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Mercoledì 30 Dicembre 2009
È IN EDICOLA CLASS DI DICEMBRE
IN REGALO
Marketing
Oggi
NUMERO DOPPIO
È IN EDICOLA CLASS DI DICEM
MBRE
IN REGALO
O
NUMERO DOPPIO
IL QUOTIDIANO DEI PROFESSIONISTI
ESSIONISTI DI MARKETING, MEDIA E PUBBLICITÀ
Le linee guida della Fondazione Altagamma per il 2010. Prodotti e retail gli assi sui cui puntare
Marchi, più del lusso fa l’eccellenza
Branchini: termine abusato. E la storia d’azienda torna centrale
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DI
PAGINA A CURA
FRANCESCA SOTTILARO
l lusso? Roba
da francesi o
da parvenu
della marca.
«Meglio puntare su
eccellenza di prodotto e di progetto» per
un anno che non si
annuncia affatto tenero per i beni della
fascia alta e marchi
al seguito. I mercatii
su cui scommettere??
too
«Sicuramente tanto
se
e
retail in Cina, paese
re
e
per cui l’era della tigre
c
ca
non è solo astrologica
d
ma segna l’inizio di
e
ex
una decade in cui l’ex
repubblica popolare
diventerà il nuovo
Giappone degli
anni 70, trainando
opportunità di busi-e». Il
ness in tutto l’Oriente».
linguaggio più adatto? Calibrato
all’azienda e alla sua storia.
A ridisegnare il cammino e le
direttive per i marchi che nella
crisi vogliono tornare a crescere
è l’osservatorio della Fondazione
Altagamma da cui si attendono
a febbraio nuovi dati sul settore. «Negli ultimi anni il lusso è
stato termine usato e abusato e
non a caso chi se ne è fregiato
per descrivere la propria realtà,
nel lungo periodo ha dimostrato
di avere poche cose alle spalle»,
spiega Armando Branchini,
esperto di marketing a livello internazionale, docente di gestione
delle imprese di moda e design
alla Bocconi di Milano nonché
I
Il lusso ironico del disegnatore spagnolo Jordi Labanda.
Da sinistra in senso antiorario il marchio Rolls-Royce
e una pochette Bulgari. In alto a destra, anelli Pomellato
segretario generale della Fondazione. «Non a caso quando nel ’91
decidemmo di creare un’associazione per dar voce alle aziende
di un certo livello scegliemmo di
porre come denominatore comune l’eccellenza, che può riguardare una sedia in policarbonato
come un collier di pietre dure o
uno yacht. E questa rimane oggi
una costante per valutare metodo, piani futuri e successo di una
realtà imprenditoriale».
Il ridimensionamento anche
per chi ha volato troppo anche con
il linguaggio è d’obbligo. «I marchi
che soffrono oggi, nonostante le
feste natalizie, sono proprio quelli
della sfera di lusso accessibile o
quelli che puntano sul lato aspirazionale dei consumi e che hanno urlato le loro strategie. Andrà
meglio invece a chi ha sempre
avuto un occhio particolare per i
clienti tipici, quelli per cui vale
l’effetto patrimoniale e che continueranno a puntare sulla qualità
come messaggio primario».
Così se per l’alto di gamma si
stimano cali «dal 15 al 25%», negli
stessi settori ma per marchi che
stanno invece nella fascia media
del mercato il calo sarà «del 30 e
fino al 50%», spiega Branchini.
«La marca e il prodotto di eccellenza diventano limitatori degli
impatti nefasti di questo periodo»,
sottolinea il docente, «e il non por-
re l’accento sul lusso (cosa tipicamente francese) ma su qualità e
sulla ricerca, magari legandole
all’innovazione e all’heritage, è
la chiave perché il cliente torni
al centro dell’attenzione come
deve essere sempre».
Poco importa se per molti lusso
è ancora sinonimo di sogno. «La
parola in qualche modo ha due
elementi negativi: da un lato evoca l’effimero e l’opulento anche
senza innovare, dall’altro
descrive qualcosa di eccessivamente costoso»,
aggiunge il segretario generale di
Altagamma.
Concetti
poco di moda in questo periodo
anche se poi lo si tramuta
tramu in «accessibile» o «intermedi
«intermedio».
L’avviso ai navigati
per i prossimi
pross
mesi
sembra chiaro:
c
«la
raccoma
raccomandazione
di fondo è focalizzarsi sull’e
sull’evoluzione
del mondo e pensare al consu
consumatore»,
sottolinea B
Branchini,
«tenendo sempre presente
che l’alto di gamma esaudisce
desideri e non bisogni.
bisogni Desideri
d
li
da iintercettare cogliendo
i cambiamenti in atto». Chi dagli anni
’70 a oggi è passato indenne da
sette crisi economiche e altre
devastazioni si chiama sempre
Zegna, Brioni, Bulgari, Perini
Navi. «Nomi che non hanno mai
parlato di lusso», conclude, «ma
di innovazione, rimanendo sempre nel solco del gusto e della
tradizione».
© Riproduzione riservata
Armando Branchini
L’inarrivabilità di una griffe? Come l’artigianato: il cliente è un amico
David Ward
«Si torni a chiamare lusso ciò
che davvero è inaccessibile».
Questo il monito di David
Ward, docente di business
studies all’European school of
economics ed esperto di strategie aziendali. Il suo pensiero è raccolto nell’opera prima
Everlasting Luxury scritta
dalla sua ex allieva Claudia Chiari (Editrice Le
Fonti) e nell’incontro
con ItaliaOggi va
dritto al punto. «In
Italia soprattutto
c’è troppa standardizzazione come se
tutto fosse
riconduci-
bile a una parola».
Domanda: Eppure, professore, si fa un gran
parlare di lusso oggi...
Risposta. C’è un inquinamento acustico di fondo,
e come la musica bisogna tornare a parlare di timbri,
di marchi. La differenza sta nella professionalità del
musicista e nell’inarrivabilità del prodotto.
D. Chi oggi è davvero inaccessibile?
R. Chi propone servizi solo per una certa clientela.
Sono aziende per cui il consumatore diventa amico,
che a Natale consegnano personalmente regali di lusso e che nelle strategie pensano prima al cliente che
all’azionista. Come gli artigiani di un tempo.
D. Mi faccia un esempio di un marchio che ha
mantenuto il suo Dna...
R. Per esempio, lei sa dov’è qui a Milano l’assistenza
Rolls-Royce? Se la risposta è no, ecco il marchio che
cercava.
D. Però ogni realtà che si dichiari di lusso oggi
sta nelle vie mondiali del lusso...
R. E qui sta il grande inganno: chi coinvolge tutti
toglie unicità ai servizi, chi si dice democratico non
è lusso, chi è di lusso, ma poi vende foulard a pochi
euro deve fare attenzione...
D. Come la mettiamo con le strategie di marketing per relazionarsi con i clienti in momenti
di crisi?
R. Quando si parla di brand automaticamente si
spersonalizza un marchio di lusso o presunto tale,
perché ci si concentra sulle performance. La Customer
relationship management (la gestione della relazione
con il cliente, ndr), poi, è uno dei tanti modi di meccanizzare il rapporto con i consumatori.
D. Un messaggio utile a chi sta sul mercato?
R. Smetterla di spacciarsi come inaccessibili se non
lo si è. Come chi vende telefonini con i brillanti e la
segretaria incorporata. Alla fine il cliente si accorge di
avere comprato null’altro che un telefonino e la percezione del servizio si ridimensiona a spese della griffe.
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Mercoledì 30 Dicembre 2009
MARKETING
Il marchio di cancelleria del gruppo Newell Rubbermaid diversiica e sceglie l’ecocompatibile
Paper Mate, il futuro è riciclabile
Arriva la gamma di penne biodegradabili. Campagna nelle scuole
DI
MARIANGELA MODAFFERI
alla riciclata alla riciclabile. Il 2010 si apre
all’insegna dell’ambiente per Paper Mate,
marchio specializzato in strumenti per l’ufficio e la scrittura
del gruppo Newell Rubbermaid.
Dopo la linea in materiale riciclato Recycled, presentata nel
2009, nel nuovo anno l’azienda
lancerà sul mercato una gamma di penne biodegradabili.
Target di riferimento saranno
soprattutto le scuole. La campagna di lancio, infatti, prevede
un progetto dedicato alle classi
elementari di Roma e Milano
che coinvolgerà circa 10 mila
bambini.
La linea Biodegradabile
Paper Mate comprende una
penna a sfera, una a inchiostro gel ricaricabile e una portamine. Dopo l’uso le penne si
smontano e le parti realizzate
in MirelMT, una bioplastica a
uso esclusivo di Paper Mate
ricavata da materiale vegetale, possono essere gettate nei
rifiuti organici, in acqua o nel
giardino di casa dove si de-
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D
compongono nel giro
di un anno. A supporto della nuova gamma
l’azienda ha creato un
sito dedicato, www.papermaten
green.net/IT, in cui, oltre a un
mo
video che spiega il meccanismo
del riciclaggio, c’è un’area deredicata agli altri prodotti green dell’azienda. A marzo di
ate
quest’anno infatti Paper Mate
ea
ha lanciato Recycled, penne
tro
sfera e un correttore a nastro
laprodotti con materiale riciclan
to. Le due linee rientrano in
un più ampio progetto dell
d
gruppo Newell Rubbermaid
per lo sviluppo di soluzioni
e iniziative ecosostenibili.
In quest’ottica si inserisce anche la campagna
«Prendi in mano il tuo futuro» rivolta alle scuole che
affiancherà il lancio della
nuova linea Biodegradabile. Il progetto partirà a
febbraio 2010 e coinvolgerà le
terze e le quarte elementari di
un centinaio di scuole di Roma
e Milano, per un totale di circa 500 aule e 10 mila bambini.
«L’obiettivo», spiegano dalla direzione marketing Paper Mate,
Le nuove penne
completamente
biodegradabili
«è comunicare il n
nostro
impegno per l’am
l’ambiente
alle nuove gen
generazioni
con un proge
progetto che ha
lo scopo di ed
educare e abituare i bamb
bambini alle pratiche sosten
sostenibili». Le scuole
che aderi
aderiscono riceveranno
del mate
materiale didattico e un
conten
contenitore per la raccolta
differ
differenziata nelle classi,
oltre al kit per partecipare
al p
progetto che prevede un
lav
lavoro individuale e uno di
gr
gruppo. Ogni bambino dovrà
scrivere un’autobiografia in cui
si immagina il proprio futuro,
mentre la classe dovrà realizzare un elaborato da spedire a
Paper Mate.
Nel 2010 per la linea Biodegradabile non sono previste campagne di comunicazione classiche.
Oltre al progetto nelle scuole,
A Dubai e nel Modenese i progetti di Ellebiemme con il suo nome
saranno distribuiti degli espositori nei punti vendita e nelle
catene della grande distribuzione. In futuro la gamma potrebbe
essere venduta anche in negozi e
catene specializzate in prodotti
biologici ed ecosostenibili.
Le attività di comunicazione
del brand nel 2010 avranno lo
stesso budget dell’anno passa-
to e saranno dedicate alle linee
Flexigrip Elite (penne a sfera
ultrascorrevoli) e Replay (penne
a inchiostro cancellabile). Per
la prima, fra marzo e aprile saranno riproposti gli spot tv già
mandati in onda negli ultimi
tre anni, con un investimento
pubblicitario di 1,5 milioni di
euro. A partire dal mese di agosto, invece, saranno di nuovo on
air gli spot della linea Replay,
con una programmazione concentrata nelle ore pomeridiane
all’interno delle trasmissioni
dedicate ai bambini.
Fra i progetti futuri, infine, il
marchio Paper Mate, che negli
ultimi mesi del 2009 ha registrato un calo di alcuni punti
percentuali (in linea con l’andamento del mercato degli strumenti per scrittura), si prepara
a entrare anche nel mercato del
colore con una propria linea di
pennarelli e matite colorate.
© Riproduzione riservata
Altri articoli su www.
italiaoggi.it/marketing
+ecocompatibile
La classifica Adage sull’investitore dell’anno
Il brand Luciano Pavarotti Il realismo paga
diventa hotel e ski resort E Hyundai vince
DI
G
CARLO RUSSO
rande tenore ma, a due
anni dalla scomparsa,
anche griffe a tutto campo. Infatti si chiamerà
Luciano Pavarotti lo ski resort
che sorgerà sull’Appennino modenese, una costruzione che richiamerà in alcuni particolari il mondo
della lirica e dello spettacolo.
L’idea e la realizzazione del complesso (col placet della vedova del
tenore, Nicoletta Mantovani, asLo ski resort sul monte Cimone e la Luciano Pavarotti Tower di Dubai
sessore alla Cultura del Comune
zione italiana di AD Architectural Digest.
di Bologna) è della società immobiliare EllebiemIl ristorante annesso si chiamerà Big Luciano
me, sede a Bologna, la stessa che sta realizzando
e proporrà a Dubai la cucina italiana. I clienti poa Dubai, sfidando la crisi dell’emirato, la Luciano
tranno anche visitare un museo dedicato al tenore
Pavarotti Tower, un lussuoso centro commerciale e
con sede in un’ala della Tower.
residenziale. Da Dubai al Cimone: gli incoraggianSarà sempre l’architetto Ettore Mocchetti a
ti risultati di business in Oriente hanno spinto la
firmare l’altra struttura pavarottiana, quella sul
società a scommettere anche in Italia.
Cimone. Si tratterà di un hotel (più residence) con
Tra poco inizierà una campagna promozionale.
spa, piscina, club per bambini, auditorium, sala
«Il territorio modenese», dice Antonio Di Matteo,
congressi e il ristorante Dal Maestro.
presidente di Ellebiemme, «sarà particolarmente
La griffe del tenorissimo entra quindi nel settore
coinvolto nel progetto del Pavarotti ski Resort, la cui
immobiliare, dopo i cosmetici, i profumi, gli orologi,
costruzione inizierà in primavera su un’area prosgli accessori. «Luciano», dice Nicoletta, Mantovani,
sima a Fanano, località di forte richiamo turistico
«era fiero di essere considerato un ambasciatore
sull’appennino modenese, con l’ambizione di incredell’Italia nel mondo e non ha mai smesso di senmentare in modo significativo il turismo locale».
tirsi uno strumento al servizio della sua cultura e
Nata nel 1995 per la commercializzazione di immodella sua arte. Sono lieta di associare il suo nome
bili in località di prestigio (Venezia, Portofino, Porto
all’estro creativo e alla maestria ingegneristica e
Cervo, Cortina e la Costa Azzurra) Ellebiemme dal
architettonica che caratterizza le creazioni di El2006 opera anche negli Emirati Arabi: a Jebel Ali
Palm la Luciano Pavarotti Tower sarà inaugurata
lebiemme in tutto il mondo, anch’esse espressione
di arte e di talento. E sono vicina al progetto del
nel 2011. L’edifico avrà 16 piani, ognuno dei quali
Pavarotti ski Resort perché Fanano era una delle
porterà il nome e l’ambientazione di un’opera lirica, con 136 appartamenti (da 80 a 500 mq) firmati
mete preferite dal Maestro».
© Riproduzione riservata
dall’architetto Ettore Mocchetti, direttore dell’edi-
DI
VALENTINA GIANNELLA
I
l crudo realismo paga, a volte, anche in pubblicità. Mentre negli ultimi mesi i brand
globali versavano fiumi di
bollicine e immagini frizzanti per
sdrammatizzare il clima cupo da
grande depressione e mandavano on air spot inneggianti all’ottimismo a tutti
i costi, un marchio ha deciso
di investire
sul realismo,
ed è stato premiato. È infatti Hyundai ad
aggiudicarsi il
premio Marketer of the year
2009, l’investitore dell’anno
premiato dalla
rivista di riferimento per
l’industria della
pubblicità amesingAge (www.
(www
ricana, AdvertisingAge
adage.com). A convincere i giurati la campagna di comunicazione
«Assurance program», programma di assicurazione (in senso
psicologico, non solo finanziario),
che si basa su un concetto molto
semplice e drammaticamente attuale: «Almeno una certezza in
tempi di incertezza: compra una
Hyundai a rate e se perdi il la-
voro nel 2010 la potrai restituire
senza costi aggiunti» (nella foto,
la versione stampa della campagna firmata dall’agenzia Goodby,
Silverstein&partners).
Secondo nella classifica di Adage arriva Walmart. La storica
catena di supermercati è stata
premiata per aver migliorato il
suo rapporto qualità-prezzo con
l’ob
l’obiettivo di fare
l’in
l’interesse del
clie
cliente, oltre che
il p
proprio, in un
mo
momento difficile
per le finanze delle ffamiglie medie
am
americane.
T
Terzo arriva
Mc
McDonald’s per
il suo «grande
ma
marketing
mix e
il focus sul prodo
dotto».
In quarta
po
posizione
il march danese di
chio
gi
giocattoli
Lego,
pe essere riuper
i breve tempo
scito a «ribaltare in
una situazione critica, con perdite annuali di milioni di euro, in
un trend di crescita delle vendite
a doppia cifra».
Amazon chiude la lista dei
vincitori con le «politiche di
contenimento dei prezzi e il miglioramento delle condizioni di
spedizione».
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Mercoledì 30 Dicembre 2009
MEDIA
I risultati di uno studio di Microsoft advertising sul mercato inglese delle grandi catene distributive
Pubblicità, la stampa batte la tv
Sui giornali ogni sterlina spesa ne genera cinque in ricavi
DI
ALESSIO ODINI
orpresa, la carta stampata non è per niente male
per farsi pubblicità: i ricavi che se ne conseguono
sono addirittura doppi rispetto
alla tv. La notizia arriva dal Times di Londra, che ha reso nota
un’indagine commissionata da
Microsoft advertising sul mercato
inglese delle grandi catene di abbigliamento, alimentari e centri
commerciali.
Alla fine di uno degli anni più
neri per la carta stampata, su cui
proprio la raccolta pubblicitaria
ha pesato in modo notevole, pur
non essendo l’unica causa, l’indagine presenta dati quantomeno
curiosi: ogni sterlina (1,1 euro)
spesa in pubblicità su giornali e
riviste, ha prodotto infatti 5 sterline (5,5 euro) di ricavi, mentre
gli spot televisivi hanno fruttato
poco più del doppio dell’investimento (2,15 sterline, cioè 2,38
euro). A sua volta, la pubblicità
on-line, che nel Regno Unito ha
superato quella del piccolo schermo, ha fatto meglio con 3,44 sterline (3,81 euro), ma la resa della
carta resta ancora lontana.
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S
I risultati non hanno lasciato
indifferenti gli addetti ai lavori,
specialmente se messi a confronto
con uno studio di PricewaterhouseCoopers realizzato nel 2007.
All’epoca, la società di consulenza
aveva analizzato dieci anni di informazioni relative a 700 grandi
marchi attivi in sette diversi mercati, dimostrando che la pubblicità in tv generava 4,5 sterline (4,98
euro) per ogni sterlina investita e
che le campagne sul piccolo scher-
mo erano più efficaci del 25% rispetto alle altre. Dipende, come al
solito, dai punti di vista e dalla
contestualizzazione. È indubbio
che l’indagine di PricewaterhouseCoopers sia stata più profonda,
ma ha preso in considerazione un
periodo in cui la tv faceva la parte del leone. Quella di Microsoft,
al contrario, si è concentrata sui
grandi distributori in un anno di
forte transizione.
Il suggerimento emerso è sta-
to dunque quello di modificare il
media mix assecondando la tendenza in atto, e cioè di spostare
un ulteriore 10% del budget verso l’on-line e la carta stampata,
sottraendolo proprio alla televisione.
Un consiglio scontato in apparenza, ma la storia diventa più
interessante quando si scopre
che fra le 26 società intervistate,
rigorosamente in forma anonima,
24 figurano fra le prime 100 del
Promozione ingannevole sugli abbonamenti
LA VIGNETTA DEL GIORNO
L’Antitrust multa
Hachette Rusconi
DI
FEDERICO UNNIA
C
Di Giannelli per il Corriere della Sera
Editoria in Piazza Affari
Bene Cairo e Buongiorno
Indice
FTSE IT ALL SHARE
DJ MEDIA
Titolo
Chiusura
Var. %
Var. % 30/12/08
23.759,33
131,38
0,32
0,27
19,73
30,02
Rif.
Var.
%
Var. %
30/12/08
Capitaliz.
(mln €)
Buongiorno
1,1600
1,58
90,16
123,4
Cairo Communication
Caltagirone Editore
3,0775
1,7200
2,67
-1,09
64,01
-21,91
241,1
215,0
Class Editori
Espresso
0,6700
2,2575
0,78
-2,55
94,95
68,7
924,2
Il Sole 24 Ore
Mediaset
1,9280
5,7950
-1,08
0,26
-15,07
55,91
83,5
6.845,2
Mondadori
Monrif
3,0875
0,4620
0,49
0,43
-11,34
3,82
801,0
69,3
Poligraici
Rcs Mediagroup
0,4505
1,2660
0,16
19,02
30,25
59,5
927,6
Seat Pagine Gialle
Telecom Italia Media
0,1627
0,1005
-0,61
0,80
-65,59
13,82
313,5
331,2
inquantamila euro di
multa per aver messo
a punto e diffuso una
pratica commerciale
scorretta sulla campagna di
abbonamento per alcune riviste. È questa la decisione presa dall’Autorità garante della
concorrenza e del mercato nei
confronti della casa editrice
Hachette Rusconi, per alcune
informazioni diffuse dal novembre 2008 in poi sul proprio sito
internet, su dépliant e in alcuni
messaggi pubblicitari a sostegno
della campagna abbonamenti a
quattro delle sue riviste, tra cui
Gente Motori, Gioia, Riders e
Hachette Home.
Nei messaggi si enfatizzava
la possibilità di ottenere fino
al 78% di sconto (come nel caso
dell’abbonamento annuale a
Gioia) se ci si fosse abbonati
subito a tali riviste. In realtà,
come emerso dalle indagini
condotte dall’Autorità, nel caso
di Gioia lo sconto reale era solo
del 60%, per Riders del 27% rispetto al promesso 50% e per
Gente Motori del 31% rispetto
al 55%. Un’informazione, quindi, non vera e tale da indurre
i consumatori ad accettare la
soluzione dell’abbonamento
annuale sulla falsa convinzione
di risparmiare rispetto al costo
pagato in edicola.
In sua difesa Hachette Rusconi aveva insistito sul fatto che
in tutto il mercato le proposte
di prezzo di abbonamento vengono fatte sui prezzi di copertina
delle testate, prezzi che possono
anche non essere poi applicati
integralmente dalle edicole in
fase di vendita. Da qui lo scollamento. Infine, tale prassi di
calcolo viene seguita sostanzialmente da tutti i gruppi editoriali
presenti sul mercato, con questo
rendendosi necessaria una condanna allargata e non solo nei
suoi confronti.
L’Autorità, come detto, ha sanzionato la condotta e i messaggi diffusi da Hachette Rusconi,
ritenendoli scorretti e stigmatizzando l’utilizzo fatto in pubblicità di un elemento non certo
come è il prezzo reale di queste
testate in edicola per promuovere l’abbonamento annuale. Se il
prezzo di copertina non è certo
sia poi quello pagato in edicola,
a maggior ragione non può essere il fulcro su cui costruire una
promessa promozionale. Da qui
la condanna.
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Altri articoli sul sito
www.italiaoggi.it/
hachette+rusconi
mercato inglese in termini di spesa pubblicitaria sui media. Per
esempio, secondo Joel Dawson,
capo del marketing on-line di Boots, catena di prodotti cosmetici,
farmaceutici e parafarmaceutici,
«la stampa va molto bene per targettizzare audience specifiche» e
presentare i prodotti di punta.
Ma il responsabile marketing
ha ricordato anche come le sfide
più interessanti riguardino l’integrazione «della pubblicità digitale
nel processo di pianificazione».
Quanto alla tv, la sua resa è
ottima «in termini di copertura e
frequenza» del messaggio, nonostante da più parti si ricordi come
l’audience è frammentata e sempre più rivolta a media personalizzabili, comprese le tv tematiche
e on-demand. L’impressione, alla
fine di tutto, è che l’indagine sia
un timido tentativo di alleanza
fra un mezzo in difficoltà e un
altro in rapida ascesa, per spartirsi la fetta di mercato occupata
oggi dalla tv tradizionale. Non è
detto che accada, e neppure domani, ma alcuni indizi legati alla
trasformazione del panorama dei
media lo fanno pensare.
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CHESSIDICE
Aldo Grasso e la Billy
dell’Ikea. Sul Corriere
della Sera di ieri, il critico televisivo Aldo Grasso,
nella sua seguitissima
rubrica, si è divertito a
sbeffeggiare il direttore
del Tg1, Augusto Minzolini. Motivo? Il numero uno
della ammiraglia Rai ha
dato il nome «Billy» a una
rubrica sui libri. Grasso,
allora, si interrogava
sull’origine di questo
curioso nome: il cane di
Minzolini si chiama così,
si ispira all’ex calciatore
Billy Costacurta, al succo
di frutta anni 80 Billy,
alla drag queen Billy
Moore, al cantante Billy
Idol, e via ironizzando.
Sui nomi delle rubriche,
ci mancherebbe, ce ne
sarebbe da scrivere (per
fare un esempio, quella
di Grasso sul Corriere si
chiama «A fil di rete», con
un doppio senso tra rete
tv e i giochi del tennis o
della pallavolo che non
a tutti risulta chiarissimo). A molti «Billy»
può sembrare ostico.
Tuttavia si chiama Billy
la libreria più famosa
e venduta al mondo,
con ben 41 milioni di
esemplari. Realizzata
dalla azienda svedese
Ikea, Billy nel 2009 ha
compiuto trent’anni. E,
in tutto questo tempo,
di libri in scaffale ne ha
ospitati parecchi. Anche i
saggi di Aldo Grasso.
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Mercoledì 30 Dicembre 2009
MEDIA
17
Il digitale terrestre ridimensiona i canali tradizionali: dal -8% di Telenorba al -51% di Telereporter
Tv locali, il dtt seleziona la specie
Anche senza switch off ascolti in calo. Verso nuovi equilibri
DI
CLAUDIO PLAZZOTTA
na lenta, inesorabile
agonia. Purtroppo è
difficile trovare altre
parole per descrivere
il momento delle tv locali. Di
quel fenomeno che dalla metà
degli anni 70 ha contribuito a
cambiare il costume e il modo
di fare comunicazione in Italia.
Gli ascolti stanno calando. In
alcuni casi, crollando.
La tendenza, come già sottolineato su ItaliaOggi del 19
novembre scorso, è ovviamente
più marcata in quelle regioni
dove il passaggio totale al digitale terrestre c’è già stato. Ma
pure in Lombardia o in Veneto,
dove lo switch off avverrà tra
il primo e il secondo semestre
2010, c’è una diminuzione
delle audience. Motivo? Beh,
piuttosto semplice. Montando
un decoder, o acquistando un
televisore di nuova generazione (in molti lo stanno facendo
proprio durante le feste di fine
anno), si entra nel mondo del
digitale terrestre. In cui compaiono tanti nuovi canali, e nel
quale le tv locali non si sono,
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U
NEODIRETTORE
Tgr Rai,
fiducia
a Maccari
Alberto
Maccari
I giornalisti della Tgr, la
testata per l’informazione
regionale della Rai, hanno
approvato il piano editoriale
del direttore Alberto Maccari,
che ha ottenuto 310 voti favorevoli e 158 contrari, con 57
schede bianche e 4 nulle.
Subito dopo le votazioni, è
stata stabilita la scaletta del
confronto fra il direttore e
la delegazione dell’esecutivo
Usigrai, il sindacato dei giornalisti del servizio pubblico.
Nelle prossime settimane si discuterà tra l’altro, ha fatto sapere il segretario dell’Usigrai,
Carlo Verna, di copertura del
territorio e di digitalizzazione
delle redazioni regionali.
Così l'audience lungo la Penisola
EMITTENTE
REGIONE
CONTATTI OTTOBRE 2009
Puglia
1.386.002
-8,5
Lombardia
1.275.558
stabile
Telenorba
Telelombardia
7 Gold Telepadova
Telecapri
VAR% SU OTTOBRE 2008
Veneto
1.164.683
-8,7
Campania
1.076.602
-5,1
Antennatre
Lombardia
861.874
-15,3
Telenova
Lombardia
673.357
-10,5
Antennatre Nord est
7 Gold Sesta rete
Veneto
618.873
-8,1
Emilia Romagna
618.567
+5,1
Tele A
Campania
605.614
-5,6
Puglia
599.646
-1,1
Teledue
Elaborazione ItaliaOggi su dati Auditel. Contatti netti giorno medio mensile
tutte
tempo In
tutte, attrezzate per tempo.
Lombardia, per esempio, appena si chiede al decoder di sintonizzare i canali in automatico, ecco apparire una lista dove
Telenova e Telesubalpina (tv
di proprietà di Telenova) sono
presentissime, più volte, su
più multiplex. Altri big delle tv
locali, invece, latitano. Perciò è
chiaro che le famiglie lombarde o venete, una volta passate
al digitale, siano destinate a
dimenticarsi i canali locali ai
quali erano tanto affezionate
affezionate.
Per ora è possibile tornare sulle vecchie emittenti semplicemente spegnendo il decoder e
passando al mondo analogico.
Ma quando lo switch off sarà
completato, ciò non sarà più
possibile e nel frattempo le
abitudini di consumo televisivo (tra le più volubili) saranno
cambiate e i canali locali saranno fi niti in una posizione
penalizzante quanto a numeri
del telecomando.
Dando un’occhiata ai dati
di ascolto di ottobre (gli ultimi disponibili, anche se a
brevissimo ItaliaOggi potrà
pubblicare quelli di novembre), gli unici big a non perdere ascolti rispetto a 12 mesi fa
sono Telelombardia, stabile, e
la toscana Sesta Rete, su del
5%. Per il resto, le cose vanno
piuttosto male. In Veneto sia
Telepadova sia Antennatre
Nordest arretrano dell’8%. In
Lombardia, detto di Tl, vanno
indietro sia Antennatre (del
gruppo Mediapason, di cui fa
parte pure Tl), con un -15%,
sia Telenova (-10%), che evidentemente non trae grossi
benefici neppure dalla sua
massiccia presenza nel mondo del digitale terrestre. Ma ci
sono crolli ancor più clamorosi, come, per esempio, il -51%
di Telereporter (che ha pure
il patron, Raimondo Lagostena, in carcere) o il -19% di
Canale 6. Telecapri e Tele A,
in Campania, resistono (-5%),
mentre il gruppo di Luca
Montrone scende dell’8% con
la pugliese Telenorba e tiene
con Tele due (-1%). Gli esperti
sono piuttosto drastici in materia: prevedono che, a regime,
resisteranno solo due o tre tv
per regione, mentre per le altre non vi saranno più risorse
pubblicitarie suffi cienti a tenerle in vita.
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DAL NUMERO MONOTEMATICO AI PEZZI DELL’ECONOMIST: LE SCELTE DIVENTANO UN BOOMERANG
La Stampa ritrovi l’orgoglio piemontese-internazionale
DI
SABINA RODI
La Stampa, quotidiano di casa Agnelli
realizzato a Torino, ha dedicato quasi interamente un suo numero al bilancio degli
avvenimenti e dei trend dell’anno passato
e alla previsione di quelli dell’anno prossimo. Un quotidiano dovrebbe commentare
ciò che è successo il giorno prima. Non a
caso si chiama quotidiano. Se vuol essere
se stesso deve perciò essere croccante (e
inevitabilmente deperibile) come una brioche dei tempi andati quando essa nasceva
nei forni e non nelle catene di montaggio
alimentari. Ecco perché un quotidiano generalista non può mai diventare quasi
monotematico. Se fa questa scelta (e La Stampa l’ha fatta) esso
manda ai suoi lettori un pericoloso segnale boomerang. In
pratica dice loro: vedi che per
spiegarti la giornata precedente bastano poche pagine?
Il resto sono anabolizzanti che
producono dilatazioni inutili.
Ma l’iniziativa della Stampa,
splendida per l’impostazione grafica (chapeau
all’art director!),
rappresenta
anche un clamoroso autogol per un
giornale che,
pur essendo
solo interregionale (Piemonte, Liguria
e Valle d’Aosta)
è sempre stato il quotidiano
Mario Calabresi
italiano che ha
la migliore aper-
tura sul mondo. Non sempre per quantità, ma sempre per qualità. Il motivo è
storico perché attiene alle radici culturali
di questa area. Il Piemonte, infatti, è culturalmente una regione internazionale.
Casa Savoia era imparentata con tutte
le grandi case regnanti europee. Come
adesso capita anche con Emanuele Filiberto la loro lingua materna non era
l’italiano. Cavour, che parlava francese,
faceva errori madornali quando scriveva
in italiano. Questa tradizione internazionale è proseguita con la Fiat e in particolare, con Gianni Agnelli che, perdipiù, era
un italiano con orizzonti internazionali,
che considerava La Stampa come
suo quotidiano personale e ben lo
sanno purtroppo i direttori della
sua lunga stagione che venivano svegliati prima dell’alba da
un presidente iper mattiniero
interessato a discutere con loro
le cose del mondo.
Pertanto la scelta di Mario
Calabresi di affittare le pagine
de La Stampa agli articoli del settimanale inglese The Economist
significa trasformarla, da orgoglioso quotidiano subalpino
e sabaudo di qualità, in
una sorta di franchising
editoriale. È questo
uno schiaffo demoralizzante che la direzione de La Stampa
ha dato non solo ai
suoi lettori, ma soprattutto ai suoi
editorialisti, inviati, corrispondenti, analisti,
collaboratori
universitari
(che sono numerosi e che quasi tutti sono
anche di altissimo livello) che in pratica, con questo numero affittato a The
Economist, sono stati invitati da Mario
Calabresi a farsi in disparte per poter
realizzare un numero taglia e incolla del
quale i soli protagonisti italiani sono i
grafici e i traduttori.
Tutti sanno che un giornale non è un
semplice contenitore, dove può essere
versata qualsiasi cosa purché sia ben
confezionata, ma è un prodotto delicato
che possiede un’anima che consiste nel
suo «punto di vista» che non è fatto solo
di principi, ma anche di un non meno importante «punto di vista geografico». La
Stampa infatti è stata finora un grande
giornale perché ha diffuso nelle aree di
sua prevalente diffusione e fra l’intellighentia delle parti restanti del paese, il
suo punto di vista ligure-piemontese, non
quello londinese.
La Stampa invece ha preferito scegliere
adesso la via dell’autocolonizzazione culturale (che è la più nefasta) anche se non
ce n’era proprio bisogno. Gianni Agnelli,
ad esempio, era un piemontese, italiano,
abitante del mondo. Era un vero internazionalista perché guardava vasto e lontano. È dall’alto del suo liceo e della sua
università piemontesi e del suo servizio
militare in cavalleria a Saluzzo che Gianni
Agnelli guardava il mondo intero e lo interpretava da par suo magistralmente. I
veri provinciali di oggi credono invece che
la sola conoscenza che vale di essere conosciuta maturi a Londra o New York. C’è
solo da augurarci che La Stampa ritorni
al suo antico orgoglio piemontese-internazionale. Ne ha tutti i mezzi. Se lo merita
pienamente. E soprattutto se lo meritano
i suoi lettori.
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Mercoledì 30 Dicembre 2009
UN PROFESSIONISTA AL GIORNO
La vita, la carriera e i gusti di Jacques Bousquet, direttore generale di Renault Italia
La mia fata dell’elettricità
Dalla prima chitarra all’auto a energia rinnovabile,
non ho mai abbandonato le passioni dell’adolescenza
DI
ALESSIA GRASSI
alla chitarra elettrica all’auto elettrica: «Perché le passioni più importanti
nascono da piccoli e restano per tutta la vita». Così Jacques Bousquet,
direttore generale di Renault Italia, spiega il suo amore per quella che
chiama «la fata dell’elettricità». La stessa che da ragazzo gli permetteva di
fare tanto rumore con la sua chitarra elettrica, una Fender Stratocaster che suona
ancora oggi e che ora lo porta a traghettare la casa automobilistica francese nell’era
delle silenziose auto elettriche. Un progetto che il manager insegue da decenni, da
quando si trovò intrappolato nel traffico dei ponti sul Bosforo di Istanbul. «Cinque
file di auto per ogni senso di marcia, un tappeto rumorosissimo di macchine che
stonava con la magia di quella città. Lì ho capito che bisognava trovare un modo
per conciliare la mobilità delle persone con il rispetto dell’ambiente».
E fu proprio il piano di sviluppo tecnologico presentato da Renault a
fargli accettare, all’inizio del 2009, l’incarico di direttore generale,
dopo una lunga esperienza nelle maggiori case automobilistiche.
Iniziò nell’84 al marketing della Ford, prima a Parigi, poi a Londra,
a Colonia e a Detroit, nel ’99 passò in Fiat come direttore commerministratore
ciale per l’Europa e nel 2006 divenne amministratore
more per i
delegato di Daimler Chrysler Europa. L’amore
motori infatti è nato quando era piccolo: voleva
fare il campione di motocross anche se, dopoo
5
i primi ruzzoloni con la sua Yamaha 125
DTMX, capì che il fuori pista era meglioo
farlo su 4 ruote. Un tipo di vettura che
ancora oggi predilige, guida una Renault Koleos nera, «la perfetta sia in
città che in fuoristrada. Ma pensi che
bello se nei centri urbani ci fosse il silenzio delle auto elettriche». A settembre,
ato
al salone di Francoforte, abbiamo presentato
i di settimane
tti
non uno, ma una gamma di ben 4 modelli ed un paio
fa abbiamo comunicato quali saranno gli stabilimenti di produzione».
Racconta delle difficoltà del progetto in paesi, come l’Italia o la Germania, che hanno una forte decentralizzazione, dove è difficile sviluppare in
un quadro organico gli accordi con i distributori della rete di ricarica e
con le istituzioni, per sostenere e incentivare la tecnologia. «Se manca il
coordinamento a livello nazionale questo processo può essere rallentato
o mancare dell’efficacia necessaria».
Ormai però è iniziato e tutti i produttori si stanno muovendo per dare
una «scossa al mercato. Nel 2012 una percentuale tra il 5 e il 20% degli
utenti avrà un’auto elettrica». Proprio per quella data, per il 20 dicembre 2012, un’antica profezia maya prevede la fine del mondo. «Allora
dobbiamo anticipare la produzione al 2011», aggiunge sorridendo, «così
per un anno avremo mercato».
È così Bousquet, ironico e pragnome
matico, aperto, senza preconcetti,
a ogni soluzione lo porti a realizzare l’obiettivo che, con determinato a
nazione, non perde mai di vista.
Una simpatia che trasmette anche quando racconta del padre:
il
«aveva un ristorante ma non sapeva cucinare, in compenso mi ha
insegnato ad apprezzare il vino,
professione
il Medoc Bordeaux in particolare,
direttore generale
anche se io preferisco il Barolo,
Renault Italia
un Pio Cesare del ’97, corposo,
ato». Ma
robusto e giustamente invecchiato».
se l’Italia batte la Francia sul vino non lo
fa, secondo Bousquet, nello sport: al calcio preferisce il rugby. Anche
in questo caso la passione nasce da piccolo. Aveva dieci anni quando
70,
andò a vedere la finale del Torneo Sei Nazioni. «Era il marzoo del ’70,
agna 35 a
allo stadio Colombes di Parigi, la Francia batté la Gran Bretagna
13. Fu una rivelazione, uno sport spettacolare dove ciascun giocatore,
ltato. Nel
con le diverse tipologie fisiche, concorre a determinare il risultato.
niali
calcio per vincere può bastare avere uno o due giocatori geniali
a
avanti, nel rugby no, serve tutta la squadra. Poi c’è rispetto tra
professionisti e tifoserie. Dopo la partita, a prescindere dal
risultato, si va sempre a festeggiare tutti assieme». Racconta
che ha già prenotato il viaggio in Nuova Zelanda, per la coppa
del mondo del settembre 2011, un appuntamento che non
intende perdere. Anche per questo di sta organizzando, come
per l’auto elettrica, come per la collezione di vini o quella dei
dischi in vinile del suo gruppo punk rock preferito, The Clash.
aÈ proprio vero: sono le passioni nate da piccoli che ti accompagnano per tutta la vita.
La chitarraa
La prima passione
der
elettrica è una Fender
Stratocaster a sei
corde che suono ancor
ncor
oggi, rigorosamentee
con ampliicatore
Marshall
La moto
M diverto con una Yamaha
Mi
125 DTMX: da piccolo
volevo fare il campione di
motocross ma dopo i primi
ruzzoloni ho capito che il
fuori pista era meglio farlo
su quattro ruote
Il vino
Il mio preferito è il Barolo,
un Pio Cesare del ’97 (nella foto):
mio padre mi ha insegnato
ad apprezzare il vino,
il Medoc Bordeaux in particolare
Jacques Bousquet
Lo sport
Rodez (Francia)
Mi piace il rugby perche
è uno sport spettacolare
dove ciascun giocatore,
con le diverse tipologie
isiche, concorre a
determinare il risultato
29 aprile 1960
Foto: Claudio Mollo
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D
L’auto
Possiedo una Renault Koleos nera 2.0 dCi:
ho sempre amato il fuoristrada
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servata
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