Progetto “dillo con parole mie” A cura della presidenza della sezione Lazio dell’Associazione italiana sindrome x fragile Interventi a: Incontro alla settimana laboratorio nazionale 2012 Trodena Convegno Verona gennaio 2013 organizzati dalla sezione Territoriale Trentino Alto Adige Sindrome x fragile PIETRO CHIURAZZI: LA SPERIMENTAZIONE IN ATTO (2012) Ricordo personale di Libor Kozak, benemerito scienziato genetista della Repubblica ceca, morto sull’Everest Da un punto di vista terapeutico risolutivo, non c’è ancora cura per la sindrome X fragile, ma la cura riabilitativa c’è sempre stata: psicomotricità, logopedia ecc…. Genetisti come “ultimi medici di famiglia”. Caso clinico del contadino siciliano con mutazione full che ha fatto la sua vita “normale”, quanto a lavoro e matrimonio, ed ha avuto 4 figlie portatrici. Caso del nonno premutato di 70 anni che progressivamente aveva difficoltà d’equilibrio poi demenza: c’è una TAC del cervello tipica. Negli ultimi 20 anni ci sono state molte novità in America. Due genitori motivati hanno fondato una società (FRAXA) che finanzia solo la ricerca sull’X fragile, mediante progetti in tutto il mondo. Si è allargata la comunità scientifica che studia la sindrome X fragile: si è passati da 120 ricercatori a 600 circa. Per i finanziamenti sono importantissime le pubblicazioni, anche se, proprio per questo, non sempre hanno contenuti originalissimi. Ci sono altre malattie genetiche collegate al cromosoma X con quadri clinici vari. Gli affetti da tali malattie, collegate al cromosoma X, possono avere la “faccia della sindrome X fragile” oppure no: comunque queste persone non hanno la sindrome dell’X fragile. Oggi sono state riconosciute oltre 100 malattie dovute a mutazione di geni sul cromosoma X, ma la X fragile è stata la prima a essere identificata (nel 1969 identificato il sito fragile, nel 1991il gene FMR1). Secondo alcuni studi, gli affetti da X fragile sembra che presentino una resistenza ai tumori. Le portatrici di premutazione presentano una tendenza alla menopausa precoce. 4 Per quanto riguarda la frequenza della sindrome sono a disposizione statistiche non omogenee: le più accurate sono state effettuate in Canada e Israele. Si può stimare che gli affetti (mutazione completa o “full”) siano circa uno su 4000: se così fosse la sindrome rientrerebbe nelle malattie rare. I portatori di premutazione sono circa 1 su 800, mentre le portatrici sarebbero 1/250 – 1/150 a seconda degli studi. Occorre considerare che i prelievi sono sempre del sangue, però possono presentarsi della particolarità in organi diversi: ovaie, cervello; ma le analisi sono sempre del sangue. Vi possono essere casi magari di premutazione nel sangue, ma mutazione full nelle cellule dell’encefalo. Diagnosi prenatale: è da considerare che nel caso della sindrome Down in America ben il 40 per cento delle donne cui è diagnosticata nel feto portano a termine la gravidanza. Come noto, la sindrome dipende da un gene (FMR1) che funziona male e dalla mancata produzione di una proteina (FMRP) che agisce a livello delle sinapsi. Gli effetti della sindrome riguardano specialmente le sinapsi che collegano le cellule neuronali. Gli affetti dalla sindrome X fragile hanno troppe sinapsi, che per di più funzionano male. In estrema sintesi nei soggetti X fragile c’è troppo glutammato e troppo poco GABA. Glutammato: c’è anche nel brodo. E’ un eccitatore: se è troppo, fa male. Se i recettori che operano nell’ambito della sinapsi sono iperattivi assorbono in misura eccessiva il glutammato prodotto dal corpo; per cui alcune cellule neuronali ricevono troppi impulsi. 5 GABA è un neurotrasmettitore inibitorio che agisce da inibitore della funzione postsinapica. Gli affetti dalla sindrome X fragile hanno alcune sinapsi che trasmettono dosi insufficienti di GABA. Quale cura? TERAPIA GENICA (aggiungere una copia del gene): al momento impraticabile RIATTIVAZIONE GENICA (accendere il gene con l’espansione): ci siamo riusciti in vitro ma con farmaci non impiegabili in vivo TERAPIA SOSTITUTIVA (aggiungere la proteina FMRP): al momento impraticabile TERAPIA COMPENSATIVA (agire a valle del gene sulle vie metaboliche regolate dalla proteina FMRP): Strada percorribile. Per la terapia compensativa è importante sapere ciò che la proteina fa effettivamente e normalmente, in modo da ovviare alla sua mancanza. Da qui l’importanza della sperimentazione di Novartis (e di altre case farmaceutiche a breve). 6 La mutazione del gene FMR1 provoca la mancata produzione della proteina FMRP. La proteina FMRP ha un effetto su moltissime altre proteine: è un regolatore, e nel caso in cui questa manchi, potrebbero esserci tante cose che vanno storte all’interno delle cellule. Sembra, però, che alcune vie, alcuni difetti, siano più importanti di altri. Il difetto che finora abbiamo identificato come quello principale, è proprio l’iperattività dei recettori metabotropici del glutammato. Esiste una serie di composti già testati sui topi, che ha un effetto portentoso. Ovviamente bisogna andarci cauti, perché quando passiamo da un animale di esperimento all’uomo, c’è tutta una serie di altre problematiche legate al fatto che funzioni davvero anche nell’uomo e che non faccia male. Molti di voi già sanno della sperimentazione che ha già avuto una prima fase conclusa e pubblicata della durata di circa un mese più un mese. Si trattava uno studio così detto crossover. Questo studio è stato pubblicato sullo Science Translational Medicine del quale sono coautori sia Neri sia la Torrioli. E’ uno studio fatto in tutta Europa, su soli 17 pazienti, quindi un numero relativamente limitato. Jacquemont S, Curie A, des Portes V, Torrioli MG, Berry-Kravis E, Hagerman RJ, Ramos FJ, Cornish K, He Y, Paulding C, Neri G, Chen F, Hadjikhani N, Martinet D, Meyer J, Beckmann JS, Delange K, Brun A, Bussy G, Gasparini F, Hilse T, Floesser A, Branson J, Bilbe G, Johns D, Gomez-Mancilla B. Epigenetic modification of the FMR1 gene in fragile X syndrome is associated with differential response to the mGluR5 antagonist AFQ056. Sci Transl Med. 2011 Jan 5;3(64):64ra1. 7 Link: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21209411 Quella che è in corso adesso è molto più ampia, Novartis ha deciso di investire su questa sperimentazione che recluta non solo adulti, poiché in questo caso la prima prendeva solo maggiorenni. Adesso ci sono due sperimentazioni in corso, una per gli adolescenti, dai 12 ai 17 anni, prima del diciottesimo anno di età; e un’altra dai 18 ai 45 anni. Al momento sono stati reclutati pazienti in tutto il mondo, inclusi Stati Uniti, Inghilterra, Germania, Spagna, Francia, Svizzera, Italia e altre nazioni circa 260 pazienti. La sperimentazione più lunga dura 5 mesi e non è più in crossover: cioè il soggetto è randomizzato. Il soggetto o prende il placebo o il farmaco e non si saprà cosa ha preso, neanche noi lo sapremo, fino a quando sarà tutto chiuso e si apriranno le chiavi. Sono previsti cinque incontri, in cui nel primo si fa una valutazione formale per vedere se il ragazzo è troppo sveglio. Per esempio è successo ad alcuni signori che, dopo che il figlio aveva fatto la valutazione, gli sia stato detto “Mi dispiace, non può farlo, è troppo bravo”. Questo può succedere perché le scale scelte per la misurazione del comportamento, sono in realtà delle scale un po’ grossolane, che valutano il comportamento iperattivo, i movimenti stereotipati, ripetitivi e tutta una serie di disturbi del comportamento abbastanza importanti. Per fortuna, nel caso della X fragile, migliorano con l’età, in genere l’iperattività diminuisce, alcuni comportamenti si superano, altri rimangono. Talvolta i più grandi potrebbero essere troppo bravi, infatti, FMR1 è uno dei nostri 20 mila geni, gli altri geni possono funzionare bene o talmente bene da compensare in parte i difetti del FMR1. Anche per 8 questo, mai generalizzare, come dice Cristina: ogni caso è a sé. Addirittura anche i fratelli potrebbero essere diversi tra di loro pur vivendo nello stesso contesto. E non insisterei sul fatto, come si diceva prima, che ci si trovi di fronte a una mutazione completa o ad un mosaico con la premutazione; perché questi sono dati ingannevoli in quanto noi facciamo un prelievo del sangue. Il test lo facciamo sul sangue e sappiamo per certo che i ragazzi hanno una situazione di mosaicismo, molto spesso, a livello dei vari tessuti: se, però, nel sangue c’è una determinata situazione, non è detto che quella stessa situazione si presenti identica anche nel cervello. Dunque, non è molto intelligente basarsi solo sul test del sangue. Devo ammettere che le storie che ho sentito da chi ha portato a termine questa sperimentazione di cinque mesi, mi hanno dato molta speranza. Quando il 30 Novembre siamo stati a Origgio con la Torrioli, presso la sede della Novartis Italia, vicino a Varese, si sono scomodati a venire i responsabili della sperimentazione da Boston, per parlare con noi poiché nella nostra nazione c’è ancora un gran numero di persone da reclutare per la sperimentazione: a livello globale, ne mancano 40. Costoro ci hanno mostrato i dati di Safety, ovvero quali erano stati gli effetti collaterali riscontrati nel periodo della sperimentazione: su 260 persone, tra adolescenti e adulti (dai 12 a 45b anni) entrati nella sperimentazione, nessuno ha mostrato effetti collaterali maggiori che potrebbero mettere seriamente a rischio la salute. Tenete presente che per ogni incontro è previsto un prelievo di sangue per controllare anche i parametri ematochimici (transaminasi, colesterolo, ecc.), perché, giustamente, ciò che importa è che si stia bene e che il farmaco non incida negativamente sul metabolismo. Voglio raccontarvi alcune storie che ho sentito da alcune madri. 9 I. ha fatto la sperimentazione e mi ricordo che chiesi a M. quali effetti aveva notato. In quel caso I. aveva preso per un mese il placebo e per un altro mese il farmaco, però non si sapeva quale avesse preso prima e quale dopo, quindi era, in teoria, un doppio cieco, però con un crossover. M. mi disse, mi ricordo sempre, “effettivamente per un mese parlava molto meglio, era meno ripetitivo, poi il mese dopo è tornato il ragazzo di sempre”. Questo per me era interessante. Una madre siciliana ha detto che non è cambiato assolutamente nulla, suo figlio M. è rimasto tale e quale durante tutto il periodo della sperimentazione. Lei immagina abbia preso il placebo, anche se non ne ha la certezza. Un’altra madre che conosco solo per telefono e che mi chiama spesso, vive in Abruzzo con suo figlio G. e ha detto che le è piaciuto molto il trattamento perché l’inizio di questo coincideva con l’inizio della scuola media di suo figlio (ottobre) e sarebbe terminata a marzo. Durante questi mesi suo figlio, che inizialmente trascorreva in classe solo 3 ore al giorno a causa della sua iperattività, da gennaio ha cominciato a rimanere in classe tutto il giorno, non era più così iperattivo. Ciò che m’interessava era capire cosa, in quanto madre, avesse notato di diverso in suo figlio poiché è lei a conoscerlo meglio di chiunque altro. Perciò le chiesi se davvero fosse cambiato e in quale modo. Lei mi disse che quello che l’aveva colpita era stato il linguaggio; inizialmente G. parlava poco e faceva sempre le solite frasi e domande in modo molto ripetitivo, in seguito ha cominciato a fare molte più domande e “a proposito”. Ad esempio, un giorno guardando la madre che usciva, le ha chiesto dove stesse andando, lei rispose che andava a fare la spesa e lui, inaspettatamente, disse – “Ah che bello, così finalmente stasera ci prepari una buona cenetta” -, cosa che non 1 0 era tipica di G. Si può, dunque, dichiarare che è stato notato un aumento della produzione verbale “a proposito”. La logopedista di G., non informata della sperimentazione, poco tempo dopo che il ragazzo aveva cominciato a prendere il farmaco o il placebo, chiese se gli fosse successo qualcosa e come mai stesse andando tanto bene. Così come quando ha sospeso il farmaco o il placebo, dopo due settimane, la logopedista chiese di nuovo cosa gli fosse successo, ma stavolta disse che rispetto a prima aveva fatto dei passi indietro. Oltre la madre anche altri avevano notato cambiamenti. Per la sperimentazione cerchiamo dei soggetti dai 12 ai 45 anni. Per i ragazzi dai 12 anni ai 18 anni, basta l’autorizzazione dei genitori del bambino, per quelli dai 18 ai 45 anni occorre l’autorizzazione dell’amministratore di sostegno. Per la sicurezza direi che la mancanza di effetti collaterali su 260 persone per 5 mesi è sufficiente. Ovviamente ognuno può uscire dallo studio per qualsiasi motivo (anche perché non gli va più). Volevo presentare un altro argomento, legato all’immissione nella sperimentazione; alcuni farmaci che il bambino deve prendere per altri motivi potrebbero essere incompatibili, esistono criteri di esclusione. Uno tra i criteri adottati è valutare il test del DNA. Nel primo incontro viene fatto un prelievo che dopo essere stato inviato ed esaminato negli Stati Uniti per garantirne i risultati. Se da questo test la metilazione del gene risulta completa, il soggetto può accedere alla sperimentazione; sennò non entri. Difatti, secondo l’indicazione del primo studio, è stato stabilito che chi presenta una metilazione parziale risponde meno al farmaco rispetto a chi presenta, invece, una metilazione completa. 1 1 Io ho delle riserve sulla procedura, sempre per il fatto che è il sangue a essere esaminato mentre il cervello non è preso in considerazione, quindi si può proprio essere sicuri che il farmaco possa andare bene per tutti? Hanno risposto che lo sperano: e questo andrebbe bene perché così il farmaco lo daremo a tutti quanti e lo pagherebbe il Servizio sanitario nazionale. Inoltre, è degno di nota il fatto che Novartis ha già ottenuto un nome commerciale. Inoltre Novartis, prevedendo che negli Stati Uniti il farmaco sarà approvato nel 2014, ha promesso che fornirà gratuitamente il farmaco questa volta (e non ovviamente il placebo) a chi ha finito la sperimentazione, fino alla commercializzazione. Tutto questo è incoraggiante e fa ben sperare. E’ stato proposto anche di utilizzare la casistica di Cristina che comprende una sessantina di bambini X fragile (credo che nessuno al mondo l’abbia fatta). Sarebbe infatti interessante studiare meglio l’effetto sul linguaggio perché queste misurazioni del comportamento adattativo, iperattivo, etc. forse sono un po’ scarse e grossolane per i ragazzi più brillanti, ma pare che questo studio sarà portato avanti solo nei paesi anglosassoni poiché le scale per i test sono tarate in lingua inglese. A questo punto la mia idea era dire che se noi abbiamo un gruppo motivato di persone che sono disposte ad aiutarci con la sperimentazione e una persona come Cristina che può valutare bene l’aspetto del linguaggio con dei test in lingua italiana, si può comunque creare una casistica indipendente che sia in grado di dare validità ai risultati inglesi, anche se non sono direttamente confrontabili per le barriere linguistiche. 1 2 Auguriamoci che il farmaco tra poco più di un anno sia messo sul mercato con buoni risultati. Tengo anche a dire che, in fondo, ciò che importa non è tanto che il bambino sia tranquillo: ci sono altri farmaci, come il Ritalin, per ridurre l’iperattività che in ogni caso con il passare del tempo diminuirà da sé. E’ importante invece osservare che, se un figlio cominciasse a parlare in modo chiaro e “a proposito” è perché pensa in modo chiaro e “a proposito”. Sebbene sia più difficile da valutarlo, questo farmaco lavora sul cognitivo, come dicono i tecnici: ed è questo ciò che a noi interessa più di tutto.