A Laura Occhini La paura e i suoi inganni Aracne editrice www.aracneeditrice.it [email protected] Copyright © MMXVI Gioacchino Onorati editore S.r.l. – unipersonale www.gioacchinoonoratieditore.it [email protected] via Sotto le mura, Canterano (RM) () ---- I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: dicembre A mio figlio Luca: per il dono del senso, del valore e del significato La bellezza del mondo ha due tagli, uno di gioia, l’altro d’angoscia, e taglia in due il cuore. Virginia Woolf, Una stanza tutta per sé Indice 11 Nota dell’autore 13 Introduzione 17 Capitolo I Le emozioni 1.1. Cosa sono le emozioni?, 17 – 1.2. Neuropsicologia delle emozioni, 29 – 1.3. Le emozioni fondamentali, 47 63 Capitolo II La paura 2.1. Cos’è la paura?, 63 – 2.2. Le manifestazioni della paura, 76 – 2.2.1. Laura Occhini e Antonio Pulerà: «Paura e paure: quali parole? Breve indagine qualitativa», 88 – 2.3. Le paure da circuito primitivo, 95 – 2.4. Laura Occhini e Antonio Pulerà: Le paure naturali: breve indagine qualitativa», 100 – 2.5. Apprendere la paura, 112 – 2.5.1. Disturbi correlati a eventi traumatici e stressanti, 118 – 2.6. L’apprensione sociale: la paura dell’altro o la paura sociale, 122. 131 Capitolo III Ansia e fobie 3.1. I disturbi ansiosi: un tentativo di definizione, 131 – 3.2. La personalità premorbosa, 134 – 3.3. I disturbi d’ansia, 140 – 3.4. Le fobie (fobia specifica), 152. 175 Glossario 197 Ringraziamenti 199 Bibliografia 217 Indice analitico 9 Nota dell’autore All’interno del volume il lettore troverà alcuni segni di richiamo al testo: il simbolo ( …) seguito da un numero di pagina o dal numero di paragrafo, indica che quel concetto è trattato estesamente a quella pagina o in quel paragrafo. Un termine seguito dal simbolo (*), indica che quel termine è spiegato con una voce dedicata nel glossario. Le foto contenute nel volume, dove espressamente dichiarato, appartengono all’Autrice del volume. Alcune fotografie inserite in questo volume sono tratte da pagine web e sono considerate di pubblico dominio; per queste immagini l’Autore ha fatto di tutto per reperire i proprietari dei diritti. Rimane a disposizione per gli adempimenti d’uso. Per altre immagini contenute nel volume l’Autrice possiede l’espressa liberatoria degli aventi diritto: figura 1.7. – (pag. 50) – per gentile concessione delle Edizioni Altravista; figura 2.6. – testa di Medusa e fig. 2.7. particolare del volto di Isacco (pag. 87) – per gentile concessione del Ministero dei beni, delle attività culturali e del turismo – Galleria degli Uffizi, Firenze; figura 2.7. – particolare del volto di Oloferne (pag. 87) – per gentile concessione del Ministero dei beni culturali, delle attività culturali e del turismo – Gallerie Nazionali di Arte Antica di Roma, Palazzo Barberini; foto Nike di Samotracia (pag. 163) – Per gentile concessione del Museo del Louvre – Parigi; foto Kronos (pag. 168) – Per gentile concessione del Bayerischen Nationalmuseums – Monaco. 11 Introduzione Sedulo curavi humanas actiones non ridere, non lugere, neque destestari, sed intelligere. (B. Spinoza – Trattato politico) Clinicamente parlando – ed escludendo l’apprensione sociale ( 123), che può considerarsi un fenomeno estensibile a qualsiasi persona, o la timidezza(*) che è un semplice tratto caratteriale non patologico – i disagi da paura rientrano nei cosiddetti disturbi d’ansia. Chi soffre di questi disturbi ha grandi difficoltà a riconoscere il proprio disagio e si limita ad attribuirlo a difficoltà generiche. È molto comune, infatti, sentir affermare: «…sono solo timido»; «…sono solo un po’ depresso»; «…mi manca solo un po’ più di stima in me stesso» a quanti, in realtà, soffrono di un disturbo clinicamente inquadrabile. Queste difficoltà creano in chi ne soffre stati accentuati di ansia e interferiscono negativamente con le attività sociali, lavorative e relazionali dell’individuo che, non riconoscendo il suo disagio come malattia(*), tende a mettere in atto soluzioni che in realtà aggravano il suo stato e tendono a isolarlo dal contesto sociale in cui è inserito (ad esempio: evitare le situazioni sociali ansiogene; il ritiro sociale; il rifiutare posizioni lavorative che lo espongono al giudizio degli altri; etc.). Curiosamente poi, il disagio del soggetto non è neppure riconosciuto dalle persone che gli vivono accanto. Facile riconoscere o percepire la depressione [(*) Depressivi (disturbi)] di un collega, di un amico o di un parente! Difficilissimo, invece, essere consapevoli della sofferenza di un soggetto timido o che patisce una ansia sociale ( 148). Come esempio basti sapere che è molto improbabile che un bambino con fobia scolare ( 149) giunga all’osservazione di uno psicologo. La fobia scolare è una particolare forma infantile o adolescenziale di ansia sociale in cui il bambino (o l’adolescente) sviluppa una particolarissima forma di avversione nei confronti dell’ambiente scolastico ma non delle attività connesse alla scuola. Comunemente, purtroppo, questo disturbo non è tempestivamente diagnosticato perché le frequenti assenze, le fughe dall’aula, lo stato d’ansia del soggetto, vengono interpretate dagli insegnanti come comportamenti da soggetti la13 14 Introduzione vativi ( 150). I genitori, dal canto loro, si limitano a definire il proprio figlio come «…uno che fa i capricci!». Un circolo vizioso che acuisce il disagio e che produce, alla lunga, un’ansia quasi cronica (con tutto quello che ciò comporta). L’ansia sociale dell’adulto, parimenti, viene percepita dal soggetto che ne soffre come una propria debolezza caratteriale che gli impedisce di esporsi, di prendere la parola in pubblico, di far valere le proprie ragioni, di esprimere la propria opinione o, molto più banalmente, di mangiare in pubblico. La prima reazione è quella di combattere tale disagio imputandolo a semplice timidezza ma l’ansia che deriva da questo disturbo non è paragonabile all’apprensione del timido e neanche così facilmente superabile. Al contrario: ogni volta che l’individuo si espone a situazioni sociali, per lui ansiogene, sperimenta una sempre crescente angoscia che sfocia, a volte, in veri e propri attacchi di panico ( 144-146) fino a che, per il soggetto, diventa difficile anche solo entrare in un ristorante o in un bar. Tale aumento dell’ansia lo porta a mettere in atto una serie di meccanismi comportamentali atti a evitare le situazioni ansiogene e a rinchiudersi, sempre di più, in ambienti tranquillizzanti. Dall’esterno, tale comportamento, è interpretato nella maggioranza dei casi come “chiusura”, “rigidità”, “asocialità”. Questi particolari disturbi sono profondamente legati alla sperimentazione di specifiche emozioni. Sono, a grandi linee: la vergogna, l’imbarazzo, il senso di colpa sperimentati da chi si trova nel disagio della timidezza e dell’ansia sociale (emozioni da ritiro sociale). Ma anche la derisione, il disprezzo o la pena di chi, invece, osserva e giudica la persona in difficoltà (emozioni valutative). Lo scopo di questo testo è quello di tentare un inquadramento organico dell’argomento inerente i disagi da paura dell’altro non perdendo mai di vista l’aspetto evolutivo dei fenomeni trattati. Nella prima parte, quindi, si tenta di fornire una breve, ma si spera esauriente, descrizione delle emozioni (il meccanismo psicologico attivatore per eccellenza) con un richiamo specifico alle emozioni fondamentali ( capitolo 1). Sarà poi trattata la paura come emozione fondamentale e come emozione di base di tutti i disagi e di tutti i disturbi patologici che verranno poi analizzati nel terzo capitolo. Solo dopo aver trattato le basi teoriche portanti ci addentreremo nel nucleo vero e proprio del volume: l’apprensione sociale e la timidezza che, per quanto fonte di profondo disagio, non si connotano come tratti patologici. Nell’ultima Introduzione 15 parte inizieremo col definire i tratti salienti delle strutture cognitive che caratterizzano le personalità premorbose ((*) Premorbosità) e prenderemo in considerazione gli aspetti clinici dei disturbi d’ansia che coinvolgono l’immagine sociale dell’individuo e che lo portano, gradualmente, al ritiro sociale. A differenza di alcune tendenze generalizzate e largamente pubblicizzate dai media, questo testo non conterrà alcuna indicazione di trattamento per l’apprensione sociale e per la timidezza. Chi scrive non le considera forme di disagio patologico e, di conseguenza, non ritiene opportuno considerarle “curabili”. Non c’è niente da curare perché non sussiste niente di patologico nel provare imbarazzo di fronte a certe situazioni sociali così come, la timidezza, non ha supporti nosografici ((*) Nosografia) per essere inquadrata come disagio mentale né, di contro, esistono ancora studi che possano sostenere con assoluta certezza che la timidezza sia un segno prodromico dell’ansia sociale o del disturbo evitante di personalità. La timidezza, in nessuna epoca storica, è stata considerata come malattia(*), solo oggi parliamo di pillole antitimidezza. Oggi: dove l’apparire conta molto più del rispetto verso l’essere!