Lo spiritualismo In senso generale con il termine spiritualismo si indica quella filosofia che assume lo spirito, cioè la coscienza, come presupposto della ricerca. Storicamente lo spiritualismo si è sviluppato in opposizione al materialismo, al positivismo e all’idealismo e si diffonde soprattutto in Francia grazie al pensiero di Blondel e Bergson, pur coinvolgendo anche altre aree culturali europee. Nonostante la varietà delle prospettive filosofiche legate allo spiritualismo, è possibile fissarne alcuni punti fondamentali: la specificità dell’uomo nei confronti della natura, per il suo carattere spirituale e coscienziale e per la sua attività e libertà; l’esperienza interiore, nel senso di ascolto della voce della coscienza come metodo proprio della filosofia; l’irriducibilità della filosofia alla scienza. Henri Bergson Bergson nacque a Parigi nel 1859 e morì nel 1941. Rifacendosi a Sant’Agostino (che aveva detto che il tempo è dentro di noi) Bergson fece una distinzione fra il tempo della scienza ed il tempo della vita. Il primo è fatto di istanti differenti solo quantitativamente, ed è reversibile, poiché un esperimento può essere ripetuto infinite volte. Nel secondo, invece, gli istanti, diversi tra loro anche qualitativamente, si compenetrano e si sommano tra loro e sono irripetibili, non si possono ricreare. In sintesi, il tempo della scienza è solo qualcosa di astratto, di esteriore e di spazializzato (come diceva lo stesso Sant’Agostino: lo spazio è un tutto continuo in cui sono collocati gli oggetti, che nei confronti dello spazio perdono valori qualitativi, mentre il tempo è un tutto continuo nel quale collochiamo gli eventi). Dunque, il tempo reale è una creazione continua (pur essendo il risultato di momenti precedenti, il presente è un momento assolutamente nuovo). La vita spirituale, quindi, è essenzialmente auto-creazione e libertà: coloro che ritengono che ogni azione spirituale sia necessariamente determinata da cause precedenti, si fondano su un concetto del tempo che non si può applicare alla vita spirituale, dato che la coscienza ci dà soltanto un processo di mutamento unico e continuativo. In Materia e memoria, Bergson studiò i rapporti tra spirito e corpo (che è quel tipo di materia che nell’uomo si oppone alla coscienza). Egli fece una distinzione tra memoria, ricordo e percezione. La memoria pura è la coscienza stessa, che registra tutto ciò che accade (a volte in modo a noi non consapevole: la memoria, cioè, è il nostro passato). Il ricordo-immagine è la materializzazione operata dal cervello di un evento passato (cosa che non avviene sempre: viene trasformato in ricordo solo ciò che serve all’azione: paradossalmente la memoria è più oblio che ricordo). Quella che noi chiamiamo comunemente memoria (che in realtà è il ricordo-immagine), non è che una minima parte della memoria complessiva. La percezione è un continuo filtro selettivo dei dati, in vista delle esigenze dell’azione. Rimane, però, un dualismo tra coscienza e corpo, spirito e materia: ciò egli risolse nell’Evoluzione creatrice, che si rifà al concetto di durata reale. La vita, imprevedibilmente, crea e si evolve (come una fontana) in modo semplice e continuo, essendo nello stesso tempo conservazione integrale ed automatica dell’intero passato. Questa creazione via via si evolve dallo slancio vitale iniziale, creando tutta la natura in modo libero e imprevedibile, senza un progetto iniziale, senza un fine e senza necessità. La prima biforcazione fondamentale è quella che ha dato origine alla distinzione tra animale e pianta. Dunque l’essere è la vita e quindi il non essere (che nasce da un’interruzione dell’energia vitale) è la materia (studiata dalla scienza, che, secondo Bergson, che la disprezza, studia ciò che non è vitale). Inizialmente l’uomo non era homo sapiens ma homo faber e, per sopperire alle proprie mancanze, usava l’intelligenza (che è la facoltà di fabbricare strumenti artificiali) e l’istinto (facoltà di utilizzare o costruire strumenti organizzati). L’intelligenza, dunque, si trova a suo agio con la materia inorganica e quindi non può comprendere il movimento, il divenire e la vita. Ma l’intelligenza non si separa mai completamente dall’istinto, per cui è possibile un ritorno consapevole dell’intelligenza all’istinto Tale ritorno è l’intuizione (che penetra, come l’istinto, vede, e si stacca, come l’intelligenza): essa è un istinto cosciente e disinteressato. Che un ritorno cosciente all’istinto è possibile ce lo dimostra l’intuizione estetica, che dà luogo all’arte. Essa però è diretta solo verso una realtà particolare e non verso la vita in generale: per ciò serve la metafisica. Questa teoria dell’intuizione è stata molto discussa: come la natura di Rosseau, non si capisce ancora bene se Bergson auspicasse ad un ritorno al selvaggio o ad una riscoperta di qualcosa nell’interiore (a volte l’intuizione sembra un ritorno ad un periodo prelogico, altre volte un ritorno cosciente all’incoscienza). Anche nel mondo umano Bergson vide una distinzione tra immobilità e movimento, infatti l’uomo ha un proprio ruolo sociale e da ciò derivano due tipi di società: quelle chiuse, dove l’intelligenza tende a fornire all’uomo gli alibi per sottrarsi al proprio ruolo, per cui la vita usa la morale dell’obbligazione, cioè obbliga l’uomo con la morale; e quelle aperte, dove l’intelligenza non riesce e, per la morale assoluta, ogni uomo spontaneamente adempie al proprio compito (essendo Bergson ateo, la figura rappresentativa di tale società è l’eroe). Alla morale dell’obbligazione e a quella assoluta corrispondono due tipi di religione: c’è quella statica, nella quale la vita usa una speciale fantasia (la funzione fabulatrice), che ha inventato miti e superstizioni per rassicurare l’uomo dalla sua idea fissa della morte, che altrimenti lo porterebbe all’inoperosità; e religione dinamica (che Bergson identifica con il misticismo, cosa rara che presuppone un uomo privilegiato), per la quale ogni persona deve fare appello a tutte le proprie facoltà per inserirsi nello slancio vitale, nella stessa creazione divina, per continuarla per proprio conto (emblema di questa religione dinamica è il santo, simile al superuomo di Nietzsche che doveva inserirsi nell’Eterno Ritorno, assurgendo a dio).