Saper come scegliere - dispensa

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Saper (come) scegliere !
Dott. Francesco Tito Corsi di Bioetica e di Etica della Medicina e della Biologia -­‐ a.a. 2014/2015 !
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Introduzione !
La razionalità sembra spesso il criterio più immediato per la risoluzione di un dilemma morale: un confronto sinottico tra costi e benefici a prima vista costituisce la via più semplice ed efficace per scegliere l’alternativa per noi più adatta. Oggi, tuttavia, si verificano innumerevoli situazioni durante le quali risulta sempre più difficile affidarsi ad una morale sostanziale basata esclusivamente sui principi della «retta ragione». Viviamo in comunità morali complesse, tenute insieme da tradizioni e pratiche legate ad un insieme di valori più o meno condivisi. A loro volta, più comunità morali costituiscono una società. In un contesto talmente molteplice e sfaccettato è pressoché certo che si presentino controversie morali tra i membri di comunità diverse ma anche all’interno della comunità stessa. La sola ragione non basta per risolvere questo tipo di divergenze. Come scrive efficacemente il bioeticista americano Hugo Tristam Engelhardt Jr. (Texas, 1941): «Il fallimento del progetto filosofico moderno di scoprire una morale canonica sostanziale rappresenta la catastrofe fondamentale della cultura laica contemporanea e definisce il contesto della bioetica contemporanea»1. Ogni singola persona che partecipa ad una comunità morale non possiede infatti solo convinzioni etiche, ma anche vissuti, aspettative, prospettive e desideri. Comunità morali e società però sono caratterizzate anche da elementi più «rigidi» e meno personali, quali la presenza di un apparato giuridico garantito dallo stato di diritto e soprattutto una quantità limitata di risorse materiali ed economiche. Un’analisi esclusivamente razionale non è sufficiente per conciliare elementi qualitativamente così diversi. Questo problema non riguarda soltanto il livello delle comunità morali, ma anche il singolo: come può ad esempio un paziente in uno stato di grande sofferenza e quindi di emergenza antropologica compiere una fredda analisi tra costi e benefici per scegliere quale sia la terapia migliore a cui sottoporsi? Ed in caso ciò non sia possibile, a chi delegare la scelta? In questo contesto l’attenzione si rivolgerà proprio al livello dell’individualità: si cercherà infatti di chiarire, mediante la descrizione di un caso clinico significativo e delle relative implicazioni filosofiche, quale sia il substrato neurale del processo di scelta e quale sia effettivamente il ruolo della razionalità e dell’emozione all’interno di quest’ultimo. 1
H. T. Engelhardt Jr., The foundation of Bioethics, Oxford, Oxford University Press, Inc. 1986, 1996 tr.it. (a cura di)
Stefano Rini, Manuale di Bioetica, Milano, Il Saggiatore, 1999, p. 41
1
In particolare sarà considerata la produzione scientifica di Antonio Damasio (Lisbona, 25 febbraio 1944), neuroscienziato portoghese naturalizzato statunitense che dirige il Brain and Creativity Institute presso la University of Southern California. Si tratta di un centro di ricerca che propone la seguente “missione”: !
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Sin dall’antichità, artisti e filosofi hanno cercato di spiegare come percepiamo, interpretiamo e strutturiamo la nostra esistenza. I progressi recenti nelle tecniche di brain imaging e la nuova comprensione del funzionamento del cervello umano al livello dei sistemi, cellule e molecole ora fornisce opportunità per scoprire la base neurologica di una grande spettro di funzioni mentali, dall’emozione alla capacità di decisione, fino alla creatività espressa nelle arti, nelle scienze e nella tecnologia.2 Un progetto ambizioso per un uomo di scienza che ha spesso considerato la portata etica delle proprie scoperte. In opere quali «L’errore di Cartesio» (1994) o «Alla Ricerca di Spinoza» (2003), ha tentato di confrontarsi «a distanza» in modo più o meno efficace col pensiero dei grandi filosofi del passato, individuando in ogni caso interessanti elementi di riflessione. !
Lo strano caso di Mr. Elliot !
In un certo senso, Elliot è il protagonista de «L’errore di Cartesio», saggio che ha reso celebre Damasio nel mondo della divulgazione scientifica. È lo pseudonimo di un suo paziente: Elliot era un trentenne che conduceva una vita normale, aveva un lavoro ed una famiglia che amava. Fu purtroppo colpito da una disgrazia: un meningioma -­‐ un tumore che sviluppa sulle meningi, le membrane che rivestono la superfici del cervello -­‐ che cresceva nell’area mediana del cranio (vedi figura). Esso spingeva dal basso verso l’alto entrambi i lobi frontali.3 Si trattava di una neoformazione benigna che tuttavia andava assolutamente rimossa: comprimendo il tessuto cerebrale infatti rendeva impossibile l’ossigenazione dello stesso, compromettendone la funzione e causando necrosi. Durante l’intervento dunque Elliot subì l’ablazione della corteccia cerebrale: la lamina che riveste la superficie del cervello, caratterizzata da una fitta rete di cellule cerebrali e sede dei processi cognitivi e razionali più 2
Sito ufficiale del Brain Creativity Institute presso la University of Southern California, pagina di presentazione: «Our
mission», traduzione. - http://dornsife.usc.edu/bci/our-mission/
3
Antonio Damasio, Descartes' Error: Emotion, Reason, and the Human Brain, New York, Putnam, 1994 tr. it. (a cura
di) F. Mancaluso, L’errore di Cartesio, Milano, Adelphi, 1995, p.72
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avanzati. In particolare il danno toccava una regione molto specifica: la corteccia prefrontale destra, in particolare la regione orbitofrontale.4 !
In seguito all’intervento, la vita di Elliot cambiò: sin dal mattino aveva bisogno di essere ripetutamente sollecitato per cominciare la propria giornata lavorativa. Una volta al lavoro non era in grado di amministrare correttamente il proprio tempo: specialmente quando il lavoro richiedeva un’attività costituita da più compiti in sequenza perdeva spesso molte ore tentando di individuare il modo più adatto per svolgerla. Ad esempio gli capitava di passare un’intera giornata alla ricerca del criterio per ordinare i documenti nel modo più opportuno: iniziava a leggerli uno per volta con la massima attenzione, comprendendone ogni dettaglio ma interrompendo il flusso del lavoro. In breve tempo fu licenziato. Anche dopo aver trovato un altro lavoro si presentò esattamente lo stesso problema, nonostante i ripetuti consigli e richiami da parte dei colleghi e superiori. Non più legato ad un impiego regolare, iniziò a dedicarsi ad affari rischiosi ed anche la propria vita personale ne risentì negativamente. In breve tempo si ritrovò privo di qualsiasi fonte di reddito, fino al punto in cui gli fu anche rifiutato il rilascio dell’assegno sociale di invalidità. Elliot era infatti un uomo intelligente, capace e sano: le sue facoltà cognitive e fisiche non erano state intaccate dall’intervento. Come in seguito Damasio confermò mediante neuroimaging, le aree del lobo frontale connesse con il controllo dei movimenti (regioni motoria e premotoria) non avevano subito lesioni, così come le regioni frontali connesse con il linguaggio (area di Broca e circostanti). Anche la regione posta sotto la base del lobo frontale, il prosencefalo basale, necessaria per i processi di apprendimento e memoria non presentava alterazioni.5 L’assegno sociale gli fu quindi negato perché agli occhi degli esperti Social Security Administration -­‐ l’ente americano deputato ai programmi di welfare -­‐ nella migliore delle ipotesi Elliot era un pigro, e nella peggiore un simulatore. Totalizzò infatti punteggi nella norma quando gli furono somministrati test psichiatrici (per misurare il Quoziente Intellettivo, per individuare eventuali disturbi di personalità…): emerse come un soggetto dotato di intelletto normale, ma incapace di decidere in modo appropriato, specialmente quando la decisione riguardava questioni personali e sociali.6 4
ivi, p. 77
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ibidem
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ivi, pp. 78-83
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La produzione razionale era dunque intatta: al lavoro era incapace di elaborare una lista di priorità, ma i compiti sussidiari erano svolti fin troppo minuziosamente. Tuttavia, nonostante i risultati catastrofici non riusciva ad imparare dai propri errori. Elliot aveva completamente perso la dimensione progettuale della propria esistenza ed non aveva a disposizione una perizia in grado di dimostrarlo. Per questo motivo si recò da Damasio, il quale aveva già esperienza con pazienti colpiti da lesioni prefrontali. Il neuroscienziato fu colpito dalla specificità anatomica della lesione ma soprattutto dal comportamento di Elliot: !
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Lo visitai subito, e ne fui colpito: era una persona piacevole ed interessante, dotata di un fascino profondo ma controllata nelle sue emozioni. Mostrava una compostezza riguardosa e piena di tatto, appena contraddetta da un lieve sorriso ironico indicante una saggezza superiore e una blanda condiscendenza verso le follie del mondo: appariva freddo, distaccato, imperturbabile, anche nel discutere di vicende personali che avrebbero potuto metterlo in imbarazzo. A me venne fatto di pensare a George Sanders quando impersona Addison DeWitt nel film Eva contro Eva.7 Oltre al deficit nell’ambito decisionale, dunque, Elliot era estremamente freddo e distaccato. In particolare non manifestava alcuna reazione emotiva evocando ricordi o trattando temi che un tempo avevano causato in lui una forte emozione; era inoltre conscio di questa variazione: «Sapeva ma non sentiva».8 !
Il team di Damasio gli somministrò dunque alcuni test pensati appositamente per i pazienti con lesioni prefrontali, per confermare la diagnosi, ad esempio erano verificati i seguenti parametri9: -­‐ Formazione di scelte per l’azione: posto di fronte a situazioni sociali imbarazzanti, doveva produrre e descrivere con parole diversi opzioni di risposta; -­‐ Consapevolezza delle conseguenze: situazioni ipotetiche in cui si può essere tentati di trasgredire la convenzione sociale consueta (es. il protagonista va in banca a cambiare un assegno ed il cassiere gli dà più soldi del dovuto); al soggetto si chiede di descrivere un possibile comportamento, nonché i pensieri o gli eventi successivi; -­‐ Abilità di concettualizzare mezzi efficaci per raggiungere un obiettivo sociale: scenari diversi per raggiungere un obiettivo specificato per soddisfare un bisogno sociale (es. creare 7
ivi, p.72
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ivi, p.85
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ivi, pp. 87-89
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un’amicizia, stabilire una relazione sentimentale ecc.), risolvere una difficoltà di lavoro; il soggetto doveva elaborare una storia in cui si descrivono gli eventi che portano a tale esito positivo; -­‐ Capacità di predire le conseguenze sociali di certi eventi: erano presentati pannelli con vignette che rappresentavano una situazione interpersonale; il soggetto doveva scegliere tra altri pannelli quello in cui era raffigurata la scena che a suo giudizio presentava il seguito più verosimile nella storia; -­‐ Standard Issue Moral Judgment Interview: al soggetto è presentata una situazione sociale che implica un conflitto tra due imperativi morali e gli si chiede di indicare una soluzione !
del problema dando una particolare giustificazione etica della scelta10. Elliot superò brillantemente tutti i test: un risultato inaspettato per un paziente prefrontale. Come mai? Le ragioni principali erano due: la specificità della lesione e la tipologia dei test. Com’è stato detto, le facoltà cognitive di Elliot non erano state menomate. Quasi tutti i test consistevano nella descrizione di una situazione ed il paziente doveva spiegare le strategie per lui più adatte affinché essa fosse risolta; soltanto in uno degli esperimenti era prevista la possibilità di scegliere tra più alternative possibili e si trattava comunque un passaggio di una sequenza più complessa. Elliot nella maggior parte dei casi doveva deliberare su un «qui ed ora» ipotetico, immaginando una cornice temporale non realistica e compressa: nulla di più semplice per un paziente con una produzione razionale nella norma! Doveva rispondere al racconto di una situazione ipotetica con un altro racconto. Eppure, al termine di una serie di esami disse, riferendosi alla sua vita recente: «E dopo tutto questo, io ancora non saprei che cosa fare!»11 !
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Il soggetto era classificato in uno di cinque stadi via via più complessi, di ragionamento morale. In particolare erano
livelli preconvenzionali (stadio 1: obbedienza e orientamento determinato dalla punizione; stadio 2: scopo strumentale e
scambio); livelli convenzionali (stadio 3: accordo interpersonale e conformità; stadio 4: accordo sociale e tutela del
sistema) e un livello postconvenzionale (stadio 5: contratto sociale, vantaggiosità, diritti individuali). Alcune ricerche
indicano che all’età di 36 anni, l’89 percento dei soggetti maschi americani appartenenti alla classe media si è
sviluppato fino allo stadio 3; e l’11% in percento fino allo stadio 5. Elliot ottenne un punteggio globale di 4/5: un
risultato eccellente.
ivi, p. 89
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ivi, p.90
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Una questione di tempo !
La vita «reale» non può essere racchiusa nella «bolla» spazio-­‐temporale di un test di laboratorio. Siamo immersi in un mondo multiforme, caratterizzato da diverse componenti percettive (lingua parlata, gestualità, reazioni emotive…) in strettissima correlazione. Inoltre, nella quotidianità, ogni scelta apre un ventaglio di scenari successivi in cui occorre decidere nuovamente. Il tempo continua a scorrere inesorabilmente: specialmente quando occorre prendere una decisione drammatica e difficile non è possibile fermarsi e considerare ogni scenario comparando costi e benefici di ogni alternativa. Rimane sempre e comunque un’incertezza di fondo dalla quale non si può fuggire. Eppure siamo in grado di scegliere. Elliot entrava in difficoltà nelle situazioni in cui doveva decidere tra più alternative ben definite, mentre era in grado di superare i test somministrati da Damasio. Era paralizzato dal numero di soluzioni che gli si presentavano davanti e spendeva così tempi estremamente estesi nel tentativo di risolvere il dilemma, percorrendo una sequenza squisitamente razionale. Alla fine non era in grado di trovare una soluzione accettabile e gli altri -­‐ spesso non ben intenzionati -­‐ sceglievano per lui: per questo motivo si ritrovò privo di reddito ed alla ricerca di motivazioni per ottenere il sussidio di invalidità. Osservando lo sfortunato paziente (e tanti casi analoghi di lesioni prefrontali), Damasio si dedicò ad un progetto di ricerca sui meccanismi cerebrali del processo di scelta elaborando infine la celebre ipotesi del marcatore somatico. La domanda che si pose fu: qual è quel processo che ci permette di individuare lo scenario per noi più adatto al fine di risolvere una situazione di scelta? Non solo ragioniamo, ma siamo anche in grado di “sentire” quale sia l’alternativa “giusta”. Per comprendere appieno la proposta di Damasio occorre però chiarire il significato di due concetti-­‐chiave: emozioni e sentimenti. !
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Processi somatici, emozioni e sentimenti !
Una tappa fondamentale della storia dell’indagine scientifica sui processi emotivi avvenne nel 1884, con la pubblicazione dell’articolo «What is an emotion?» di William James (New York, 11 gennaio 1842 -­‐ Tamworth, 26 agosto 1910). L’autore americano sosteneva che fosse impossibile astrarre una fredda «materia mentale» dal processo emotivo, infatti scriveva: !
Per me è del tutto impossibile pensare quale genere di emozione rimarrebbe se non fosse presente il sentire un’accelerazione del battito cardiaco, o una contrazione del respiro, o un tremito delle labbra, o un indebolimento degli arti, o la pelle d’oca, o i visceri in subbuglio. È possibile immaginare uno stato di rabbia e non figurarsi un ribollire del 6
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petto, vampate del viso, narici dilatate, denti serrati, impulso ad agire, e al loro posto invece muscoli rilassati, respirazione tranquilla ed un volto sereno?12 James riduceva dunque l’emozione ad un processo che riguardava esclusivamente il corpo: questa intuizione suscitò risposte ambivalenti nella comunità scientifica di fine Ottocento, che, da una parte, si muoveva in una direzione strettamente sperimentale, con l’obiettivo di misurare le reazioni fisiologiche in seguito ai processi emotivi, ma che dall’altra, considerava le emozioni come evanescenti moti dell’animo, da un punto di vista strettamente psicologico, basato però sulle antiche concezioni umoralistiche.13 James era orientato con determinazione verso il primo di questi due paradigmi: non dava alcun peso, infatti, al processo di valutazione mentale della situazione che determina l’emozione. Il limite della sua ricerca era il fatto che postulasse un processo nel quale gli stimoli ambientali attivano una serie di reazioni corporee per mezzo di un meccanismo innato, senza però essere in grado di descriverlo.14 !
La ricerca di Damasio origina dalla concezione “somatica” dell’emozione proposta nel celebre articolo di James, tuttavia l’autore portoghese, grazie ai metodi di indagine resi possibili dalla tecnica del XX e XXI secolo, indica una indissolubile relazione tra corpo e cervello: tra stimoli esterni ed interni, reazioni somatiche e stati mentali. In particolare, secondo Damasio, dietro ogni stato emotivo vi sono i meccanismi di regolazione di base della vita: l’apparato biologico precede tutto ciò che diverrà dolore, piacere, impulsi o motivazioni.15 Le emozioni quindi “riguardano” la vita di un organismo ed il loro ruolo è assistere l’organismo in un processo di autoconservazione. Questi processi sono determinati biologicamente ed innati, sono quindi codificati nel nostro genoma e sono soggetti a pressione evolutiva: ad essi corrispondono dispositivi cerebrali predisposti in modo innato, che hanno sede nelle aree più “profonde” dell’encefalo, quali il tronco encefalico e il giro del cingolo. Tutti questi dispositivi si innescano automaticamente, senza una decisione conscia. Le emozioni quindi usano il «corpo come teatro», così come sosteneva James, tuttavia esse influenzano anche le modalità di funzionamento di numerosi circuiti cerebrali: la varietà di 12William
James, The principles of Psychology, vol.2, Dover, New York, 1950, Principi di Psicologia, Milano, Società
Editrice Libraria, 1909
13
Per un approfondimento sulla storia dell’analisi scientifica dei processi emotivi dal Settecento fino a metà Novecento,
Cfr. Fay Bound Alberti, Medicine Emotion and Disease, 1700-1950, Basingstoke-New York, Palgrave MacMillan, 2006
14 A.
15
Damasio, L’errore di Cartesio, Op.cit., p. 191
Antonio Damasio, The feeling of what Happens. Body and Emotion in the Making of Consciousness, San Diego,
Harcourt, 1999 tr. it. (a cura di) S. Frediani, Emozione e Coscienza, Milano, Adelphi, 2000, p.75
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risposte emotive è responsabile di cambiamenti sia del corpo che del cervello. Questa collezione ci cambiamenti costituisce il substrato delle configurazioni neurali che alla fine diventano sentimenti dalle emozioni.16 !
In relazione a quanto detto finora, Damasio distingue tra:
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-­‐ Emozioni di fondo: gli stati di cui si è parlato finora; strettamente collegate ai processi somatici, al fine di mantenere la stabilità dell’ambiente (milieu) interiore dell’organismo. Non si tratta esclusivamente risposte a variazioni interne: Damasio considera emozioni di fondo anche il «picco di euforia» che segue il jogging mattutino (in relazione al rilascio di endorfine da parte dell’ipofisi o dalle ghiandole surrenali) o la «depressione» generata da un lavoro manuale privo di ritmo ed interesse. In ogni caso, le emozioni di fondo coinvolgono esclusivamente le regioni più profonde dell’encefalo;
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-­‐ Emozioni di base: gioia, tristezza, paura, rabbia, sorpresa, disgusto. Furono identificate ed «isolate» dallo psicologo americano Paul Ekman (Washington, 15 febbraio 1934). Quest’ultimo individuò metodi ed algoritmi per misurare anche le minime variazioni delle espressioni facciali e dei movimenti del corpo, fino ad individuare sei configurazioni principali.17 A differenza delle emozioni d i f o n d o r i s p o n d o n o q u a s i esclusivamente alle circostanze del mondo “esterno”, ma non è detto che siano automaticamente parte della sfera cosciente. Si può pensare ad esempio alla reazione di “lotta o fuga” (fight or flight)18 che si prova di fronte ad un pericolo, percepito mediante i sensi (specialmente la vista e l’udito). Il cervello processa i segnali a livello del sistema limbico (una serie di circuiti e strutture localizzati nelle profondità dell’encefalo, in particolare l’amigdala, che risponde appunto alle 16
ivi, p. 70-71
17
Cfr. Paul Ekman, Facial expressions of emotion: New findings, new questions, in «Psychological Science», 3 (1992)
18
Walter Bradford Cannon, Bodily changes in pain, hunger, fear and rage. New York, Appleton-Century-Crofts, 1929
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situazioni in cui si prova paura) ed attivando così una reazione ormonale a cascata, che a sua volta avrà effetti fisiologici (aumento della frequenza cardiaca, pupille dilatate, tremore…). !
-­‐ Emozioni sociali: compassione, ammirazione, disprezzo, gratitudine, orgoglio, vergogna, colpa… Si tratta di sistemi di risposta più complessi ed articolati rispetto alle emozioni di base che hanno come prerequisito la capacità di riconoscere lo stato emotivo degli altri individui. Le emozioni sociali (così come le emozioni di base) non sono appannaggio esclusivo dell’essere umano: sono state identificate in altre specie e sono alla base di molteplici comportamenti, secondo un grado di complessità crescente in relazione alla !
specie presa in considerazione. In definitiva, ogni tipo di emozione è secondo Damasio un pacchetto di risposte stereotipate fornitoci dall’evoluzione, che «risolve problemi» di complessità crescente.19 Il livello successivo è costituito dai sentimenti. Nel linguaggio comune, il termine “sentimento” è considerato sinonimo di emozione, ma in questa trattazione assume un significato molto specifico. “Sentimenti” sono infatti configurazioni sensoriali che segnalano dolore, piacere ed emozioni, che diventano immagini. In altre parole, sono l’insieme di sensazioni che seguono una risposta emotiva. Damasio parla di «immagini» non solo in relazione a informazioni di tipo visivo, ma si riferisce all’insieme di risposte sensoriali che corrispondono ad un’emozione, e che a loro volta corrispondono a ben precise configurazioni neurali (cioè all’attivazione specifica di cellule cerebrali).20 Come già visto, queste risposte non sono esclusivamente visibili dall’esterno (variazione dell’espressione facciale, del tono della voce, della postura), ma anche elementi percepiti internamente (aumento della frequenza cardiaca, contrazione dell’intestino…). Non sempre i sentimenti sono coscienti: i nostri comportamenti sono spesso influenzati da essi ma non è necessario che queste reazioni siano consapevoli; questo non vuol dire che non possano essere percepiti: ciò avviene mediante i neuroni presenti in uno specifico locus della corteccia cerebrale chiamato corteccia somatosensoriale. Quando però sono coinvolti i sistemi superiori della ragione (che hanno sede nelle parti più superficiali dell’encefalo, 19
Damasio sottolinea più volte questo concetto, rinforzandolo con una serie di esempi interessanti, in questa intervista
presso l’Aspen Ideas Festival 2009. Evento culturale organizzato ogni anno presso l’omonimo istituto in Colorado: http://fora.tv/2009/07/04/Antonio_Damasio_This_Time_With_Feeling
20
Cfr. A. Damasio, L’errore di Cartesio, Op.cit., pp. 206-213
9
quindi nelle altre aree corticali), sono attivati piani di risposta complessi flessibili e su misura, collegati ad una produzione razionale cosciente e che sono formulati in immagini e possono essere messi in atto come comportamenti sociali e culturali avanzati. Livelli superiori della
Ragione
Piani di risposta complessi, flessibili e su misura che
vengono formulati in immagini coscienti e possono
Coscienza
Sentimenti
Configurazioni sensoriali delle emozioni percepite a
livello del corpo. Non è detto siano coscienti.
Emozioni
Schemi di risposta stereotipati e complessi che
comprendono emozioni di fondo, emozioni primarie ed
emozioni sociali.
Regolazioni di base
Sistemi di risposta stereotipati e semplici che
comprendono la regolazione dell’apparato biologico.
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Da A. Damasio, Emozione e Coscienza, Op.cit., p.75
Tornando a Mr. Elliot: L’ipotesi del marcatore somatico !
La digressione su emozioni e sentimenti ha fornito alcuni elementi fondamentali per comprendere il deficit di Elliot. Egli non era più in grado di mettere in gioco la componente emotiva insieme alla razionalità durante il processo decisionale. Prima di applicare un criterio che preveda l’analisi costi/benefici e quindi di ragionare, accade infatti qualcosa di significativo: «viene alla mente», anche mediante rapidissimi flash, l’esito negativo connesso con una determinata opzione di risposta, si avverte una sensazione spiacevole. Questo sentimento è stato chiamato da Damasio «marcatore somatico». Ed era proprio ciò che Elliot non era più in grado di valutare. In quanto si tratta di una sensazione che riguarda il corpo -­‐ in relazione alle sensazioni viscerali e non -­‐ Damasio ha utilizzato il termine somatico; ed in quanto esso «contrassegna» un’immagine (nel senso visto nel paragrafo precedente) l’ha chiamato marcatore. 10
In particolare, il marcatore somatico forza l’attenzione sull’esito negativo al quale può condurre una data azione ed agisce come un segnale automatico di allarme che dice: «attenzione al pericolo che ti attende se scegli l’opzione che conduce a tale esito»21. Questo processo non esclude l’analisi razionale e non si presenta come via alternativa ad essa: serve a ridurre drasticamente il numero di opzioni a disposizione durante il processo di scelta. I marcatori non deliberano per noi: se vogliamo, siamo in grado di “ignorarli”. Il marcatore somatico è anche un dispositivo neurale che connette un’emozione ad uno specifico scenario, mediante l’apprendimento: attribuisce un segno. Quando, durante la procedura di deliberazione, un marcatore somatico negativo è accostato ad un esito futuro, la combinazione si attiva come un vero e proprio campanello d’allarme; quando invece interviene un marcatore positivo esso diviene un segnalatore di incentivi. Ecco un efficace esempio del funzionamento del marcatore somatico proposto da Damasio: !
Supponete che vi si prospetti un investimento ad altissimo rischio, ma che potrebbe comportare un guadagno insolitamente alto, e chi vi si chieda di approvarlo o rifiutarlo in un tempo assai breve e, mentre siete distratti da altri problemi analoghi. Se il pensiero di procedere a tale investimento è accompagnato da uno stato somatico negativo, ciò contribuirà a farvi respingere quell’investimento e vi costringerà ad un esame più minuzioso delle sue conseguenze potenzialmente nocive: lo stato negativo connesso con il futuro bilancia la seducente prospettiva di una remunerazione forte ed immediata.22 !
Fissare e riconoscere i marcatori somatici, richiede quindi il corretto funzionamento sia delle aree più “profonde” del cervello -­‐ che come s’è visto, sono attive durante i processi emotivi -­‐ ma anche della corteccia cerebrale, in particolare la regione prefrontale ventromediale, ed entrambe in sinergia col resto del corpo. È ora chiaro il significato della lesione di Elliot: ostacolava questa interazione, in modo che il paziente non fosse più in grado di percepire i marcatori somatici -­‐ positivi o negativi -­‐ che aveva in passato collegato a determinati scenari e tantomeno attivare nuovi processi associativi. In questo modo era bloccato in un circolo vizioso di decisioni di cui non riusciva mai a venire a capo. !
Per quanto riguarda l’apprendimento dei marcatori somatici, Damasio introduce anche un altro elemento che chiama «dispositivi come-­‐se»23: sono funzioni neurali che permettono appunto proprio sentirci “come se” stessimo provando uno stato emotivo, come se il corpo 21
ivi, p. 245
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ivi, p.246
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ivi, p.223
11
venisse attivato e modificato, anche quando di fatto ciò non av viene. Dipendono dall'associazione tra l’immagine mentale ed il surrogato di uno stato corporeo, acquisita mediante ripetute associazioni delle immagini di scenari o situazioni date con immagini (nel senso attribuito da Damasio) di stati corporei appena rappresentati. In questo modo, quando prendiamo una decisione ed un marcatore somatico si attiva, non sentiamo necessariamente il battito c a rd i a co a cce l e ra re , l a s u d o ra z i o n e aumentare o lo stomaco contrarsi, eppure scartiamo una prospettiva (o una serie di prospettive), senza doverci pensare troppo a lungo, proprio l’opposto di ciò che accadeva ad Elliot! Questo spiega perché i marcatori somatici siano evolutivamente vantaggiosi: fMRI (risonanza magnetica funzionale) che sovrappone le lesioni prefrontali di quattro pazienti diversi. Tratta da Bechara A., Damasio H., Damasio A., Emotion, Decision Making and the Orbitofrontal Cortex, in «Cereb. Cortex» (2000), 10 (3), pp. 295-­‐307
rendono il processo decisionale rapido ed efficiente. L’ipotesi del marcatore somatico può essere infine rappresentata con questo schema: !
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Sentimenti
(corteccia
somatosensoriale)
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2
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Circu
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Processo decisionale
(sistema limbico,
tronco encefalico,
corteccia prefrontale)
Percezione dello
stimolo
3
Risposta somatica
12
Comunità morali e marcatori somatici !
L’evoluzione ci ha fornito la «cassetta degli attrezzi» neurale occorrente per generare stati somatici in risposta a certe classi di stimoli: è stato visto infatti come alle emozioni primarie si siano affiancate le più complesse emozioni sociali. Quando si parla di marcatori somatici, il livello di complessità aumenta: un gran numero di situazioni sociali sono quindi accoppiate con risposte somatiche. Questa associazione avviene durante il processo di istruzione e socializzazione. Due sono dunque gli elementi da considerare: il substrato cerebrale di partenza e l’ambiente in cui si vive. Infatti, la generazione di marcatori somatici richiede un cervello «sano»: oltre al caso-­‐limite di Elliot (il cui deficit non era congenito), Damasio si riferisce anche a pazienti affetti da sociopatia dello sviluppo (psicopatia)24: sono i soggetti le cui storie spesso troneggiano sulle pagine di cronaca nera. Sono spesso individui di intelletto vivace e caratterizzati da una produzione razionale superiore rispetto alla media, tuttavia presentano una soglia emotiva talmente alta da farli apparire imperturbabili: a sangue freddo, ripetono i loro crimini. È possibile che la psicopatia scaturisca da un deficit prefrontale o subcorticale, derivante però dalla anormalità di connessioni cerebrali e di segnali chimici, che inizierebbe in uno stato precoce dello sviluppo. Per quanto concerne le circostanze ambientali, esse riguardano le situazioni e vissuti in cui l’individuo deve agire; le conseguenti possibili scelte d’azione; gli esiti futuri di queste; la punizione e la ricompensa che accompagnano una data azione. A livello neurale si instaura il collegamento tra categorie di eventi con stati corporei piacevoli o spiacevoli. In particolare nelle prime fasi dello sviluppo, punizione e ricompensa vengono somministrate dai genitori, anziani e pari che incarnano l’etica e le convenzioni sociali della cultura a cui l’individuo appartiene. Durante l’infanzia e l’adolescenza si acquisisce l’insieme critico e formativo di stimoli per l’appaiamento somatico. Questo processo di apprendimento non si limita però soltanto alle prime fasi dello sviluppo: è continuo e riguarda tutta la vita. È questo il livello in cui ci si riconosce nella comunità morale di appartenenza, apprendendo un sistema di principi (e quindi valori) condivisi. Un caso estremo riguarda le culture totalitarie: in quanto caratterizzate da un apparato politico, di indottrinamento e controllo molto forte e penetrante, il processo di formazione di marcatori somatici culturali è molto più rigido, tanto da generare comunità di morali unificate da valori che sembrano contrastare con un “normale” andamento della ragione. 24
ivi, p.251
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In una comunità «sana» l’assunzione di una posizione morale, l’attuazione di una pratica o una presa di posizione sono caricate di valori e contenuto, tuttavia ogni individuo conserva la propria autonomia in quanto essere umano razionale ed in grado di definire il proprio sistema normativo personale. Ciò non equivale ad allontanarsi dai principi che rendono salda la comunità (ad esempio la rinuncia all’atto di forza) ma essere in grado di rivendicare la propria libertà decisionale e spirito critico. Oppure essere in grado di chiedere al resto della comunità: «lascia che io faccia», essendo in grado di prevedere e comprendere l’eventuale approvazione (o biasimo) cui si andrà incontro. Oltre i principi condivisi, la coesione di una comunità morale dipende anche dalla condivisione delle pregiudiziali dei singoli (o dei gruppi) che costituiscono la comunità stessa. Non bisogna cadere però in una posizione riduzionistica forte e considerare il marcatore somatico quale unico substrato di una pregiudiziale etica: si tratta di un costrutto neuro-­‐culturale cruciale per il processo decisionale (morale e non), ma non è l’unico meccanismo da tenere in considerazione. Come è stato già detto: i marcatori somatici non deliberano per noi. La prospettiva riduzionistica non funziona nemmeno quando ci si sposta verso un livello sempre più generale, la società in toto in quanto insieme di molteplici comunità morali: tante comunità, tante pregiudiziali, tante teste, tanti cervelli. !
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Saper come scegliere: oltre la «retta ragione» !
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Tutti infatti ripetono: «tante teste, tanti pareri»; «ciascuno è contento del suo modo di pensare»; «le divergenze dei cervelli non sono minori di quelle dei gusti»: tutti detti che mostrano abbastanza chiaramente, che gli uomini giudicano le cose secondo la struttura dei loro cervelli, e che piuttosto che intendere le immaginano. E invero, se le intendessero, esse, come lo dimostra la matematica, come minimo li convincerebbero tutti, anche se non li attirassero.25 Così scriveva Baruch de Espinoza (Amsterdam, 1632 -­‐ L’Aia 1677) nell’Appendice che chiude la Parte Prima dell’Etica. Senza cadere nel pericoloso tranello del presentismo, si può notare come il grande filosofo del Seicento avesse intuito questioni sempre attuali, riferendosi alla relazione tra la «struttura dei cervelli» dei singoli ed i propri gusti o inclinazioni morali. Senza dubbio, dopo le recenti scoperte operate dalle neuroscienze, la spinoziana «retta ragione» è più sufficiente. È stato anche superato il pregiudizio che contrappone «freddi» 25
Baruch de Spinoza, Ethica ordine geometrico demonstrata, 1677 (postumo), tr.it. (a cura di) Sossio Gametta, Etica,
Torino, Bollati Boringhieri, 2013, p. 40
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processi cognitivi e sequenziali a incontrollabili flussi emozionali, facendoli apparire come inconciliabili. Le emozioni, in seguito alle scoperte di Damasio, giocano un ruolo fondamentale nel modo in cui l’individuo si rapporta ad una situazione o un contesto che considera favorevole o sfavorevole: ognuno traduce nel linguaggio della mente il proprio stato corporeo formulando, mediante una rappresentazione mentale, la prospettiva attraverso la quale vede o sente una determinata situazione. Agire in conformità con un’emozione intesa in questo senso è un agire intelligente inseparabile dalle implicazioni morali legate all’interesse ed alla cura per noi stessi e gli altri.26 Lo studio di una reazione morale permette quindi di scoprire in che modo una persona interpreti se stessa e il mondo, nel suo incontro con l’ambiente esterno e con quali timori ed aspettative elabori un tale incontro. Oggi le emozioni assumono quindi una valenza razionale: costituiscono una vera e propria guida interna riguardo al rapporto tra soggetto e circostanze esterne e quindi una modalità di costituzione dei processi sia cognitivi che decisionali.27 Nel XXI secolo il dialogo tra filosofia morale e neuroscienze costituisce l’occasione ideale per uno scambio estremamente proficuo di competenze ed idee. Da una parte la filosofia ha il dovere di confrontarsi con le necessità e le problematiche di un mondo in rapidissimo divenire, senza dimenticare le solide fondamenta su cui poggia, costruite nel corso dei millenni; dall’altra, la scienza ha a disposizione nuovi strumenti critici per focalizzare l’attenzione sulle conseguenze sociali ed etiche in un'epoca in cui la velocità dello sviluppo tecnico è esponenziale. Non si tratta di una reciproca «invasione di campo» in quanto scienza e filosofia sono mosse dalla stessa energia: la curiositas umana, intesa come il porsi continuamente interrogativi a cui raramente seguono risposte certe, definitive e rassicuranti. Questa inquietudine epistemologica caratterizza entrambe le aree disciplinari. La filosofia si muove su un livello anteriore e fondativo rispetto alla scienza quando si parla di decisioni morali: non ci si domanda esclusivamente come mai si muova verso un’opzione piuttosto che un’altra, ma perché si utilizzi un determinato criterio. Una sferzata di spirito critico, oltre la causazione necessaria del processo di ricerca scientifica, accompagnata dal riconoscimento delle proprie responsabilità senza infine mai dimenticare la propria dotta ignoranza: ecco le fondamenta di questo incontro necessario. !
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Cfr. Laura Boella, Neuroetica, Milano, Raffaello Cortina, 2008, pp. 53-58
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ibidem
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Bibliografia -­‐ Alberti F.B., Medicine Emotion and Disease, 1700-­‐1950, Basingstoke-­‐New York, Palgrave MacMillan, 2006 -­‐ Bechara A., Damasio H., Damasio A., Emotion, Decision Making and the Orbitofrontal Cortex, in «Cereb. Cortex» (2000), 10 (3), pp. 295-­‐307 -­‐ Boella L., Neuroetica, Milano, Raffaello Cortina, 2008 -­‐ Cannon W.B., Bodily changes in pain, hunger, fear and rage, New York, Appleton-­‐Century-­‐
Crofts, 1929 -­‐ Damasio A., Descartes' Error: Emotion, Reason, and the Human Brain, New York, Putnam, 1994 tr. it. (a cura di) F. Mancaluso, L’errore di Cartesio, Milano, Adelphi, 1995 -­‐ Damasio A., The feeling of what Happens. Body and Emotion in the Making of Consciousness, San Diego, Harcourt, 1999 tr. it. (a cura di) S. Frediani, Emozione e Coscienza, Milano, Adelphi, 2000 -­‐ Ekman P., Facial expressions of emotion: New findings, new questions, in «Psychological Science», 3 (1992) -­‐ Engelhardt, H.T. Jr., The foundation of Bioethics, Oxford, Oxford University Press, Inc. 1986, 1996 tr.it. (a cura di) Stefano Rini, Manuale di Bioetica, Milano, Il Saggiatore, 1999 -­‐ James W., The principles of Psychology, vol.2, Dover, New York, 1950, Principi di Psicologia, Milano, Società Editrice Libraria, 1909 -­‐ Spinoza B., Ethica ordine geometrico demonstrata, 1677 (postumo), tr.it. (a cura di) Sossio Gametta, Etica, Torino, Bollati Boringhieri, 2013 !
Sitografia -­‐ Intervista a Damasio presso l’Aspen Ideas Festival 2009: http://fora.tv/2009/07/04/
Antonio_Damasio_This_Time_With_Feeling -­‐ Sito ufficiale del Brain Creativity Institute presso la University of Southern California, pagina di presentazione «Our mission»: http://dornsife.usc.edu/bci/our-­‐mission/ 16
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