“LE TECNOLOGIE VIDEO NELLE SCIENZE DELL `EDUCAZIONE

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“LE TECNOLOGIE VIDEO NELLE SCIENZE
DELL’EDUCAZIONE”
PROF. ANTONIO BALESTRA
Università Telematica Pegaso
Le tecnologie video nelle scienze
dell’educazione
Indice
1
CAMPI DI INDAGINI E FINALITÀ EDUCATIVE -------------------------------------------------------------------- 3
2
LE TECNOLOGIE VIDEO NELLA RICERCA SOCIALE: ASPETTI PROBLEMATICI ------------------- 8
3
VALUTAZIONE E QUESTIONI ETICHE LEGATE ALL’UTILIZZO DELLE TECNOLOGIE VIDEO 13
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 15
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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1 Campi di indagini e finalità educative
L’utilizzo di tecnologie video nel campo delle scienze dell’educazione negli ultimi decenni è
divenuto sempre più diffuso. In campi di indagine differenti e per molteplici finalità educative, le
videoregistrazioni sono state usate dagli scienziati dell’educazione per indagare con più efficacia i
fenomeni socio-educativi. Le modalità di utilizzo sono svariate e sottendono alle prospettive
teoriche e ai paradigmi di ricerca a cui fa riferimento il ricercatore. Un video può essere
decodificato per rilevare dati quantitativi del comportamento degli individui in determinate
interazioni sociali; può essere utilizzato come strumento di raccolta della documentazione empirica
all’interno di una ricerca qualitativa (video-riprendere un’intervista per raccogliere non solo il
verbale ma anche il non verbale della comunicazione); può essere strumento adeguato per la
costruzione di narrazioni; può essere utilizzato per supportare un territorio nella sua capacità di
progettarsi1; può essere utilizzato per un processo di costruzione di senso, coinvolgendo, ad
esempio, discenti, insegnanti, ricercatori grazie all’utilizzo di strumenti di condivisione in cui
postare commenti; può essere utilizzato nella ricerca didattica per perfezionare processi di
insegnamento/apprendimento come nel caso dell’utilizzo di software per le video annotazioni.
I ricercatori sociali utilizzano il video per le ricerche relative agli ambienti di lavoro 2, per
comprendere come le differenze sociali e l’appartenenza razziale influenzi i contesti classe3, come i
visitatori di un museo interagiscono tra loro e le opere d’arte4, come pazienti e medici di base
1
L’utilizzo del video per lo sviluppo locale è frutto della convinzione, derivante dagli studi di psicologia sociale e delle
pratiche di orientamento narrativo, che un territorio, allo stesso modo di un individuo, che avesse difficoltà nel
raccontarsi, nel narrare la propria vita, non era in grado di immaginarsi in prospettiva futura, quindi a progettarsi,
facendo buon uso delle risorse e dei beni a sua disposizione. Interessante, in tale senso, un’azione di ricerca e
animazione svolto dalla società Studiare Sviluppo srl, del Dipartimento Politiche di Sviluppo del Ministero
dell’Economia, nella regione Molise, e finalizzata a supportare lo sviluppo locale. Vedi: Tantillo F. Il video a supporto
di un progetto di sviluppo locale; fondare nuovi territori in Molise, in Caldelli A. Tantillo F., Narrazione e sviluppo dei
territori. Crescita di comunità e costruzione di identità complesse, Erickson, 2006, pp. 55-73.
2
Cfr. Heath C., Hindmarsh J., Luff P., Video in Qualitative Research, SAGE, 2010
3
Cfr. Mehan H., Learning Lessons: Social organization in the classroom, Harvard University Press, 1979.
4
Heath C., Vom Lehn D., Configuring Reception: Looking at Exhibits in Museums and Galleries, in Theory, in
«Culture and Society», 21(6), 2004, pp. 45-63.
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gestiscono le consultazioni, e come le risorse digitali, modellano queste interazioni. Il video è stato
utilizzato per esaminare gli aspetti culturali della vita quotidiana: alcuni ricercatori hanno utilizzato
“video tour” per esplorare l'estetica degli arredamenti domestici in relazione alle identità sociali 5;
altri hanno analizzato come le famiglie usano le registrazione video amatoriali per costruire le loro
narrazioni domestiche6. Il video è stato impiegato per esplorare l’identità di bambini e giovani, le
pratiche dei media e la produzione culturale digitale7. Altri hanno studiato video realizzati da altri,
analizzando, ad esempio, come le persone producono, condividono e commentano i video, come lo
studio di Adami su YouTube8.
Il video può essere utilizzato in vari modi per la ricerca. Molto interessanti sono, ad esempio
metodologie come il video partecipativo, la videografia, l'uso dei dati di video già esistenti,
interviste video e le video sollecitazioni.
Gli approcci al video partecipativo sono aumentati a partire dalla fine degli anni Novanta nel
contesto della ricerca-azione. La pratica ha basato gli interventi occupandosi di partecipazione e
responsabilizzazione, in particolare nel contesto dello sviluppo internazionale, dei programmi di
salute e delle comunità emarginate. L'obiettivo alla base dei metodi partecipativi è quello di ridurre
il divario tra i concetti e i modelli dei ricercatori e quelli degli individui e delle comunità, dando ai
partecipanti il controllo della telecamera e il processo di creazione di proprie esperienze visibili. Il
video partecipativo è un processo o un intervento in cui i partecipanti alla ricerca hanno accesso alle
apparecchiature di registrazione video e sono guidati affinché possano utilizzarle per documentare
un aspetto della loro vita. Generalmente, il video partecipativo, viene utilizzato per esplorare le
esperienze delle persone e produce tre tipi di dati:
5
Pink S., The Future of Visual Anthropology: Engaging the Senses, Taylor & Francis, 2006.
Willett R., Buckingham D., Video Cultures: Media Technology and Every Day Creativity, New York, Palgrave
Macmillan, 2009.
7
Marsh, J.A., Popular Culture, Media and Digital Literacies in Early Childhood, London, Routledge, 2004.
8
Adami E., We/YouTube: Exploring Sign-making in Video-interaction, in «Visual Communication», 8(4), 2009, pp.
379-400.
6
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1.
il video “come prodotto”;
2.
il processo della sua produzione (anch’esso spesso video registrato);
3.
il processo di montaggio video.
Ciascuno di questi tre tipi di dati può diventare il fulcro della ricerca, sebbene alcune
ricerche di video partecipativo ne considerino uno più degli altri. Alcune forme di video
partecipativo sono collaborative, mentre altre sono più individuali, come ad esempio i formati di
video-diario.
La videografia è un approccio etnografico al video making, che spesso va di pari passo col
video partecipativo e l’etnografia visiva. Si tratta di una comprensione e messa a fuoco del video
diversa rispetto dagli studi negli ambienti di lavoro o ai tradizionali studi video – osservazionali.
Essa utilizza il video in primo luogo per raccogliere ricchi segnali non verbali di dati, allo scopo di
stimolare la riflessione critica, piuttosto che per raccogliere dati osservazionali o descrizioni di
fenomeni. La videografia è posizionata all'interno dei più grandi dibattiti etnografici, sia rispetto
alla diatriba oggettività / soggettività, sia rispetto al dato etnografico che dovrebbe essere
considerato come un testo multi – vocale da utilizzare come “specchio riflessivo” piuttosto che
come dato oggettivo in sè. La videografia comprende e utilizza il video come strumento per “ri –
orientare” il potere dello sguardo del ricercatore e dare voce alla ricerca soggetti / partecipanti. In
questo ambito c'è anche un’attenzione al video come oggetto estetico, come intrattenimento e
piacere9.
L'uso di filmati già esistenti, e quindi non realizzati dai ricercatori, ed usati come dati per la
ricerca diviene sempre più comune nella ricerca sociale. Ci
sono molti esempi di “ri –
proposizione” video che utilizzano ad esempio il video amatoriale, il broadcast media, le
9
Tobin J., Hsueh Y., Poetica e piaceri della video-etnografia dell’educazione, in Goldman R., Pea B., Barron B.,
Derry S. J. (a cura di), Video ricerca nei contesti di apprendimento. Teorie e metodi, Raffaello Cortina, 2009, pp. 118136.
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registrazioni automatizzate10, i video di YouTube. Il riutilizzo dei dati video esistenti, sia che si
tratti di un archivio, di YouTube, o di un database video delle istituzioni, solleva molte questioni
che sono fondamentali per la video based research. Tra queste, la necessità di comprendere la storia
di un video, il suo contesto di produzione, la sua funzione originaria, il pubblico per cui erano stati
realizzati, e come questi fattori sono incorporati nel video come manufatto, così come ciò che è
mancante nella registrazione video.
La video sollecitazione (stimulated recall) può essere utilizzata insieme a interviste o focus
group per stimolare la discussione, stimolare la memoria o fornire una base di riflessione. Tochon11
suggerisce che le riflessioni sul video possono essere focalizzate in tre modi distinti: la ricostruzione
del pensiero passato; le narrazioni post-attività; la costruzione di riflessioni sulle azioni presenti e
future. Solitamente viene realizzata chiedendo agli insegnanti di osservare una sequenza di video o
di selezionare una parte (mini - video) per una discussione dettagliata, chiedendo ai partecipanti di
mettere in risalto ciò che essi, nella visione, considerano degno di nota. Il filmato può essere “messo
in pausa” quando i partecipanti lo ritengono opportuno per commentare alcuni passaggi che
vengono considerati significativi. La stimulated recall può essere utilizzata per favorire
“l’attenzione selettiva” dei partecipanti, concentrandosi su una serie di diversi eventi che sono
visibili in un video e accrescendo le tecniche per poter ragionare sui fenomeni che si vedono nel
filmato. La video sollecitazione può essere uno strumento utile per i ricercatori al fine di
convalidare e condurre un esame incrociato delle loro interpretazioni quando si lavora con video
che riguardano natural interactions. Le interviste realizzate attraverso la video sollecitazione sono
particolarmente utili per aiutare a generare riflessioni su fenomeni "invisibili", cioè in contesti (ad
esempio il posto di lavoro) in cui qualcosa può essere invisibilmente sepolto nella routine delle
10
Goodwin C., Action and Embodiment Within Situated Human Interaction, in «Journal of Pragmatics», 32 (2000), pp.
1489-1522.
11
Tochon F. V., Dai video-casi alla video-pedagogia, in Goldman R., Pea B., Barron B., Derry S. J. (a cura di), op. cit.,
pp. 83-101.
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attività quotidiane12. La video sollecitazione può anche essere usata per fornire una base di
riflessione sulla pratica e lo sviluppo professionale prolungato.
Gli studi sulle interazioni sociali si sono sviluppati parallelamente all’uso della video
registrazione e Goldman e McDermott13 sostengono che l'uso del video nell’ambito della ricerca
sociale è diventato fondamentale per lo sviluppo teorico nel campo delle interazioni sociali. Il video
è fondamentale per come si focalizza sulla descrizione delle strutture di ordine interazionale, sui
meccanismi sociali e comportamentali e sui metodi che la gente usa per coordinare e organizzare le
sue attività con gli altri. Questo uso del video implica la registrazione continuata delle interazione
tra gli individui in un contesto specifico, nonché la registrazione e la successiva analisi dettagliata di
tutte le caratteristiche del contesto in cui le interazioni registrate si sono strutturate. L'uso del video
per la raccolta di dati nelle natural interactions comporta, nella fase progettuale, l’organizzazione
dettagliata delle telecamere ovvero dove collocarle, quante averne, se avere una telecamera fissa o
mobile e quando e per quanto tempo registrare.
Nonostante il video sia stato oggetto di grande considerazione e riconosciuto per le sue
potenzialità come strumento di indagine all'interno delle scienze sociali, tuttavia, è stato piuttosto
trascurato sia a livello teorico che metodologico ed è stato solo di recente oggetto di una profonda
riflessione per comprendere in che modo le tecnologie video possono essere usate in modo efficace
per scopi di ricerca.
12
Schubert C., Video analysis as practice and the practice of video analysis, in Knoblauch H., Schnettler B., Raab J.,
Soeffner H. (a cura di) Video analysis: Methodology and Methods: Qualitative Audiovisual Data Analysis in Sociology,
Francoforte, Peter Lang, 2006, pp. 115-126
13
Goldman S., McDermott R., Perseverare nelle video analisi, in Goldman R., Pea B., Barron B., Derry S. J. (a cura
di), op. cit., pp. 149-167.
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2 Le tecnologie video nella ricerca sociale: aspetti
problematici
L’utilizzo di tecnologie video nella ricerca socio – educativa porta con sé delle peculiarità
non solo in termini di modalità di raccolta ma anche di qualità. Riprendere un momento di ricerca
sul campo con una videocamera è assai diverso che utilizzare un registratore audio o un block note.
Per questo è necessario, fin dalle prime fasi, e cioè quando la ricerche è in nuce nella testa del
ricercatore, riflettere con cura su quanto e come questa tecnologia influenzerà l’intero processo. Gli
studiosi in campo socio-educativo ritengono che vi siano alcuni aspetti su cui il ricercatore è tenuto
a ragionare, quando decide di munirsi di videocamera nella propria indagine.
Goldman14 individua cinque aspetti problematici che gli scienziati dell’educazione si
trovano ad affrontare nel momento in cui decidono di utilizzare la video camera nella ricerca
educativa.
Il primo aspetto riguarda l’importanza di capire quali siano le opportunità e quali gli aspetti
problematici che comporta l’utilizza del video in una ricerca educativa. Il video presuppone una
fase di ripresa, quasi sempre una fase di montaggio e una di analisi. In queste tre fasi, possiamo
chiederci cosa il ricercatore impara che non potrebbe imparare se non utilizzasse questo tipo di
strumentazione. Quando riprendiamo un determinato agire educativo in un dato contesto, il
ricercatore decide di puntare l’obiettivo in una direzione, sceglie l’inquadratura, includendo alcuni
aspetti del reale e scegliendo di escluderne altri. Il dato che dopo analizzeremo ci restituisce solo
elementi utili ad indagare il nostro oggetto di studio oppure ci restituisce la “nostra visione” del
reale e quindi il nostro personale agire da ricercatori? E quel dato così complesso quando possiamo
Goldman R., Le rappresentazioni video e la cornice teorica del prospettivismo, in Goldman R., Pea B.,
Barron B., Derry S. J. (a cura di), op. cit., pp. 12-61.
14
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essere certi di averlo visionato accuratamente e in modo soddisfacente ai fini della nostra indagine?
Ovvero: quando è tempo di smettere di vedere un filmato? Inoltre, quando entriamo nella cultura
oggetto del nostro studio, uno dei primi aspetti che possiamo notare e in modo anche evidente è,
almeno nelle prime fasi, un rifiuto da parte della maggior parte dei soggetti di essere ripresi. Anche
se, come ogni buon ricercatore dovrebbe fare, spieghiamo le finalità della nostra ricerca
specificando i motivi per cui utilizziamo la video camera, non tutti sono propensi a vedersi “puntati
contro” un obiettivo. Questo aspetto pone un altro interrogativo. Quanto quello strumento può
produrre cambiamenti nella cultura che andiamo a studiare? Quanto i comportamenti dei soggetti,
ma anche del ricercatore stesso, sono influenzati dalla presenza dello strumento? A tal proposito è
opportuno citare le parole di Barron15.
Sebbene sia possibile che le riprese abbiano influenzato il
comportamento degli allievi, è difficile prevedere in quale direzione
ciò sia avvenuto. La presenza della video camera potrebbe, infatti,
avere avuto in egual misura l’effetto di distrarre gli studenti che
partecipavano allo studio o di favorirne l’attenzione.
Rispetto alle parole di Barron, è importante chiedersi e capire quanto tempo è necessario per
avere un comportamento naturale davanti alla telecamera, se quella naturalezza si raggiunge
realmente o se persino quando crediamo di esserlo in realtà non ci comportiamo con naturalezza.
Questo aspetto non deve indurci a non utilizzare la tecnologia video; il ricercatore deve però tener
conto di questo aspetto e considerare che “la mancanza di naturalezza potrebbe verificarsi nel nostro
comportamento ogni volta che veniamo osservati”16.
Barron B., Problem Solving in Video-based Microworlds: Collaborative and Individual Outcomes of
High-achieving Sixth-grade Students, in «Journal of Educational Psychology», Vol 92(2), 2000, p. 397,
cit. in Goldman R., op. cit., p. 14.
16 Goldman R., op. cit., p. 14.
15
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Il primo aspetto, quindi, riguarda principalmente il rapporto tra il ricercatore e la
videocamera e gli interrogativi che ne scaturiscono sono legati al “come” la utilizziamo “sul
campo”.
Il secondo aspetto su cui Goldman ci invita a riflettere, è se l’uso del video nella ricerca sia
soltanto uno strumento in grado di “produrre prove” oppure può essere anche impiegato per
raccontare storie efficaci e convincenti per chi guarderà il video o per chi leggerà i testi che dai
video nascono, in modo da poter dare al fruitore la possibilità di comprendere meglio che cosa è
avvenuto nel processo di ricerca. Gli etnografi sia moderni che post moderni, hanno evidenziato
l’importanza di “essere là”17. L’etnografo post moderno ha capito che convincere il pubblico di
essere stato là, non portasse alla verità ma ad una parziale verità, ad una descrizione di
quell’esperienza filtrata da una interpretazione personale18. Secondo la tradizione etnografica,
l’etnografo, dopo aver registrato quello che accadeva sul campo, si ritirava nei sui studi per scrivere
la storia. Queste note venivano a volte raccolte mentre l’etnografo osservatore era ai margini del
villaggio, intento ad annotare sul suo taccuino quello che osservava. Sebbene molti antropologi
avessero un rapporto intenso con i loro informatori o partecipassero alla quotidianità della vita del
villaggio, in molti casi erano ai margini, intenti a dare validità alla loro ricerca attraverso forme di
scrittura persuasive19 per dimostrare che “essi, gli etnografi, sono penetrati davvero (o se si
preferisce, sono stati penetrati da) un’altra forma di vita, e che davvero sono stati là”20.
17
Lo scarto fra il tempo dell’esperienza e il tempo del racconto è stato riassunto da Geertz attraverso lo iato tra
“l’essere là” quindi sul campo e “l’essere qui” a raccontare del campo. Questa aspetto dell’antropologia tende a staccare
l’indigeno dal suo presente storico e il ricercatore dalla situazione relazionale che l’hanno legato ai soggetti sul campo.
Cfr. Geertz C., Opere e vita: l'antropologo come autore, Bologna, Il Mulino, 1990 e Kilani M., L’invenzione dell’altro,
Dedalo, 1997.
18
Cliofford J., Introduzione: verità parziali, in Clifford J., G. Marcuse, Scrivere le culture. Poetiche e politiche
dell’etnografia, Meltemi, 2005, pp. 25-58.
19
Fabietti U., Malighetti R., Matera V., Dal tribale al globale: introduzione all'antropologia, Pearson Italia S.p.a.,
2002, p. 82.
20
Geertz C., Opere e vita: l'antropologo come autore, Bologna, Il Mulino, 1990, p. 12 (corsivo mio).
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Andando oltre questa aspetto etnografico, con l’avvento del digitale, la ricerca con l’uso
delle tecnologie video se da un lato può essere agevolata sfruttando al meglio le potenzialità
dell’audiovisivo, dall’altro diviene più complessa perché non deve confrontarsi con il problema
degli etnografi dell’essere là o dell’essere qui. Nel mondo piatto21, ogni fase del processo di ricerca
può essere condiviso, arricchito di nuovi dati anch’essi condivisibili grazie a banche dati video, così
come condivisi possono essere gli strumenti di analisi dei dati. Lo sharing su scala globale,
consente di mettere in contatto diversi gruppi di ricerca, “vedere, riflettere e analizzare” il processo
di ricerca di quella o di quell’altra equipe di ricercatori; la condivisione permette di lavorare in
modo deduttivo, induttivo o con entrambi gli approcci; tramite la consultazione di banche dati video
on-line è possibile costruire casistiche a partire da ricerche sia di tipo quantitativo che qualitativo.
Le tecnologie video pongono i gruppi di ricerca in contatto “non solo con le prospettive di coloro
che progettano lo studio, vi partecipano e lo analizzano, ma anche con la molteplicità di metodi
possibili per condurre uno studio”22.
Questo aspetto ci porta ad un nodo cruciale che è lontano dal prendere una direzione o, per
meglio dire, una prospettiva ben definita: la questione epistemologica. Come vedremo in modo
dettagliato nel successivo paragrafo, ogni comunità di ricerca che utilizza le tecnologie video, anche
quelle che sono all’interno delle scienze dell’educazione, ha una propria concezione epistemologica
degli elementi che rendono una ricerca “valida, solida e affidabile”23. Nella stessa ricerca
etnografica il video viene utilizzato in modo differente. Si possono realizzare storie audio visive che
tengono conto degli aspetti gestuali, uditivi e contestuali per offrire allo spettatore una thick
description dell’evento; altri lo usano perché reputano il mezzo “gratificante e avvincente” 24; alcuni
21
Cfr. Friedman T. L., Il mondo è piatto. Breve storia del ventunesimo secolo, Milano, Mondadori, 2007.
Goldman, op. cit., p. 15.
23
Ivi, p. 16.
24
Hayes M., T., Sopraffatti dall’immagine. Il ruolo dell’estetica nel cinema etnografico, in Goldman R., Pea B., Barron
B., Derry S. J. (a cura di), op. cit., pp. 103-116.
22
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per dimostrare alla comunità di essere “stati là”; altri per “collocare analisi specifiche nel tempo e
nello spazio”25.
25
Green J., Skukauskaite A., Dixon C., Còrdova R., Questioni epistemologiche nell’analisi dei video. L’etnografia
come logica di indagine, in Goldman, op. cit., pp. 169-190.
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3 Valutazione e questioni etiche legate all’utilizzo
delle tecnologie video
Il quarto aspetto è legato alla valutazione. L’uso del video nella ricerca è molto diverso così
come lo sono le concezioni epistemologiche. In questa diversificazione sia epistemologica che
metodologica, “in che modo è possibile sviluppare criteri che tengano conto della gamma di canoni
di valutazione e di qualità e-value-ative26 per stabilire l’importanza della ricerca con i video?”27.
Anche questo interrogativo è lontano dal trovare una solida risposta. È importante però sottolineare
come il video, nonostante le sue potenzialità e la densità dei dati che permette di raccogliere, non è
la “panacea” della ricerca in campo educativo o della ricerca scientifica lato sensu come alcuni
ricercatori pensano. La competenza del ricercatore risiede anche nel saper scegliere lo strumento o
la combinazione di più strumenti, idonei alla raccolta, analisi e diffusione dei dati di una ricerca,
considerando che qualsiasi metodo, sia esso quantitativo o qualitativo, avrà criteri valutativi non
sempre sovrapponibili28.
Ultimo e delicato aspetto riguarda le posizioni etiche. La domanda in questo caso è: quali
sono le questioni etiche legate all’uso del video? Innanzitutto questioni legate alla privacy e alla
riservatezza. Rispetto a questo, il ricercatore dovrebbe sempre far firmare ai soggetti della ricerca,
una liberatoria per la pubblicazione e l’utilizzo di immagini e video. Nella liberatoria il soggetto
autorizza la pubblicazione e l’utilizzo di foto e riprese realizzate durante le attività di ricerca;
autorizza la pubblicazione dei contenuti digitali nelle sedi previste dal progetto (ad esempio:
piattaforme web o prodotti multimediali); vieta l’uso delle immagine e dei video in contesti che ne
26
Il termine e-value-ative è un gioco di parole che unisce i termini evaluation (valutazione) e value (valori). Con questo
termine si sottolinea l’aspetto del far emergere il valore nel processo di valutazione.
27
Goldman, op. cit., p. 16.
28
Ibidem.
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pregiudicano la dignità personale e il decoro29. Ma un altro aspetto che riguarda la dimensione etica
è quello che ci porta in una posizione simile a quella che in passato hanno avuto i colonialisti. Se
utilizziamo la tecnologia video come oggetti dissociati per “mostrare” gli altri, ripetiamo gli errori
commessi in passato. L’attività di video ricerca non deve essere una riproduzione delle ricerche di
stampo colonialista ma, i mezzi tecnologici oggi a nostra disposizione, devono portarci a ripensare
le tecnologie, le loro caratteristiche e potenzialità, per promuovere un maggiore equità e
opportunità.
29
Da un punto di vista legislativo la privacy e la riservatezza di immagini e video è disciplinata ai sensi dell’art. 13 del
D. Lgs 196/2003 e dall’art. 7 del D. Lgs 196/2003. http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docwebdisplay/docweb/1311248
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Bibliografia
 Tantillo F. Il video a supporto di un progetto di sviluppo locale; fondare nuovi
territori in Molise, in Caldelli A. Tantillo F., Narrazione e sviluppo dei territori.
Crescita di comunità e costruzione di identità complesse, Erickson, 2006.
 Heath C., Hindmarsh J., Luff P., Video in Qualitative Research, SAGE, 2010.
 Mehan H., Learning Lessons: Social organization in the classroom, Harvard
University Press, 1979.
 Heath C., Vom Lehn D., Configuring Reception: Looking at Exhibits in Museums
and Galleries, in Theory, in «Culture and Society», 21(6), 2004, pp. 45-63.
 Pink S., The Future of Visual Anthropology: Engaging the Senses, Taylor & Francis,
2006.
 Willett R., Buckingham D., Video Cultures: Media Technology and Every Day
Creativity, New York, Palgrave Macmillan, 2009.
 Marsh, J.A., Popular Culture, Media and Digital Literacies in Early Childhood,
London, Routledge, 2004.
 Adami E., We/YouTube: Exploring Sign-making in Video-interaction, in «Visual
Communication», 8(4), 2009, pp. 379-400.
 Tobin J., Hsueh Y., Poetica e piaceri della video-etnografia dell’educazione, in
Goldman R., Pea B., Barron B., Derry S. J. (a cura di), Video ricerca nei contesti di
apprendimento. Teorie e metodi, Raffaello Cortina, 2009.
 Goodwin C., Action and Embodiment Within Situated Human Interaction, in
«Journal of Pragmatics», 32 (2000), pp. 1489-1522.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Le tecnologie video nelle scienze
dell’educazione
 Tochon F. V., Dai video-casi alla video-pedagogia, in Goldman R., Pea B., Barron
B., Derry S. J. (a cura di), Video ricerca nei contesti di apprendimento. Teorie e
metodi, Raffaello Cortina, 2009.
 Schubert C., Video analysis as practice and the practice of video analysis, in
Knoblauch H., Schnettler B., Raab J., Soeffner H. (a cura di) Video analysis:
Methodology and Methods: Qualitative Audiovisual Data Analysis in Sociology,
Francoforte, Peter Lang, 2006.
 Goldman S., McDermott R., Perseverare nelle video analisi, in Goldman R., Pea B.,
Barron B., Derry S. J. (a cura di), Video ricerca nei contesti di apprendimento.
Teorie e metodi, Raffaello Cortina, 2009.
 Goldman R., Le rappresentazioni video e la cornice teorica del prospettivismo, in
Goldman R., Pea B., Barron B., Derry S. J. (a cura di), Video ricerca nei contesti di
apprendimento. Teorie e metodi, Raffaello Cortina, 2009.
 Barron B., Problem Solving in Video-based Microworlds: Collaborative and
Individual Outcomes of High-achieving Sixth-grade Students, in «Journal of
Educational Psychology», Vol 92(2), 2000, p. 397.
 Geertz C., Opere e vita: l'antropologo come autore, Bologna, Il Mulino, 1990.
 Kilani M., L’invenzione dell’altro, Dedalo, 1997.
 Cliofford J., Introduzione: verità parziali, in Clifford J., G. Marcuse, Scrivere le
culture. Poetiche e politiche dell’etnografia, Meltemi, 2005.
 Fabietti U., Malighetti R., Matera V., Dal tribale al globale: introduzione
all'antropologia, Pearson Italia S.p.a., 2002.
 Geertz C., Opere e vita: l'antropologo come autore, Bologna, Il Mulino, 1990.
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Le tecnologie video nelle scienze
dell’educazione
 Cfr. Friedman T. L., Il mondo è piatto. Breve storia del ventunesimo secolo, Milano,
Mondadori, 2007.
 Hayes M., T., Sopraffatti dall’immagine. Il ruolo dell’estetica nel cinema
etnografico, in Goldman R., Pea B., Barron B., Derry S. J. (a cura di), Video ricerca
nei contesti di apprendimento. Teorie e metodi, Raffaello Cortina, 2009.
 Green J., Skukauskaite A., Dixon C., Còrdova R., Questioni epistemologiche
nell’analisi dei video. L’etnografia come logica di indagine, in Goldman R., Pea B.,
Barron B., Derry S. J. (a cura di), Video ricerca nei contesti di apprendimento.
Teorie e metodi, Raffaello Cortina, 2009.
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