13 Mercoledì 30 Dicembre 2009 È IN EDICOLA CLASS DI DICEMBRE IN REGALO Marketing Oggi NUMERO DOPPIO È IN EDICOLA CLASS DI DICEM MBRE IN REGALO O NUMERO DOPPIO IL QUOTIDIANO DEI PROFESSIONISTI ESSIONISTI DI MARKETING, MEDIA E PUBBLICITÀ Le linee guida della Fondazione Altagamma per il 2010. Prodotti e retail gli assi sui cui puntare Marchi, più del lusso fa l’eccellenza Branchini: termine abusato. E la storia d’azienda torna centrale http://www.milanofinanza.it - questa copia è concessa in licenza esclusiva all'utente 'bibliogr' - http://www.italiaoggi.it DI PAGINA A CURA FRANCESCA SOTTILARO l lusso? Roba da francesi o da parvenu della marca. «Meglio puntare su eccellenza di prodotto e di progetto» per un anno che non si annuncia affatto tenero per i beni della fascia alta e marchi al seguito. I mercatii su cui scommettere?? too «Sicuramente tanto se e retail in Cina, paese re e per cui l’era della tigre c ca non è solo astrologica d ma segna l’inizio di e ex una decade in cui l’ex repubblica popolare diventerà il nuovo Giappone degli anni 70, trainando opportunità di busi-e». Il ness in tutto l’Oriente». linguaggio più adatto? Calibrato all’azienda e alla sua storia. A ridisegnare il cammino e le direttive per i marchi che nella crisi vogliono tornare a crescere è l’osservatorio della Fondazione Altagamma da cui si attendono a febbraio nuovi dati sul settore. «Negli ultimi anni il lusso è stato termine usato e abusato e non a caso chi se ne è fregiato per descrivere la propria realtà, nel lungo periodo ha dimostrato di avere poche cose alle spalle», spiega Armando Branchini, esperto di marketing a livello internazionale, docente di gestione delle imprese di moda e design alla Bocconi di Milano nonché I Il lusso ironico del disegnatore spagnolo Jordi Labanda. Da sinistra in senso antiorario il marchio Rolls-Royce e una pochette Bulgari. In alto a destra, anelli Pomellato segretario generale della Fondazione. «Non a caso quando nel ’91 decidemmo di creare un’associazione per dar voce alle aziende di un certo livello scegliemmo di porre come denominatore comune l’eccellenza, che può riguardare una sedia in policarbonato come un collier di pietre dure o uno yacht. E questa rimane oggi una costante per valutare metodo, piani futuri e successo di una realtà imprenditoriale». Il ridimensionamento anche per chi ha volato troppo anche con il linguaggio è d’obbligo. «I marchi che soffrono oggi, nonostante le feste natalizie, sono proprio quelli della sfera di lusso accessibile o quelli che puntano sul lato aspirazionale dei consumi e che hanno urlato le loro strategie. Andrà meglio invece a chi ha sempre avuto un occhio particolare per i clienti tipici, quelli per cui vale l’effetto patrimoniale e che continueranno a puntare sulla qualità come messaggio primario». Così se per l’alto di gamma si stimano cali «dal 15 al 25%», negli stessi settori ma per marchi che stanno invece nella fascia media del mercato il calo sarà «del 30 e fino al 50%», spiega Branchini. «La marca e il prodotto di eccellenza diventano limitatori degli impatti nefasti di questo periodo», sottolinea il docente, «e il non por- re l’accento sul lusso (cosa tipicamente francese) ma su qualità e sulla ricerca, magari legandole all’innovazione e all’heritage, è la chiave perché il cliente torni al centro dell’attenzione come deve essere sempre». Poco importa se per molti lusso è ancora sinonimo di sogno. «La parola in qualche modo ha due elementi negativi: da un lato evoca l’effimero e l’opulento anche senza innovare, dall’altro descrive qualcosa di eccessivamente costoso», aggiunge il segretario generale di Altagamma. Concetti poco di moda in questo periodo anche se poi lo si tramuta tramu in «accessibile» o «intermedi «intermedio». L’avviso ai navigati per i prossimi pross mesi sembra chiaro: c «la raccoma raccomandazione di fondo è focalizzarsi sull’e sull’evoluzione del mondo e pensare al consu consumatore», sottolinea B Branchini, «tenendo sempre presente che l’alto di gamma esaudisce desideri e non bisogni. bisogni Desideri d li da iintercettare cogliendo i cambiamenti in atto». Chi dagli anni ’70 a oggi è passato indenne da sette crisi economiche e altre devastazioni si chiama sempre Zegna, Brioni, Bulgari, Perini Navi. «Nomi che non hanno mai parlato di lusso», conclude, «ma di innovazione, rimanendo sempre nel solco del gusto e della tradizione». © Riproduzione riservata Armando Branchini L’inarrivabilità di una griffe? Come l’artigianato: il cliente è un amico David Ward «Si torni a chiamare lusso ciò che davvero è inaccessibile». Questo il monito di David Ward, docente di business studies all’European school of economics ed esperto di strategie aziendali. Il suo pensiero è raccolto nell’opera prima Everlasting Luxury scritta dalla sua ex allieva Claudia Chiari (Editrice Le Fonti) e nell’incontro con ItaliaOggi va dritto al punto. «In Italia soprattutto c’è troppa standardizzazione come se tutto fosse riconduci- bile a una parola». Domanda: Eppure, professore, si fa un gran parlare di lusso oggi... Risposta. C’è un inquinamento acustico di fondo, e come la musica bisogna tornare a parlare di timbri, di marchi. La differenza sta nella professionalità del musicista e nell’inarrivabilità del prodotto. D. Chi oggi è davvero inaccessibile? R. Chi propone servizi solo per una certa clientela. Sono aziende per cui il consumatore diventa amico, che a Natale consegnano personalmente regali di lusso e che nelle strategie pensano prima al cliente che all’azionista. Come gli artigiani di un tempo. D. Mi faccia un esempio di un marchio che ha mantenuto il suo Dna... R. Per esempio, lei sa dov’è qui a Milano l’assistenza Rolls-Royce? Se la risposta è no, ecco il marchio che cercava. D. Però ogni realtà che si dichiari di lusso oggi sta nelle vie mondiali del lusso... R. E qui sta il grande inganno: chi coinvolge tutti toglie unicità ai servizi, chi si dice democratico non è lusso, chi è di lusso, ma poi vende foulard a pochi euro deve fare attenzione... D. Come la mettiamo con le strategie di marketing per relazionarsi con i clienti in momenti di crisi? R. Quando si parla di brand automaticamente si spersonalizza un marchio di lusso o presunto tale, perché ci si concentra sulle performance. La Customer relationship management (la gestione della relazione con il cliente, ndr), poi, è uno dei tanti modi di meccanizzare il rapporto con i consumatori. D. Un messaggio utile a chi sta sul mercato? R. Smetterla di spacciarsi come inaccessibili se non lo si è. Come chi vende telefonini con i brillanti e la segretaria incorporata. Alla fine il cliente si accorge di avere comprato null’altro che un telefonino e la percezione del servizio si ridimensiona a spese della griffe. © Riproduzione riservata http://www.milanofinanza.it - questa copia è concessa in licenza esclusiva all'utente 'bibliogr' - http://www.italiaoggi.it 14 Mercoledì 30 Dicembre 2009 MARKETING Il marchio di cancelleria del gruppo Newell Rubbermaid diversiica e sceglie l’ecocompatibile Paper Mate, il futuro è riciclabile Arriva la gamma di penne biodegradabili. Campagna nelle scuole DI MARIANGELA MODAFFERI alla riciclata alla riciclabile. Il 2010 si apre all’insegna dell’ambiente per Paper Mate, marchio specializzato in strumenti per l’ufficio e la scrittura del gruppo Newell Rubbermaid. Dopo la linea in materiale riciclato Recycled, presentata nel 2009, nel nuovo anno l’azienda lancerà sul mercato una gamma di penne biodegradabili. Target di riferimento saranno soprattutto le scuole. La campagna di lancio, infatti, prevede un progetto dedicato alle classi elementari di Roma e Milano che coinvolgerà circa 10 mila bambini. La linea Biodegradabile Paper Mate comprende una penna a sfera, una a inchiostro gel ricaricabile e una portamine. Dopo l’uso le penne si smontano e le parti realizzate in MirelMT, una bioplastica a uso esclusivo di Paper Mate ricavata da materiale vegetale, possono essere gettate nei rifiuti organici, in acqua o nel giardino di casa dove si de- http://www.milanofinanza.it - questa copia è concessa in licenza esclusiva all'utente 'bibliogr' - http://www.italiaoggi.it D compongono nel giro di un anno. A supporto della nuova gamma l’azienda ha creato un sito dedicato, www.papermaten green.net/IT, in cui, oltre a un mo video che spiega il meccanismo del riciclaggio, c’è un’area deredicata agli altri prodotti green dell’azienda. A marzo di ate quest’anno infatti Paper Mate ea ha lanciato Recycled, penne tro sfera e un correttore a nastro laprodotti con materiale riciclan to. Le due linee rientrano in un più ampio progetto dell d gruppo Newell Rubbermaid per lo sviluppo di soluzioni e iniziative ecosostenibili. In quest’ottica si inserisce anche la campagna «Prendi in mano il tuo futuro» rivolta alle scuole che affiancherà il lancio della nuova linea Biodegradabile. Il progetto partirà a febbraio 2010 e coinvolgerà le terze e le quarte elementari di un centinaio di scuole di Roma e Milano, per un totale di circa 500 aule e 10 mila bambini. «L’obiettivo», spiegano dalla direzione marketing Paper Mate, Le nuove penne completamente biodegradabili «è comunicare il n nostro impegno per l’am l’ambiente alle nuove gen generazioni con un proge progetto che ha lo scopo di ed educare e abituare i bamb bambini alle pratiche sosten sostenibili». Le scuole che aderi aderiscono riceveranno del mate materiale didattico e un conten contenitore per la raccolta differ differenziata nelle classi, oltre al kit per partecipare al p progetto che prevede un lav lavoro individuale e uno di gr gruppo. Ogni bambino dovrà scrivere un’autobiografia in cui si immagina il proprio futuro, mentre la classe dovrà realizzare un elaborato da spedire a Paper Mate. Nel 2010 per la linea Biodegradabile non sono previste campagne di comunicazione classiche. Oltre al progetto nelle scuole, A Dubai e nel Modenese i progetti di Ellebiemme con il suo nome saranno distribuiti degli espositori nei punti vendita e nelle catene della grande distribuzione. In futuro la gamma potrebbe essere venduta anche in negozi e catene specializzate in prodotti biologici ed ecosostenibili. Le attività di comunicazione del brand nel 2010 avranno lo stesso budget dell’anno passa- to e saranno dedicate alle linee Flexigrip Elite (penne a sfera ultrascorrevoli) e Replay (penne a inchiostro cancellabile). Per la prima, fra marzo e aprile saranno riproposti gli spot tv già mandati in onda negli ultimi tre anni, con un investimento pubblicitario di 1,5 milioni di euro. A partire dal mese di agosto, invece, saranno di nuovo on air gli spot della linea Replay, con una programmazione concentrata nelle ore pomeridiane all’interno delle trasmissioni dedicate ai bambini. Fra i progetti futuri, infine, il marchio Paper Mate, che negli ultimi mesi del 2009 ha registrato un calo di alcuni punti percentuali (in linea con l’andamento del mercato degli strumenti per scrittura), si prepara a entrare anche nel mercato del colore con una propria linea di pennarelli e matite colorate. © Riproduzione riservata Altri articoli su www. italiaoggi.it/marketing +ecocompatibile La classifica Adage sull’investitore dell’anno Il brand Luciano Pavarotti Il realismo paga diventa hotel e ski resort E Hyundai vince DI G CARLO RUSSO rande tenore ma, a due anni dalla scomparsa, anche griffe a tutto campo. Infatti si chiamerà Luciano Pavarotti lo ski resort che sorgerà sull’Appennino modenese, una costruzione che richiamerà in alcuni particolari il mondo della lirica e dello spettacolo. L’idea e la realizzazione del complesso (col placet della vedova del tenore, Nicoletta Mantovani, asLo ski resort sul monte Cimone e la Luciano Pavarotti Tower di Dubai sessore alla Cultura del Comune zione italiana di AD Architectural Digest. di Bologna) è della società immobiliare EllebiemIl ristorante annesso si chiamerà Big Luciano me, sede a Bologna, la stessa che sta realizzando e proporrà a Dubai la cucina italiana. I clienti poa Dubai, sfidando la crisi dell’emirato, la Luciano tranno anche visitare un museo dedicato al tenore Pavarotti Tower, un lussuoso centro commerciale e con sede in un’ala della Tower. residenziale. Da Dubai al Cimone: gli incoraggianSarà sempre l’architetto Ettore Mocchetti a ti risultati di business in Oriente hanno spinto la firmare l’altra struttura pavarottiana, quella sul società a scommettere anche in Italia. Cimone. Si tratterà di un hotel (più residence) con Tra poco inizierà una campagna promozionale. spa, piscina, club per bambini, auditorium, sala «Il territorio modenese», dice Antonio Di Matteo, congressi e il ristorante Dal Maestro. presidente di Ellebiemme, «sarà particolarmente La griffe del tenorissimo entra quindi nel settore coinvolto nel progetto del Pavarotti ski Resort, la cui immobiliare, dopo i cosmetici, i profumi, gli orologi, costruzione inizierà in primavera su un’area prosgli accessori. «Luciano», dice Nicoletta, Mantovani, sima a Fanano, località di forte richiamo turistico «era fiero di essere considerato un ambasciatore sull’appennino modenese, con l’ambizione di incredell’Italia nel mondo e non ha mai smesso di senmentare in modo significativo il turismo locale». tirsi uno strumento al servizio della sua cultura e Nata nel 1995 per la commercializzazione di immodella sua arte. Sono lieta di associare il suo nome bili in località di prestigio (Venezia, Portofino, Porto all’estro creativo e alla maestria ingegneristica e Cervo, Cortina e la Costa Azzurra) Ellebiemme dal architettonica che caratterizza le creazioni di El2006 opera anche negli Emirati Arabi: a Jebel Ali Palm la Luciano Pavarotti Tower sarà inaugurata lebiemme in tutto il mondo, anch’esse espressione di arte e di talento. E sono vicina al progetto del nel 2011. L’edifico avrà 16 piani, ognuno dei quali Pavarotti ski Resort perché Fanano era una delle porterà il nome e l’ambientazione di un’opera lirica, con 136 appartamenti (da 80 a 500 mq) firmati mete preferite dal Maestro». © Riproduzione riservata dall’architetto Ettore Mocchetti, direttore dell’edi- DI VALENTINA GIANNELLA I l crudo realismo paga, a volte, anche in pubblicità. Mentre negli ultimi mesi i brand globali versavano fiumi di bollicine e immagini frizzanti per sdrammatizzare il clima cupo da grande depressione e mandavano on air spot inneggianti all’ottimismo a tutti i costi, un marchio ha deciso di investire sul realismo, ed è stato premiato. È infatti Hyundai ad aggiudicarsi il premio Marketer of the year 2009, l’investitore dell’anno premiato dalla rivista di riferimento per l’industria della pubblicità amesingAge (www. (www ricana, AdvertisingAge adage.com). A convincere i giurati la campagna di comunicazione «Assurance program», programma di assicurazione (in senso psicologico, non solo finanziario), che si basa su un concetto molto semplice e drammaticamente attuale: «Almeno una certezza in tempi di incertezza: compra una Hyundai a rate e se perdi il la- voro nel 2010 la potrai restituire senza costi aggiunti» (nella foto, la versione stampa della campagna firmata dall’agenzia Goodby, Silverstein&partners). Secondo nella classifica di Adage arriva Walmart. La storica catena di supermercati è stata premiata per aver migliorato il suo rapporto qualità-prezzo con l’ob l’obiettivo di fare l’in l’interesse del clie cliente, oltre che il p proprio, in un mo momento difficile per le finanze delle ffamiglie medie am americane. T Terzo arriva Mc McDonald’s per il suo «grande ma marketing mix e il focus sul prodo dotto». In quarta po posizione il march danese di chio gi giocattoli Lego, pe essere riuper i breve tempo scito a «ribaltare in una situazione critica, con perdite annuali di milioni di euro, in un trend di crescita delle vendite a doppia cifra». Amazon chiude la lista dei vincitori con le «politiche di contenimento dei prezzi e il miglioramento delle condizioni di spedizione». © Riproduzione riservata http://www.milanofinanza.it - questa copia è concessa in licenza esclusiva all'utente 'bibliogr' - http://www.italiaoggi.it 16 Mercoledì 30 Dicembre 2009 MEDIA I risultati di uno studio di Microsoft advertising sul mercato inglese delle grandi catene distributive Pubblicità, la stampa batte la tv Sui giornali ogni sterlina spesa ne genera cinque in ricavi DI ALESSIO ODINI orpresa, la carta stampata non è per niente male per farsi pubblicità: i ricavi che se ne conseguono sono addirittura doppi rispetto alla tv. La notizia arriva dal Times di Londra, che ha reso nota un’indagine commissionata da Microsoft advertising sul mercato inglese delle grandi catene di abbigliamento, alimentari e centri commerciali. Alla fine di uno degli anni più neri per la carta stampata, su cui proprio la raccolta pubblicitaria ha pesato in modo notevole, pur non essendo l’unica causa, l’indagine presenta dati quantomeno curiosi: ogni sterlina (1,1 euro) spesa in pubblicità su giornali e riviste, ha prodotto infatti 5 sterline (5,5 euro) di ricavi, mentre gli spot televisivi hanno fruttato poco più del doppio dell’investimento (2,15 sterline, cioè 2,38 euro). A sua volta, la pubblicità on-line, che nel Regno Unito ha superato quella del piccolo schermo, ha fatto meglio con 3,44 sterline (3,81 euro), ma la resa della carta resta ancora lontana. http://www.milanofinanza.it - questa copia è concessa in licenza esclusiva all'utente 'bibliogr' - http://www.italiaoggi.it S I risultati non hanno lasciato indifferenti gli addetti ai lavori, specialmente se messi a confronto con uno studio di PricewaterhouseCoopers realizzato nel 2007. All’epoca, la società di consulenza aveva analizzato dieci anni di informazioni relative a 700 grandi marchi attivi in sette diversi mercati, dimostrando che la pubblicità in tv generava 4,5 sterline (4,98 euro) per ogni sterlina investita e che le campagne sul piccolo scher- mo erano più efficaci del 25% rispetto alle altre. Dipende, come al solito, dai punti di vista e dalla contestualizzazione. È indubbio che l’indagine di PricewaterhouseCoopers sia stata più profonda, ma ha preso in considerazione un periodo in cui la tv faceva la parte del leone. Quella di Microsoft, al contrario, si è concentrata sui grandi distributori in un anno di forte transizione. Il suggerimento emerso è sta- to dunque quello di modificare il media mix assecondando la tendenza in atto, e cioè di spostare un ulteriore 10% del budget verso l’on-line e la carta stampata, sottraendolo proprio alla televisione. Un consiglio scontato in apparenza, ma la storia diventa più interessante quando si scopre che fra le 26 società intervistate, rigorosamente in forma anonima, 24 figurano fra le prime 100 del Promozione ingannevole sugli abbonamenti LA VIGNETTA DEL GIORNO L’Antitrust multa Hachette Rusconi DI FEDERICO UNNIA C Di Giannelli per il Corriere della Sera Editoria in Piazza Affari Bene Cairo e Buongiorno Indice FTSE IT ALL SHARE DJ MEDIA Titolo Chiusura Var. % Var. % 30/12/08 23.759,33 131,38 0,32 0,27 19,73 30,02 Rif. Var. % Var. % 30/12/08 Capitaliz. (mln €) Buongiorno 1,1600 1,58 90,16 123,4 Cairo Communication Caltagirone Editore 3,0775 1,7200 2,67 -1,09 64,01 -21,91 241,1 215,0 Class Editori Espresso 0,6700 2,2575 0,78 -2,55 94,95 68,7 924,2 Il Sole 24 Ore Mediaset 1,9280 5,7950 -1,08 0,26 -15,07 55,91 83,5 6.845,2 Mondadori Monrif 3,0875 0,4620 0,49 0,43 -11,34 3,82 801,0 69,3 Poligraici Rcs Mediagroup 0,4505 1,2660 0,16 19,02 30,25 59,5 927,6 Seat Pagine Gialle Telecom Italia Media 0,1627 0,1005 -0,61 0,80 -65,59 13,82 313,5 331,2 inquantamila euro di multa per aver messo a punto e diffuso una pratica commerciale scorretta sulla campagna di abbonamento per alcune riviste. È questa la decisione presa dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato nei confronti della casa editrice Hachette Rusconi, per alcune informazioni diffuse dal novembre 2008 in poi sul proprio sito internet, su dépliant e in alcuni messaggi pubblicitari a sostegno della campagna abbonamenti a quattro delle sue riviste, tra cui Gente Motori, Gioia, Riders e Hachette Home. Nei messaggi si enfatizzava la possibilità di ottenere fino al 78% di sconto (come nel caso dell’abbonamento annuale a Gioia) se ci si fosse abbonati subito a tali riviste. In realtà, come emerso dalle indagini condotte dall’Autorità, nel caso di Gioia lo sconto reale era solo del 60%, per Riders del 27% rispetto al promesso 50% e per Gente Motori del 31% rispetto al 55%. Un’informazione, quindi, non vera e tale da indurre i consumatori ad accettare la soluzione dell’abbonamento annuale sulla falsa convinzione di risparmiare rispetto al costo pagato in edicola. In sua difesa Hachette Rusconi aveva insistito sul fatto che in tutto il mercato le proposte di prezzo di abbonamento vengono fatte sui prezzi di copertina delle testate, prezzi che possono anche non essere poi applicati integralmente dalle edicole in fase di vendita. Da qui lo scollamento. Infine, tale prassi di calcolo viene seguita sostanzialmente da tutti i gruppi editoriali presenti sul mercato, con questo rendendosi necessaria una condanna allargata e non solo nei suoi confronti. L’Autorità, come detto, ha sanzionato la condotta e i messaggi diffusi da Hachette Rusconi, ritenendoli scorretti e stigmatizzando l’utilizzo fatto in pubblicità di un elemento non certo come è il prezzo reale di queste testate in edicola per promuovere l’abbonamento annuale. Se il prezzo di copertina non è certo sia poi quello pagato in edicola, a maggior ragione non può essere il fulcro su cui costruire una promessa promozionale. Da qui la condanna. © Riproduzione riservata Altri articoli sul sito www.italiaoggi.it/ hachette+rusconi mercato inglese in termini di spesa pubblicitaria sui media. Per esempio, secondo Joel Dawson, capo del marketing on-line di Boots, catena di prodotti cosmetici, farmaceutici e parafarmaceutici, «la stampa va molto bene per targettizzare audience specifiche» e presentare i prodotti di punta. Ma il responsabile marketing ha ricordato anche come le sfide più interessanti riguardino l’integrazione «della pubblicità digitale nel processo di pianificazione». Quanto alla tv, la sua resa è ottima «in termini di copertura e frequenza» del messaggio, nonostante da più parti si ricordi come l’audience è frammentata e sempre più rivolta a media personalizzabili, comprese le tv tematiche e on-demand. L’impressione, alla fine di tutto, è che l’indagine sia un timido tentativo di alleanza fra un mezzo in difficoltà e un altro in rapida ascesa, per spartirsi la fetta di mercato occupata oggi dalla tv tradizionale. Non è detto che accada, e neppure domani, ma alcuni indizi legati alla trasformazione del panorama dei media lo fanno pensare. © Riproduzione riservata CHESSIDICE Aldo Grasso e la Billy dell’Ikea. Sul Corriere della Sera di ieri, il critico televisivo Aldo Grasso, nella sua seguitissima rubrica, si è divertito a sbeffeggiare il direttore del Tg1, Augusto Minzolini. Motivo? Il numero uno della ammiraglia Rai ha dato il nome «Billy» a una rubrica sui libri. Grasso, allora, si interrogava sull’origine di questo curioso nome: il cane di Minzolini si chiama così, si ispira all’ex calciatore Billy Costacurta, al succo di frutta anni 80 Billy, alla drag queen Billy Moore, al cantante Billy Idol, e via ironizzando. Sui nomi delle rubriche, ci mancherebbe, ce ne sarebbe da scrivere (per fare un esempio, quella di Grasso sul Corriere si chiama «A fil di rete», con un doppio senso tra rete tv e i giochi del tennis o della pallavolo che non a tutti risulta chiarissimo). A molti «Billy» può sembrare ostico. Tuttavia si chiama Billy la libreria più famosa e venduta al mondo, con ben 41 milioni di esemplari. Realizzata dalla azienda svedese Ikea, Billy nel 2009 ha compiuto trent’anni. E, in tutto questo tempo, di libri in scaffale ne ha ospitati parecchi. Anche i saggi di Aldo Grasso. http://www.milanofinanza.it - questa copia è concessa in licenza esclusiva all'utente 'bibliogr' - http://www.italiaoggi.it Mercoledì 30 Dicembre 2009 MEDIA 17 Il digitale terrestre ridimensiona i canali tradizionali: dal -8% di Telenorba al -51% di Telereporter Tv locali, il dtt seleziona la specie Anche senza switch off ascolti in calo. Verso nuovi equilibri DI CLAUDIO PLAZZOTTA na lenta, inesorabile agonia. Purtroppo è difficile trovare altre parole per descrivere il momento delle tv locali. Di quel fenomeno che dalla metà degli anni 70 ha contribuito a cambiare il costume e il modo di fare comunicazione in Italia. Gli ascolti stanno calando. In alcuni casi, crollando. La tendenza, come già sottolineato su ItaliaOggi del 19 novembre scorso, è ovviamente più marcata in quelle regioni dove il passaggio totale al digitale terrestre c’è già stato. Ma pure in Lombardia o in Veneto, dove lo switch off avverrà tra il primo e il secondo semestre 2010, c’è una diminuzione delle audience. Motivo? Beh, piuttosto semplice. Montando un decoder, o acquistando un televisore di nuova generazione (in molti lo stanno facendo proprio durante le feste di fine anno), si entra nel mondo del digitale terrestre. In cui compaiono tanti nuovi canali, e nel quale le tv locali non si sono, http://www.milanofinanza.it - questa copia è concessa in licenza esclusiva all'utente 'bibliogr' - http://www.italiaoggi.it U NEODIRETTORE Tgr Rai, fiducia a Maccari Alberto Maccari I giornalisti della Tgr, la testata per l’informazione regionale della Rai, hanno approvato il piano editoriale del direttore Alberto Maccari, che ha ottenuto 310 voti favorevoli e 158 contrari, con 57 schede bianche e 4 nulle. Subito dopo le votazioni, è stata stabilita la scaletta del confronto fra il direttore e la delegazione dell’esecutivo Usigrai, il sindacato dei giornalisti del servizio pubblico. Nelle prossime settimane si discuterà tra l’altro, ha fatto sapere il segretario dell’Usigrai, Carlo Verna, di copertura del territorio e di digitalizzazione delle redazioni regionali. Così l'audience lungo la Penisola EMITTENTE REGIONE CONTATTI OTTOBRE 2009 Puglia 1.386.002 -8,5 Lombardia 1.275.558 stabile Telenorba Telelombardia 7 Gold Telepadova Telecapri VAR% SU OTTOBRE 2008 Veneto 1.164.683 -8,7 Campania 1.076.602 -5,1 Antennatre Lombardia 861.874 -15,3 Telenova Lombardia 673.357 -10,5 Antennatre Nord est 7 Gold Sesta rete Veneto 618.873 -8,1 Emilia Romagna 618.567 +5,1 Tele A Campania 605.614 -5,6 Puglia 599.646 -1,1 Teledue Elaborazione ItaliaOggi su dati Auditel. Contatti netti giorno medio mensile tutte tempo In tutte, attrezzate per tempo. Lombardia, per esempio, appena si chiede al decoder di sintonizzare i canali in automatico, ecco apparire una lista dove Telenova e Telesubalpina (tv di proprietà di Telenova) sono presentissime, più volte, su più multiplex. Altri big delle tv locali, invece, latitano. Perciò è chiaro che le famiglie lombarde o venete, una volta passate al digitale, siano destinate a dimenticarsi i canali locali ai quali erano tanto affezionate affezionate. Per ora è possibile tornare sulle vecchie emittenti semplicemente spegnendo il decoder e passando al mondo analogico. Ma quando lo switch off sarà completato, ciò non sarà più possibile e nel frattempo le abitudini di consumo televisivo (tra le più volubili) saranno cambiate e i canali locali saranno fi niti in una posizione penalizzante quanto a numeri del telecomando. Dando un’occhiata ai dati di ascolto di ottobre (gli ultimi disponibili, anche se a brevissimo ItaliaOggi potrà pubblicare quelli di novembre), gli unici big a non perdere ascolti rispetto a 12 mesi fa sono Telelombardia, stabile, e la toscana Sesta Rete, su del 5%. Per il resto, le cose vanno piuttosto male. In Veneto sia Telepadova sia Antennatre Nordest arretrano dell’8%. In Lombardia, detto di Tl, vanno indietro sia Antennatre (del gruppo Mediapason, di cui fa parte pure Tl), con un -15%, sia Telenova (-10%), che evidentemente non trae grossi benefici neppure dalla sua massiccia presenza nel mondo del digitale terrestre. Ma ci sono crolli ancor più clamorosi, come, per esempio, il -51% di Telereporter (che ha pure il patron, Raimondo Lagostena, in carcere) o il -19% di Canale 6. Telecapri e Tele A, in Campania, resistono (-5%), mentre il gruppo di Luca Montrone scende dell’8% con la pugliese Telenorba e tiene con Tele due (-1%). Gli esperti sono piuttosto drastici in materia: prevedono che, a regime, resisteranno solo due o tre tv per regione, mentre per le altre non vi saranno più risorse pubblicitarie suffi cienti a tenerle in vita. © Riproduzione riservata Altri articoli sul sito www.italiaoggi.it/tv+locali DAL NUMERO MONOTEMATICO AI PEZZI DELL’ECONOMIST: LE SCELTE DIVENTANO UN BOOMERANG La Stampa ritrovi l’orgoglio piemontese-internazionale DI SABINA RODI La Stampa, quotidiano di casa Agnelli realizzato a Torino, ha dedicato quasi interamente un suo numero al bilancio degli avvenimenti e dei trend dell’anno passato e alla previsione di quelli dell’anno prossimo. Un quotidiano dovrebbe commentare ciò che è successo il giorno prima. Non a caso si chiama quotidiano. Se vuol essere se stesso deve perciò essere croccante (e inevitabilmente deperibile) come una brioche dei tempi andati quando essa nasceva nei forni e non nelle catene di montaggio alimentari. Ecco perché un quotidiano generalista non può mai diventare quasi monotematico. Se fa questa scelta (e La Stampa l’ha fatta) esso manda ai suoi lettori un pericoloso segnale boomerang. In pratica dice loro: vedi che per spiegarti la giornata precedente bastano poche pagine? Il resto sono anabolizzanti che producono dilatazioni inutili. Ma l’iniziativa della Stampa, splendida per l’impostazione grafica (chapeau all’art director!), rappresenta anche un clamoroso autogol per un giornale che, pur essendo solo interregionale (Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta) è sempre stato il quotidiano Mario Calabresi italiano che ha la migliore aper- tura sul mondo. Non sempre per quantità, ma sempre per qualità. Il motivo è storico perché attiene alle radici culturali di questa area. Il Piemonte, infatti, è culturalmente una regione internazionale. Casa Savoia era imparentata con tutte le grandi case regnanti europee. Come adesso capita anche con Emanuele Filiberto la loro lingua materna non era l’italiano. Cavour, che parlava francese, faceva errori madornali quando scriveva in italiano. Questa tradizione internazionale è proseguita con la Fiat e in particolare, con Gianni Agnelli che, perdipiù, era un italiano con orizzonti internazionali, che considerava La Stampa come suo quotidiano personale e ben lo sanno purtroppo i direttori della sua lunga stagione che venivano svegliati prima dell’alba da un presidente iper mattiniero interessato a discutere con loro le cose del mondo. Pertanto la scelta di Mario Calabresi di affittare le pagine de La Stampa agli articoli del settimanale inglese The Economist significa trasformarla, da orgoglioso quotidiano subalpino e sabaudo di qualità, in una sorta di franchising editoriale. È questo uno schiaffo demoralizzante che la direzione de La Stampa ha dato non solo ai suoi lettori, ma soprattutto ai suoi editorialisti, inviati, corrispondenti, analisti, collaboratori universitari (che sono numerosi e che quasi tutti sono anche di altissimo livello) che in pratica, con questo numero affittato a The Economist, sono stati invitati da Mario Calabresi a farsi in disparte per poter realizzare un numero taglia e incolla del quale i soli protagonisti italiani sono i grafici e i traduttori. Tutti sanno che un giornale non è un semplice contenitore, dove può essere versata qualsiasi cosa purché sia ben confezionata, ma è un prodotto delicato che possiede un’anima che consiste nel suo «punto di vista» che non è fatto solo di principi, ma anche di un non meno importante «punto di vista geografico». La Stampa infatti è stata finora un grande giornale perché ha diffuso nelle aree di sua prevalente diffusione e fra l’intellighentia delle parti restanti del paese, il suo punto di vista ligure-piemontese, non quello londinese. La Stampa invece ha preferito scegliere adesso la via dell’autocolonizzazione culturale (che è la più nefasta) anche se non ce n’era proprio bisogno. Gianni Agnelli, ad esempio, era un piemontese, italiano, abitante del mondo. Era un vero internazionalista perché guardava vasto e lontano. È dall’alto del suo liceo e della sua università piemontesi e del suo servizio militare in cavalleria a Saluzzo che Gianni Agnelli guardava il mondo intero e lo interpretava da par suo magistralmente. I veri provinciali di oggi credono invece che la sola conoscenza che vale di essere conosciuta maturi a Londra o New York. C’è solo da augurarci che La Stampa ritorni al suo antico orgoglio piemontese-internazionale. Ne ha tutti i mezzi. Se lo merita pienamente. E soprattutto se lo meritano i suoi lettori. © Riproduzione riservata http://www.milanofinanza.it - questa copia è concessa in licenza esclusiva all'utente 'bibliogr' - http://www.italiaoggi.it 18 Mercoledì 30 Dicembre 2009 UN PROFESSIONISTA AL GIORNO La vita, la carriera e i gusti di Jacques Bousquet, direttore generale di Renault Italia La mia fata dell’elettricità Dalla prima chitarra all’auto a energia rinnovabile, non ho mai abbandonato le passioni dell’adolescenza DI ALESSIA GRASSI alla chitarra elettrica all’auto elettrica: «Perché le passioni più importanti nascono da piccoli e restano per tutta la vita». Così Jacques Bousquet, direttore generale di Renault Italia, spiega il suo amore per quella che chiama «la fata dell’elettricità». La stessa che da ragazzo gli permetteva di fare tanto rumore con la sua chitarra elettrica, una Fender Stratocaster che suona ancora oggi e che ora lo porta a traghettare la casa automobilistica francese nell’era delle silenziose auto elettriche. Un progetto che il manager insegue da decenni, da quando si trovò intrappolato nel traffico dei ponti sul Bosforo di Istanbul. «Cinque file di auto per ogni senso di marcia, un tappeto rumorosissimo di macchine che stonava con la magia di quella città. Lì ho capito che bisognava trovare un modo per conciliare la mobilità delle persone con il rispetto dell’ambiente». E fu proprio il piano di sviluppo tecnologico presentato da Renault a fargli accettare, all’inizio del 2009, l’incarico di direttore generale, dopo una lunga esperienza nelle maggiori case automobilistiche. Iniziò nell’84 al marketing della Ford, prima a Parigi, poi a Londra, a Colonia e a Detroit, nel ’99 passò in Fiat come direttore commerministratore ciale per l’Europa e nel 2006 divenne amministratore more per i delegato di Daimler Chrysler Europa. L’amore motori infatti è nato quando era piccolo: voleva fare il campione di motocross anche se, dopoo 5 i primi ruzzoloni con la sua Yamaha 125 DTMX, capì che il fuori pista era meglioo farlo su 4 ruote. Un tipo di vettura che ancora oggi predilige, guida una Renault Koleos nera, «la perfetta sia in città che in fuoristrada. Ma pensi che bello se nei centri urbani ci fosse il silenzio delle auto elettriche». A settembre, ato al salone di Francoforte, abbiamo presentato i di settimane tti non uno, ma una gamma di ben 4 modelli ed un paio fa abbiamo comunicato quali saranno gli stabilimenti di produzione». Racconta delle difficoltà del progetto in paesi, come l’Italia o la Germania, che hanno una forte decentralizzazione, dove è difficile sviluppare in un quadro organico gli accordi con i distributori della rete di ricarica e con le istituzioni, per sostenere e incentivare la tecnologia. «Se manca il coordinamento a livello nazionale questo processo può essere rallentato o mancare dell’efficacia necessaria». Ormai però è iniziato e tutti i produttori si stanno muovendo per dare una «scossa al mercato. Nel 2012 una percentuale tra il 5 e il 20% degli utenti avrà un’auto elettrica». Proprio per quella data, per il 20 dicembre 2012, un’antica profezia maya prevede la fine del mondo. «Allora dobbiamo anticipare la produzione al 2011», aggiunge sorridendo, «così per un anno avremo mercato». È così Bousquet, ironico e pragnome matico, aperto, senza preconcetti, a ogni soluzione lo porti a realizzare l’obiettivo che, con determinato a nazione, non perde mai di vista. Una simpatia che trasmette anche quando racconta del padre: il «aveva un ristorante ma non sapeva cucinare, in compenso mi ha insegnato ad apprezzare il vino, professione il Medoc Bordeaux in particolare, direttore generale anche se io preferisco il Barolo, Renault Italia un Pio Cesare del ’97, corposo, ato». Ma robusto e giustamente invecchiato». se l’Italia batte la Francia sul vino non lo fa, secondo Bousquet, nello sport: al calcio preferisce il rugby. Anche in questo caso la passione nasce da piccolo. Aveva dieci anni quando 70, andò a vedere la finale del Torneo Sei Nazioni. «Era il marzoo del ’70, agna 35 a allo stadio Colombes di Parigi, la Francia batté la Gran Bretagna 13. Fu una rivelazione, uno sport spettacolare dove ciascun giocatore, ltato. Nel con le diverse tipologie fisiche, concorre a determinare il risultato. niali calcio per vincere può bastare avere uno o due giocatori geniali a avanti, nel rugby no, serve tutta la squadra. Poi c’è rispetto tra professionisti e tifoserie. Dopo la partita, a prescindere dal risultato, si va sempre a festeggiare tutti assieme». Racconta che ha già prenotato il viaggio in Nuova Zelanda, per la coppa del mondo del settembre 2011, un appuntamento che non intende perdere. Anche per questo di sta organizzando, come per l’auto elettrica, come per la collezione di vini o quella dei dischi in vinile del suo gruppo punk rock preferito, The Clash. aÈ proprio vero: sono le passioni nate da piccoli che ti accompagnano per tutta la vita. La chitarraa La prima passione der elettrica è una Fender Stratocaster a sei corde che suono ancor ncor oggi, rigorosamentee con ampliicatore Marshall La moto M diverto con una Yamaha Mi 125 DTMX: da piccolo volevo fare il campione di motocross ma dopo i primi ruzzoloni ho capito che il fuori pista era meglio farlo su quattro ruote Il vino Il mio preferito è il Barolo, un Pio Cesare del ’97 (nella foto): mio padre mi ha insegnato ad apprezzare il vino, il Medoc Bordeaux in particolare Jacques Bousquet Lo sport Rodez (Francia) Mi piace il rugby perche è uno sport spettacolare dove ciascun giocatore, con le diverse tipologie isiche, concorre a determinare il risultato 29 aprile 1960 Foto: Claudio Mollo http://www.milanofinanza.it - questa copia è concessa in licenza esclusiva all'utente 'bibliogr' - http://www.italiaoggi.it D L’auto Possiedo una Renault Koleos nera 2.0 dCi: ho sempre amato il fuoristrada © Riproduzione riservata servata http://www.milanofinanza.it - questa copia è concessa in licenza esclusiva all'utente 'bibliogr' - http://www.italiaoggi.it