Anno accademico 1996-1997 1) A causa dell’attrito dell’aria, un grave in caduta libera, dopo un tempo relativamente breve, raggiunge una velocità limite costante. Stimare la velocità di arrivo al suolo di una goccia di pioggia di raggio 3 ππ e di un paracadute di superficie pari a 20 π2 con un peso di 64 ππ, assumendo che la forza di attrito sia della forma −π΄π|π£β|π£β, con π΄ l’area della proiezione del grave sul piano ortogonale a π£β, π = 0.08 nel sistema tecnico (metro, kg peso, secondo). Confrontare i risultati con il caso di caduta libera nel vuoto da 1000 π. Per rispondere compiutamente alle domande proposte dal testo, conviene dividere l’esercizio in due parti. 1. MOTO IN ASSENZA DI ATTRITO Si comincia con un’analisi semplificata del fenomeno. Un corpo che cade nell’aria acquista velocità per effetto della forza di gravità e la relazione che lega l’azione di tale forza alla variazione della velocità è fornita dal Secondo Principio della Dinamica, sicché il moto di un corpo che è lasciato cadere nel vuoto da un’altezza β è descritto dalle relazioni 1 π£0 (π‘) = −ππ‘ , π 0 (π‘) = β − ππ‘ 2 , 2 in cui si è usato il pedice zero, per ricordare al lettore che si tratta di un moto in assenza di attriti. Il corpo raggiunge il suolo nel tempo π 0 (π‘0 ) = 0 → π‘0 = √ 2β , π e possiede una velocità, un attimo prima di toccare il suolo, che è pari a 2 π£0 (π‘0− ) = −ππ‘0 = −√2βπ . Nel caso particolare β = 1000 π, si può concludere che il modulo π£0 della velocità di impatto con il suolo è molto elevato e vale π£0 = |π£0 (π‘0− )| = √2βπ = 140 π ππ = 504 . π β 2. MOTO IN PRESENZA DI ATTRITO Tuttavia, nel suo procedere in questo moto, si può anche supporre, come suggerito dal testo, che il corpo possa incontrare una forza che lo rallenta: si tratta della resistenza dell’aria che aumenta con il crescere della velocità del corpo in caduta libera, che si oppone al moto e che vale πΉβ = −π΄π|π£β|π£β = −π΄ππ£π£β , essendo π΄ la cosiddetta sezione maestra, ortogonale al vettore velocità. Dopo un certo tempo, si verificherà che la forza di gravità e la resistenza dell’aria avranno la stessa intensità ed il corpo si muove di moto uniforme 2 ππ = π΄ππ£∞ → π£∞ = √ ππ . π΄π Da quell’istante in poi, la velocità del corpo non aumenterà più, ma assumerà un valore costante, detto velocità limite π£∞ , essendo uguali ed opposte le due forze che agiscono sul corpo. Anche la diminuzione della velocità causata dalla resistenza dell’aria è regolata dal già citato Secondo Principio della Dinamica. Nel caso del paracadutista, ricordando che 1 πππ = 9.8 π e posto π΄ = 20 π2 , π = 64 ππ , 3 la velocità limite, grazie ovviamente all’apertura del paracadute, risulta pari a π£∞ = √ ππ 64 π π =√ ≅ 6.32 , π΄π 20 β 0.08 π π che è molto più piccola rispetto a quella di caduta libera nel vuoto. Ma come fa ad attutire l'urto un paracadutista che atterra? Flette le gambe, perché in questo modo impiega più tempo ad annullare la quantità di moto acquistata durante la caduta. La variazione della quantità di moto del paracadutista all’atterraggio è uguale all’impulso della forza d’urto che agisce su di lui dall'istante in cui tocca il suolo. A parità di quantità di moto, quanto maggiore è la durata dell'impatto, tanto minore è la forza d’urto in media. L’ordine di grandezza della variazione di quantità di moto, all’atterraggio è 100 ππ π/π . Se l’impatto con il suolo, fino all’arresto, dura qualche secondo, la forza media subita dal paracadutista è dell'ordine di 100 π, circa uguale alla forza che serve per sollevare uno zaino di 10 ππ. Venendo al caso della goccia sferica di pioggia di raggio π = 3 ππ, con evidente significato dei simboli usati, posto 4 π = ππ 3 π , π΄ = ππ 2 , 3 la velocità limite si può scrivere nella forma equivalente π£∞ = √ ππ πππ = 2√ . π΄π 3π Assumendo per l’acqua la densità π = 1000 ππ/π3 , la velocità limite assume il valore 4 π£∞ = 2√ πππ 2 π π = ≅ 7.07 . 3π π √0.08 π In ogni caso, la resistenza dell’aria impedisce alla goccia di aumentare la propria velocità, che si stabilizza su valori molto bassi, se confrontati con quelli che si possono ottenere in assenza di attrito. Prima di concludere, vale la pena fornire qualche ulteriore ordine di grandezza, tratto dalla letteratura tecnica: un chicco di grandine di medie dimensioni ha una velocità limite di 50 π/π . Invece, un proiettile di piccolo calibro, ad esempio del calibro di 9 ππ, sparato verticalmente, se ricade di punta, ha una velocità limite di 100 π/π . 5 2) Studiare le proprietà delle orbite circolari di un satellite di massa π nel caso in cui la forza gravitazionale sia sostituita da una forza elastica −πππβ. Quali sono le differenze? Cosa succede delle leggi di Keplero? Cosa sapete dire nel caso di una forza −πππ πΌ πβ/π? Quale velocità radiale occorre dare al satellite (che si muove inizialmente su un’orbita circolare di raggio π0 ) perché si distacchi dalla terra e vada all’infinito, nel caso πΌ = −2, confrontandolo con il caso πΌ = 1? Come è ben noto, un corpo che si muove su una circonferenza di raggio π di moto uniforme con velocità π£ = ππ è soggetto ad un’accelerazione diretta verso il centro, che vale π£2 ππΆ = = π2 π . π L’esercizio in esame propone lo studio di un satellite di massa π si muove su un’orbita circolare attorno alla Terra, o più in generale attorno ad un pianeta massivo, quando l’attrazione gravitazionale è descritta da una famiglia di funzioni 6 dipendenti da un parametro. L’accelerazione centripeta, in altri termini, può essere sostenuta da vari tipi di forze centrali, la cui espressione generale è πΉβ = −πΉ(π)πΜ → πΉ(π) = πππ πΌ , in cui, per semplicità, si è introdotto il versore di posizione πΜ = πβ/π. Lungo una generica orbita di raggio π, la forza centripeta è dovuta all’attrazione del pianeta, per cui, imponendo l’uguaglianza π£2 π = πππ πΌ , π è possibile ricavare le grandezze cinematiche π£ = √ππ πΌ+1 → π = π£ = √ππ πΌ−1 . π Il modulo della velocità e la velocità angolare determinati, in effetti, dipendono dal parametro πΌ. Si discuteranno ora i due casi di maggiore interesse, peraltro proposti dal testo. ο· Sia πΌ = 1. In questo caso risulta π£ = π√π , π = √π , sicché la velocità tangenziale aumenta al crescere della distanza dalla sorgente, mentre la velocità angolare è costante. La legge di Keplero diventa semplicemente 1 π2 π =π → = , π 2 4π 2 2 7 essendo π il periodo di rivoluzione del satellite intorno al pianeta. ο· Sia πΌ = −2. In questo caso risulta π 1 π π£=√ , π= √ , π π π sicché la velocità tangenziale e la velocità angolare diminuiscono al crescere della distanza dalla sorgente. La legge di Keplero risulta 2 3 π π =π → π3 π2 = . π 2 4π 2 Nel caso generale, in cui il valore del parametro πΌ non è specificato, la legge di Keplero assume la forma generale π2 =π → π πΌ−1 π 1−πΌ π2 = 2. π2 4π Il periodo di rivoluzione del satellite intorno al pianeta vale π= 2π 2π 1−πΌ √π = π √π e si può concludere che οΌ per πΌ < 1 il periodo cresce al crescere dalla distanza dal pianeta; οΌ per πΌ = 1 il periodo non dipende dalla distanza dal pianeta; οΌ per πΌ > 1 il periodo decresce al crescere dalla distanza dal pianeta. 8 Inoltre, l’energia potenziale gravitazionale, posto π(π0 ) = 0 con π0 raggio qualsiasi, vale π 1+πΌ − π01+πΌ , 1+πΌ π0 π(π) = − ∫ πππ’πΌ ππ’ = ππ π π ln , { π0 per πΌ ≠ −1 , per πΌ = −1 . Vale la pena notare che per πΌ = −1 il riferimento per il potenziale deve essere necessariamente scelto al finito. Invece, nel caso particolare πΌ = 1, l’energia potenziale cresce con la distanza secondo la legge dell’energia potenziale elastica 1 π(π) = πππ 2 , 2 avendo scelto arbitrariamente π0 = 0. Pertanto, portare fuori dell’orbita il satellite è un’operazione impossibile, richiedendo un’energia infinita. Per contro, nel caso dell’ordinaria gravitazione terrestre πΌ = −2, posto π = πΊπ , essendo πΊ la costante di gravitazione universale e π la massa del pianeta, scelto ad arbitrio π0 = ∞, l’energia potenziale tende ad annullarsi al crescere della distanza π del satellite dal pianeta, secondo la legge π(π) = −πΊ 9 ππ . π Di conseguenza, è possibile allontanare definitivamente un satellite dall’orbita terrestre, sempre che la velocità radiale di fuga π£πΉ verifichi la relazione 1 ππ ππ£πΉ2 − πΊ =0 2 π0 da cui discende il valore della velocità π£πΉ = √ 2πΊπ . π0 10 3) Una pistola spara proiettili di 20 π di massa. Nell’esplosione 6 β 10−3 moli di un gas ideale vengono rilasciate in un volume di 0.2 ππ3 ad una temperatura di 1000 πΎ. La canna della pistola ha un volume di circa 20 ππ3 . Si assuma assenza di attrito ed una esplosione adiabatica del gas. Si assuma che il rapporto tra calore specifico a pressione costante e calore specifico a volume costante valga per questo gas ideale 1.5. Qual è la velocità di uscita del proiettile? (Si ricordi che il valore della costante dei gas perfetti è π = 8.314 β 107 πππ/πΎ.) Questo esercizio rappresenta la spiegazione del funzionamento di una pistola e, se si preferisce, fornisce le basi per lo studio della cosiddetta balistica interna, che studia i fattori propulsivi ed il comportamento del proiettile fino all’uscita dalla canna. In buona sostanza, la sparo di un proiettile si può sintetizzare nelle quattro fasi che seguono: a. fino a quando la capsula di innesco (5) non viene colpita dal percussore, la cartuccia rimane inerte; 11 b. appena il percussore colpisce la capsula, che è posta sulla base (4), si sprigiona una fiamma che, passando attraverso il foro di vampa, incendia la carica di lancio (3); c. la polvere incendiata produce immediatamente un’enorme quantità di gas, la cui pressione fa aderire il bossolo (2) alle pareti della canna e, dilatando il colletto, lascia libera la palla che viene spinta in avanti; d. il proiettile (1), a causa delle rigature presenti sulla canna, inizia a girare su se stessa ed infine lascia la canna. Vale la pena notare che, quando il propellente termina la combustione, il proiettile muove con un’accelerazione che decresce progressivamente, dato che i gas di combustione, espandendosi, diminuiscono la loro pressione. Teoricamente la lunghezza della canna dovrebbe essere tale che il proiettile fuoriesca esattamente quando l’accelerazione si annulla; in realtà, considerando sia i problemi di costruzione sia quelli di maneggiabilità dell’arma, la canna è più corta di questo valore ottimale. Fatte queste premesse e venendo all’esercizio assegnato, il fenomeno si può schematizzare semplicemente, dato che basta immaginare un contenitore cilindrico delle dimensioni della canna della pistola 12 π = 20 ππ3 = 20 β 10−6 π3 , inizialmente pieno di aria, e che abbia il proiettile come pistone. L’esplosione all’interno della canna consisterà in un’espansione dei prodotti della combustione prodotta nella camera di lancio, che avverrà senza trasferimento di calore trascurabile all’ambiente esterno, cioè in maniera adiabatica, dato il tempo ridottissimo in cui avviene. Il lavoro compiuto dal gas durante questa espansione adiabatica aumenterà l’energia cinetica del proiettile, consentendogli di uscire dalla canna con una velocità di uscita, anche detta velocità di volata, piuttosto elevata. Per le pistole presenti sul mercato al giorno d’oggi, si può dire che questa velocità π’ varia, a seconda dei modelli, approssimativamente nell’intervallo 300 π π < π’ < 900 . π π Velocità e portata utile, cioè la distanza alla quale può ancora fare danni, di un proiettile sono molto variabili, perché dipendono da molti fattori: peso, diametro, consistenza della carica esplosiva e lunghezza della canna. La cartuccia col proiettile più veloce è stata realizzata dalla Dynamit Nobel: si tratta di una calibro 9 che raggiunge la velocità di 1000 π/π . Tuttavia, il proiettile è di plastica leggerissima e pertanto la gittata è molto ridotta. La pallottola di metallo più veloce è la 221 Remington che ha raggiunto la velocità di 810 π/π , ma si può usare poco, perché, proprio per sua elevata velocità di volata, col tempo corrode la canna. La più veloce in uso è la 363 Mauser, che raggiunge la velocità di 560 π/π . Essendo l’espansione adiabatica, come già detto, essa avviene senza trasferimento di calore, per cui, in forza del Primo Principio della Termodinamica βπ = π − πΏ → βπ = −πΏ , 13 dove βπ è la variazione di energia interna, che dipende soltanto dalla della temperatura, tra lo stato iniziale e quello finale, mentre πΏ rappresenta il lavoro che il gas compie sul pistone. Dalla teoria cinetica dei gas perfetti è noto che βπ = πππ£ βπ , in cui π = 6 β 10−3 πππ rappresenta il numero di moli presenti. Per calcolare il lavoro è quindi necessario conoscere la temperatura finale ed il calore molare a volume costante ππ£ del gas ideale in questione. Per determinare ππ£ , dato che il rapporto tra i due calori specifici molari πΎ= ππ = 1.5 , ππ£ è possibile utilizzare la relazione di Mayer, secondo cui ππ − ππ£ = π → (πΎ − 1)ππ£ = π → ππ£ = π = 2π . πΎ−1 Segue che la variazione di energia interna assume la forma equivalente βπ = πππ£ βπ = 2π πβπ . Invece, per calcolare la temperatura finale, si può utilizzare uno degli integrali primi di una trasformazione adiabatica, che si ricavano utilizzando congiuntamente l’equazione di stato ed il Primo Principio della Termodinamica in forma differenziale, precisamente ππ πΎ−1 = costante . 14 Sapendo che la temperatura ed il volume del gas all’inizio valgono π1 = 1000 πΎ , π1 = 0.2 ππ3 , dalla relazione riportata si ricava la temperatura finale πΎ−1 π1 π1 = πΎ−1 π2 π2 π1 πΎ−1 π1 πΎ−1 → π2 = π1 ( ) = π1 ( ) = 100 πΎ . π2 π A questo punto, è possibile determinare il valore della variazione di energia interna, che vale βπ = πππ£ (π2 − π1 ) ≅ −89.9 π½ . Pertanto, il lavoro di espansione con cui viene spinto il proiettile è πΏ = −βπ ≅ 89.9 π½ . Il lavoro compiuto sul proiettile di massa π = 20 π incrementa la sua energia cinetica 1 πΏ = ππ’2 , 2 facendo in modo che esso acquisti, nello stato finale dell’espansione, una velocità π’=√ 2πΏ π ≅ 94.72 . π π 15 Per ottenere un valore più preciso, si può tenere conto del lavoro fatto dal proiettile contro la pressione atmosferica π0 , durante la sua fase di uscita dalla canna, che è uguale a πΏπ΄ = πΉππ‘π π = πΉππ‘π ππ = π0 π = 2 π½ , π dove π è la lunghezza della canna della pistola e π è la sua sezione. Quindi la velocità diviene 2(πΏ − πΏπ΄ ) π π’=√ ≅ 93.6 . π π 16 4) Per riscaldare l’aria in una stanza (per esempio con una stufa) si deve in ogni caso consumare energia. Si supponga di voler aumentare la temperatura dell’aria contenuta in un locale di volume π = 32 π3 da un valore di ππ = 15 °πΆ ad un valore finale ππ = 25 °πΆ. La pressione dell’aria rimane costantemente uguale alla pressione atmosferica esterna π0 = 1 ππ‘π e la temperatura esterna è sempre uguale a ππ = 15 °πΆ. Si stimi: π) la variazione, fra lo stato iniziale e lo stato finale, dell’energia interna dell’aria contenuta nella stanza; π) l’energia che la stufa deve fornire all’aria, sotto forma di calore o di lavoro (che sarà, evidentemente, l’energia minima necessaria da spendere per il processo di riscaldamento). Si osserva preliminarmente che l’aria secca presente nel volume da riscaldare si può, con buona approssimazione, considerare come un gas perfetto biatomico, per cui, con evidente significato dei simboli adoperati, si adotterà l’equazione di stato è ππ = ππ π , mentre l’energia interna ed i calori specifici molari valgono 5 5 7 π = ππ π , ππ = π , ππ£ = π . 2 2 2 Inoltre, non essendo la stanza da riscaldare a tenuta stagna, una parte delle molecole di gas in essa presente andranno disperse nell’ambiente circostante, rendendo la stanza un sistema non isolato. 17 π) Per determinare la variazione dell’energia interna, basta considerare che l’aria presente nella stanza è soggetta ad una trasformazione che è al tempo stesso isocora ed isobara, vale a dire che avviene nel volume fisso della stanza π = 32 π3 ed alla pressione bloccata π0 = 1 ππ‘π = 101325 π , π2 per cui nello stato iniziale e finale risulta π0 π = ππ π ππ , π0 π = ππ π ππ . Da quanto detto discende immediatamente che ππ ππ = ππ ππ . Ciò vuol dire che, se la pressione ed il volume non cambiano, durante la trasformazione devono variare la temperatura ed il numero di moli di gas: la stanza è un sistema aperto e, pertanto, il numero di moli in essa presente diminuisce (ππ < ππ ). Allora, si può concludere che la variazione di energia interna del gas è nulla, essendo 5 βπ = ππ − ππ = π (ππ ππ − ππ ππ ) = 0 π½ . 2 Contro il senso comune, l’energia interna dell’aria che resta nella stanza nello stato finale è uguale a quella dell’aria nello stato iniziale. 18 π) Trascurando l’energia necessaria a far aumentare la temperatura delle pareti e considerando solo quella spesa per aumentare la temperatura dell’aria, il calore fornito dalla stufa, durante una trasformazione reversibile ed infinitesima, vale ππ = πππ ππ . Alla luce dell’equazione di stato e del valore del calore specifico molare a pressione costante, questa relazione diventa 5 π0 π 5 ππ ππ = π ππ = π0 π , 2 π π 2 π che, dopo un’operazione di integrazione, fornisce la quantità di calore βπ necessaria a riscaldare la stanza ππ 5 βπ = π0 π ln ≅ 2.77 β 105 π½ , 2 ππ in cui sono stati utilizzati i valori assegnati di temperatura ππ = 15 °πΆ = 288 πΎ , ππ = 25 °πΆ = 298 πΎ . 19 ββ0 uniforme, generato e mantenuto costante 5) Un campo di induzione magnetica π΅ da un magnete esterno, è presente in una regione dello spazio vuoto. Se si introduce in questa regione un cilindro di materiale superconduttore (con permeabilità magnetica uguale a quella del vuoto) di lunghezza molto grande ββ0 , si osserva rispetto al suo diametro, con l’asse parallelo al campo π΅ sperimentalmente che la distribuzione del campo si modifica nel modo seguente: ββ = π΅ ββ0 all’esterno del cilindro, π΅ ββ = β0β all’interno del cilindro. π΅ π) Si dimostri che in questa situazione di regime all’interno del cilindro non possono essere presenti correnti elettriche e che, al contrario, sulla superficie laterale del cilindro devono stabilirsi delle correnti stazionarie. π) Si determini intensità e verso di queste correnti superficiali. ββ esercita sulla superficie del cilindro π) Quali forze il campo esterno π΅ superconduttore? La situazione descritta dal problema è rappresentata, seppure in sezione, nella figura precedente, in cui il campo di induzione magnetica, che è ortogonale al foglio del disegno ed uscente da esso, è rappresentato con dei puntini. Nella figura 20 di sinistra si rappresenta il campo di induzione magnetica prima che il cilindro superconduttore venga inserito nella regione di campo; nella figura di sinistra è rappresentata la situazione dopo l’inserzione del cilindro e la creazione della regione di campo nullo al suo interno. π) L’osservazione sperimentale suggerita dal testo è la seguente: all’esterno del cilindro il campo resta imperturbato, mentre all’interno è nullo. Ciò comporta che sulla superficie laterale del cilindro deve scorrere una corrente stazionaria, cioè costante nel tempo, in grado di sostenere un campo magnetico uguale in modulo ββ0 : qualunque altra corrente, coassiale o radiale presente ed opposto in verso a π΅ nel cilindro, genererebbe un campo magnetico non parallelo al campo primario. Possono dunque indursi soltanto correnti tangenziali, che scorrono lungo un cerchio centrato sull’asse del cilindro, come quelle mostrate nella figura precedente. Si tratta della medesima situazione che si verifica nello studio delle correnti parassite oppure delle proprietà magnetiche dei materiali. Orbene, affinché il campo generato sia uniforme all’interno del cilindro, le correnti devono essere solo superficiali: si può pensare alla superficie del cilindro come un solenoide con infinite spire di larghezza infinitesima, in cui scorre una corrente di 21 valore infinitesimo. Questo solenoide “a nastro” sostiene un campo di induzione magnetica nullo all’esterno del cilindro, costante all’interno, sempre ammesso di considerare un cilindro infinito ovvero un cilindro abbastanza lungo, per cui risultino trascurabili gli effetti dovuti alle due terminazioni. π) La corrente totale che scorre sulla superficie si può immaginare, come già accennato, come costituita da tante correnti di valore π,come se fosse un solenoide a passo strettissimo. Detta πΏ la lunghezza del solenoide, si può ritenere che la corrente complessiva πΌ = ππ , dove π è il numero grandissimo di spire e π l'intensità piccolissima della corrente in ogni spira. All’esterno del solenoide il campo di induzione magnetica è nullo, almeno nel caso ideale. All’interno, invece, sussiste un campo uniforme: usando la formula del campo di induzione magnetica in un solenoide 22 π΅π = π0 π π, πΏ si ottiene il modulo del campo sostenuto dalle correnti sul cilindro πΌ π΅π = π0 , πΏ il cui verso è ovviamente opposto a quello del campo primario. Una giustificazione analitica di questa formula si può ottenere applicando la legge di Ampère ad un rettangolo, come πππ π mostrato nella precedente figura, con due lati radiali di lunghezza arbitraria e due assiali di lunghezza πΏ, uno dei quali interno e l’altro esterno al cilindro. La circuitazione del campo è diversa da zero soltanto lungo il lato ππ, dato che sugli altri lati si verifica che il campo è nullo oppure perpendicolare al lato. Allora, si può scrivere πΌ πΏπ΅π = π0 πΌ → π΅π = π0 . πΏ Si conclude che la corrente che percorre la superficie laterale del superconduttore si può determinare imponendo l’uguaglianza tra i moduli π΅π = π΅0 e risulta pari a πΌ= π΅0 πΏ . π0 23 Il verso di percorrenza deve essere tale da sostenere un campo che annulli completamente quello preesistente, al fine di ottenere campo nullo all’inerno del cilindro. π) Considerando una striscia di corrente lunga quanto tutto il cilindro e larghezza infinitesimale ππ , si può dire che la forza ππΉ agente su di essa è diretta radialmente verso l’interno del cilindro e vale π΅02 ππΉ = πΌπ΅0 ππ = πΏππ . π0 Pertanto, sulla superficie laterale del cilindro si esercita una pressione π, che è uniforme, dato che non dipende dal particolare punto considerato, che è rivolta verso l’interno e che vale ππΉ π΅02 π= = . πΏππ π0 24 6) Una spira conduttrice circolare è fissata sul piano π₯π¦ con centro nell’origine ed è collegata ad un generatore di corrente che vi mantiene una corrente πΌ costante. Una seconda spira conduttrice chiusa, identica alla prima, è vincolata a muoversi mantenendosi col centro lungo l’asse π§ e parallela al piano π₯π¦. La spira mobile è inizialmente molto lontana dall’origine, ma vi si sta avvicinando; essa inizialmente non è percorsa da corrente. Se ne descriva il moto qualitativamente e, in particolare, si dica se viene attratta o respinta dalla spira fissa e come tale interazione dipende dalla corrente nella spira fissa e dalla distanza fra le spire, supponendo che tale distanza si mantenga molto grande rispetto alle dimensioni delle spire. Come mostra la figura precedente, il campo di induzione magnetica sostenuto da una spira circolare di raggio π, percorsa da una corrente costante πΌ, è piuttosto complicato ed anche non facile da valutare. Tuttavia, lungo i punti dell’asse di simmetria, che verrà indicato come l’asse π§, grazie alla legge dovuta ai fisici francesi Jean-Baptiste Biot e Félix Savart, esso si può determinare e, con evidente significato dei simboli adoperati, vale 25 ββ(π§) = π΅(π§)π§Μ = π΅ π0 πΌπ 2 π§Μ . 2(π§ 2 + π2 )3/2 Il modulo di questo campo vale π΅(π§); orbene, provenendo la seconda spira da punti molto lontani dalla spira del semiasse negativo, in corrispondenza di essi esso si può approssimare come π0 πΌπ 2 π0 πΌπ2 π΅(π§) = ≅ per π§ → −∞ . 2π§ 3 2(π§ 2 + π2 )3/2 Mano a mano che la spira mobile sia avvicina a quella fissa, in essa si instaura una forza elettromotrice β che tende a neutralizzare il flusso indotto dal campo della spira ferma. Dato che il flusso indotto è pari a π0 πΌππ4 Φ(π§) ≅ ππ π΅(π§) = , 2π§ 3 2 si evince che β risulta 26 πΦ 3 π0 πΌππ4 ππ§ 3 π0 πΌππ4 β(π‘) = − = = π£(π‘) , ππ‘ 2 π§ 4 ππ‘ 2 π§ 4 essendo π£(π‘) la velocità posseduta dalla spira mobile in corrispondenza dell’ascissa π§. Questa forza elettromotrice produce il passaggio di una corrente elettrica β(π‘) 3 π0 πΌππ4 π(π‘) = = π£(π‘) . π 2π π§ 4 La potenza elettrica assorbita dal resistore risulta allora π(π‘) = π π 2 (π‘) 9 (π0 πΌππ4 )2 2 = π£ (π‘) 4π π§8 ed è pari al prodotto tra la forza frenante πΉ(π‘) esercitata sulla spira mobile e della sua velocità, per cui 9 (π0 πΌππ4 )2 2 9 (π0 πΌππ4 )2 πΉ(π‘)π£(π‘) = − π£ (π‘) → πΉ(π‘) = − π£(π‘) . 4π π§8 4π π§8 Detta π la massa della spira, si può anche scrivere che l’accelerazione frenante π(π‘) è pari a 9 (π0 πΌππ4 )2 π(π‘) = − π£(π‘) . 4π π π§8 Potendosi velocità ed accelerazione scriversi nelle forme equivalenti π£(π‘) = ππ§ ππ£ , π(π‘) = , ππ‘ ππ‘ 27 la precedente relazione fornisce il notevole risultato 9 (π0 πΌππ4 )2 9 (π0 πΌππ4 )2 ππ£ = − ππ§ → π£(π§) = + π£∞ , 4π π π§8 28π π π§7 avendo indicato con π£∞ la velocità positiva della spira a distanza infinita. La spira, in definitiva, si fermerà nell’ascissa 9 (π0 πΌππ4 )2 π§0 = − √ . 28π π π£∞ 7 28