fonti del diritto dell `impresa prof . maria rosaria naddeo

“FONTI DEL DIRITTO DELL’IMPRESA”
PROF. MARIA ROSARIA NADDEO
Università Telematica Pegaso
Fonti del diritto dell’impresa
Indice
1
DIRETTIVE, COSTITUZIONE, CODICI, LEGGI--------------------------------------------------------------------- 3
2
LA LEX MERCATORIA --------------------------------------------------------------------------------------------------- 5
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Fonti del diritto dell’impresa
1 Direttive, Costituzione, codici, leggi
Le fonti del diritto commerciale possono essere distinte in fonti “formali” e fonti
“sostanziali”.
Le fonti formali sono costituite da:
1. Leggi, cioè dal Codice Civile emanato nel 1942 e dalle leggi speciali emanate nel
corso degli anni per integrare o modificare il Codici Civile, anche al fine di recepire
le Direttive dell’Unione Europea;
2. Regolamenti emanati dalle diverse autorità competenti, condizioni generali di affari,
codici di comportamento;
3. Usi (art. 1 disp. prel. c. c., n.4).
La seconda categoria di fonti formali è frutto della costante produzione di nuovi strumenti e
di nuove tecniche che consentono risparmi di attività contrattuale, ma che non possono trovare
immediata tipizzazione legale. Si tratta dei cosiddetti codici. Essi possono essere collettivi oppure
individuali. Collettivi sono i codici espressione di categorie di operatori interessati (ad esempio si
rammentano i regolamenti di borsa, i regolamenti delle camere arbitrali, le condizioni generali di
affari e i codici di correttezza professionale elaborati da associazioni professionali). Rientrano nella
categoria di codici individuali i contratti-tipo (schemi di contratto predisposti dai singoli
imprenditori che verranno sottoposti a tutti i potenziali contraenti dell’imprenditore stesso).
Per ciò che concerne gli usi, essi possono essere distinti in commerciali e legali. I primi sono
normalmente relativi ad aspetti contrattuali non disciplinati da norme scritte o fatti salvi da esse.
Trattasi in questo caso di usi interpretativi o integrativi del contratto concluso senza esplicita
previsione delle parti sul punto. Sono invece usi legali gli usi frutto di prassi consuetudinarie. Infine
tra gli usi si annoverano anche le pratiche generali interpretative previste dall’art. 1368 c. c.
Sono fonti sostanziali:
-
La dottrina;
-
La giurisprudenza.
Gli atti normativi comunitari sono principalmente:
 Il regolamento (che ha portata generale ed è direttamente applicabile in ciascuno
degli Stati membri, sostituendosi alla legislazione interna);
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 La decisione ( cha ha portata concreta e può indirizzarsi e vincolare sia uno Stato
membro che un individuo o un’impresa operante nell’area comunitaria e acquista
efficacia con la notifica ai loro destinatari);
 La direttiva ( anch’essa ha carattere vincolante per lo Stato membro in merito al
risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli Organi nazionali su
forma e mezzi atti a trasformarla in norma di dettaglio, e anch’essa acquista efficacia
in virtù della notifica agli Stati destinatari).
Un successivo orientamento degli Organi comunitari ha reso la direttiva sempre più
dettagliata, elevandola alla portata vincolante del regolamento e lasciando agli Stati membri la sola
scelta della forma giuridica interna (legislativa, amministrativa) per renderla esecutiva. Tutti questi
atti sono pubblicati nella Gazzetta, sia pure a mero titolo informativo e l’Italia procede ogni anno
con apposita legge, detta comunitaria, a recepire e pubblicare un complesso di direttive in modo da
renderle applicabili.
Significative evoluzioni nella materia sono così intervenute sia in conseguenza del
recepimento di articolate normative Comunitarie che hanno regolato in modo organico materie
complesse, come la concorrenza, sia in seguito alla riforma del “diritto delle società”, entrata in
vigore il primo gennaio 2004.
Con D.Lgs. 6 settembre 2005 è entrato in vigore nel nostro ordinamento il Codice del
Consumo. Si tratta di una raccolta delle disposizioni vigenti in materia di tutela dei consumatori che
comprende la maggior parte delle disposizioni emanate dall’Unione Europea nel corso degli ultimi
venticinque anni per la protezione del consumatore. Esso sostituisce tutti i precedenti provvedimenti
emanati sotto forma di leggi, decreti e modifiche al Codice Civile, e riconosce ufficialmente i diritti
pubblici del consumatore/utente che vede in questo caso come fornitore lo Stato e tutti gli enti
pubblici. Il Codice è composto di 146 articoli.
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2 La lex mercatoria
La “ LEX MERCATORIA “ può essere definita come quell’insieme di norme di diritto
commerciale internazionale, di formazione spontanea e non scritte, prodotte dalla prassi
commerciale, considerate come fonte normativa dei rapporti e dei negozi tra privati.
Pertanto viene considerato un sistema di norme extranazionali, create dalla categoria
imprenditoriale, senza l’intervento di legislazione degli Stati, formato da regole che disciplinano in
modo uniforme i rapporti negoziali che si instaurano all’interno dei mercati economici.
E’ un sistema giuridico sopranazionale e viene direttamente richiamata dalle parti nei
contratti di commercio internazionale in luogo delle disposizioni nazionali in materia commerciale.
La Lex Mercatoria , in pratica, si applica ai contratti tra privati che abbiano carattere di
transnazionalità ( cioè non ricadono interamente nella sfera normativa di un determinato Stato ),
nonché a quei contratti tra privati e Stati esteri , relativamente ai quali questi ultimi si pongono in
posizione paritaria con i primi, rinunciando a sottoporre il rapporto al proprio diritto pubblico
interno.
Essa nasce come corpo di regole e principi a carattere transnazionale relativi alle transazioni
mercantili, sviluppate dai commercianti allo scopo di regolare i loro rapporti d’affari ed applicata
alle dispute internazionali dai tribunali dei principali centri dove si concentravano i traffici
commerciali in Europa . La Lex Mercatoria nasce essenzialmente per superare una situazione di
vuoto normativo : di fronte all’incapacità , da parte delle leggi nazionali degli Stati cui le parti di un
contratto internazionale appartenevano, a regolare i loro rapporti a carattere transnazionale, una
borghesia commerciale assai ricca diede spontaneamente vita ad un insieme di principi generali e di
regole consuetudinarie non scritte applicabili alle transazioni mercantili, i quali erano destinati a
regolare i loro rapporti d’affari a carattere transnazionale, evitando l’applicazione dei diritti
nazionali, costituendo per l’appunto un’alternativa agli stessi.
Questo fenomeno fu dunque il risultato dello sforzo, compiuto dalla comunità commerciale
medievale, di superare la frammentazione dei diritti e le regole obsolete contenute in leggi feudali
che non rispondevano alle esigenze dei traffici internazionali. Per quasi 800 anni, questo corpus di
regole uniforme di legge è stato applicato dai commercianti di tutta l’Europa occidentale. In seguito,
con la nascita dei nazionalismi e delle codificazioni del 19° secolo, si affermò la supremazia della
legge statuale come fonte di regolazione del commercio e delle dispute. La Lex Mercatoria venne
così assorbita nelle leggi nazionali di ciascun Paese, mescolandosi con esse e perdendo quel
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carattere di uniformità che la aveva caratterizzata in origine. Gli Stati presero dunque il controllo sui
commerci internazionali e iniziò a sorgere un corpo di norme di diritto internazionale privato che si
occupava della regolamentazione sia delle relazioni economiche che delle dispute transnazionali.
Ricordando la definizione datane da Guenther Teubner, secondo il quale la Lex Mercatoria,
quale “ diritto transnazionale delle transazioni economiche, è il più riuscito esempio di diritto
globale senza Stato “, la stessa può considerarsi un corpo di norme di diritto commerciale che,
creato senza la mediazione del potere legislativo degli Stati, presenta i caratteri di un diritto
universale dei mercati.
Diffusamente si legge che la lex mercatoria nasce nel medioevo per regolare i rapporti
commerciali dei mercanti con la finalità principale di derogare al diritto civile e , quindi, al diritto
romano che non era più in grado di far fronte alle nuove istanze “internazionalistiche” del mondo
mercantile.
Infatti , le fonti della lex mercatoria , quale diritto oggettivo non statuale ma sopranazionale,
riconosciuto ed applicato dai privati, si fanno comunemente rinvenire negli statuti delle
corporazioni mercantili, nelle consuetudini mercantili e nella giurisprudenza delle curiae
mercatorum. In tale contesto storico un ruolo fondamentale nello sviluppo e nella affermazione
degli usi normativi mercantili deve riconoscersi proprio alla comunità mercantile italiana dalla
quale prima l’Inghilterra e poi il resto d’Europa, trassero ispirazione per i propri documenti
commerciali come la cambiale, la polizza di carico e l’assicurazione marittima.
Tuttavia, sebbene la nascita della lex mercatoria sia fatta risalire al periodo medioevale, la
stessa ha origini più antiche. Invero i primi tratti di usi normativi consuetudinari sono sono
rintracciabili nel diritto romano,base della tradizione giuridica occidentale.
Nel Medioevo, l’evoluzione della società da una società feudale ad una comunale, determina
una nuova organizzazione della stessa che porta con sé anche una trasformazione del diritto
dell’economia. Questo per la prima volta , infatti, si manifesta non solo come un diritto fatto per i
mercanti , ma come un diritto dei mercanti in quanto espresso direttamente dai mercanti stessi ( ius
mercatorum ).
Nel passaggio dal medioevo all’età moderna lo sviluppo di una classe di produttori –
mercanti, interessata all’espansione del proprio mercato, si accompagna al superamento della forma
comunale e ad una evoluzione verso quello che sarà il modello “ definitivo “ degli Stati nazionali. Il
diritto dell’economia in questa fase si trasforma da un diritto naturale a un diritto positivo costruito
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dallo Stato. Ne consegue che il bene comune non è più derivato dalle regole naturali dello
svolgimento dei rapporti sociali, bensì è stabilito dalla volontà dello Stato sovrano.
In tal modo la classe mercantile perde la sua capacità di essere fonte di elaborazione del
diritto.
Tale situazione determinò, come osservato da Adam Smith, la crisi del diritto della classe
mercantile in quanto la protezione prevalse sull’incentivo e sullo stimolo all’innovazione. I nuovi
produttori-mercanti della borghesia sentivano il peso crescente di una regolamentazione che, pur
presentandosi protettiva nei loro riguardi, non consentiva loro di perseguire quella funzione
economica che il diritto “ statale “ intendeva promuovere.
Nel diciottesimo secolo si afferma il principio dell’interesse individuale e della libertà di
perseguirlo in modo compatibile con la libertà altrui, in una visione in cui l’individuo prevale sullo
Stato.
Tale visione viene estesa da Adam Smith alla rivoluzione industriale, in cui lo Stato non
deve essere più fonte di privilegi che impediscono all’economia di muoversi verso l’ordine naturale
di mercato, cui consegue una riaffermazione del diritto romano e della lex mercatoria.
L’evoluzione dello Stato può farsi coincidere con l’avvento delle grandi masse sulla scena
politica, databile simbolicamente con l’inizio della rivoluzione francese. La sovranità popolare si
pone da subito come principio di legittimazione molto più forte e più funzionale a quella crescita
del ruolo della politica nella vita della società che sembra essere la nota caratterizzante della
modernità.
Con la prima guerra mondiale lo Stato acquisisce dei compiti di coordinamento e di
organizzazione della vita sociale ed economica.
Dopo la seconda guerra mondiale sebbene siano spariti, almeno in alcune parti del mondo , i
regimi totalitari che avevano praticato l’identificazione tra Stato e individuo, il “ peso “ dello Stato
continua ad aumentare ovunque.
Pertanto, si cerca di regolamentare ogni aspetto della vita dei cittadini che determina la
nascita e lo sviluppo dello Stato “ sociale”.
Lo strumento di attuazione e regolamentazione dello Stato sociale è costituito in primo
luogo dalle tasse e la costante crescita del livello di tassazione e di spesa pubblica in relazione al
prodotto interno lordo ( PIL ) negli Stati occidentali offre evidenza di come sia cresciuto il ruolo
degli stessi dopo la seconda guerra mondiale. Infatti la spesa pubblica, in relazione al PIL , è passata
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da una media del 30% a quella del 40% nei Paesi dell’Europa Occidentale, mentre negli USA è
passata dal 23% al 36%. A tali indici si associa una crescente “ nazionalizzazione “ dell’economia.
Tali politiche sociali hanno raggiunto il loro apice intorno alla metà degli anni settanta,
quando è apparsa chiara l’insostenibilità dei loro costi.
Dagli anni ottanta si registra, quindi, in particolare nel mondo anglosassone, il tentativo di
diminuire il “ peso “ dello Stato.
Sembra che lo Stato abbia cercato di adeguarsi ai continui mutamenti dovuti alla
globalizzazione, applicando comunque la lex mercatoria.
In Italia, ad esempio, la riforma del codice di procedura civile del 1994, che ha introdotto
norme sull’arbitrato internazionale, ha imposto agli arbitri, quale che sia il diritto applicabile al
merito, di tenere conto in ogni caso degli usi del commercio ( art. 834, comma 2 ).
Fino ad oggi numerose sono state le convenzioni e le leggi modello adottate, nei settori più
diversi, quali l’arbitrato, il factoring, il leasing, le lettere di credito o la vendita ( si pensi a
quest’ultimo proposito, alla Convenzione di Vienna del 1980 sulla vendita internazionale – CISG ).
Ma il lungo e difficoltoso processo di negoziazione e di adozione di tali Convenzioni, unito alle
differenze economiche, sociali e giuridiche tra i vari Stati che ne prendono ogni volta parte alla
necessità di provvedere alla loro ratifica negli ordinamenti degli Stati che le hanno sottoscritte, non
consentono alle stesse di entrare in vigore in tempi brevi. Le Convenzioni costituiscono un modello
rigido di regolamentazione, in quanto non si prestano facilmente ad essere riviste o modificate per
essere adattate all’evoluzione del commercio internazionale, risultano rilevanti fenomeni per così
dire “ extralegislativi “ o “ paralegislativi “ di unificazione del diritto , quali appunto la lex
mercatoria od i principi Unidroit.
Lo scopo principale dei principi Unidroit è proprio quello di ridurre molte incertezze che
nascono tra i contraenti di un contratto internazionale, attraverso l’adozione di una disciplina
equilibrata, nel cui contesto sarà inserito il contratto, la quale ponga le parti contraenti su un piano
di parità.
I principi Unidroit, i quali sono applicabili a condizione che vengano richiamati dai
contraenti nell’ambito del contratto internazionale, sono operativi purchè le parti abbiano accettato
di vincolarsi ad essi.
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