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DOI 10.1007/s12325-014-0130-z
R EVIE W
Breakthrough cancer pain (BTcP): una sintesi
tra tassonomia, patogenesi, terapia e buona pratica clinica
in pazienti adulti italiani
Furio Zucco • Cesare Bonezzi • Diego Fornasari
Ricevuto: 27 marzo 2014
© The Author(s) 2014. Questo articolo è disponibile in modalità open access su Springerlink.com
ABSTRACT
Il dolore è presente nell’80% dei pazienti con
cancro in fase avanzata, di cui il 30% sperimenta
episodi di aumento transitorio del dolore di intensità oscillante, definiti breakthrough cancer
pain (BTcP). Il BTcP è un dolore di elevata intensità e breve durata, che si ripresenta varie volte
nella stessa giornata e non è responsivo al trattamento. L’approccio clinico è variabile. È stata
condotta una review della letteratura per mettere
a disposizione dei clinici e dei medici di medicina generale (MMG) una sintesi razionale del di-
F. Zucco (✉)
Associazione “Presenza Amica”, Piazza Piemonte 4,
20145 Milano, Italia
e-mail: [email protected]
C. Bonezzi
Centro di Terapia del Dolore, IRCCS Fondazione
Salvatore Maugeri, Pavia, Italia
D. Fornasari
Sezione di Farmacologia Cellulare e Molecolare,
Dipartimento di Biotecnologie Mediche e Medicina
Traslazionale, C.N.R. Istituto di Neuroscienze, Milano,
Italia
battito scientifico attualmente in corso sul BTcP,
fornendo le basi per un approccio clinico ottimale
al BTcP nei pazienti italiani adulti. I risultati mostrano che le esacerbazioni circadiane del dolore
devono essere monitorate attentamente differenziando, se possibile, tra le oscillazioni del dolore
di base (DB), l’effetto di fine dose e il BTcP.
Quest’ultimo deve essere monitorato nella pratica clinica in ogni contesto assistenziale e ogni
struttura assistenziale deve disporre di tutti i farmaci e prodotti approvati per l’utilizzo nel BTcP.
I dati indicano che le conoscenze relative ai trattamenti per il BTcP sono carenti: i farmaci non
sono intercambiabili, anche se contengono lo
stesso principio attivo; ogni medico deve conoscere le caratteristiche specifiche di ogni farmaco,
le sue proprietà farmacologiche, le sue limitazioni nella pratica clinica, le specificità relative
alla sua titolazione e ripetibilità della somministrazione e le specifiche tecniche di accessibilità
ed erogazione. È importante ricordare che, prima
di scegliere un oppioide a rapida insorgenza
d’azione (rapid-onset opioid, ROO), è essenziale
approfondire le variabili relative al paziente e al
suo nucleo familiare/caregiver, avendo presente
la progressiva perdita di autonomia e/o funzionalità cognitivo-relazionale da parte del paziente.
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Quando la terapia del BTcP viene iniziata o modificata, deve essere posta particolare attenzione
al processo formativo del malato e del familiare/caregiver, fornendo istruzioni chiare sulla
tempistica di somministrazione del farmaco. Il
paziente deve essere già trattato efficacemente
con oppioidi maggiori prima di introdurre i ROO
nella terapia del BTcP.
Parole chiave: Breakthrough cancer pain
(BTcP); Cancro; Cure palliative; Dolore; Esacerbazione del dolore; Fentanil
INTRODUZIONE
È esperienza comune dei clinici che si occupano
dei pazienti oncologici, soprattutto nella fase
avanzata ed evolutiva di malattia, che il dolore
non sia sempre adeguatamente controllato, anche
quando si seguano le indicazioni di trattamento
delle linee guida più aggiornate. Una delle cause
più frequenti di questa difficoltà è correlabile all’osservazione che il dolore, presente nell’80%
dei pazienti oncologici in fase avanzata e di intensità elevata nel 30% dei casi, non è costante
[1]. Queste oscillazioni algiche sono spesso inattese e imprevedibili [1], e solo talvolta sono
riconducibili a cause prevedibili, sebbene inevitabili, quali l’attività motoria volontaria oppure
le automatiche modifiche di postura durante il
sonno [2].
Negli ultimi 20 anni, l’analisi obiettiva del
percorso clinico dei malati oncologici ha permesso di identificare, all’interno di queste oscillazioni, una sindrome algica specifica, definita
breakthrough cancer pain (BTcP) dalla comunità
scientifica internazionale e dolore episodico intenso (DEI) dai medici italiani.
Il BTcP si differenzia dalle oscillazioni del
dolore di base (DB) per: (a) la sua elevata intensità, in genere ≥7 in una numerical rating
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scale (NRS) da 1 a 10; (b) il breve tempo tra insorgenza e picco di intensità (pochi minuti); (c)
la breve durata (circa 60 minuti); (d) la sua possibile ripetitività durante le 24 ore (con 3-4 episodi giornalieri nella maggioranza dei pazienti);
e (e) la non responsività al trattamento per il
DB, neppure se il dosaggio giornaliero dei farmaci (in primis gli oppioidi) viene aumentato
[3]. Ancora oggi l’atteggiamento clinico nei
confronti del BTcP è molto variabile, andando
da una completa negazione della sindrome a
una sua sovrastima.
Obiettivo primario di questo articolo è quello
di fornire ai clinici e ai professionisti che, con
ruoli differenti, si occupano dei malati oncologici, una sintesi ragionata del dibattito scientifico in atto sul BTcP. Il dibattito è dinamico,
come si può desumere dalla mole di letteratura
prodotta annualmente a livello internazionale e
nazionale e dai numerosi incontri scientifici organizzati ogni anno durante i congressi o i meeting monotematici di settore. L’analisi vuole
fornire le basi per un corretto approccio clinico
al BTcP.
METODI
Questo articolo è il risultato del confronto fra tre
esperti italiani – due medici clinici e un farmacologo – attivi nell’ambito della terapia antalgica
e delle cure palliative. L’integrazione fra l’analisi della letteratura esistente e l’esperienza clinica pluriennale degli Autori vuole offrire un
supporto ragionato e aggiornato a coloro i quali
sono chiamati a trattare in modo adeguato il dolore di oltre 180.000 malati oncologici italiani.
Alcuni di questi sono malati oncologici terminali, giunti alla fase avanzata ed evolutiva di malattia, non più controllabile con i trattamenti
etiologici. L’articolo non descrive nuovi studi
sull’uomo o su modelli animali condotti da alcuno degli Autori.
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FISIOPATOLOGIA DEL BTcP
Definizioni di BTcP
Nonostante la crescente disponibilità di strumenti
di indagine e di studi sempre più accurati, le caratteristiche cliniche e l’interpretazione fisiopatogenetica del BTcP rimangono non chiare. Nel
tempo, si sono susseguite in letteratura numerose
definizioni di BTcP. Tutte, comunque, derivano
dalla prima definizione del quadro clinico del
BTcP, identificato come “un aumento transitorio
del dolore in pazienti neoplastici nel contesto di
un dolore cronico (di base) controllato con terapia oppioide” [4]. Nel 1995, il BTcP veniva descritto come “un’esacerbazione del dolore che
avviene in modo spontaneo o che accompagna
un’attività specifica” [5]. Più recentemente, è stato
definito come “un dolore di breve durata, più o
meno intenso, che penetra la barriera analgesica
in grado di controllare il dolore di base” [6, 7].
Secondo una delle definizioni più recenti e
ampie, “il breakthrough pain è un’esacerbazione
transitoria del dolore che si presenta sia spontaneamente sia in seguito a fattori scatenanti prevedibili o imprevedibili, a fronte di un dolore di
base relativamente stabile e adeguatamente controllato” [es. un DB controllato mediante un trattamento around-the-clock (ATC), cioè con
somministrazioni a orari fissi] [2]. Un anno
prima, era stato introdotto il concetto che il BTcP
potesse avere un meccanismo causale diverso dal
DB: “Il breakthrough pain potrebbe rappresentare un’esacerbazione del dolore di base OPPURE potrebbe avere una causa diversa da quella
che sostiene il dolore di base” [1]. Secondo l’interpretazione patogenetica, il BTcP non deve più
essere considerato un’oscillazione o una variazione improvvisa del DB, ma un dolore scatenato
da un meccanismo causale diverso, sovrapposto a
quello preesistente che causa il DB.
La definizione di Davies et al. [2] è stata ricon-
3
siderata in pubblicazioni recenti [3, 8]. Un’ampia
indagine, condotta su clinici operanti in un numero selezionato di Centri italiani di Cure Palliative e di Terapia del Dolore, ha portato a
formulare indicazioni mirate alla best practice
nella diagnosi e nel trattamento del BTcP. La raccolta dei pareri e dei suggerimenti ha generato
una definizione più articolata e analitica: “Il
BTcP consiste in un’esacerbazione del dolore di
intensità elevata, tale da presentare uno scarto di
almeno 3 punti rispetto al dolore di base e con
un’intensità assoluta ≥7 punti (misurata con una
numerical rating scale, NRS), con una frequenza
giornaliera in genere non superiore a quattro episodi, che avviene sia spontaneamente sia in
seguito a fattori scatenanti prevedibili o imprevedibili, a fronte di un dolore di base adeguatamente controllato (dolore medio nelle ultime 24
ore: ≤4 punti) mediante un trattamento ATC a
base di oppioidi” [3]. Questa definizione, benché
derivante da un gruppo di esperti soltanto italiani
e non ancora validata da un consenso internazionale, è utile ai clinici per comprendere le caratteristiche del BTcP e per meglio guidarli nel
riconoscerne la presenza. La definizione descrive
in modo specifico il fenomeno del BTcP e ne evidenzia aspetti sia clinici che patogenetici.
Pertanto, in accordo con quanto sopra esposto, il BTcP non può essere considerato un’unica
entità nosologica, ma comprende differenti e mutevoli meccanismi patogenetici che ne consentono la sottotipizzazione [3].
BTcP: caratteristiche cliniche e prevalenza
Le caratteristiche cliniche del BTcP, scarsamente
definite e variabili, insieme a dati di prevalenza imprecisi, spiegano la tassonomia discordante di questo tipo di dolore. I dati disponibili indicano che il
BTcP è presente nel 40-80% dei pazienti, è caratterizzato da una rapida insorgenza (<3 minuti), da
una breve durata (mediana 30 minuti) e da una fre-
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quenza giornaliera di 4-7 episodi/die [9-11]. L’intervallo di prevalenza compreso tra il 40% e l’80%
è una stima non puntuale. Inoltre, le definizioni di
“rapida insorgenza” e “breve durata” sono entrambe qualitative e l’intervallo di frequenza media
giornaliera, tra 4 e 7 episodi, è troppo ampio.
Ai fini clinici, una rappresentazione delle tipologie di BTcP è mostrata nella Fig. 1: esso è generalmente distinto in BTcP stimolo-indipendente o
spontaneo, BTcP stimolo-dipendente o evocato e
BTcP dipendente dall’approccio terapeutico o da
interventi procedurali [12]. A sua volta, il BTcP
evocato può essere volontario o involontario. Nel
primo caso può essere correlato a stimoli normalmente dolorosi (es. puntura, applicazione di calore
intenso) o a stimoli che in condizioni fisiologiche
non provocano dolore (fenomeno allodinico).
L’aggettivo “involontario” si riferisce a meccanismi regolati dal sistema nervoso autonomo, quali
la peristalsi intestinale, la pulsazione arteriosa e la
temperatura corporea.
Come mostrato nella Fig. 1, una delle tipologie di dolore che almeno inizialmente è stata ricondotta al BTcP è in realtà strettamente correlata
alla perdita di efficacia antalgica causata dall’effetto di fine dose; secondo i dati disponibili, questa tipologia di dolore corrisponderebbe al
17-30% degli episodi inizialmente classificati
come BTcP [13]. In questi pazienti, l’esacerbazione del dolore sarebbe dovuta a un inadeguato
trattamento del DB, in termini di dose/durata di
efficacia/ritmo di somministrazione del/dei farmaco/i utilizzato/i a orari fissi nelle 24 ore, secondo lo schema ATC.
Zeppetella [13] e la maggior parte degli altri
Autori non inseriscono gli episodi algici da “fine
dose” tra quelli di BTcP, in quanto uno dei requisiti fondamentali del BTcP è che il DB sia adegua-
BREAKTHROUGH
CANCER PAIN
STIMOLOINDIPENDENTE
STIMOLODIPENDENTE
CORRELATO
AL REGIME ANALGESICO
= spontaneo
= precipitato/evocato
FALLIMENTO DA EFFETTO
DI “FINE DOSE”
VOLONTARIO
Dolore evocato da stimoli normalmente non dolorosi (allodinia)
Contatto
Movimenti normali
Sedersi, mettersi in posizione eretta
Camminare
Tossire
Lieve pressione meccanica
Freddo/caldo di intensità moderata
Dolore aumentato da stimoli normalmente dolorosi (iperalgesia)
Puntura
Stimoli termici di intensità dolorosa
INVOLONTARIO
Distensione di viscere cavo
(Sensibilizzazione dei meccanocettori?)
Ischemia
Metabolismo?
Fig. 1 Tipologie e caratteristiche cliniche del breakthrough cancer pain [12]. Riprodotto con autorizzazione da
Svendsen et al. [12]
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tamente controllato. Questa tipologia di dolore è
dovuta a una inadeguata impostazione terapeutica
del DB e deve essere trattata in modo differente.
La maggior parte degli Autori, invece, comprende nel BTcP il cosiddetto dolore “incidente”,
caratterizzato da una prevalenza del 50-60%. La
sua causa consisterebbe in uno stimolo causale che
si sovrappone a una condizione patologica di base.
Si distinguono: (a) un dolore “incidente prevedibile”, causato da una lieve pressione, un movimento, un colpo di tosse, dalla deglutizione, dalla
masticazione ecc., che può essere previsto e adeguatamente pretrattato; e (b) un dolore “incidente
imprevedibile”, associato ad esempio alla peristalsi
intestinale, a una contrazione spastica di viscere
cavo (es. dolore tipo “colica”), a un evento ischemico ecc. [2].
Infine, il dolore idiopatico o spontaneo (prevalenza del 20-50%) è un tipo di BTcP non associato a una causa patogenetica specifica e
riconoscibile. Il concetto di “spontaneo” si associa a un totale abbassamento della soglia recettoriale, al punto che il dolore è presente anche in
assenza di stimoli esterni [13].
Secondo le Raccomandazioni prodotte dalla
task force dell’Associazione per la Medicina Pal-
5
liativa (Association for Palliative Medicine,
APM) di Gran Bretagna e Irlanda, esiste una
stretta relazione tra la definizione di BTcP e la
classificazione fisiopatologica [2]: si ritiene che il
BTcP consista in una gamma di entità, che i meccanismi fisiopatogenetici coinvolti siano multipli
(nocicettivo, neuropatico e misto), e che il BTcP
idiopatico o spontaneo debba essere distinto da
quello incidente, suddividendo quest’ultimo in
sottotipi ulteriori (Tabella 1) [2, 8].
La difficoltà, non ancora del tutto risolta nella
pratica clinica, risiede nel non poter sempre distinguere un’oscillazione del DB da un episodio
vero e proprio di BTcP. Di conseguenza, i comportamenti terapeutici sono sostanzialmente
diversi; ad esempio, alcuni Autori trattano impropriamente tutte le oscillazioni circadiane del
dolore con somministrazioni di oppioidi di salvataggio (rescue), come se fossero sempre oscillazioni del DB [8].
BTcP: patogenesi
I meccanismi patogenetici alla base del BTcP
sono probabilmente eterogenei. Il BTcP può dipendere da stimoli responsabili di un eccesso im-
Tabella 1 Classificazione APM delle categorie e sottocategorie del BTcP, basata sui meccanismi patogenetici
Tipi di BTcP
Sottotipi
Dolore idiopatico o spontaneo:
gli episodi non sono correlati a un fattore scatenante
identificabile e sono pertanto di natura imprevedibile
Dolore incidente:
gli episodi sono correlati a un fattore scatenante
identificabile e sono in qualche modo prevedibili
Dolore incidente volontario:
dovuto a un atto volontario (es. camminare)
Dolore non volontario:
dovuto a un atto involontario (es. tossire)
Dolore procedurale:
correlato a un intervento terapeutico
(es. medicazione di una ferita)
APM Association for Palliative Medicine of Great Britain and Ireland, BTcP breakthrough cancer pain
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Tabella 2 Potenziali meccanismi fisiopatogenetici nel BTcP [14]
Eccesso di stimoli
Modificazioni del sistema somatosensoriale
Generato da: stimoli che agiscono
sul tessuto leso o stimoli indotti dal
tessuto patologico su tessuti adiacenti
Generato da: abbassamento della
soglia dei nocicettori o dei siti
ectopici con allodinia o iperalgesia
Generato da: aumento
temporaneo della
sensibilizzazione
dei neuroni spinali
Durata: breve e strettamente dipendente
dalla durata dello stimolo (movimento,
postura e/o sue variazioni, defecazione ecc.)
Durata: variabile
Durata: non breve
Tipologia: aumento del DB con le stesse
caratteristiche o comparsa di una tipologia
di dolore differente per coinvolgimento
di altre strutture sensibili (compressione
dei tessuti vicini)
Tipologia: aumento del DB,
con le stesse caratteristiche
Tipologia: caratteristiche
a volte differenti
da quelle del DB
Sede: stessa sede del DB o nelle sedi dei tessuti Sede: stessa sede del DB
coinvolti dalla neoplasia direttamente o come
risultato della sua azione sul sistema nervoso
sensitivo che innerva l’area/aree del dolore percepito
Sede: una maggiore
estensione del DB
e comparsa di dolore
riferito in aree distanti
BTcP breakthrough cancer pain, DB dolore di base
provviso di impulsi nervosi afferenti oppure da
un’alterazione che si origina all’interno del sistema somatosensoriale [14]. Le ipotesi patogenetiche del BTcP sono riportate nella Tabella 2.
Un primo possibile meccanismo nell’insorgenza del BTcP è costituito da un aumento temporaneo di stimoli afferenti secondari al coinvolgimento di tessuti vicini in seguito a fattori dipendenti dalla lesione neoplastica primaria (o secondaria) oppure in seguito alla genesi di ulteriori
stimoli algogeni provenienti dal tessuto neoplastico. La massa neoplastica può determinare una
stimolazione temporanea attraverso il coinvolgimento di strutture sensibili vicine (es. compressione
di un nervo). Allo stesso tempo, un nuovo stimolo
(es. secondario a un movimento o alla deglutizione), non necessariamente doloroso in condizioni
normali, può superare la soglia dei nocicettori così
da generare un dolore più o meno intenso (mecca-
nismo: allodinia da stimolo non doloroso e iperalgesia da stimolo doloroso). Una delle caratteristiche
cliniche del dolore originatosi con questo meccanismo è che la sua estensione può essere talvolta limitata al tessuto in cui si origina; in altri casi,
quando la neoplasia interessa i tessuti vicini, il dolore si manifesta anche in altre sedi (es. nel territorio di innervazione delle strutture nervose
coinvolte). La durata del dolore in genere è correlata alla durata dello stimolo (es. movimento, postura o sue modifiche, defecazione ecc) [15].
Un secondo possibile meccanismo nella genesi del BTcP è caratterizzato dall’aumento della
“sensibilizzazione periferica” dei terminali tissutali, dei nocicettori o dei siti ectopici neoformatisi in seguito alle modifiche anatomo-funzionali
causate dalla patologia oncologica, che può abbassare la soglia del nocicettore o del sito ectopico [15].
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Un terzo meccanismo potenzialmente responsabile dell’insorgenza del BTcP è rappresentato da
un aumento della sensibilizzazione dei neuroni spinali – fenomeno definito sensibilizzazione centrale
– in seguito all’incremento spazio-temporale delle
afferenze che originano dai recettori periferici, non
attivati in condizioni normali. Ciò può avvenire
quando aumenta l’input sensitivo trasportato dalle
fibre C, in seguito al reclutamento dei cosiddetti
“nocicettori silenti” [16]. I nocicettori silenti sono
localizzati in numero elevato nel sistema viscerale,
ad esempio nell’intestino, e non sono perciò attivati in condizioni fisiologiche (es.,in assenza di infiammazione cronica).
Il Breakthrough/Episodic Pain Italian Study
Group ha fornito importanti dati sulla differente
incidenza del BTcP nelle diverse regioni del
corpo, confermando indirettamente il terzo meccanismo patogenetico: il BTcP comparirebbe con
maggiore frequenza nei tratti gastrointestinale e
urogenitale, nella mammella e nel polmone, in
quanto queste strutture anatomiche sono più ricche di recettori silenti e di fibre Aδ, attivate da
stimoli meccanici e chimici legati alla presenza
di tessuto neoplastico [17].
Se il dolore è dovuto al terzo meccanismo,
proprio a causa delle caratteristiche funzionali dei
neuroni spinali sensibilizzati, la percezione del
dolore si estende in aree più ampie rispetto a
quelle proprie del DB e persiste per più tempo; si
differenzia perciò da quello che avviene quando
sono coinvolti i primi due meccanismi, “periferici” [18].
Secondo questa analisi della patogenesi del
BTcP, quando esso è localizzato nel territorio del
DB, probabilmente è dovuto a meccanismi periferici. Se l’esacerbazione acuta improvvisa viene
percepita in un’area più estesa rispetto a quella
del DB (senza seguire un particolare territorio di
innervazione o d’organo), probabilmente sono
già interessati in modo predominante i sistemi
neuronali spinale e sovraspinale [18].
7
Infine, la comparsa di un’esacerbazione algica, anche con caratteristiche del BTcP, in
un’area differente dalla sede della neoplasia principale può essere secondaria a una localizzazione
metastatica.
ASPETTI FARMACOLOGICI E BTcP
Tra le vie di somministrazione di fentanil – il
principio attivo più utilizzato per il trattamento
del BTcP – la via prevista per i preparati attualmente disponibili è quella transmucosale (buccale, sublinguale o nasale).
Di seguito sono analizzate le caratteristiche
che differenziano le vie transmucosali utilizzate
per la somministrazione di fentanil e dei preparati attualmente disponibili in Italia.
La mucosa orale: caratteristiche generali e
vie di somministrazione transmucosale
La mucosa orale è dotata di proprietà fisiologiche che ben si addicono alla somministrazione
farmacologica, in virtù della sua superficie
ampia, della temperatura uniforme, di vascolarizzazione e permeabilità elevate. Essa offre, pertanto, le condizioni favorevoli per un rapido
assorbimento, rappresentando una via di somministrazione particolarmente indicata negli stati
patologici che necessitano di una rapida risposta
terapeutica, come il BTcP. Inoltre, la somministrazione per via orale transmucosale esclude il
filtro epatico, eliminando l’effetto di primo passaggio e accelerando l’azione terapeutica [19].
È importante notare che le cellule epiteliali
che compongono la mucosa orale non sono in
contatto le une con le altre attraverso tight junctions (giunzioni tipiche della mucosa intestinale
e della mucosa nasale), bensì attraverso desmosomi ed emidesmosomi, giunzioni più allentate, il
che ha un effetto favorevole sul transito e il flusso
di sostanze [19].
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Strato superficiale
Strato intermedio
Granuli che rivestono
la membrana
Strato delle cellule spinose
(prickle cells)
Strato basale
Fig. 2 Stratificazione della mucosa orale [19]. Riprodotto con autorizzazione da Campisi et al. [19]
Via transcellulare
Via paracellulare
Fig. 3 Vie di transito delle sostanze attraverso la mucosa orale [19]. Riprodotto con autorizzazione da Campisi et al. [19]
Nella cavità orale si riconoscono la mucosa
palatale, la mucosa gengivale, la mucosa buccale
propriamente detta, in corrispondenza delle
guance, e la mucosa sublinguale. Le mucose sublinguale e buccale, non cheratinizzate, sono più
adatte ad assorbire sostanze; tuttavia, l’elevato
spessore della mucosa buccale, corrispondente a
500-600 µm, ne riduce la permeabilità [19]. Il ridotto spessore e l’elevato grado di permeabilità
della mucosa sublinguale rispetto a quella buccale conferiscono a quest’area le proprietà più favorevoli per assorbire sostanze [19].
Un’esplorazione più accurata dell’epitelio pluristratificato di rivestimento della mucosa orale
permette di distinguere lo strato costituito dalle
cosiddette prickle cells, o cellule spinose, da cui
diffondono granuli di materiale fosfolipidico che
si interpongono tra le cellule epiteliali (Fig. 2).
La composizione fosfolipidica di tale sostanza,
benché costituisca in parte una barriera, contribuisce a creare uno spazio intercellulare mobile,
che permette il flusso di sostanze [19].
In definitiva, si possono riconoscere due vie
di transito delle sostanze, così come dei farmaci,
attraverso la mucosa orale: la via transcellulare,
percorsa dalle sostanze liposolubili (come fentanil) che sono in grado di attraversare le membrane cellulari; e la via paracellulare, preferita
dalle sostanze più idrosolubili, che fluiscono attraverso il materiale fosfolipidico intercellulare
(Fig. 3) [19].
Il numero di farmaci somministrati per via
orale in grado di sfruttare la via transcellulare è limitato, perché tali sostanze devono possedere determinate proprietà chimico-fisiche dominate da
un preciso equilibrio tra idrosolubilità e lipofilicità [20].
Un ulteriore elemento implicato nel processo
di assorbimento di sostanze attraverso la mucosa
orale è rappresentato dalla saliva, che svolge mol-
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teplici funzioni fisiologiche. Le ghiandole salivari
complessivamente producono più di 1 litro di saliva al giorno. Esse si distinguono in ghiandole salivari maggiori e minori. Le prime secernono
prevalentemente la componente salivare acquosa,
mentre le seconde, in particolare le ghiandole sublinguali, hanno il compito di secernere la componente salivare viscosa, ricca di mucine [20].
La via di somministrazione sublinguale
Uno studio condotto nel 1998 ha osservato che la
mucosa sublinguale, sebbene relativamente più
permeabile di quella buccale, non fornisce una
via di somministrazione transmucosale idonea: la
regione sublinguale è priva di una sottostante
struttura di sostegno e rinforzo muscolare, di cui
è invece dotata la mucosa buccale e che conferisce fissità e solidità all’epitelio [20]. L’epitelio
sublinguale, inoltre, è continuamente dilavato da
abbondanti flussi di saliva, che rendono difficoltosa la persistenza di un farmaco sotto la lingua.
Pertanto, secondo questo studio, la mucosa sublinguale, pur garantendo una rapida insorgenza
dell’azione farmacologica grazie all’elevata permeabilità e all’abbondante irrorazione, offrirebbe
un’efficace via di somministrazione esclusivamente per farmaci a rapido assorbimento [21]. Il
rilascio di farmaco, tuttavia, può essere influenzato anche dalla concentrazione di muco nella saliva; l’adesione al muco permette al farmaco di
non essere rimosso facilmente dalla saliva e di
permanere più a lungo a contatto con l’epitelio
mucosale, tanto da poter essere assorbito efficacemente. Secondo questo principio sono state formulate le sostanze mucoadesive, che bloccano il
farmaco a livello sublinguale [22].
Un recente studio ha dimostrato che l’efficienza della somministrazione per via transmucosale è limitata da tutti quei fattori che
favoriscono la presenza nella cavità orale del farmaco libero, quindi prono a essere deglutito [23].
9
Tra questi fattori gioca un ruolo determinante la
secrezione della componente acquosa della saliva, che causa il rilascio del farmaco nella cavità
orale [23]. Tuttavia, se il farmaco aderisce alla
mucosa, l’assorbimento è assicurato e l’esposizione sistemica sarà ampiamente determinata
dalle proprietà chimico-fisiche del farmaco [23].
È stato riportato che il grasso buccale e sublinguale può assorbire la buprenorfina, ritardandone così l’aumento dei livelli plasmatici e
l’emivita [24]. Dato che fentanil condivide queste proprietà lipofiliche, è possibile che si verifichi ritenzione nel grasso buccale. Tuttavia, a
quanto ci risulta, questo fenomeno non sembra
essere importante nel determinare l’assorbimento
del fentanil transmucosale per via orale.
Proprietà farmacologiche di fentanil
Farmacodinamica
Fentanil, agonista puro dei recettori µ, è un oppiaceo sintetico caratterizzato da un’azione a rapida insorgenza e di breve durata (indicato per il
BTcP) e con una potenza 50-100 volte superiore
rispetto a quella della morfina. In formulazione
orale transmucosale, la sua efficacia analgesica,
proporzionale alla concentrazione plasmatica, si
esplica a 0,3-1,2 ng/ml di sangue, mentre la depressione respiratoria si osserva tra i 10 e i 20
ng/ml [25].
Farmacocinetica
Fentanil è una molecola altamente lipofilica, in
grado di attraversare rapidamente la barriera ematoencefalica e di essere rapidamente assorbita a livello sublinguale. È metabolizzata dal CYP3A4, il
citocromo maggiormente responsabile di interazioni farmacologiche: pertanto occorre prestare
particolare attenzione ai farmaci assunti in concomitanza [25]. Inoltre, bisogna avere presente che la
cinetica di fentanil può essere influenzata nel tempo
dal suo accumulo nel grasso e nel muscolo, il che,
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in seguito a somministrazione cronica ripetuta, può
prolungare l’emivita di fentanil, fenomeno che, a
sua volta, potrebbe essere pericoloso per la vita.
Fentanil è disponibile in Italia nelle seguenti
formulazioni:
– fentanil citrato transmucosale orale (Actiq®,
Teva, Milano, Italia);
– fentanil per via buccale in compresse (Effentora®, Cephalon Europe, ora Teva, Haarlem,
Paesi Bassi);
– fentanil per via sublinguale in compresse (Abstral®, ProStrakan, Galashiels, UK);
– fentanil intranasale spray (Instanyl®, Takeda
Pharmaceuticals, Zurigo, Svizzera);
– fentanil intranasale spray con pectina
(PecFent®, L. Molteni & C, Scandicci, Italia).
In Italia, dal 2014 è disponibile il fentanil in
BioErodible MucoAdhesive (BEMA) disk (Breakyl®, Meda Pharma GmbH & Co. KG, Bad Homburg, Germania), mentre il fentanil sublinguale
spray non lo è ancora. Ciascuna via di somministrazione presenta benefici e rischi, come mostrato nella Tabella 3 [25-32].
Formulazione buccale e sublinguale:
dati di letteratura
Una review di recente pubblicazione ha confrontato il profilo farmacocinetico di due diverse formulazioni transmucosali e di una formulazione
intranasale di fentanil (Actiq®, Effentora® e Instanyl®, rispettivamente), evidenziando come la
formulazione debba essere scelta prendendo
in considerazione le esigenze del paziente, l’andamento del dolore, la sua insorgenza e persistenza [33].
Uno studio del 2006 ha valutato la bioequivalenza di dosi uguali di fentanil per via buccale,
quando somministrato in quattro compresse da
100 µg oppure in un’unica compressa da 400 µg
[34]. Lo studio ha mostrato che 400 µg di Effentora® in singola compressa e quattro compresse di
Adv Ther
Effentora® da 100 µg l’una, somministrate per via
buccale, non sono bioequivalenti in virtù della differente superficie di assorbimento esposta [34].
Nonostante questa evidenza, uno studio del 2008
avrebbe dimostrato la bioequivalenza tra il posizionamento buccale e quello sublinguale di Effentora® in compresse da 400 µg in volontari sani
[35]. Ciò contrasta con il concetto che, se un farmaco privo di molecole mucoadesive viene posizionato sotto la lingua, il suo assorbimento
dovrebbe essere ridotto rispetto alla via di somministrazione buccale (Fig. 4a, b) [35]. Inoltre, i risultati di questo studio dovrebbero essere
considerati validi solo per il dosaggio di 400 µg e
non dovrebbero essere estrapolati ad altri dosaggi
del farmaco; la bioequivalenza riguarda esclusivamente il dosaggio di 400 µg e la bioequivalenza
ad altri dosaggi richiederebbe di essere confermata
in un trial clinico.
In accordo con questa affermazione, un recente articolo pubblicato sul New England Journal of Medicine da membri della US Food and
Drug Administration riporta che budeprione, la
versione generica di bupropione, è bioequivalente
al farmaco di marca al dosaggio di 150 mg,
ma non a quello di 300 mg, suggerendo di fatto
che la bioequivalenza a dosaggi diversi non
debba essere estrapolata ma dimostrata da studi
clinici [36].
Esistono differenze sostanziali tra i farmaci
formulati per la somministrazione sublinguale,
come Abstral®, e quelli destinati alla via buccale,
come Effentora®. Gli eccipienti di Effentora® non
contengono le sostanze mucoadesive che conferiscono ad Abstral® la capacità di assorbimento
sublinguale: nel caso specifico la croscarmellosa,
un potente disaggregante migliorativo dell’assorbimento con azione biomucoadesiva, e la cellulosa microcristallina silicizzata, un legante della
compressa e allo stesso tempo un agente che
promuove la disintegrazione e la biomucoadesione [37].
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Tabella 3 Vantaggi e svantaggi delle differenti vie di somministrazione disponibili per il trattamento del BTcP [25]
Via di somministrazione
delle formulazioni disponibili
Vantaggi
Svantaggi
Transmucosale orale
Fentanil citrato transmucosale
orale (Actiq®, Teva,
Milano, Italia)
• La dose assorbita per via mucosale
(25%) evita il metabolismo
epatico di primo passaggio
• Rapida insorgenza di azione
• È possibile interrompere la
somministrazione se si
sviluppa tossicità
• Utilizzabile per pazienti anziani
e in età pediatricaa
• Utilizzabile nei pazienti non in
grado di deglutire o che trovano
difficile deglutire i farmaci a
causa di nausea/vomito
• L’area di assorbimento
[26]
è relativamente ridotta
• Può essere difficoltoso
per pazienti con secchezza
delle fauci/mucosite
• L’aspetto da “lecca lecca”
può essere percepito
come infantile
• Possibilità di carie dentaria
con uso prolungato
• L’assorbimento può
essere variabile
• Può essere necessario
istruire i pazienti a un
uso corretto
• Richiede tempo per dissolversi
• Permeabilità della membrana
[27]
buccale inferiore rispetto
(Fentora)
a quella sublinguale
[28]
• Superficie ridotta
(Onsolis)
dell’area di assorbimento
• Può essere difficoltoso
per pazienti con secchezza
delle fauci/mucosite
Transbuccale
Fentanil per via buccale in
compresse (Effentora®,
Cephalon Europe, ora Teva,
Haarlem, Paesi Bassi)
Fentanil per via buccale in film
solubile (Onsolis®, Meda
Pharmaceuticals, Somerset,
New Jersey, USA)
• La dose assorbita per via
mucosale (48% con le compresse
per via buccale; 51% con il film
solubile) evita il metabolismo
epatico di primo passaggio
• Rapida insorgenza di azione
• Maggiore biodisponibilità
rispetto ai prodotti transmucosali
• Utilizzabile nei pazienti non in grado
di deglutire o che trovano difficile
deglutire i farmaci a causa di
nausea/vomito
Sublinguale
• La dose assorbita per via mucosale •
Fentanil per via sublinguale
evita il metabolismo epatico
®
in compresse (Abstral ,
di primo passaggio
ProStrakan, Galashiels, UK)
• Rapida insorgenza di azione
•
Fentanil per via sublinguale spray • Utilizzabile nei pazienti non
in grado di deglutire o che
(SubsysTM, Insys
Therapeutics, Chandler,
trovano difficile deglutire
Arizona, USA)
i farmaci a causa di nausea/vomito •
Può essere difficoltoso
per pazienti con secchezza
delle fauci/mucosite
Il farmaco e il sistema
di erogazione possono
essere ingeriti insieme
alla saliva
Può essere limitato
alle dosi più basse
Studi clinici
registrativi
[29]
(Abstral)
[30]
(Subsys)
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Tabella 3 continuazione
Via di somministrazione
delle formulazioni disponibili
Vantaggi
Svantaggi
Studi clinici
registrativi
Intranasale
Fentanil intranasale spray
(Instanyl®, Takeda
Pharmaceuticals, Zurigo,
Svizzera)
Fentanil intranasale spray
con pectina
(PecFent®, L. Molteni
& C, Scandicci, Italia)
• La dose assorbita per via sistemica
evita il metabolismo epatico
di primo passaggio
• Può essere somministrato
dai caregiver
• Rapida insorgenza
di azione
• Conveniente
• Utilizzabile nei pazienti
non in grado di deglutire
o che trovano difficile
deglutire i farmaci
a causa di nausea/vomito
• Può essere necessario
istruire i pazienti sulla tecnica
corretta per gli spray intranasali
• Possibilità di eventi avversi
nel sito di applicazione,
compresa irritazione nasale
• Può essere inadatto per pazienti
raffreddati o con malattie che
modificano la mucosa nasale
• La quantità di farmaco assorbito
può essere variabile
• Il gocciolamento nasale o la
deglutizione possono influire
sull’assorbimento
• Può essere difficoltoso per
pazienti con scarsa manualità
• Dose limitata a <0,2 ml
[31]
(Instanyl)
[32]
(Lazanda)
BTcP breakthrough cancer pain
Actiq® non è indicato per l’utilizzo nei pazienti in età pediatrica
a
Diversificazione degli approcci
terapeutici nel BTcP
Nel 2009, sono state pubblicate specifiche raccomandazioni per la gestione del BTcP che comprendevano un algoritmo per la titolazione della
dose [2]. In caso di mancato controllo del dolore o
in presenza di effetti avversi con gli oppioidi orali
somministrati per via transmucosale, la dose del
farmaco deve essere titolata. La titolazione è essenziale, perché le caratteristiche della mucosa
orale differiscono tra i diversi pazienti e il trattamento del BTcP deve essere personalizzato; questo implica che è necessario disporre di strumenti
terapeutici adeguati. Gli strumenti attualmente disponibili sono molteplici e diversi, ma non è possibile dichiarare la superiorità di un prodotto
rispetto a un altro, bensì solo la validità e l’effica-
cia di un prodotto in relazione alle esigenze e alle
caratteristiche individuali e del dolore del singolo
paziente. Non è quindi corretto considerare come
equivalenti formulazioni differenti: le somministrazioni sublinguali devono essere riconosciute
come tali e distinte da altri tipi di somministrazione
transmucosale. Il mantenimento della diversificazione degli approcci terapeutici, basata sulla complessità biologica del paziente e sulle differenze
farmacologiche di ciascuna formulazione transmucosale, consente di offrire al paziente un vasto
armamentario terapeutico, da cui attingere a seconda dei bisogni individuali.
La via intranasale
La via intranasale è un’altra importante via non
invasiva per la somministrazione sistemica e, al
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Concentrazione plasmatica di fentanil (ng/ml)
(a)
FBT 400 µg per via buccale
1
FBT 400 µg per via sublinguale
0,1
1
0,1
0,01
0,01
0,001
0
1
2
3
4
0,001
0
4
8
12
16
20
24
Tempo dalla somministrazione (h)
(b)
Parametro (unità)
Via di somministrazione (n = 78)
Rapporto sublinguale/buccalea
IC 90%a
buccale
sublinguale
Cmax (ng/ml) [media±DS]
0,97 ± 0,35
0,85 ± 0,35
0,868
0,815, 0,924
AUC∞ (ng•h/ml) [media±DS]
6,22 ± 2,13
5,88 ± 2,34
0,947
0,901, 0,995
AUCtmax’ (ng•h/ml) [media±DS] 0,35 ± 0,16
0,35 ± 0,16
NA
NA
tmax (h) [mediana (range)]
0,78 (0,17–3,00)
NA
NA
0,75 (0,33–3,13)
a
Basato sulle medie geometriche dei minimi quadrati; IC 90% ritrasformato dalle medie dei minimi quadrati calcolate con l’analisi
della varianza. Criteri per la bioequivalenza = IC 90% all’interno dell’intervallo da 0,80 a 1,25.
AUC∞ = area sotto la curva concentrazione plasmatica del farmaco nel tempo da zero all’infinito; AUCtmax’ = AUC dal tempo 0 a tmax’ (tmax
mediano di una compressa buccale di fentanil 400 µg somministrata per via buccale); IC = intervallo di confidenza; Cmax = massima concentrazione plasmatica del farmaco osservata; NA = non applicabile; tmax = tempo alla massima concentrazione plasmatica del farmaco
osservata.
Fig. 4 Concentrazioni plasmatiche di fentanil e parametri farmacocinetici relativi alle vie di somministrazione
buccale e sublinguale. (a) Logaritmo delle concentrazioni plasmatiche di fentanil dopo somministrazione di
una singola dose da 400 µg in compresse per via buccale
e sublinguale e (b) i relativi parametri farmacocinetici
[35]. FBT fentanil per via buccale in compresse. Riprodotto con autorizzazione da Darwish et al. [35]
pari della via transmucosale orale, offre i vantaggi di un rapido assorbimento, assenza di metabolismo di primo passaggio e rapida risposta
terapeutica. La zona respiratoria, attorno al turbinato inferiore, è la zona di massimo assorbimento
dei farmaci a causa della sua estesa area, elevata
permeabilità e abbondante vascolarizzazione
[38]. L’epitelio che riveste le fosse nasali è costituito da cellule basali, cellule ciliate e cellule
secernenti il muco (goblet cells). A differenza
della mucosa orale, le giunzioni tra una cellula e
l’altra sono strette e limitano il passaggio di sostanze [38]. Si riconoscono un passaggio transcellulare e uno paracellulare.
La formulazione spray attualmente disponibile, Instanyl®, in cui il farmaco viene assorbito in
modo passivo, presenta una limitazione dovuta
alla variabile quantità di soluzione che entra nella
faringe e viene quindi deglutita. Per superare questo problema è stata sviluppata una nuova formulazione di fentanil in associazione con pectina,
un polimero mucoadesivo, che nella cavità nasale
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forma un gel dal quale il principio attivo è rilasciato e assorbito. Quindi, anche nella somministrazione transmucosale nasale, sono stati
sviluppati sistemi basati sull’uso di sostanze mucoadesive per controllare e aumentare l’assorbimento sistemico [38].
ASPETTI PRATICI DEL TRATTAMENTO
DEL BTcP
Premesse generali
Gli aspetti clinici e farmacologici precedentemente
analizzati sono cruciali per comprendere perché,
nella pratica clinica, l’approccio terapeutico ottimale al BTcP debba seguire regole e principi differenti rispetto a quelli del trattamento del DB. La
terapia antalgica farmacologica del BTcP dovrebbe
sempre basarsi su un’integrazione fra i due schemi
terapeutici, quello per il DB e quello per il BTcP.
D’altra parte, nel trattamento del BTcP numerose
importanti variabili possono influire nella scelta
iniziale del principio attivo da utilizzare, nella sua
eventuale sostituzione e nella decisione sulla via e
modalità di somministrazione: le caratteristiche del
paziente e del suo nucleo familiare e di supporto
(es. un caregiver professionale), la composizione
del team assistenziale, il setting terapeutico e il
quadro organizzativo-gestionale-economico e normativo locale, un insieme generalmente definibile
come “contesto” (Tabella 4).
Il BTcP rappresenta un problema clinico
molto diffuso e sottotrattato nei pazienti oncologici, anche nei casi in cui il DB sia ben controllato dalla terapia antalgica [2]. Tuttavia, è una
comune osservazione clinica il fatto che non sia
sempre facile distinguere fra le oscillazioni di intensità del DB e il BTcP. Nella letteratura scientifica non è disponibile una chiara definizione di
“adeguato controllo del DB”, benché questa condizione sia ritenuta indispensabile da tutte le linee
guida per iniziare il trattamento specifico del
Adv Ther
BTcP. A nostro avviso, dal punto di vista clinico,
“adeguato controllo del dolore”, sia nel DB che
nel BTcP, significa un effetto antalgico in grado
di ridurre l’intensità del dolore a un valore ≤2 su
una NRS. Questo vale quale che sia l’intensità del
dolore – DB o BTcP – prima dell’inizio del trattamento farmacologico. È pertanto raccomandabile che i pazienti oncologici affetti da dolore
vengano costantemente osservati e monitorati sin
dalla fase iniziale del trattamento con oppioidi,
lasciando alla valutazione e all’esperienza di ciascun clinico la scelta di iniziare l’utilizzo degli
oppioidi a rapida insorgenza d’azione (rapidonset opioids, ROO) o di altri sistemi antalgici,
quali la patient controlled analgesia (PCA); si
suggerisce però che la somministrazione dei farmaci per via parenterale avvenga solo in ambiente ospedaliero [39-41].
La disponibilità dei farmaci antalgici – degli
oppioidi in particolare – è differente in ciascun
Paese, in conseguenza della variabilità delle politiche di registrazione e di commercializzazione;
alcuni preparati, molto utilizzati in un Paese, possono non essere disponibili in un altro. In Italia,
ad esempio, non sono disponibili la morfina per
monosomministrazione orale giornaliera o l’oxicodone a rilascio immediato. Nel nostro Paese
queste differenze sono presenti anche tra una Regione e l’altra e tra Aziende Sanitarie Locali
(ASL) e ospedali. Attualmente, in Italia solo il
medico di medicina generale (MMG) è sempre
autorizzato a prescrivere tutti gli oppioidi commercializzati nel Paese, assicurando al paziente e
alla famiglia la rimborsabilità da parte del Sistema Sanitario Nazionale (SSN).
Infine, in Italia, a differenza di quanto accade
in altri Paesi europei, le riacutizzazioni del dolore, anche in una fase relativamente avanzata ed
evolutiva della patologia oncologica, sono spesso
trattate con farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), in genere per via intramuscolare,
quale approccio di prima linea al BTcP [42]. Si
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Tabella 4. Variabili non farmacologiche fondamentali nella scelta del farmaco per il trattamento del BTcP
Variabili relative a
Aspetti specifici
1. Paziente
• Si veda la Tabella 6
2. Nucleo familiare
• Si veda la Tabella 7
• Numero dei componenti con ruolo di caregiver
• Aspetti relazionali interni al nucleo familiare
• Aspetti relazionali con il team assistenziale
3. Caregiver
• Si veda la Tabella 7
• Caregiver familiare
• Caregiver non familiare (professionista)
4. Team assistenziale
• Composizione del team
• Livello delle conoscenze (team dedicato o non dedicato alle cure palliative)
• Livello di autonomia operativa anche in riferimento al setting d’intervento
• Tempo a disposizione
• Preferenze per i farmaci a disposizione basate su precedenti esperienze
5. Setting terapeutico
• Assistenza domiciliare: modalità di assistenza palliativa fornita dal MMG
oppure modalità “ospedale a domicilio” con assistenza palliativa specialistica
• Hospice
• Unità specialistica di degenza (non di cure palliative)
• Day hospice o day hospital
• Ambulatorio
– di cure palliative
– di terapia del dolore
– di altra specialità
– del MMG
• Ospitalità in struttura socio-sanitaria (es. RSA)
6. Contesto
• Variabili relative agli aspetti organizzativi-gestionali-economici
• Variabili normative (es. autonomia prescrittiva)
BTcP breakthrough cancer pain, MMG medico di medicina generale
tratta di schemi terapeutici inappropriati, non raccomandati dalle linee guida, ma adottati assai ampiamente, soprattutto in ambito ospedaliero. Il
reale impatto dell’utilizzo dei FANS dovrebbe essere maggiormente approfondito in termini sia
qualitativi sia quantitativi [43].
Aspetti specifici
Nell’approccio clinico al BTcP devono essere
considerate tutte le variabili elencate nella Tabella 4. Questa tipologia di approccio “globale”
deve essere attuata in entrambe le fasi del per-
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Tabella 5. Rapid Onset Opioids (ROO) a base di fentanil disponibili in Italia per il trattamento del BTcP
Via di somministrazione
Acronimo
Anno di
primo
utilizzo
clinico in
Italia
Fornice gengivale (buccale) OTFC
2005
Mucosa orale (compresse
effervescenti)
FBT
2006
Sublinguale (bioadesivo)
SLF
2010
Nasale (soluzione acquosa)
INFS
2011
Nasale pectina
FPNS
2011
Mucosa orale (bioadesivo)
FBT-B
2014
BTcP breakthrough cancer pain
corso clinico: (a) nella fase iniziale della scelta
del principio attivo e della via e modalità di somministrazione; e (b) nelle fasi successive, caratterizzate dal raggiungimento del dosaggio
giornaliero ottimale, ma anche in caso di switch
del farmaco inizialmente utilizzato a causa di
inefficacia, intollerabilità o difficoltà di somministrazione. Deve essere anche ricordato che il
concetto di rotazione degli oppioidi o di switch
dell’oppioide è stato sviluppato nell’ambito del
trattamento del DB e che è stato maggiormente
studiato in questo settore [39] piuttosto che nel
BTcP.
L’erroneo concetto secondo cui i sistemi di
somministrazione dei ROO sono sovrapponibili
nell’uso clinico in quanto rilasciano tutti un identico principio attivo – il fentanil – è ancora vivo,
mentre non si è ancora diffuso sufficientemente il
concetto che ciascun prodotto ha una propria specificità e appropriatezza d’uso. Dobbiamo arrivare a una scelta razionale, basata sulla
personalizzazione della terapia da effettuarsi tramite un’accurata valutazione di tutte le variabili
di seguito analizzate, per la quale si propone la
definizione di target BTcP opioid therapy.
Probabilmente, i fattori di inappropriatezza attualmente più diffusi in Italia nel trattamento del
BTcP sono i seguenti:
1. Mancato riconoscimento clinico di questa entità algica, a causa di un’insufficiente modalità
di rilevazione e monitoraggio giornaliero del
dolore, anche se questo è un adempimento
previsto dall’art. 7 della Legge 38/2010 [44].
Questa grave carenza emerge chiaramente
ogni anno dai Rapporti che il Ministro della
Salute è tenuto a comunicare al Parlamento
per adempiere all’art. 11 della Legge 38/2010
[45].
2. Utilizzo dei FANS, soprattutto per via intramuscolare, anche nel caso di BTcP con episodi giornalieri ripetuti.
3. Utilizzo di oppioidi minori per via orale anche
nel caso di riacutizzazioni intense.
4. Utilizzo “dogmatico” della morfina orale a rilascio immediato, indipendentemente dalla
valutazione comparativa di efficacia in ciascun paziente, soprattutto per ciò che riguarda
la rapidità di azione e il profilo di effectiveness
(rapporto tra efficacia e tollerabilità) [39,
46-48].
5. Utilizzo costante dello stesso sistema ROO di
fentanil, tra i sei approvati per l’utilizzo clinico in Italia dal 2005 (Tabella 5), indipendentemente dalla valutazione preventiva della
situazione clinica e delle preferenze del paziente e del supporto potenziale che può essere offerto dalla famiglia o dal caregiver al
team terapeutico.
Spesso le cause di tali comportamenti prescrittivi, soprattutto quelli indicati ai precedenti
punti 3, 4 e 5, sono indipendenti dal livello di specifica conoscenza dei clinici, ma derivano da variabili fuori dal loro controllo quali, ad esempio,
un’applicazione superficiale dei principi farmacoeconomici da parte degli organi decisori degli
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Tabella 6. Variabili non farmacologiche relative al paziente da valutare nella scelta del farmaco per il trattamento
del BTcP
1. Preferenza in riferimento alle vie di somministrazione disponibili
2. Presenza di grave xerostomia o di altre patologie buccali
3. Grado di compromissione dell’autonomia funzionale (es. allettamento e posture obbligate)
4. Grado di compromissione della motricità (in particolare agli arti superiori e alle mani)
5. Presenza di automatismi buccali (es. di masticamento)
6. Livello cognitivo-relazionale
7. Stato di coscienza
BTcP breakthrough cancer pain
acquisti. Si preferisce spesso utilizzare farmaci
che costano meno, come quelli indicati ai punti
2, 3 e 4, pur essendo ormai evidente che non sempre essi rappresentano il trattamento ottimale nel
BTcP.
I FANS, ad esempio, sono associati a un gran
numero di effetti tossici [49]. Inoltre, la morfina
per os, anche nelle preparazioni a rilascio immediato, ha un tempo medio necessario per il
raggiungimento del picco d’azione significativamente più prolungato rispetto ai ROO [50].
Nel caso di oscillazioni del DB, la morfina a rilascio immediato per via orale può trovare indicazione quale farmaco di salvataggio,
necessario cioè per adeguare il trattamento ATC
rispetto alle oscillazioni circadiane del dolore
[39]. Un suo utilizzo “acritico”, nel caso di una
chiara presenza di BTcP, espone tuttavia i pazienti ad alcuni rischi: (a) persistenza di dolore
intenso, anche per 30 minuti dopo la comparsa;
(b) controllo non ottimale della riacutizzazione;
e (c) effetti farmacologici della morfina inutilmente prolungati nel tempo rispetto alla durata
dell’episodio di BTcP, in relazione all’emivita
farmacologica e antalgica dell’oppioide (3-4 ore
vs una durata media del BTcP di 60-90 minuti)
[50-52].
Variabili implicate nell’approccio terapeutico:
il paziente
Dal punto di vista del paziente, vanno presi attentamente in considerazione tutti i punti indicati
nella Tabella 6.
In un paziente con buone funzioni cognitivorelazionali e discreta autonomia motoria (in particolare agli arti superiori e alle mani), la scelta
della via e del sistema di somministrazione dovrebbe essere basata soprattutto sulla sua preferenza. È stato dimostrato che ciò è fattibile nella
pratica clinica [53]. Si tratta di informare e
istruire il paziente sulle quattro vie di assunzione
possibili (fornice gengivale, mucosa sublinguale,
mucosa orale e mucosa nasale) e sui sei sistemi
esistenti [54]. Il tempo dedicato a istruire il paziente è compensato da una sua maggiore adesione allo schema terapeutico e dalla riduzione
dei tassi di inefficacia conseguenti a uno scorretto
utilizzo del sistema scelto. È anche evidente che
i sistemi per i quali le istruzioni relative alle modalità di somministrazione sono più semplici
hanno una maggiore garanzia di successo in
pazienti già messi alla prova dal dolore e dalla
sofferenza quotidiani. In un recente studio multicentrico europeo, la via orale è risultata quella generalmente più apprezzata [53].
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Un recente studio comparativo fra tre ROO a
base di fentanil (due transmucosali orali e uno nasale), anche se condotto in un numero limitato di
pazienti, ha mostrato che un prodotto specificamente sviluppato per l’utilizzo sublinguale era
quello maggiormente gradito dai pazienti a motivo della sua mucoadesività e rapidità di dissoluzione e assorbimento [33].
Nel caso di utilizzo della via orale, i pazienti
devono essere avvertiti di evitare la deglutizione
dei ROO prima della loro completa dissoluzione,
al fine di massimizzarne la biodisponibilità e di
non dover aumentare il dosaggio per ottenere un
effetto antalgico soddisfacente. Questo non è
sempre facile per il paziente, in quanto richiede di
mantenere fissate alla mucosa orale una o più
compresse senza proprietà mucoadesive, per almeno 10-15 minuti, sino a completa dissoluzione
[33-35].
L’utilizzo del sistema a “stick”, il primo a essere commercializzato in Italia nel 2005, che
deve essere fatto aderire al fornice gengivale, può
rappresentare la scelta preferita per alcuni pazienti. La stessa considerazione può essere fatta
per i due sistemi che rilasciano fentanil per via
nasale (in soluzione acquosa o pectina), nei quali
la maggiore rapidità d’azione è controbilanciata
dalla necessità che il paziente possegga un buon
livello di manualità nell’utilizzo e nel caricamento degli specifici dispositivi.
Un altro importante aspetto consiste nel valutare, già durante la fase di istruzione e della prima
prescrizione, l’effettiva capacità di assumere il
farmaco. Questo aspetto è stato recentemente definito “accessibilità” [33]. Ciò riguarda soprattutto le specifiche tecniche di confezionamento
di ciascun prodotto. Così, nell’utilizzo giornaliero, questi dispositivi apparentemente semplici
possono ridurre l’accessibilità. Nel contesto delle
cure palliative, va ricordato che le abilità e la motricità dei malati possono modificarsi rapidamente, ad esempio in relazione al peggioramento
Adv Ther
della sindrome astenia-anoressia-cachessia, a deficit neurologici oppure alle alterazioni cognitivorelazionali di seguito descritte.
Un’ulteriore variabile da tenere presente nella
scelta del farmaco è la capacità del paziente di
mantenere le posture obbligate necessarie (come
il mantenimento della posizione supina) oppure
l’eventuale incapacità di assumere la posizione
seduta o semiseduta.
Infine, devono essere considerate le modalità
di titolazione per raggiungere la dose efficace.
Tali modalità sono specifiche per ciascun ROO e
sono utilizzate correttamente solo nel 42% dei
casi trattati [3]. Infatti, anche se alcuni studi recenti hanno cercato di identificare un rapporto di
proporzionalità tra la dose dell’oppioide ATC utilizzato per il trattamento del DB e il dosaggio iniziale del ROO [55], l’indicazione generale è
quella di iniziare con il dosaggio minore disponibile per il ROO prescelto aumentandolo progressivamente sino al raggiungimento della dose
efficace [52]. Tale procedura – detta di “titolazione iniziale” – va sempre prevista nel passaggio
a un altro ROO in caso di progressiva perdita di
efficacia, dopo avere verificato che le modalità
di autosomministrazione siano state corrette.
Chiaramente questo aspetto assume una certa importanza nella scelta da parte del paziente, sia durante la fase della sua istruzione sia in quella di
prescrizione dei differenti dosaggi utilizzati durante la titolazione, finalizzati al rapido raggiungimento del dosaggio ottimale per il controllo del
BTcP.
La situazione è differente nel caso di: (a) pazienti con problemi cognitivo-relazionali, oppure
(b) con difficoltà motorie, soprattutto agli arti superiori e alle mani, oppure con difficoltà di coordinamento della complessa motricità buccale, in
particolare per i soggetti caratterizzati da movimenti automatici di espulsione buccale dei liquidi
e dei solidi. Soprattutto nelle fasi più avanzate di
malattia, ma anche nei soggetti anziani, si osserva
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spesso la presenza di movimenti inconsci di succhiamento o di espulsione di quanto introdotto da
terzi nella cavità orale.
Nella prima tipologia di pazienti, la scelta e la
modalità di somministrazione assumono grande
importanza e implicano un’operatività sempre
“attiva” da parte del team terapeutico e sempre
più “passiva” da parte del paziente. Qualora si
scelga di non passare alla somministrazione di
boli di oppioidi per via endovenosa, i ROO più
appropriati per questi pazienti sono quelli specificamente sviluppati per la via sublinguale o nasale (si vedano anche più avanti le sezioni
“Variabili implicate nell’approccio terapeutico:
il team assistenziale” e “Variabili implicate nell’approccio terapeutico: setting assistenziale”).
Nella seconda tipologia, quando le difficoltà sono
relative alla motricità, dovrebbe essere sempre richiesta una valutazione da parte del paziente in
riferimento alla sua preferenza.
Variabili implicate nell’approccio terapeutico:
famiglia e caregiver
Soprattutto nel contesto dell’assistenza domiciliare ma, a volte, anche per i malati assistiti in
RSA o negli Hospice, il nucleo familiare – e in
particolare il caregiver – riveste un ruolo fondamentale nella valutazione del dolore e nell’interazione con il team terapeutico, ma anche nella
somministrazione dei farmaci e nel monitoraggio
della loro efficacia.
Di norma, un importante criterio selettivo per
la presa in carico domiciliare da parte di un team
assistenziale di cure palliative è la presenza costante di un familiare con funzione di caregiver,
ma spesso questo prerequisito non viene rispettato. La composizione sociologica della famiglia
italiana, infatti, è sempre più caratterizzata dalla
presenza di nuclei familiari “allargati”, e l’assistenza è prestata nel corso della giornata da parenti diversi che si danno i turni; si va sempre più
diffondendo, perciò, la presenza di caregiver che
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non appartengono alla famiglia (badanti), senza
una specifica formazione infermieristica e di nazionalità, cultura e lingua non italiane. Inoltre,
sempre più frequentemente, il paziente è assistito
da un coniuge anziano, che può presentare a sua
volta problematiche di ridotta autonomia e di comorbilità fisica e neuropsichica, che ne limitano
la capacità di supporto al paziente.
Per quel che riguarda il trattamento del BTcP,
il team assistenziale dovrebbe approfondire quali
siano le potenzialità di supporto da parte del nucleo familiare e del caregiver prima di impostare
un corretto progetto terapeutico. A volte è presente più di un caregiver e la situazione è perciò
più complessa, rendendo difficoltoso il percorso
di istruzione sull’applicazione degli schemi terapeutici.
Quando il paziente è compliante e sufficientemente autonomo, il ruolo del caregiver è più
semplice, limitato a verificare se il paziente si autosomministra correttamente il farmaco per il
BTcP; il caregiver può migliorare l’accessibilità
al farmaco e verificare il numero esatto delle assunzioni di farmaco e la loro efficacia. Il caregiver può essere molto utile anche nel processo di
titolazione finalizzato al rapido raggiungimento
della dose efficace del ROO. Il caregiver può
anche fungere da interfaccia con il team assistenziale, descrivendo le caratteristiche della sintomatologia dolorosa e diventando, di fatto, un
utile osservatore di “terza parte”.
Il ruolo del caregiver professionale o dei familiari diventa sempre più importante con l’avanzare della malattia e con la progressiva perdita di
autonomia da parte del paziente. In assenza di un
ruolo attivo di supporto, il rischio è un insufficiente controllo del dolore durante la giornata,
con una conseguente richiesta di visite domiciliari “non programmate” da parte del team assistenziale (es. visite del MMG, dei componenti del
team di cure palliative o del servizio di continuità
assistenziale). In alcuni casi, soprattutto la notte
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Tabella 7. Variabili non farmacologiche relative ai familiari e al caregiver utili nella scelta del farmaco per il trattamento del BTcP
1. Preferenza per le vie di somministrazione disponibili
2. Eventuali esperienze pregresse nella somministrazione di farmaci
3. Livello di relazione fiduciaria con il malato
4. Grado di comunicazione possibile con il malato (si veda la Tabella 6)
5. Livello di comprensione e di integrazione con il team curante, soprattutto in relazione alle modalità di somministrazione (dispositivo) e titolazione
6. Stato di progressione della malattia
7. Presenza di uno o più caregiver familiari
BTcP breakthrough cancer pain
Tabella 8. Schema a matrice utile nella scelta del farmaco per il trattamento del BTcP
A. Non necessita di un
dispositivo specifico
B. Rapidità di dissoluzione
del prodotto una volta assunto
1. Semplicità d’uso (es. accessibilità, numero
di passaggi procedurali per l’assunzione)
2. Certezza che il paziente abbia correttamente assunto
il farmaco (es. che non sia stato deglutito, nel caso
di ROO per via orale)
3. Tempo necessario per osservare che il paziente
abbia correttamente assorbito il principio attivo
BTcP breakthrough cancer pain, ROO rapid-onset opioid
o nei fine settimana, le crisi dolorose non controllate possono portare a inutili e inappropriati
accessi alla rete sanitaria dell’Emergenza-Urgenza (es. Pronto Soccorso ospedalieri o Servizi
di Emergenza-Urgenza territoriali). Si raccomanda perciò che, anche nella prescrizione del
trattamento iniziale per il BTcP, il medico e l’infermiere tengano in giusta considerazione alcune
importanti variabili (Tabella 7).
Attualmente non sono disponibili studi di
confronto tra i differenti prodotti per ciò che riguarda la somministrazione da parte del caregiver o del membro della famiglia e le loro
preferenze e valutazioni, ma è possibile argo-
mentare che la scelta iniziale di un prodotto per
il trattamento del BTcP debba basarsi su tre caratteristiche principali:
1. La semplicità d’uso.
2. Un utilizzo corretto del farmaco da parte del
paziente.
3. Il tempo necessario per verificare che il malato abbia correttamente assorbito il principio
attivo.
L’utilizzo (non obbligatorio) di specifici dispositivi erogatori e la rapidità di dissoluzione del
farmaco sono le due variabili che, caso per caso,
devono essere integrate in uno schema a matrice
con le altre tre sopra descritte (Tabella 8).
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Variabili implicate nell’approccio terapeutico:
il team assistenziale
La definizione di team assistenziale nel contesto
delle cure palliative o della terapia del dolore è
molto ampia, soprattutto a causa dell’assenza di
standard nazionali e regionali di riferimento. Le
diversità si osservano sia in riferimento a ciascun
setting (es. l’Hospice) sia tra i differenti setting
e, infine, in riferimento alla cosiddetta “intensità
assistenziale”, cioè il numero di accessi diretti al
paziente da parte dei componenti del team rispetto a un’unità di tempo predefinita (es. numero
di giornate con almeno una visita domiciliare rispetto al numero totale di giornate di presa in carico del paziente) [56].
La composizione del team assistenziale e il
tempo a disposizione per le attività dirette e indirette assegnate a ogni operatore rappresentano variabili importanti per garantire una risposta
adeguata ai bisogni dei pazienti e dei familiari.
La loro importanza si accresce quando, soprattutto nelle fasi iniziali, gli interventi diagnostici e
terapeutici richiedono la massima attenzione ai
dettagli e un atteggiamento di grande disponibilità nel fornire spiegazioni e istruzioni corrette al
paziente e ai suoi familiari (caregiver). Nel caso
del trattamento del BTcP, il paziente e chi lo supporta devono essere istruiti nel più breve tempo
possibile sui principi fondamentali (es. utilizzo
corretto del farmaco, titolazione, tempistiche di
ripetizione della somministrazione ecc.), essenziali per il successo terapeutico.
Altri importanti aspetti che possono differenziare i team nell’approccio al BTcP sono il livello
di attenzione al percorso formativo ed esperienziale e l’apertura all’innovazione e all’introduzione di nuovi preparati farmaceutici nell’uso
clinico.
Nel processo formativo, l’informazione trasmessa “sul campo” da un operatore all’altro nel
confronto giornaliero e nell’audit è molto importante e spesso indipendente dai metodi classici di
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formazione/apprendimento (es. lezioni frontali).
Anche in questo caso, non vi sono studi specifici
che abbiano indagato gli atteggiamenti e le preferenze dei componenti del team terapeutico in
rapporto ai differenti setting e alle opzioni di trattamento.
Da un punto di vista teorico, è tuttavia possibile che, quando siano disponibili tutte le opzioni
terapeutiche, il team terapeutico scelga i sistemi
di più semplice utilizzo, che richiedono meno
istruzioni, hanno meno limitazioni d’uso e necessitano di un minore monitoraggio del paziente
a fronte di un livello di sicurezza maggiore.
Variabili implicate nell’approccio terapeutico:
setting assistenziale
Il BTcP si manifesta in ogni setting assistenziale
per i pazienti oncologici nelle fasi avanzate della
terapia: ambulatorio, day-hospital, degenza in
unità ospedaliera specialistica o in Hospice, RSA
o al domicilio.
Nei setting assistenziali nei quali è costantemente presente un team socio-sanitario specificamente formato nella terapia del dolore e nelle
cure palliative, le variabili relative all’accessibilità del prodotto divengono meno importanti, a
meno che il team assistenziale non deleghi al paziente o al caregiver la somministrazione del farmaco.
In ogni setting, nella scelta del trattamento del
BTcP il medico di riferimento e il team assistenziale dovrebbero tenere presenti tutte le variabili
descritte, relative al paziente e al familiare/caregiver.
La semplicità d’uso è una variabile “trasversale” nel processo di istruzione e di prescrizione
in tutti i setting assistenziali. I setting caratterizzati da una maggiore intensità assistenziale
possono adottare trattamenti più complessi, sino
alla somministrazione di boli endovenosi di oppioidi short-term o a sistemi di infusione per la
PCA.
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Variabili implicate nell’approccio terapeutico:
il contesto
L’analisi dello specifico contesto italiano in ambito assistenziale offre lo spunto per alcune considerazioni finali che possono aiutare a spiegare
perché, rispetto ad altri Paesi europei, il BTcP in
Italia sia ancora oggi probabilmente trattato in misura insufficiente e spesso in modo inappropriato.
In base all’articolo 10 della Legge 38/2010
[44], i MMG possono prescrivere tutti i ROO attualmente approvati per la commercializzazione
in Italia; ciò non costituisce la regola per i medici
che operano all’interno delle strutture socio-sanitarie. In alcune Regioni i medici specialisti, inclusi i palliativisti e gli algologi, non sono
autorizzati a prescrivere direttamente i farmaci in
modo che siano rimborsati dal Sistema Sanitario
Regionale (SSR). Essi possono prescrivere gli
oppioidi solo attraverso lo specifico ricettario
personale per le sostanze psicoattive (ancora in
uso, nonostante le modifiche introdotte dall’art.
10 della Legge 38/2010) oppure utilizzando il
proprio ricettario personale. In questi due ultimi
casi il malato e/o il familiare devono acquistare il
prodotto in farmacia senza avere diritto al rimborso da parte del SSN.
In alcune realtà, soprattutto nelle forme di
ospedalizzazione domiciliare pubblica o privata
non profit attive in alcune Regioni (es. in Lombardia), il team assistenziale può consegnare i farmaci (inclusi i ROO) direttamente al domicilio
del paziente, purché i farmaci siano inseriti nel
Prontuario Farmaceutico Regionale e/o Locale o
comunque acquistati dalla struttura di cui fa parte
l’unità di cure palliative.
Una prima conseguenza di queste limitazioni
è che, nei casi in cui la prescrizione specialistica
non sia diretta ma assuma la forma di “consiglio
terapeutico”, il paziente deve farla “trascrivere”
dal MMG sul ricettario del SSN. Questa procedura non è sempre automatica, in quanto ciascun
professionista ha le proprie opinioni scientifiche,
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conoscenze ed esperienze. A seguito della Legge
38/2010 e dei progetti formativi derivati, i MMG
hanno acquisito una specifica base culturale
anche nel trattamento del dolore [57].
Inoltre, solo una minoranza delle Regioni e ASL
italiane ha approvato un proprio Prontuario Farmaceutico; i meccanismi autorizzativi all’utilizzo dei
farmaci, soprattutto per ciò che riguarda i malati
ospedalizzati, sono molto diversi fra una Regione e
l’altra e anche all’interno di una stessa Regione. Alcune sono caratterizzate da una gestione della politica del farmaco più “centralizzata”, a volte basata
sul parere di organismi tecnici regionali istituiti ad
hoc. In altre, i soggetti decisori sono più “periferici”
e sono costituiti dal Farmacista Ospedaliero o da
quello dell’ASL, che possono fortemente influenzare l’acquisizione/disponibilità dei farmaci. Nel
caso di prodotti farmaceutici contenenti lo stesso
principio attivo, come ad esempio i ROO contenenti
fentanil, la tendenza può essere quella di sottovalutare le specificità di ciascun prodotto, considerandoli tutti uguali fra loro.
Il clinico ospedaliero, a differenza del MMG,
ancora oggi non dispone di tutti i prodotti farmaceutici, avendo a disposizione in genere
quelli introdotti per primi in commercio, oppure
con il costo minore. In alcune realtà, l’unica
possibilità di trattamento del BTcP per gli specialisti è l’utilizzo della morfina short-term per
via orale.
Anche quando una Regione indichi chiaramente, attraverso uno specifico atto normativo,
che anche lo specialista deve avere a propria disposizione tutti i principi attivi e i prodotti autorizzati all’utilizzo clinico per il trattamento del
dolore, le resistenze all’applicazione a livello periferico sono forti e variabili fra un’Azienda
Ospedaliera e una ASL e l’altra [58].
D’altra parte, gli organismi tecnici presenti all’interno di ogni Ospedale e di ogni ASL sin dal
2001, i Comitati per l'Ospedale Senza Dolore
(COSD), successivamente ridefiniti dall’articolo
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6 della Legge 38/2010 come Comitati per l'Ospedale-Territorio Senza Dolore (COTSD), tranne
poche eccezioni, non sono stati in grado di introdurre elementi utili per superare questa criticità.
Ciò in quanto sono stati istituiti in una minoranza
di strutture sanitarie accreditate; anche dove sono
presenti, il loro funzionamento non è stato continuativo ed essi sono comunque privi di reali poteri di modifica della situazione attuale.
Infine, è evidente che il contesto sociale e il
grado di sensibilità sociale e “collettiva” rispetto
alla tematica del dolore e della sofferenza rappresentano elementi che possono facilitare oppure ostacolare il trattamento del BTcP.
BREVI RACCOMANDAZIONI
PER L’UTILIZZO DEI FARMACI
NEL BTcP
I punti principali contenuti nell’articolo sono brevemente elencati di seguito:
1. Le riacutizzazioni circadiane del dolore devono essere monitorate attentamente, differenziando, se possibile, tra oscillazioni del
DB, effetto di fine dose e BTcP.
2. Il BTcP deve essere monitorato in tutti i contesti assistenziali della pratica clinica.
3. Ogni struttura assistenziale deve disporre di
tutti i farmaci e prodotti approvati per l’utilizzo nel BTcP: i COSD/COTSD devono
fare ogni sforzo per raggiungere questo risultato.
4. I farmaci per il trattamento del BTcP non
sono interscambiabili automaticamente fra
loro, anche se contengono lo stesso principio
attivo.
5. Ogni professionista deve conoscere le caratteristiche specifiche di ciascun farmaco e le
differenze riguardanti le proprietà farmacologiche e le eventuali limitazioni nella pratica clinica.
6. Ogni professionista deve conoscere le speci-
23
ficità relative alla titolazione e alla ripetibilità
della somministrazione (il cosiddetto lockout period tra una somministrazione e l’altra) per ciascun farmaco utilizzato nel
trattamento del BTcP.
7. Ogni professionista deve conoscere le specificità tecniche per l’accessibilità (riferite al
confezionamento) e l’erogazione dei farmaci
utili nel trattamento del BTcP.
8. Medici e infermieri che operano in team devono conoscere le modalità prescrittive dei
farmaci utili nel trattamento del BTcP.
9. Prima di scegliere il ROO, deve essere posta
particolare attenzione nell’approfondire la
conoscenza delle variabili relative al paziente
e al suo nucleo familiare/caregiver, valutando anche l’eventualità della progressiva
perdita di autonomia e/o funzionalità cognitivo-relazionale da parte del paziente.
10. Quando si decida di iniziare la terapia del
BTcP e tutte le volte che tale terapia venga
modificata, deve essere posta particolare attenzione a istruire in modo chiaro e completo
il paziente e il familiare/caregiver.
11. Il paziente deve già essere trattato in modo
efficace con oppioidi maggiori per il DB
prima di introdurre i ROO nella terapia del
BTcP.
12. I ROO, allo stato attuale delle conoscenze, non
devono essere utilizzati nel trattamento del BTP
secondario a una patologia non oncologica.
RINGRAZIAMENTI
L’assistenza editoriale nella preparazione di questo manoscritto è stata fornita da Brunilde Iovene,
medical writer indipendente, e da Mary Hines di
Springer Healthcare Communications. Questa assistenza è stata finanziata da ProStrakan Srl. Per
la conduzione dello studio e la pubblicazione dell’articolo non sono stati ricevuti altri finanziamenti o sponsorship. Tutti gli Autori soddisfano
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i criteri ICMJE per l’authorship del manoscritto,
si assumono la responsabilità per l’integrità globale del lavoro e hanno approvato la versione finale per la pubblicazione.
Conflitto di interesse. Cesare Bonezzi ha ricevuto grants di ricerca da ProStrakan Srl. Diego
Fornasari ha ricevuto grants di ricerca da ProStrakan Srl. Furio Zucco ha ricevuto grants di ricerca da ProStrakan Srl.
Rispetto delle linee guida etiche. Questo articolo non descrive nuovi studi sull’uomo o su modelli animali condotti da alcuno degli Autori.
Open Access. Questo articolo è distribuito nei
termini della Creative Commons Attribution Noncommercial License che permette qualsiasi utilizzo, distribuzione e riproduzione con qualsiasi
mezzo, a fini non commerciali, purché vengano
riconosciuti gli Autori e la fonte originali.
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