6 S in alute DA SAPERE TUTTI DISINVOLTI GRAZIE A UNA PILLOLA? La terapia farmacologica della fobia sociale non è una novità assoluta, in quanto esiste già un principio attivo che si è dimostrato efficace per questo tipo di disturbo. Si tratta della paroxetina , una molecola appartenente alla classe degli antidepressivi. Il farmaco agisce sulla serotonina, un neurotrasmettitore chimico presente nel cervello, info ➔ INDIRIZZI INTERNET www.omniamedicina.it www.dica33.it/argomenti/ psicologia www.stress-e-co.it/ stresseansia.htm www.geocities.com/al.g/ eritropatia.html responsabile della sensazione soggettiva di benessere psicologico. L’effetto positivo della paroxetina deriva dalla sua capacità di impedire la “ricaptazione”, della serotonina da parte delle cellule, mantenendone elevato il livello all’interno del sistema nervoso. Attualmente è in corso di avanzata sperimentazione l’escitalopram , una nuova molecola più tollerabile che si sta dimo- strando anche più efficace a dosi minori e più rapidamente. Il nuovo farmaco potrebbe essere messo in commercio in tempi abbastanza brevi. Nei casi di ereutofobia si possono utilizzare farmaci appartenenti alla classe dei betabloccanti, sfruttando il loro effetto vasocostrittore. La prescrizione di queste terapie deve essere comunque affidata esclusivamente al medico specialista. IL BISTURI CONTRO IL ROSSORE In un numero, fortunatamente ridotto, di casi l’ereutofobia non si risolve con il trattamento psicoterapico né con quello farmacologico. Per questi pazienti è stato proposto addirittura un intervento chirurgico di simpaticectomia toracoscopica. Praticato da alcuni anni in diversi ospedali europei, l’intervento promette la scomparsa o la netta riduzione del rossore improvviso, quello che fa avvampare la cute nel momento di imbarazzo, mentre in genere non si modifica il rossore che compare gradatamente nel corso di uno sforzo fisico. Possono però verificarsi complicazioni permanenti come il restringimento delle pupille o il parziale abbassamento delle palpebre superiori, oppure congestione nasale (simile a quella dovuta al raffreddore). Che fatica vivere nascosti! Ai nostri giorni si dà un grande valore al benessere individuale e, di conseguenza, si prendono in considerazione problemi che un tempo venivano ritenuti del tutto secondari. Tra questi, occupano un posto importante i disturbi che compromettono una normale vita sociale. LA TIMIDEZZA PATOLOGICA I l cuore che va a mille all’ora, le mani sudate, le gambe che tremano, la voce strozzata, il respiro corto: chi non ha provato, almeno qualche volta nella vita, a sentirsi così in una situazione sociale? Ma per un certo numero di persone questo stato penoso è la regola ogni volta che si sentono addosso gli occhi degli altri: sono i timidi, quelli che non osano mettersi in mostra, che si tengono in disparte, che spesso arrossiscono per un nonnulla. Se quando ci esponiamo al giudizio altrui una certa apprensione è normale e anzi, in molti casi, ci stimola a dare il meglio di noi stessi, per il timidi l’idea di poter essere giudicati negativamente e di sentirsi ridicoli è fonte di un’ansia intollerabile. Un’ansia che tentano di evitare proprio limitando i contatti sociali: non solo i più impegnativi, ma anche quelli che in teoria non dovrebbero dare alcun problema, come stare insieme al gruppo degli amici. Per queste persone stare a tavola con gli altri, partecipare a una riunione, chiedere informazioni a uno sconosciuto o iniziare una conversazione possono essere vere e proprie torture cinesi. Dietro alla timidezza stanno generalmente un sentimento di inferiorità e un basso livello di autostima che inducono a ritenere inevitabili le critiche ai propri atti, o addirittura la derisione della propria persona, non di rado perché il livello di aspettati- ve riguardo alle proprie prestazioni è eccessivamente elevato. In altre parole, il timido teme costantemente di fallire perché è troppo esigente con sé stesso. Spesso questo stato di cose è frutto di un’educazione sbagliata: i figli di genitori a loro volta troppo esigenti, che non risparmiano loro nessuna critica e li fanno sentire costantemente inadeguati hanno molte probabilità di diventare persone timide e insicure, vittime della cosiddetta “ansia da prestazione”. La paura irrazionale del giudizio negativo e dell’umiliazione determina uno stato d’ansia che peggiora le prestazioni (parlare in pubblico, leggere in classe, conversare in un gruppo, mangiare di fronte ad altre persone, ecc.), sicchè il soggetto si convince sempre più della inevitabilità del fallimento e della necessità di stare alla larga dalle situazioni in cui questo potrebbe verificarsi: un vero e proprio circolo vizioso, che non può essere interrotto solo con uno sforzo di volontà. In un certo numero di casi il problema si esaspera al punto tale da interferire con la vita sociale e con le normali relazioni interpersonali: si parla allora di timidezza patologica o fobia sociale. Alcuni ricercatori sostengono che la causa della fobia sociale sia un alterato funzionamento dell’amigdala, un nucleo situato nel cervello che controlla le reazioni ansiose; altri affermano che il disturbo può avere un carat- tere ereditario. La fobia sociale prevale nei maschi; si manifesta in genere durante l’adolescenza, o compare in seguito ad esperienze umilianti che il soggetto non è riuscito ad elaborare psicologicamente. Le attività lavorative o scolastiche e le relazioni affettive ne risentono pesantemente, tanto da diventare a volte impossibili perché l’interessato le evita del tutto. Se poi, nonostante le manovre di evitamento, viene a trovarsi in una situazione che chiama in causa la sua fobia, chi soffre di timidezza patologica ha reazioni emotive drammatiche, fino al vero e proprio attacco di panico. A volte circoscritta ad una specifica situazione, più spesso generalizzata, la fobia sociale è non di rado causa di altri disturbi come lo stato d’ansia cronico o la depressione, e di conseguenze come l’alcoolismo.Infatti l’alcool, per il suo effetto disinibente, può essere considerato dal fobico come un’”ancora di salvezza” nelle situazioni che altrimenti scatenerebbero in lui una vera e propria angoscia. Un’altra manifestazione patologica della timidezza è l’ereutofobia, ovvero la paura di arrossire. Provare un certo imbarazzo accompagnato da rossore per un complimento o una battuta di spirito detta a bruciapelo può capitare a tutti, ma per chi soffre di ereutofobia questa eventualità genera un’ansia tremenda, diventa una vera e propria ossessione penosa che provoca angoscia. Nel mo- mento in cui arrossisce, l’ereutofobico si sente catapultato al centro dell’attenzione e ha l’impressione che gli altri possano “leggere” i suoi pensieri e le sue emozioni segrete. Anche questo disturbo può causare la rinuncia ai rapporti sociali e l’isolamento, benchè a volte queste persone reagiscano nel modo opposto, buttandosi allo sbaraglio nelle situazioni che maggiormente espongono allo sguardo altrui: per esempio, parecchi personaggi del mondo dello spettacolo sono stati spinti ad esibirsi proprio dalla volontà di negare la propria estrema timidezza e di combattere la paura di arrossire. Poiché i disturbi di cui stiamo parlando hanno un peso notevole in termini di sofferenza soggettiva e di costi sociali, è senza dubbio sbagliato banalizzarli o sottovalutarli. E’ invece molto opportuno incoraggiare il ricorso ai rimedi esistenti, in primo luogo la psicoterapia. Oltre alle terapie psicanalitiche classiche, non accessibili a tutti per il costo e la durata, si sono dimostrate molto efficaci le psicoterapie di tipo cognitivo-comportamentale, che insegnano tecniche per controllare le manifestazioni della timidezza eccessiva e per ridurre l’ansia. In molti casi è utilissimo il Training Autogeno, una tecnica che consente di modificare volontariamente alcune funzioni del sistema nervoso vegetativo, responsabile dei sintomi più penosi, fra cui il rossore. Ma la scelta del trattamento più opportuno dev’essere comunque affidata a uno specialista e quindi il primo passo verso la guarigione consiste nell’ammettere il problema e nel parlarne francamente con un medico di fiducia: cosa che spesso i timidi si rifiutano di fare, proprio per….eccessiva timidezza. Ada Moretti