1996-1997 - Docenti.unina

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Anno accademico 1996-1997
1) A causa dell’attrito dell’aria, un grave in caduta libera, dopo un tempo
relativamente breve, raggiunge una velocità limite costante. Stimare la velocità di
arrivo al suolo di una goccia di pioggia di raggio 3 π‘šπ‘š e di un paracadute di
superficie pari a 20 π‘š2 con un peso di 64 π‘˜π‘”, assumendo che la forza di attrito sia
della forma −π΄π‘˜|𝑣⃗|𝑣⃗, con 𝐴 l’area della proiezione del grave sul piano ortogonale
a 𝑣⃗, π‘˜ = 0.08 nel sistema tecnico (metro, kg peso, secondo). Confrontare i risultati
con il caso di caduta libera nel vuoto da 1000 π‘š.
Per rispondere compiutamente alle domande proposte dal testo, conviene
dividere l’esercizio in due parti.
1. MOTO IN ASSENZA DI ATTRITO
Si comincia con un’analisi semplificata del fenomeno. Un corpo che cade nell’aria
acquista velocità per effetto della forza di gravità e la relazione che lega l’azione
di tale forza alla variazione della velocità è fornita dal Secondo Principio della
Dinamica, sicché il moto di un corpo che è lasciato cadere nel vuoto da un’altezza
β„Ž è descritto dalle relazioni
1
𝑣0 (𝑑) = −𝑔𝑑 , 𝑠0 (𝑑) = β„Ž − 𝑔𝑑 2 ,
2
in cui si è usato il pedice zero, per ricordare al lettore che si tratta di un moto in
assenza di attriti. Il corpo raggiunge il suolo nel tempo
𝑠0 (𝑑0 ) = 0 → 𝑑0 = √
2β„Ž
,
𝑔
e possiede una velocità, un attimo prima di toccare il suolo, che è pari a
2
𝑣0 (𝑑0− ) = −𝑔𝑑0 = −√2β„Žπ‘” .
Nel caso particolare β„Ž = 1000 π‘š, si può concludere che il modulo 𝑣0 della velocità
di impatto con il suolo è molto elevato e vale
𝑣0 = |𝑣0 (𝑑0− )| = √2β„Žπ‘” = 140
π‘š
π‘˜π‘š
= 504
.
𝑠
β„Ž
2. MOTO IN PRESENZA DI ATTRITO
Tuttavia, nel suo procedere in questo moto, si può anche supporre, come
suggerito dal testo, che il corpo possa incontrare una forza che lo rallenta: si tratta
della resistenza dell’aria che aumenta con il crescere della velocità del corpo in
caduta libera, che si oppone al moto e che vale
𝐹⃗ = −π΄π‘˜|𝑣⃗|𝑣⃗ = −π΄π‘˜π‘£π‘£βƒ— ,
essendo 𝐴 la cosiddetta sezione maestra, ortogonale al vettore velocità. Dopo un
certo tempo, si verificherà che la forza di gravità e la resistenza dell’aria avranno
la stessa intensità ed il corpo si muove di moto uniforme
2
π‘šπ‘” = π΄π‘˜π‘£∞
→ 𝑣∞ = √
π‘šπ‘”
.
π΄π‘˜
Da quell’istante in poi, la velocità del corpo non aumenterà più, ma assumerà un
valore costante, detto velocità limite 𝑣∞ , essendo uguali ed opposte le due forze
che agiscono sul corpo. Anche la diminuzione della velocità causata dalla
resistenza dell’aria è regolata dal già citato Secondo Principio della Dinamica.
Nel caso del paracadutista, ricordando che 1 π‘˜π‘”π‘ = 9.8 𝑁 e posto
𝐴 = 20 π‘š2 , π‘š = 64 π‘˜π‘” ,
3
la velocità limite, grazie ovviamente all’apertura del paracadute, risulta pari a
𝑣∞ = √
π‘šπ‘”
64
π‘š
π‘š
=√
≅ 6.32 ,
π΄π‘˜
20 βˆ™ 0.08 𝑠
𝑠
che è molto più piccola rispetto a quella di caduta libera nel vuoto.
Ma come fa ad attutire l'urto un paracadutista che atterra?
Flette le gambe, perché in questo modo impiega più tempo ad annullare la quantità di moto
acquistata durante la caduta. La variazione della quantità di moto del paracadutista
all’atterraggio è uguale all’impulso della forza d’urto che agisce su di lui dall'istante in cui tocca
il suolo. A parità di quantità di moto, quanto maggiore è la durata dell'impatto, tanto minore è
la forza d’urto in media. L’ordine di grandezza della variazione di quantità di moto,
all’atterraggio è 100 π‘˜π‘” π‘š/𝑠. Se l’impatto con il suolo, fino all’arresto, dura qualche secondo, la
forza media subita dal paracadutista è dell'ordine di 100 𝑁, circa uguale alla forza che serve per
sollevare uno zaino di 10 π‘˜π‘”.
Venendo al caso della goccia sferica di pioggia di raggio π‘Ÿ = 3 π‘šπ‘š, con evidente
significato dei simboli usati, posto
4
π‘š = πœ‹π‘Ÿ 3 𝜌 , 𝐴 = πœ‹π‘Ÿ 2 ,
3
la velocità limite si può scrivere nella forma equivalente
𝑣∞ = √
π‘šπ‘”
π‘ŸπœŒπ‘”
= 2√
.
π΄π‘˜
3π‘˜
Assumendo per l’acqua la densità 𝜌 = 1000 π‘˜π‘”/π‘š3 , la velocità limite assume il
valore
4
𝑣∞ = 2√
π‘ŸπœŒπ‘”
2 π‘š
π‘š
=
≅ 7.07 .
3π‘˜
𝑠
√0.08 𝑠
In ogni caso, la resistenza dell’aria impedisce alla goccia di aumentare la propria
velocità, che si stabilizza su valori molto bassi, se confrontati con quelli che si
possono ottenere in assenza di attrito.
Prima di concludere, vale la pena fornire qualche ulteriore ordine di grandezza,
tratto dalla letteratura tecnica: un chicco di grandine di medie dimensioni ha una
velocità limite di 50 π‘š/𝑠. Invece, un proiettile di piccolo calibro, ad esempio del
calibro di 9 π‘šπ‘š, sparato verticalmente, se ricade di punta, ha una velocità limite
di 100 π‘š/𝑠.
5
2) Studiare le proprietà delle orbite circolari di un satellite di massa π‘š nel caso in
cui la forza gravitazionale sia sostituita da una forza elastica −π‘˜π‘šπ‘Ÿβƒ—. Quali sono le
differenze? Cosa succede delle leggi di Keplero? Cosa sapete dire nel caso di una
forza −π‘˜π‘šπ‘Ÿ 𝛼 π‘Ÿβƒ—/π‘Ÿ? Quale velocità radiale occorre dare al satellite (che si muove
inizialmente su un’orbita circolare di raggio π‘Ÿ0 ) perché si distacchi dalla terra e
vada all’infinito, nel caso 𝛼 = −2, confrontandolo con il caso 𝛼 = 1?
Come è ben noto, un corpo che si muove su una circonferenza di raggio 𝑅 di moto
uniforme con velocità 𝑣 = πœ”π‘… è soggetto ad un’accelerazione diretta verso il
centro, che vale
𝑣2
π‘ŽπΆ =
= πœ”2 𝑅 .
𝑅
L’esercizio in esame propone lo studio di un satellite di massa π‘š si muove su
un’orbita circolare attorno alla Terra, o più in generale attorno ad un pianeta
massivo, quando l’attrazione gravitazionale è descritta da una famiglia di funzioni
6
dipendenti da un parametro. L’accelerazione centripeta, in altri termini, può
essere sostenuta da vari tipi di forze centrali, la cui espressione generale è
𝐹⃗ = −𝐹(π‘Ÿ)π‘ŸΜ‚
→ 𝐹(π‘Ÿ) = π‘˜π‘šπ‘Ÿ 𝛼 ,
in cui, per semplicità, si è introdotto il versore di posizione π‘ŸΜ‚ = π‘Ÿβƒ—/π‘Ÿ.
Lungo una generica orbita di raggio π‘Ÿ, la forza centripeta è dovuta all’attrazione
del pianeta, per cui, imponendo l’uguaglianza
𝑣2
π‘š
= π‘šπ‘˜π‘Ÿ 𝛼 ,
π‘Ÿ
è possibile ricavare le grandezze cinematiche
𝑣 = √π‘˜π‘Ÿ 𝛼+1 → πœ” =
𝑣
= √π‘˜π‘Ÿ 𝛼−1 .
π‘Ÿ
Il modulo della velocità e la velocità angolare determinati, in effetti, dipendono
dal parametro 𝛼. Si discuteranno ora i due casi di maggiore interesse, peraltro
proposti dal testo.
ο‚· Sia 𝛼 = 1. In questo caso risulta
𝑣 = π‘Ÿ√π‘˜ , πœ” = √π‘˜ ,
sicché la velocità tangenziale aumenta al crescere della distanza dalla sorgente,
mentre la velocità angolare è costante. La legge di Keplero diventa semplicemente
1
π‘˜2
πœ” =π‘˜ →
=
,
𝑇 2 4πœ‹ 2
2
7
essendo 𝑇 il periodo di rivoluzione del satellite intorno al pianeta.
ο‚· Sia 𝛼 = −2. In questo caso risulta
π‘˜
1 π‘˜
𝑣=√ , πœ”= √ ,
π‘Ÿ
π‘Ÿ π‘Ÿ
sicché la velocità tangenziale e la velocità angolare diminuiscono al crescere della
distanza dalla sorgente. La legge di Keplero risulta
2 3
πœ” π‘Ÿ =π‘˜ →
π‘Ÿ3
π‘˜2
=
.
𝑇 2 4πœ‹ 2
Nel caso generale, in cui il valore del parametro 𝛼 non è specificato, la legge di
Keplero assume la forma generale
πœ”2
=π‘˜ →
π‘Ÿ 𝛼−1
π‘Ÿ 1−𝛼
π‘˜2
= 2.
𝑇2
4πœ‹
Il periodo di rivoluzione del satellite intorno al pianeta vale
𝑇=
2πœ‹ 2πœ‹ 1−𝛼
√π‘Ÿ
=
πœ”
√π‘˜
e si può concludere che
οƒΌ per 𝛼 < 1 il periodo cresce al crescere dalla distanza dal pianeta;
οƒΌ per 𝛼 = 1 il periodo non dipende dalla distanza dal pianeta;
οƒΌ per 𝛼 > 1 il periodo decresce al crescere dalla distanza dal pianeta.
8
Inoltre, l’energia potenziale gravitazionale, posto π‘ˆ(π‘Ÿ0 ) = 0 con π‘Ÿ0 raggio
qualsiasi, vale
π‘Ÿ 1+𝛼 − π‘Ÿ01+𝛼
,
1+𝛼
π‘Ÿ0
π‘ˆ(π‘Ÿ) = − ∫ π‘˜π‘šπ‘’π›Ό 𝑑𝑒 = π‘˜π‘š
π‘Ÿ
π‘Ÿ
ln ,
{ π‘Ÿ0
per 𝛼 ≠ −1 ,
per 𝛼 = −1 .
Vale la pena notare che per 𝛼 = −1 il riferimento per il potenziale deve essere
necessariamente scelto al finito. Invece, nel caso particolare 𝛼 = 1, l’energia
potenziale cresce con la distanza secondo la legge dell’energia potenziale elastica
1
π‘ˆ(π‘Ÿ) = π‘˜π‘šπ‘Ÿ 2 ,
2
avendo scelto arbitrariamente π‘Ÿ0 = 0. Pertanto, portare fuori dell’orbita il satellite
è un’operazione impossibile, richiedendo un’energia infinita. Per contro, nel caso
dell’ordinaria gravitazione terrestre 𝛼 = −2, posto
π‘˜ = 𝐺𝑀 ,
essendo 𝐺 la costante di gravitazione universale e 𝑀 la massa del pianeta, scelto
ad arbitrio π‘Ÿ0 = ∞, l’energia potenziale tende ad annullarsi al crescere della
distanza π‘Ÿ del satellite dal pianeta, secondo la legge
π‘ˆ(π‘Ÿ) = −𝐺
9
π‘šπ‘€
.
π‘Ÿ
Di conseguenza, è possibile allontanare definitivamente un satellite dall’orbita
terrestre, sempre che la velocità radiale di fuga 𝑣𝐹 verifichi la relazione
1
π‘šπ‘€
π‘šπ‘£πΉ2 − 𝐺
=0
2
π‘Ÿ0
da cui discende il valore della velocità
𝑣𝐹 = √
2𝐺𝑀
.
π‘Ÿ0
10
3) Una pistola spara proiettili di 20 𝑔 di massa. Nell’esplosione 6 βˆ™ 10−3 moli di un
gas ideale vengono rilasciate in un volume di 0.2 π‘π‘š3 ad una temperatura di
1000 𝐾. La canna della pistola ha un volume di circa 20 π‘π‘š3 . Si assuma assenza di
attrito ed una esplosione adiabatica del gas. Si assuma che il rapporto tra calore
specifico a pressione costante e calore specifico a volume costante valga per
questo gas ideale 1.5.
Qual è la velocità di uscita del proiettile? (Si ricordi che il valore della costante dei
gas perfetti è 𝑅 = 8.314 βˆ™ 107 π‘’π‘Ÿπ‘”/𝐾.)
Questo esercizio rappresenta la spiegazione del funzionamento di una pistola e,
se si preferisce, fornisce le basi per lo studio della cosiddetta balistica interna, che
studia i fattori propulsivi ed il comportamento del proiettile fino all’uscita dalla
canna.
In buona sostanza, la sparo di un proiettile si può sintetizzare nelle quattro fasi
che seguono:
a. fino a quando la capsula di innesco (5) non viene colpita dal percussore, la
cartuccia rimane inerte;
11
b. appena il percussore colpisce la capsula, che è posta sulla base (4), si
sprigiona una fiamma che, passando attraverso il foro di vampa, incendia la
carica di lancio (3);
c. la polvere incendiata produce immediatamente un’enorme quantità di gas,
la cui pressione fa aderire il bossolo (2) alle pareti della canna e, dilatando
il colletto, lascia libera la palla che viene spinta in avanti;
d. il proiettile (1), a causa delle rigature presenti sulla canna, inizia a girare su
se stessa ed infine lascia la canna.
Vale la pena notare che, quando il propellente termina la combustione, il proiettile
muove con un’accelerazione che decresce progressivamente, dato che i gas di
combustione, espandendosi, diminuiscono la loro pressione. Teoricamente la
lunghezza della canna dovrebbe essere tale che il proiettile fuoriesca esattamente
quando l’accelerazione si annulla; in realtà, considerando sia i problemi di
costruzione sia quelli di maneggiabilità dell’arma, la canna è più corta di questo
valore ottimale.
Fatte queste premesse e venendo all’esercizio assegnato, il fenomeno si può
schematizzare semplicemente, dato che basta immaginare un contenitore
cilindrico delle dimensioni della canna della pistola
12
𝑉 = 20 π‘π‘š3 = 20 βˆ™ 10−6 π‘š3 ,
inizialmente pieno di aria, e che abbia il proiettile come pistone. L’esplosione
all’interno della canna consisterà in un’espansione dei prodotti della combustione
prodotta nella camera di lancio, che avverrà senza trasferimento di calore
trascurabile all’ambiente esterno, cioè in maniera adiabatica, dato il tempo
ridottissimo in cui avviene. Il lavoro compiuto dal gas durante questa espansione
adiabatica aumenterà l’energia cinetica del proiettile, consentendogli di uscire
dalla canna con una velocità di uscita, anche detta velocità di volata, piuttosto
elevata. Per le pistole presenti sul mercato al giorno d’oggi, si può dire che questa
velocità 𝑒 varia, a seconda dei modelli, approssimativamente nell’intervallo
300
π‘š
π‘š
< 𝑒 < 900 .
𝑠
𝑠
Velocità e portata utile, cioè la distanza alla quale può ancora fare danni, di un proiettile sono
molto variabili, perché dipendono da molti fattori: peso, diametro, consistenza della carica
esplosiva e lunghezza della canna. La cartuccia col proiettile più veloce è stata realizzata dalla
Dynamit Nobel: si tratta di una calibro 9 che raggiunge la velocità di 1000 π‘š/𝑠. Tuttavia, il
proiettile è di plastica leggerissima e pertanto la gittata è molto ridotta. La pallottola di metallo
più veloce è la 221 Remington che ha raggiunto la velocità di 810 π‘š/𝑠, ma si può usare poco,
perché, proprio per sua elevata velocità di volata, col tempo corrode la canna. La più veloce in
uso è la 363 Mauser, che raggiunge la velocità di 560 π‘š/𝑠.
Essendo l’espansione adiabatica, come già detto, essa avviene senza trasferimento
di calore, per cui, in forza del Primo Principio della Termodinamica
βˆ†π‘ˆ = 𝑄 − 𝐿 → βˆ†π‘ˆ = −𝐿 ,
13
dove βˆ†π‘ˆ è la variazione di energia interna, che dipende soltanto dalla della
temperatura, tra lo stato iniziale e quello finale, mentre 𝐿 rappresenta il lavoro
che il gas compie sul pistone. Dalla teoria cinetica dei gas perfetti è noto che
βˆ†π‘ˆ = 𝑛𝑐𝑣 βˆ†π‘‡ ,
in cui 𝑛 = 6 βˆ™ 10−3 π‘šπ‘œπ‘™ rappresenta il numero di moli presenti. Per calcolare il
lavoro è quindi necessario conoscere la temperatura finale ed il calore molare a
volume costante 𝑐𝑣 del gas ideale in questione.
Per determinare 𝑐𝑣 , dato che il rapporto tra i due calori specifici molari
𝛾=
𝑐𝑝
= 1.5 ,
𝑐𝑣
è possibile utilizzare la relazione di Mayer, secondo cui
𝑐𝑝 − 𝑐𝑣 = 𝑅 → (𝛾 − 1)𝑐𝑣 = 𝑅 → 𝑐𝑣 =
𝑅
= 2𝑅 .
𝛾−1
Segue che la variazione di energia interna assume la forma equivalente
βˆ†π‘ˆ = 𝑛𝑐𝑣 βˆ†π‘‡ = 2π‘…π‘›βˆ†π‘‡ .
Invece, per calcolare la temperatura finale, si può utilizzare uno degli integrali
primi di una trasformazione adiabatica, che si ricavano utilizzando
congiuntamente l’equazione di stato ed il Primo Principio della Termodinamica in
forma differenziale, precisamente
𝑇𝑉 𝛾−1 = costante .
14
Sapendo che la temperatura ed il volume del gas all’inizio valgono
𝑇1 = 1000 𝐾 , 𝑉1 = 0.2 π‘π‘š3 ,
dalla relazione riportata si ricava la temperatura finale
𝛾−1
𝑇1 𝑉1
=
𝛾−1
𝑇2 𝑉2
𝑉1 𝛾−1
𝑉1 𝛾−1
→ 𝑇2 = 𝑇1 ( )
= 𝑇1 ( )
= 100 𝐾 .
𝑉2
𝑉
A questo punto, è possibile determinare il valore della variazione di energia
interna, che vale
βˆ†π‘ˆ = 𝑛𝑐𝑣 (𝑇2 − 𝑇1 ) ≅ −89.9 𝐽 .
Pertanto, il lavoro di espansione con cui viene spinto il proiettile è
𝐿 = −βˆ†π‘ˆ ≅ 89.9 𝐽 .
Il lavoro compiuto sul proiettile di massa π‘š = 20 𝑔 incrementa la sua energia
cinetica
1
𝐿 = π‘šπ‘’2 ,
2
facendo in modo che esso acquisti, nello stato finale dell’espansione, una velocità
𝑒=√
2𝐿
π‘š
≅ 94.72 .
π‘š
𝑠
15
Per ottenere un valore più preciso, si può tenere conto del lavoro fatto dal
proiettile contro la pressione atmosferica 𝑝0 , durante la sua fase di uscita dalla
canna, che è uguale a
𝐿𝐴 = πΉπ‘Žπ‘‘π‘š 𝑙 =
πΉπ‘Žπ‘‘π‘š
𝑆𝑙 = 𝑝0 𝑉 = 2 𝐽 ,
𝑆
dove 𝑙 è la lunghezza della canna della pistola e 𝑆 è la sua sezione. Quindi la
velocità diviene
2(𝐿 − 𝐿𝐴 )
π‘š
𝑒=√
≅ 93.6 .
π‘š
𝑠
16
4) Per riscaldare l’aria in una stanza (per esempio con una stufa) si deve in ogni
caso consumare energia. Si supponga di voler aumentare la temperatura dell’aria
contenuta in un locale di volume 𝑉 = 32 π‘š3 da un valore di 𝑇𝑖 = 15 °πΆ ad un
valore finale 𝑇𝑓 = 25 °πΆ. La pressione dell’aria rimane costantemente uguale alla
pressione atmosferica esterna 𝑝0 = 1 π‘Žπ‘‘π‘š e la temperatura esterna è sempre
uguale a 𝑇𝑖 = 15 °πΆ. Si stimi:
π‘Ž) la variazione, fra lo stato iniziale e lo stato finale, dell’energia interna dell’aria
contenuta nella stanza;
𝑏) l’energia che la stufa deve fornire all’aria, sotto forma di calore o di lavoro (che
sarà, evidentemente, l’energia minima necessaria da spendere per il processo di
riscaldamento).
Si osserva preliminarmente che l’aria secca presente nel volume da riscaldare si
può, con buona approssimazione, considerare come un gas perfetto biatomico,
per cui, con evidente significato dei simboli adoperati, si adotterà l’equazione di
stato è
𝑝𝑉 = 𝑛𝑅𝑇 ,
mentre l’energia interna ed i calori specifici molari valgono
5
5
7
π‘ˆ = 𝑛𝑅𝑇 , 𝑐𝑝 = 𝑅 , 𝑐𝑣 = 𝑅 .
2
2
2
Inoltre, non essendo la stanza da riscaldare a tenuta stagna, una parte delle
molecole di gas in essa presente andranno disperse nell’ambiente circostante,
rendendo la stanza un sistema non isolato.
17
π‘Ž) Per determinare la variazione dell’energia interna, basta considerare che l’aria
presente nella stanza è soggetta ad una trasformazione che è al tempo stesso
isocora ed isobara, vale a dire che avviene nel volume fisso della stanza
𝑉 = 32 π‘š3
ed alla pressione bloccata
𝑝0 = 1 π‘Žπ‘‘π‘š = 101325
𝑁
,
π‘š2
per cui nello stato iniziale e finale risulta
𝑝0 𝑉 = 𝑛𝑖 𝑅𝑇𝑖 , 𝑝0 𝑉 = 𝑛𝑓 𝑅𝑇𝑓 .
Da quanto detto discende immediatamente che
𝑛𝑖 𝑇𝑖 = 𝑛𝑓 𝑇𝑓 .
Ciò vuol dire che, se la pressione ed il volume non cambiano, durante la
trasformazione devono variare la temperatura ed il numero di moli di gas: la
stanza è un sistema aperto e, pertanto, il numero di moli in essa presente
diminuisce (𝑛𝑓 < 𝑛𝑖 ). Allora, si può concludere che la variazione di energia
interna del gas è nulla, essendo
5
βˆ†π‘ˆ = π‘ˆπ‘“ − π‘ˆπ‘– = 𝑅(𝑛𝑓 𝑇𝑓 − 𝑛𝑖 𝑇𝑖 ) = 0 𝐽 .
2
Contro il senso comune, l’energia interna dell’aria che resta nella stanza nello
stato finale è uguale a quella dell’aria nello stato iniziale.
18
𝑏) Trascurando l’energia necessaria a far aumentare la temperatura delle pareti
e considerando solo quella spesa per aumentare la temperatura dell’aria, il calore
fornito dalla stufa, durante una trasformazione reversibile ed infinitesima, vale
𝑑𝑄 = 𝑛𝑐𝑝 𝑑𝑇 .
Alla luce dell’equazione di stato e del valore del calore specifico molare a
pressione costante, questa relazione diventa
5 𝑝0 𝑉
5
𝑑𝑇
𝑑𝑄 = 𝑅
𝑑𝑇 = 𝑝0 𝑉
,
2 𝑅𝑇
2
𝑇
che, dopo un’operazione di integrazione, fornisce la quantità di calore βˆ†π‘„
necessaria a riscaldare la stanza
𝑇𝑓
5
βˆ†π‘„ = 𝑝0 𝑉 ln ≅ 2.77 βˆ™ 105 𝐽 ,
2
𝑇𝑖
in cui sono stati utilizzati i valori assegnati di temperatura
𝑇𝑖 = 15 °πΆ = 288 𝐾 , 𝑇𝑓 = 25 °πΆ = 298 𝐾 .
19
βƒ—βƒ—0 uniforme, generato e mantenuto costante
5) Un campo di induzione magnetica 𝐡
da un magnete esterno, è presente in una regione dello spazio vuoto. Se si
introduce in questa regione un cilindro di materiale superconduttore (con
permeabilità magnetica uguale a quella del vuoto) di lunghezza molto grande
βƒ—βƒ—0 , si osserva
rispetto al suo diametro, con l’asse parallelo al campo 𝐡
sperimentalmente che la distribuzione del campo si modifica nel modo seguente:
βƒ—βƒ— = 𝐡
βƒ—βƒ—0 all’esterno del cilindro, 𝐡
βƒ—βƒ— = βƒ—0βƒ— all’interno del cilindro.
𝐡
π‘Ž) Si dimostri che in questa situazione di regime all’interno del cilindro non
possono essere presenti correnti elettriche e che, al contrario, sulla superficie
laterale del cilindro devono stabilirsi delle correnti stazionarie.
𝑏) Si determini intensità e verso di queste correnti superficiali.
βƒ—βƒ— esercita sulla superficie del cilindro
𝑐) Quali forze il campo esterno 𝐡
superconduttore?
La situazione descritta dal problema è rappresentata, seppure in sezione, nella
figura precedente, in cui il campo di induzione magnetica, che è ortogonale al
foglio del disegno ed uscente da esso, è rappresentato con dei puntini. Nella figura
20
di sinistra si rappresenta il campo di induzione magnetica prima che il cilindro
superconduttore venga inserito nella regione di campo; nella figura di sinistra è
rappresentata la situazione dopo l’inserzione del cilindro e la creazione della
regione di campo nullo al suo interno.
π‘Ž) L’osservazione sperimentale suggerita dal testo è la seguente: all’esterno del
cilindro il campo resta imperturbato, mentre all’interno è nullo. Ciò comporta che
sulla superficie laterale del cilindro deve scorrere una corrente stazionaria, cioè
costante nel tempo, in grado di sostenere un campo magnetico uguale in modulo
βƒ—βƒ—0 : qualunque altra corrente, coassiale o radiale presente
ed opposto in verso a 𝐡
nel cilindro, genererebbe un campo magnetico non parallelo al campo primario.
Possono dunque indursi soltanto correnti tangenziali, che scorrono lungo un
cerchio centrato sull’asse del cilindro, come quelle mostrate nella figura
precedente. Si tratta della medesima situazione che si verifica nello studio delle
correnti parassite oppure delle proprietà magnetiche dei materiali. Orbene,
affinché il campo generato sia uniforme all’interno del cilindro, le correnti devono
essere solo superficiali: si può pensare alla superficie del cilindro come un
solenoide con infinite spire di larghezza infinitesima, in cui scorre una corrente di
21
valore infinitesimo. Questo solenoide “a nastro” sostiene un campo di induzione
magnetica nullo all’esterno del cilindro, costante all’interno, sempre ammesso di
considerare un cilindro infinito ovvero un cilindro abbastanza lungo, per cui
risultino trascurabili gli effetti dovuti alle due terminazioni.
𝑏) La corrente totale che scorre sulla superficie si può immaginare, come già
accennato, come costituita da tante correnti di valore 𝑖,come se fosse un solenoide
a passo strettissimo. Detta 𝐿 la lunghezza del solenoide, si può ritenere che la
corrente complessiva
𝐼 = 𝑁𝑖 ,
dove 𝑁 è il numero grandissimo di spire e 𝑖 l'intensità piccolissima della corrente
in ogni spira.
All’esterno del solenoide il campo di induzione magnetica è nullo, almeno nel caso
ideale. All’interno, invece, sussiste un campo uniforme: usando la formula del
campo di induzione magnetica in un solenoide
22
𝐡𝑆 = πœ‡0
𝑁
𝑖,
𝐿
si ottiene il modulo del campo sostenuto dalle correnti sul cilindro
𝐼
𝐡𝑆 = πœ‡0 ,
𝐿
il cui verso è ovviamente opposto a quello del campo primario. Una giustificazione
analitica di questa formula si può ottenere applicando la legge di Ampère ad un
rettangolo, come 𝑃𝑄𝑅𝑆 mostrato nella precedente figura, con due lati radiali di
lunghezza arbitraria e due assiali di lunghezza 𝐿, uno dei quali interno e l’altro
esterno al cilindro. La circuitazione del campo è diversa da zero soltanto lungo il
lato 𝑄𝑃, dato che sugli altri lati si verifica che il campo è nullo oppure
perpendicolare al lato. Allora, si può scrivere
𝐼
𝐿𝐡𝑆 = πœ‡0 𝐼 → 𝐡𝑆 = πœ‡0 .
𝐿
Si conclude che la corrente che percorre la superficie laterale del superconduttore
si può determinare imponendo l’uguaglianza tra i moduli
𝐡𝑆 = 𝐡0
e risulta pari a
𝐼=
𝐡0 𝐿
.
πœ‡0
23
Il verso di percorrenza deve essere tale da sostenere un campo che annulli
completamente quello preesistente, al fine di ottenere campo nullo all’inerno del
cilindro.
𝑐) Considerando una striscia di corrente lunga quanto tutto il cilindro e larghezza
infinitesimale 𝑑𝑠, si può dire che la forza 𝑑𝐹 agente su di essa è diretta
radialmente verso l’interno del cilindro e vale
𝐡02
𝑑𝐹 = 𝐼𝐡0 𝑑𝑠 =
𝐿𝑑𝑠 .
πœ‡0
Pertanto, sulla superficie laterale del cilindro si esercita una pressione 𝑃, che è
uniforme, dato che non dipende dal particolare punto considerato, che è rivolta
verso l’interno e che vale
𝑑𝐹
𝐡02
𝑃=
=
.
𝐿𝑑𝑠 πœ‡0
24
6) Una spira conduttrice circolare è fissata sul piano π‘₯𝑦 con centro nell’origine ed
è collegata ad un generatore di corrente che vi mantiene una corrente 𝐼 costante.
Una seconda spira conduttrice chiusa, identica alla prima, è vincolata a muoversi
mantenendosi col centro lungo l’asse 𝑧 e parallela al piano π‘₯𝑦. La spira mobile è
inizialmente molto lontana dall’origine, ma vi si sta avvicinando; essa inizialmente
non è percorsa da corrente. Se ne descriva il moto qualitativamente e, in
particolare, si dica se viene attratta o respinta dalla spira fissa e come tale
interazione dipende dalla corrente nella spira fissa e dalla distanza fra le spire,
supponendo che tale distanza si mantenga molto grande rispetto alle dimensioni
delle spire.
Come mostra la figura precedente, il campo di induzione magnetica sostenuto da
una spira circolare di raggio π‘Ž, percorsa da una corrente costante 𝐼, è piuttosto
complicato ed anche non facile da valutare. Tuttavia, lungo i punti dell’asse di
simmetria, che verrà indicato come l’asse 𝑧, grazie alla legge dovuta ai fisici
francesi Jean-Baptiste Biot e Félix Savart, esso si può determinare e, con evidente
significato dei simboli adoperati, vale
25
βƒ—βƒ—(𝑧) = 𝐡(𝑧)𝑧̂ =
𝐡
πœ‡0 𝐼𝑅2
𝑧̂ .
2(𝑧 2 + π‘Ž2 )3/2
Il modulo di questo campo vale 𝐡(𝑧); orbene, provenendo la seconda spira da
punti molto lontani dalla spira del semiasse negativo, in corrispondenza di essi
esso si può approssimare come
πœ‡0 𝐼𝑅2
πœ‡0 πΌπ‘Ž2
𝐡(𝑧) =
≅
per 𝑧 → −∞ .
2𝑧 3
2(𝑧 2 + π‘Ž2 )3/2
Mano a mano che la spira mobile sia avvicina a quella fissa, in essa si instaura una
forza elettromotrice ℇ che tende a neutralizzare il flusso indotto dal campo della
spira ferma. Dato che il flusso indotto è pari a
πœ‡0 πΌπœ‹π‘Ž4
Φ(𝑧) ≅ πœ‹π‘Ž 𝐡(𝑧) =
,
2𝑧 3
2
si evince che ℇ risulta
26
π‘‘Φ 3 πœ‡0 πΌπœ‹π‘Ž4 𝑑𝑧 3 πœ‡0 πΌπœ‹π‘Ž4
ℇ(𝑑) = −
=
=
𝑣(𝑑) ,
𝑑𝑑
2 𝑧 4 𝑑𝑑 2 𝑧 4
essendo 𝑣(𝑑) la velocità posseduta dalla spira mobile in corrispondenza
dell’ascissa 𝑧. Questa forza elettromotrice produce il passaggio di una corrente
elettrica
ℇ(𝑑)
3 πœ‡0 πΌπœ‹π‘Ž4
𝑖(𝑑) =
=
𝑣(𝑑) .
𝑅
2𝑅 𝑧 4
La potenza elettrica assorbita dal resistore risulta allora
𝑃(𝑑) = 𝑅𝑖
2 (𝑑)
9 (πœ‡0 πΌπœ‹π‘Ž4 )2 2
=
𝑣 (𝑑)
4𝑅
𝑧8
ed è pari al prodotto tra la forza frenante 𝐹(𝑑) esercitata sulla spira mobile e della
sua velocità, per cui
9 (πœ‡0 πΌπœ‹π‘Ž4 )2 2
9 (πœ‡0 πΌπœ‹π‘Ž4 )2
𝐹(𝑑)𝑣(𝑑) = −
𝑣 (𝑑) → 𝐹(𝑑) = −
𝑣(𝑑) .
4𝑅
𝑧8
4𝑅
𝑧8
Detta π‘š la massa della spira, si può anche scrivere che l’accelerazione frenante
π‘Ž(𝑑) è pari a
9 (πœ‡0 πΌπœ‹π‘Ž4 )2
π‘Ž(𝑑) = −
𝑣(𝑑) .
4π‘…π‘š
𝑧8
Potendosi velocità ed accelerazione scriversi nelle forme equivalenti
𝑣(𝑑) =
𝑑𝑧
𝑑𝑣
, π‘Ž(𝑑) =
,
𝑑𝑑
𝑑𝑑
27
la precedente relazione fornisce il notevole risultato
9 (πœ‡0 πΌπœ‹π‘Ž4 )2
9 (πœ‡0 πΌπœ‹π‘Ž4 )2
𝑑𝑣 = −
𝑑𝑧 → 𝑣(𝑧) =
+ 𝑣∞ ,
4π‘…π‘š
𝑧8
28π‘…π‘š
𝑧7
avendo indicato con 𝑣∞ la velocità positiva della spira a distanza infinita. La spira,
in definitiva, si fermerà nell’ascissa
9 (πœ‡0 πΌπœ‹π‘Ž4 )2
𝑧0 = − √
.
28π‘…π‘š
𝑣∞
7
28
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