tipologia di illeciti e modelli di responsabilità

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“TIPOLOGIA DI ILLECITI E
MODELLI DI RESPONSABILITÀ”
PROF. FERNANDO BOCCHINI
Università Telematica Pegaso
Tipologia di illeciti e modelli di responsabilità
Indice
1
I TRADIZIONALI TERRENI DI EMERSIONE DEI FATTI ILLECITI. I DIRITTI ASSOLUTI ----------- 3
2
LE LESIONI DEI DIRITTI RELATIVI ---------------------------------------------------------------------------------- 6
3
PROPAGAZIONE DELLA RESPONSABILITÀ ----------------------------------------------------------------------- 8
4
LE RESPONSABILITÀ SPECIALI DEL CODICE CIVILE -------------------------------------------------------- 10
5
CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE ------------------------------------------------------------------------------------------ 12
6
CONCORSO DI RESPONSABILITÀ ------------------------------------------------------------------------------------ 14
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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1 I tradizionali terreni di emersione dei fatti illeciti.
I diritti assoluti
La individuazione della tipologia di illeciti importa la determinazione del concetto di bene in
senso giuridico, la cui lesione comporta appunto la consumazione di un illecito. E’ da intendersi per
bene in senso giuridico l’entità (materiale o immateriale) suscettibile di procurare una utilità e che
dunque attira l’interesse del soggetto, protetto dall’ordinamento. Il bene può poi rappresentare
oggetto di situazioni giuridiche di singoli privati, come rappresentare punto di incidenza della intera
collettività.
Si è visto come non tutti i fatti dannosi sono anche illeciti: quando i fatti, ancorché dannosi,
sono compiuti nel rispetto delle regole giuridiche non sono fonte di responsabilità civile per i danni
arrecati. Spetta all’ordinamento condurre una valutazione compartiva tra i vari interessi in gioco per
selezionare l’interesse da proteggere e quello da reprimere, secondo l’interesse generale della
società alla stregua della tavola dei valori storicamente operante. La funzione della responsabilità
civile sta nella esigenza (primaria) di riparazione del soggetto ingiustamente danneggiato, con la
connessa (ulteriore) esigenza di sanzione del comportamento illecito in funzione intimidatrice di
deterrenza per scoraggiare le violazioni dell’ordinamento.
I terreni dove tradizionalmente sono emersi interessi considerati meritevoli di tutela, la cui
lesione ha contrassegnato significative figure di illeciti, sono stati quelli dei diritti assoluti e
segnatamente della persona umana e della proprietà, quale responsabilità per danni arrecati a
persone e cose. La responsabilità si è connotata tipicamente come una sanzione per l’illecito civile
compiuto, secondo il principio “nessuna responsabilità senza colpa”.
a) Nella prospettiva della persona umana, sono stati considerati illeciti gli atti lesivi della
vita, della integrità fisica, della salute. Sono stati anche considerati illeciti gli atti lesivi della
identità fisica della persona, come il diritto al nome e il diritto di autore.
Ampia tutela ha ricevuto la identità morale della persona, quale diritto a non essere
rappresentata la propria persona in modo distorto (contro i travisamenti della persona e a tutela del
proprio onore): la responsabilità civile opera anche se la comunicazione diffamatoria è avvenuta
senza dolo ma solo per colpa. La giurisprudenza ha salvaguardato il diritto di cronaca e di critica
(ex art. 21 Cost.), purché lo stesso sia esercitato con le seguenti caratteristiche: verità della notizia,
esistenza di un interesse pubblico alla conoscenza, forma civile dell’esposizione..
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Una tutela sempre più incisiva ha ricevuto la riservatezza della vita privata: dai tradizionali
riconoscimenti della inviolabilità del domicilio e segretezza della corrispondenza, già previsti dagli
artt. 14 e 15 Cost. e presenti nella Convenzione europea dei diritti dell’Uomo del 1950, è emerso un
diritto generale alla riservatezza, che è violato quando, con qualunque mezzo, sono divulgate notizie
riservate della persona senza il consenso della stessa e fuori dei casi di giustificazione della cronaca
e della critica. Si connette a tale generale principio l’ulteriore interesse giuridicamente protetto alla
protezione dei dati personali, con stringenti garanzie nel trattamento dei dati personali (D. Lgs. 30
giugno 2003, n. 196 recante il Codice sulla protezione dei dati personali).
Ampia rilevanza ha assunto la tutela della libertà della persona, nelle sue varie e multiformi
articolazioni (come espressione di pensiero, di fede religiosa, di scelta politica, di soggiorno e
circolazione, ecc).
Anche la libertà negoziale ha ricevuto una significativa tutela, come si ricava peraltro dall’
art. 1338 c.c., dove convivono la lesione di una norma strumentale e la lesione di una norma
materiale: per tale previsione la parte che, conoscendo o dovendo conoscere l’esistenza di una
causa di invalidità del contratto non ne ha dato notizia all’altra parte, è tenuta a risarcire il danno da
questa risentito per avere confidato senza sua colpa nella validità del contratto. E’ un fondamentale
riferimento normativo, insito nel codice civile, per la ricostruzione di un generale principio del
dovere di informazione nei rapporti giuridici contrattuali.
L’ordinamento valuta poi il comportamento tenuto dalle parti durante le trattative e nella
formazione del contratto, perché si svolga secondo buona fede (art. 1337): la violazione di tale
dovere comporta “responsabilità precontrattuale” (c.d. culpa in contrahendo). La dottrina è divisa
se trattasi di responsabilità extracontrattuale (per non essere ancora concluso il contratto) o di
responsabilità contrattuale (ovvero da contatto sociale) 1, mentre la giurisprudenza è maggiormente
incline a qualificarla come responsabilità extracontrattuale, per intervenire prima della conclusione
del contratto 2. L’interesse protetto è quello della libertà negoziale: cioè l’interesse a non essere
coinvolti in trattative inutili e a non stipulare contratti invalidi o inefficaci (nonché, secondo l’indirizzo
1
Nel clima di valorizzazione del dovere di buona fede come esplicazione dell’obbligo di solidarietà tra i consociati, un nutrito indirizzo
dottrinale tende a qualificarla come responsabilità contrattuale. E ciò in quanto, con l’assunzione della iniziativa contrattuale, è ravvisata
la instaurazione di un contatto sociale e dunque la nascita di un rapporto giuridico tra le parti con il connesso obbligo ex lege di buona
fede a carico delle stesse, sicché la violazione della buona fede comporta inadempimento di un obbligo.
2
È giurisprudenza consolidata: Cass. 27-11-2009, n. 25047; Cass. 7-2-2006, n. 2525; Cass. 18-6-2005, n. 13164. Si è peraltro chiarito che la
responsabilità professionale del medico per assenza del consenso informato ha natura contrattuale e non precontrattuale (la violazione di un
diritto fondamentale della persona, qual è quello dell’autodeterminazione in ordine alla tutela per via terapeutica della propria salute,
comporta la risarcibilità di ogni tipo di pregiudizio non patrimoniale che ne sia causalmente derivato): con il corollario che, a fronte
dell’allegazione, da parte del paziente, dell’inadempimento dell’obbligo di informazione, è il medico gravato dell’onere della prova di aver
adempiuto tale obbligazione (Cass. 9-2-2010, n. 2847).
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più recente, a non subire condizioni contrattuali pregiudizievoli). La legge non specifica il contenuto
della buona fede: in realtà trattasi della c.d. buona fede oggettiva e cioè del dovere di lealtà e correttezza
che deve caratterizzare il comportamento delle parti, nella formazione come nella esecuzione del
contratto. A tale dovere, per la giurisprudenza, è tenuta anche la pubblica amministrazione 3.
Ulteriori forme di tutela della persona ineriscono alla tutela del diritto di autore, per la lesione di
beni immateriali. E’ un modello di protezione, emerso nella prospettiva della persona, ma poi evoluto a
comprendere ogni forma di protezione di creazioni intellettuali: quali opere dell’ingegno, letterarie ed
artistiche (art. 2575), oggetto del diritto di autore a titolo originario (c.d. proprietà artistica e letteraria);
quali invenzioni industriali (art. 2584) e modelli di utilità o ornamento (art. 2592 ), oggetto del diritto
dell’inventore previo brevetto (c.d. proprietà industriale), la cui materia è stata riorganizzata dal D.Lgs.
10 febbraio 2005, n. 30, recante il Codice della proprietà industriale. Tra i beni immateriali si pensi
anche alla ditta (quale individuazione dell’azienda ex art. 2563), al marchio (quale individuazione del
prodotto o del servizio ex art. 2569) e all’insegna (quale individuazione del luogo di esercizio ex art.
2568).
b) Nella prospettiva dei diritti reali, sono vari i riferimenti normativi di tutela del titolare
del diritto reale e segnatamente del proprietario contro le aggressioni altrui. La logica è quella
dell’illecito per distruzione o danneggiamento di cosa, con il conseguente obbligo del risarcimento
del danno a carico del soggetto che ha arrecato danno alla cosa. Basti pensare alle varie ipotesi
previste in tema di accessione (artt. 935 ss.).
3
A seguito della sentenza di Cass. 500/1999 che ha ammesso la risarcibilità degli interessi legittimi (X, 1.3), è stato fugato ogni dubbio
circa la responsabilità precontrattuale della P.A., quantunque utilizzi un procedimento di evidenza pubblica per selezionare l’altra parte: si
pensi al procedimento per l’aggiudicazione di un appalto. Secondo Cons. Stato 10-7-2003, n. 4133, il principio della correttezza
comportamentale in ogni fase dell’attività contrattuale è norma generale destinata a trovare applicazione, in direzione biunivoca, nei rapporti
tra cittadino e Amministrazione. Ad es. l’esercizio di poteri di autotutela da parte dell’Amministrazione appaltante, benché legittimo, può
determinare la lesione dell’affidamento riposto dai privati negli atti revocati o annullati con il conseguente insorgere di obblighi risarcitori
(Cons. Stato 23-6-2006, n. 3989). La P.A. risponde per responsabilità precontrattuale se rimuove (annullamento o revoca) in autotutela la gara
dopo l’aggiudicazione (Cons. Stato 6-12-2006, n. 7194).
Si è peraltro chiarito che la responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione ex art. 1337 c.c. non è configurabile
anteriormente alla scelta del contraente, nella fase, cioè, in cui gli interessati non hanno ancora la qualità di futuri contraenti, ma soltanto
quella di partecipanti alla gara e vantano esclusivamente una posizione di interesse legittimo al corretto esercizio dei poteri della pubblica
amministrazione; in ragione di ciò non sussiste il diritto al risarcimento del danno ex art. 1337 a favore dell’impresa che abbia presentato
domanda di partecipazione a una procedura ad evidenza pubblica, che la stazione appaltante abbia revocato in costanza del termine per
scadenza delle domande di partecipazione, adducendo motivi finanziari (Cons. Stato 8-9-2010, n. 6489; Cons. Stato 28-5-2010, n. 3393).
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2 Le lesioni dei diritti relativi
A fronte della tradizionale impostazione che l’illecito civile potesse consumarsi solo con la
lesione di diritti assoluti, da tempo è maturata la convinzione che anche un diritto relativo come in
genere ogni relazione sociale possa essere leso dal comportamento di un terzo.
a) Il tema è stato primieramente analizzato con riferimento alla possibilità di lesione del
diritto di credito. Dopo una laboriosa analisi che ha impegnato sia la dottrina che la giurisprudenza
si è pervenuti alla riflessione che il diritto di credito possa essere leso, non solo dal debitore per
inadempimento della obbligazione (c.d. responsabilità contrattuale o da inadempimento), ma anche
da un terzo che col suo comportamento frustra l’adempimento del debitore o addirittura lo rende
impossibile (c.d. responsabilità extracontrattuale). Il tema è stato affrontato dalla giurisprudenza
essenzialmente in relazione a due vicende che, in epoche diverse, hanno interessato la società
calcistica del Torino 4. E’ così affermata una tutela esterna del credito, come espressione di un
generale dovere dei consociati di rispetto delle situazioni giuridiche.
Da tale generale ammissione, l’elaborazione giurisprudenziale si è ampliata anche ad ipotesi
in cui la lesione del credito non determini la impossibilità definitiva della prestazione da parte del
debitore, ma solo ne influenzi l’esecuzione. Si è ammessa la responsabilità del terzo che abbia reso
temporaneamente impossibile l’esecuzione della prestazione da parte del debitore (ad es. a seguito
dell’investimento di un lavoratore, per tutto il periodo di assenza dal lavoro); è stata anche
riconosciuta la responsabilità del terzo che concorra con il suo comportamento all’inadempimento
del debitore o inducendolo all’inadempimento ovvero rendendosi connivente dell’inadempimento
(es. il terzo imprenditore che consente all’imprenditore obbligato ad un patto di con concorrenza di
svolgere l’attività vietata con il nome proprio).
b) Di estrema rilevanza è divenuta anche la lesione di un diritto inerente a rapporti di
famiglia, e precipuamente la lesione al diritto al mantenimento. Il tema è emerso con riferimento al
ferimento o all’uccisione di un familiare (coniuge o genitore) tenuto al mantenimento del proprio
4
Alla fine degli anni quaranta lo schianto di un aereo sulla basilica Superga determinò la morte dell’intera squadra del
Torino e con essa il venir meno del credito del Torino verso i singoli giocatori: la richiesta di risarcimento verso la
compagnia aerea per il venir meno della prestazione dei giocatori fu rigettata dalla giurisprudenza per essere il credito
indirizzato solo verso il debitore e dunque passibile di lesione solo dal debitore. Negli anni sessanta un automobilista
investiva e uccideva il calciatore Meroni: la giurisprudenza, mutando indirizzo, riconosceva il diritto della squadra
calcistica al risarcimento del danno nei confronti dell’autista.
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coniuge o di un figlio. Si poi sviluppato con riguardo alla c.d. famiglia di fatto, consentendosi il
diritto al risarcimento dei danni anche per l’uccisione di un convivente.
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3 Propagazione della responsabilità
Esistono vaste aree di vita sociale nelle quali la intensità della relazione che lega specifici
soggetti ovvero la sinergia operativa nell’esercizio di un’attività economica giustifica che un
soggetto possa rispondere per gli atti illeciti compiuti da una altro soggetto: si è dunque in presenza
di una propagazione della responsabilità civile, tradizionalmente qualificata come responsabilità
indiretta.
a) Il terreno di tradizionale emersione è quello del danno cagionato da persone incapaci di
intendere e di volere, il cui risarcimento è dovuto da chi è tenuto alla sorveglianza dell’incapace,
salvo che provi di non aver potuto impedire il fatto (art. 2047, comma 1, c.c.). Peraltro, quando non
è possibile ottenere il risarcimento dai soggetti tenuti alla sorveglianza, è possibile conseguire, in
relazione alle condizioni economiche delle parti, la condanna dell’autore del danno a un’equa
indennità (art. 2047, comma 1).
Le figure tradizionali sono maturate nelle fondamentali istituzioni della convivenza civile:
famiglia, scuola, bottega artigiana. Così i genitori e il tutore rispondono dei danni arrecati dai figli
minori non emancipati o dalle persone soggette a tutela che abitano con essi (art. 2048, comma 1).
Analogamente i precettori e i maestri d’arte sono responsabili dei danni arrecati dai loro allievi e
apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza (art. 2048, comma 2).
In entrambe le ipotesi la responsabilità è fondata su una presunzione di colpa nelle
sorveglianza (c.d. culpa in vigilando), per cui è possibile liberarsi dalla responsabilità solo
provando di non aver potuto impedire il fatto (art. 2048, comma 3). E’ una responsabilità
aggravata per presumersi la colpa in capo al soggetto considerato responsabile: c’è una inversione
dell’onere della prova rispetto al comune canone della responsabilità extracontrattuale, in quanto è
il soggetto considerato responsabile a dovere provare l’assenza di colpa.
b) Una figura, che pure nasceva in una logica di relazione sociale connotata da uno stretto
contatto umano e che invece è evoluta fino ad abbracciare in generale l’attività di impresa, è quella
della “responsabilità dei padroni e dei committenti”: per l’art. 2049 i padroni e i committenti sono
responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro domestici commessi nell’esercizio delle
incombenze a cui sono adibiti”. E’ una responsabilità oggettiva in quanto prescinde dal ricorso di
ogni profilo soggettivo in capo al soggetto responsabile per i danni arrecati dai propri preposti; ha
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un suo corrispondente nella previsione della responsabilità per fatto degli ausiliari disposta a carico
del debitore dall’art. 1228 c.c.
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4 Le responsabilità speciali del codice civile
Esistono nel codice civile due modelli speciali di responsabilità speciali: con presunzione
legale di colpa, che dunque ammette la prova contraria (c.d. responsabilità aggravata); con
astrazione dal ricorso della colpa, che perciò non ammette la prova contraria (c.d. responsabilità
oggettiva).
a) Responsabilità aggravata. Tale modello di responsabilità si svolge nell’alveo della
regola generale della responsabilità per colpa, con la fondamentale variante che la colpa è presunta.
E’ il soggetto danneggiato a dovere fornire la prova dell’assenza di colpa. Operano peraltro all’uopo
più scelte normative circa il tipo di prova liberatoria che si richiede all’autore del fatto dannoso,
secondo una graduazione che va dalla prova negativa della mera assenza di colpa alla prova positiva
della individuazione dell’evento fortuito che ha cagionato il danno.
•
Iniziamo dalle figure per le quali è sufficiente la prova negativa dell’assenza di colpa.
Si è già anticipato, parlando della propagazione della responsabilità (c.d. responsabilità
indiretta), della responsabilità per il danno compiuto dall’incapace legale, per il quale rispondono i
soggetti tenuti alla sorveglianza dello stesso (precipuamente genitori, tutori, precettori e maestri
d’arte), i quali sono liberati da responsabilità solo se provano di non avere potuto impedire il fatto
(artt. 2047 e 2048).
Nello stesso ordine di idee si muove la responsabilità per l’esercizio di attività pericolose,
per cui chi cagiona danno ad altri nello svolgimento di un'attività pericolosa, per sua natura o per la
natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento se non prova di avere adottato tutte le misure
idonee a evitare il danno (art. 2050 c.c.).
Una prova liberatoria più circoscritta è prevista per la responsabilità da rovina di edificio.
Per l’art. 2053 il proprietario di un edificio o di altra costruzione è responsabile dei danni cagionati
dalla loro rovina, salvo che provi che questa non è dovuta a difetto di manutenzione o a vizio di
costruzione.
Una prova articolata è prevista per la responsabilità connessa alla circolazione di veicoli.
Per l’art. 2054 il conducente di un veicolo senza guida di rotaie è obbligato a risarcire il danno
prodotto a persone o a cose dalla circolazione del veicolo, se non prova di aver fatto tutto il
possibile per evitare il danno; nel caso di scontro tra veicoli si presume, fino a prova contraria, che
ciascuno dei conducenti abbia concorso ugualmente a produrre il danno subito dai singoli veicoli.
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Più gravosa è la responsabilità del proprietario del veicolo, o, in sua vece, dell'usufruttuario o
dell'acquirente con patto di riservato dominio, responsabile in solido col conducente, se non prova
che la circolazione del veicolo è avvenuta contro la sua volontà. In ogni caso le persone indicate dai
commi precedenti sono responsabili dei danni derivati da vizi di costruzione o da difetto di
manutenzione del veicolo.
•
Diversamente si atteggiano quelle figure che impongono all’autore del fatto illecito la
prova positiva della individuazione dell’evento fortuito.
Anzitutto viene in rilievo la responsabilità per cose in custodia, per cui ciascuno è
responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito (art.
2051).
Analogamente si configura la responsabilità per danno cagionato da animali, per la quale il
proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni
cagionati dall'animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che
provi il caso fortuito.
b) Responsabilità oggettiva. Tale modello di responsabilità astrae dal criterio della colpa.
A fronte dell’esigenza di riparazione di un danno occorso ad un soggetto, l’ordinamento fissa
specifici criteri di collegamento in grado di riparare il danno prodottosi con la riconduzione della
responsabilità e dunque dell’obbligo di risarcimento in capo al soggetto che, per varie
considerazioni, si mostra come quello maggiormente in grado di sopportare il peso economico del
risarcimento.
Una figura significativa nel codice civile è rappresentata dalla responsabilità dei padroni e
committenti, per cui i padroni e i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito
dei loro domestici e commessi nell'esercizio delle incombenze a cui sono adibiti (art. 2049). Come
si vede, manca la previsione di una prova liberatoria per l’autore del fatto illecito. Sicché il
preponente non può liberarsi provando di essere privo di colpa.
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5 Cause di giustificazione
Esistono dei comportamenti contrari al diritto, che però, per la specificità delle circostanze
nelle quali sono assunti, sono considerati legittimi (c.d. cause di esclusione dell’antigiuridicità).
Con la conseguenza che l’autore del fatto dannoso non è considerato responsabile e quindi non è
tenuto al risarcimento del danno.
Il codice civile fissa due cause di giustificazione: la legittima difesa e lo stato di necessità.
a) Legittima difesa. - Per l’art. 2044 non è responsabile chi cagiona il danno per legittima
difesa di sé o di altri. La norma è abbastanza laconica, non fornendo la portata dell’attività
consentita. Poiché però di una legittima difesa esiste una disciplina anche nel codice penale, è
possibile accedere al corrispondente art. 52 c.p. che ha una formulazione più articolata.
Anzitutto chi ha commesso il fatto dannoso deve esservi costretto dalla necessità di
difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta: è dunque
necessario che il soggetto danneggiato si apprestava ad arrecare un danno al soggetto che agisce in
legittima difesa. Inoltre deve sussistere un nesso di proporzionalità tra la difesa del diritto e l’offesa
arrecata e quindi tra l’interesse protetto e l’interesse danneggiato. In assenza di proporzionalità vi è
un “eccesso colposo di legittima difesa”, che costituisce illecito e come tale obbliga chi agisce in
legittima difesa a risarcire la parte di danno arrecato non proporzionale alla difesa.
b) Stato di necessità. – Per l’art. 2045 chi ha compiuto un fatto dannoso per esservi
costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, se il
pericolo non è stato da lui volontariamente causato né era altrimenti evitabile, è dovuta una
indennità al danneggiato, la cui misura è rimessa all'equo apprezzamento del giudice. Anche questa
causa di giustificazione ha un corrispondente in sede penale dove è fissata una normativa più
esplicativa.
Anzitutto è necessario che il danneggiante agisca per salvare sé o altri da un danno grave
alla persona. Inoltre il pericolo deve essere attuale, non causato dallo stesso danneggiante e
comunque non evitabile. Inoltre, a differenza della legittima difesa, il pericolo non provenga dal
soggetto danneggiato ma da un fatto allo stesso estraneo, di natura o di un terzo. Infine è necessario
che il fatto dannoso si proporzionale al pericolo.
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c) Esistono altre due cause di giustificazione previste solo dal codice penale e che
comunemente sono estese anche alla responsabilità civile: il consenso dell’avente diritto e
l’esercizio del diritto.
Per l’art. 50 c.p., rubricato consenso dell’avente diritto, non è punibile chi lede o pone in
pericolo un diritto, col consenso della persona che può validamente disporne. Deve dunque trattarsi
di diritti disponibili, solo rispetto ai quali è possibile formulare un consenso alla lesione o al
danneggiamento 5.
Per l’art. 51 c.p., rubricato esercizio di un diritto o adempimento di un dovere, l'esercizio
di un diritto o l'adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo
della pubblica Autorità esclude la punibilità. Il fatto dannoso compiuto nell’esercizio del diritto ha
una rilevanza anche in sede civilistica per l’esclusione dell’antigiuridicità, così non facendo nascere
l’obbligazione di risarcimento del danno a carico del suo autore. Evidentemente, come di regola,
l’esercizio del diritto non deve sconfinare nell’abuso del diritto che comporta comunque l’obbligo
di risarcimento del danno (arg. art. 833 circa il divieto degli atti emulativi).
5
V., per l'invalidità degli atti di disposizione del proprio corpo che cagionino una diminuzione permanente dell'integrità
fisica o siano altrimenti contrari alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume, l'art. 5 c.c.. Per una deroga a tale
principio, con riguardo al trapianto di rene tra persone viventi, v. l'art. 1 l. 26 giugno 1967, n. 458; v. anche, sulle
attività trasfusionali relative al sangue umano e ai suoi componenti, la l. 6 marzo 2001, n. 52 e la l. 21 ottobre 2005, n.
219.
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6 Concorso di responsabilità
A tutela del danneggiato l’art. 2055 fissa la regola generale della responsabilità solidale
degli autori dell’illecito. Per tale norma, se il fatto dannoso è imputabile a più persone, tutte sono
obbligate in solido al risarcimento del danno. Colui che ha risarcito il danno ha regresso contro
ciascuno degli altri, nella misura determinata dalla gravità della rispettiva colpa e dalla entità delle
conseguenze che ne sono derivate; nel dubbio, le singole colpe si presumono uguali.
Consegue per il danneggiato una tutela più incisiva, specie per l’ipotesi che uno degli autori
dell’illecito risulti insolvente: la eventualità della insolvenza è addossata sugli altri corresponsabili.
La corresponsabilità può derivare da una condotta illecita comune come da una pluralità
distinta di condotte coordinate o comunque concorrenti nella produzione del danno.
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(L. 22.04.1941/n. 633)
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