributi pionieristici all’analisi della natura degli scambi reciprocamente
vantaggiosi e all’analisi della divisione del lavoro. Nella “Teoria dei sentimenti morali”, e nella
“Ricchezza delle nazioni”, Smith dimostra di avere una concezione ben più allargata di come agisce
la motivazione umana nel contesto sociale: egli è ben lontano dal considerare il comportamento
autointeressato come l’unico veramente razionale. Egli considerò la virtù della “prudenza”, della
quale un intelligente perseguimento dei propri interessi non è che una parte, come quella più
importante per gli individui: ma per lui la giustizia, l’umanità, la generosità, lo spirito pubblico sono
le qualità più utili per la convivenza sociale.5
Dopo le riflessioni sulle origini dell’economia del benessere, Sen ne analizza il progressivo ritirarsi
nello spazio angusto assegnatole dalle teorie economiche liberiste. La posizione dell’economia del
benessere nella teoria economica moderna è alquanto precaria: tra le due discipline sussiste un
rapporto unidirezionale per il quale le scoperte dell’economia predittiva possono influenzare
3
Cfr. Ibidem, p.20
Smith Artur, The Theory of Moral Sentimentes, in D. D. Raphael, A. L. Macfie (a cura di) Clarendon Press, Oxford
1975, p.92
5
Intervista di A. Sen a “ Il Sole 24 ore” del 21 febbraio 1989
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l’analisi dell’economia del benessere ma le idee di quest’ultima non possono influenzare
l’economia predittiva poiché, per le ragioni spiegate, l’azione umana effettiva sia basata solo
sull’interesse personale.
Le proposizioni correnti della moderna economia del benessere dipendono dalla combinazione del
comportamento egoista da una parte, con una valutazione dei risultati sociali mediante qualche
criterio basato sull’utilità dall’altra. La concezione ristretta del significato difesa dalla logica
positivista ha causato non poca confusione all’interno ella economia del benessere: i filosofi
positivisti, secondo Sen, hanno forse sbagliato nel considerare prive di significato tutte le
proposizioni etiche ma non hanno affatto suggerito che tutte le proposizioni prive di significato
fossero etiche. Il criterio che sopravvisse a questo modo di ragionare fu quello dell’ottimalità
paretiana, chiamata anche efficienza economica. Questo criterio indaga l’efficienza dell’utilità
senza prestare attenzione alle considerazioni di carattere distributivo riguardanti l’utilità. Nello
spazio ristretto in cui è stata confinata l’economia del benessere, una proposizione importante è
costituita dal suo teorema fondamentale, che collega i risultati dell’equilibrio di mercato in regime
di concorrenza perfetta all’ottimalità paretiana. Tale teorema dimostra che, date certe condizioni,
qualsiasi equilibrio di concorrenza perfetta è un ottimo paretiano e che, date altre condizioni,
qualsiasi stato sociale che sia un ottimo paretiano è anche un equilibrio di concorrenza perfetta. La
conseguenza diretta del teorema conduce alla natura reciprocamente vantaggiosa del commercio,
della produzione e del consumo indirizzati all’interesse personale.
Un aspetto importante del teorema considerato è che l’idea dell’ottimalità sociale globale debba
richiedere l’ottimalità paretiana si basa su un concetto che se un cambiamento è vantaggioso per il
singolo, allora deve essere un buon cambiamento per la società nel complesso.6 Questo perché si
assume l’eguaglianza tra vantaggio ed utilità. L’utilitarismo quale principio morale può essere visto
come una combinazione di tre elementi basilari:
1- La valutazione del benessere in base all’utilità;
2- L’orientamento per somma che esige che l’informazione sull’utilità sia considerata
valutando la somma totale di tutte le utilità in quella situazione;
3- Il conseguenzialismo, che esige ogni scelta di azioni, istituzioni, motivazioni e regole sia
determinata dal grado di bontà della situazione che ne consegue.
Il criterio di Pareto può essere visto come una situazione particolare del welfarismo, inteso come un
ordinamento unanime delle utilità individuali adeguato per stabilire l’ordinamento sociale generale.
Nel calcolo etico bisogna tener presente una dualità nel concetto di persona che consiste nel suo
benessere e nella sua facoltà di agire. Tali facoltà sono distinte ma interdipendenti. Una ulteriore
domanda è data dal considerare se il vantaggio di una persona può essere valutato sulla base de
risultati conseguiti. Si potrebbe rappresentare il vantaggio sulla base delle libertà e dei diritti di una
persona; nella tradizione utilitaristica questi diritti erano considerati strumentali al raggiungimento
di altri beni.
Anche Sen, da buon economista, non prescinde dalla considerazione dei risultati, anche se egli
interpreta le conseguenze delle azioni umane, private o pubbliche che siano, in modo che esse siano
valutate non in termini strettamente utilitaristici, ma perseguendo quell’ideale più ampio di
“fioritura umana”, caro ad Aristotele.
La separazione tra le discipline è un grave conseguenza causata dal fenomeno più “parcellizzazione
dei saperi” imperante nella cultura contemporanea, tanto più grave perché sacrifica una visione
globale per uno studio troppo settoriale e parcellizzato, così come afferma anche Edgar Morin:“La
specializzazione “astrae”, ossia estrae un oggetto dal suo contesto e dal suo insieme, ne rifiuta i
6
Cfr. Amartya Sen, Etica ed Economia, op. cit., p.51
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legami e le interconnessioni con l’ambiente, lo inserisce in un settore concettuale astratto che è
quello della disciplina compartimentata, in cui le frontiere spezzano arbitrariamente la sistematicità
(la relazione di una parte con il tutto) e la multidimensionalità dei fenomeni; conduce a
un’astrazione matematica che opera con ciò stesso una scissione con il concreto, privilegiando tutto
ciò che è calcolabile e formalizzabile. Così l’economia, per esempio, ossia la scienza sociale
matematicamente più avanzata, è la scienza socialmente e umanamente più arretrata, poiché si è
astratta dalle condizioni sociali, storiche, politiche, psicologiche, ecologiche inseparabili dalle
attività economiche. Per questo motivo i suoi esperti sono sempre più incapaci di interpretare le
cause e le conseguenze delle perturbazioni monetarie e di Borsa, di prevedere e di predire gli
andamenti economici, anche a breve termine. All’improvviso, l’errore economico diviene una
conseguenza primaria della scienza economica.”7
In opposizione alla percellizazione dei saperi, il premio nobel per l’economia è ormai da alcuni anni
al centro del dibattito sulla globalizzazione della cultura contemporanea: filosofi, economisti,
politologi e sociologi hanno cercato di coglierne le principali dinamiche evolutive, sforzandosi di
far luce sui possibili effetti della globalizzazione sulla società. Un dato che appare difficilmente
contestabile è che la globalizzazione ha cambiato radicalmente la struttura della società: il dissidio
nasce allorché ci si interroga sulla direzione di questo cambiamento. Per non scivolare in una
distinzione manichea tra la scelta progresso/catastrofe, bisognerebbe dotarsi di strumenti analitici
nuovi, che permettano di interpretare criticamente temi quali libertà, giustizia sociale, diritti umani.
L’originalità del pensiero di Sen risiede nell'adozione di una impostazione etico-umanistica nello
studio dei fenomeni economici. Prima di tutto c'è il fattore umano, inteso come centro di tutti i
sistemi politico-economici. Il riconoscimento di questa verità obbliga a riconsiderare i processi
economici nella loro interezza e, conseguentemente, induce a riconoscere i limiti degli approcci
tradizionali, i quali mostrano tutta la loro insufficienza nell' interpretazione di fenomeni complessi
come la globalizzazione.
3. Indice dell’opera
Prefazione di John M. Letiche, Premessa dell’Autore- I Comportamento economico e sentimenti
morali – II Giudizi economici e filosofia morale – III Libertà e conseguenze.
4. Nota biografica sull’Autore
Amartya Kummar Sen, è nato il 3 Novembre 1933 a Santiniketan, in India. Ha studiato al Presidency
College di Calcutta e al Trinity College di Londra. Ha insegnato in diverse prestigiose università (Dehli,
Oxford, Cambridge, Staford, Cornell, MIT), ha collaborato con John Rawls, Robert Nozick, Martha
Nussbaum, Thomas Scanlon e altri celeberrimi filosofi ed economisti. Nel 1998 gli è stato assegnato il
Premio Nobel per l’economia. Dal 1998 insegna al Trinity College.
5. Bibliografia essenziale dell’autore
- Amartya Sen, Il tenore di vita: tra benessere e libertà, Marsilio 1998
- Amartya Sen, La disuguaglianza. Un riesame critico, Il Mulino 2000
- Amartya Sen, Globalizzazione e libertà, Mondatori 2003
- Amartya Sen, La libertà individuale come impegno sociale, Laterza 2003
- Amartya Sen, La democrazia degli altri. Perché la libertà non è un’invenzione, Mondatori 2004
7
Edgar Morin, I sette saperi necessari all’educazione del futuro, Raffaello Cortina Editore 2001, pp. 41-42
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6. Riferimenti sitografici
Il sito dell’Università di Harvard
http://post.economics.harvard.edu/faculty/sen/sen.html
Articoli su Amartya Sen
http://www.nd.edu/~kmukhopa/cal300/sen/articles.htm
Rassegna stampa dell’Università di Bari su Amartya Sen
http://www.swif.uniba.it/lei/sen.htm
Contiene interviste, profilo accademico, bibliografia e numerosi articoli sul lavoro di Sen)
http://www.nd.edu/~kmukhopa/cal300/calcutta/amartya.htm
Sito web dell'Economic Freedom Network, contiene valutazioni sui livelli di libertà; è una joint
venture della ricerca che si avvale della collaborazione di 56 istituti di ricerca sparsi in 56 paesi;
ogni anno produce rapporti accuratissimi sulla libertà nel mondo; è inoltre disponibile l'indice delle
libertà economiche nei 123 paesi oggetto di studio)
Centro di ricerca ricco di contributi di ottimo livello su diversi aspetti della dottrina liberale:
economia, politica, costituzionalismo, diritto penale)
http://www.freetheworld.com/ http://www.cato.org/
http://www.fondeinaudiroma.it/ (centro di ricerca della Fondazione Luigi Einaudi, promossa da
Giovanni Malagodi nel 1962; contiene numerosi contributi di autorevoli studiosi italiani sulla teoria
del liberalismo; negli ultimi anni l'attività della Fondazione si è concentrata sui seguenti temi:
libertà e globalizzazione, riforma dello Stato, problemi della comunicazione e dell'informazione,
politica energetica e compatibilità ambientale, questioni di bioetica; sono presenti numerosi links
sulla cultura liberale in Italia)
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