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©2009 Neuroscienze.net
Journal of Neuroscience, Psychology and Cognitive Science
On-line date: 2009-03-17
L'emergere del Sé etico nelle sinapsi
di Fortunato Aprile
Keywords: Neurortica, Sé, Le Doux, Damasio, Spinoza
Permalink: http://www.neuroscienze.net/index.asp?pid=idart&cat=3&arid=340
È noto che gli uomini vengono al mondo con differenti apparati genici e che questi sono
attivati dalle esperienze e in dipendenza dalla diversità delle stesse. Vi sono infatti nel cervello
differenti connessioni neurali, determinate dalle differenti connessioni sinaptiche indotte. Dunque
possiamo affermare che quello che siamo rispecchia pattern d'interconnettività tra neuroni (cfr. Le
Doux, 2003, p.4). Allora l'antico problema del rapporto tra natura e cultura, di solito risolto
assumendo le stesse come due forme di contribuzione a ciò che siamo, vengono qui viste come
forma unitaria di linguaggio incidendo sull'organizzazione sinaptica del cervello. (Id. p.6). La
unitarietà si specifica nei termini di "modi differenti di fare la stessa cosa: allacciare sinapsi nel
cervello" (Id.). È però di particolare importanza tener conto che un certo modo di fare
esperienza determina l'allacciamento di aree di neuroni piuttosto che di altre e che esiste comunque
una qualità chimica dei neurotrasmettitori. È questo uno dei "luoghi" che se conosciuti da
chi svolge l'azione formativa consente di innescare importanti processi in forza delle scelte che
coinvolgono le emozioni. Naturalmente, non ci riferisce qui in nessun modo a inneschi di
irrazionalità o marchingegni manipolanti le libere costruzioni personali. Sebbene si mira proprio
ad utilizzare quel modo, quella qualità chimica dei neurotrasmettitori per incidere sulla qualità
formativa. Alle determinazioni fisiologiche del corpo possono far seguito alterazioni ad effetto
positivo degli apparati sinaptici. I sistemi neurali, nella loro plasticità, possono essere potenziati
nelle funzioni specifiche dall'esperienza ma è anche questa che può modificare i sistemi e le
funzioni originarie. Insomma i nostri geni "possono condizionare la maniera in cui ci conportiamo,
ma i sistemi di gran lunga responsabili di ciò che facciamo e di come lo facciamo sono plasmati
dall'apprendimento" (Id., p.14). Dunque è l'apprendimento la chiave di esplorazione di problemi
come mente-corpo, del sé, della coscienza, dell'etica. Le Doux ricorda che per Locke e Strawson
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"la coscienza è, di fatto, la qualità che definisce l'essere persona (Id. , p. 29). Tale concezione è in
accordo con il concetto di Persona per come emerge dalla nostra Costituzione, dove il cittadino
appare consapevole di responsabilità personale e di responsabilità sociale, intendendo presente in
quest'ultima dimensione la cultura e la morale del cittadino della convivenza democratica. Di fatto,
non è concepibile la responsabilità sociale al di fuori dell'assunzione della morale che tende al
superamento di livelli gravi dell'egocentrismo. Non esiste una persona morale e una metafisica,
alla Dennett (Id. , p. 28), e tanto meno la garanzia che la persona metafisica rende possibile una
capacità morale. Vi sono state nella storia fior di persone metafisiche che hanno condiviso la
costruzione di lager, di piani di persecuzioni razziali o di condivisione della cultura che quelle
nefandezze hanno legittimato. Il concetto di Persona, per come emerge dalla pubblicistica di
garanzia, è direttamente portatrice di valori morali, sia nei termini di diritti sia di doveri. E ciò va
in accordo con le definizioni che di Persona danno i personalisti storici ed ermeneutici (cfr.
Mounier,1961; Maritain,1963; Ricoeur, 1998). Molto interesse presentano invece le posizioni che
danno della coscienza e del Sé un'interpretazione processuale come quella di Damasio della
coscienza nucleare e della coscienza estesa; quella di Fodor e Karmiloff- Smith degli
apprendimenti dominio specifico e di dominio generale; e quella riferita dallo stesso Le Doux (
Op.cit. p. 29) per la quale si effettua una distinzione tra il Sé minimo, che rappresenta una
consapevolezza immediata del proprio Sé e il Sé narrativo che rappresenta una lucida
autonsapevolezza. Chissà perché però a quest'ultima consapevolezza non verrebbe riconosciuta
legittimità scientifica perché di derivazione "costruzionista" sociale (cfr. Id. , nota 32 a p. 455),
come se la transizione tra le due forme sopra elencate di Coscienza nei vari sistemi non
presupponesse una qualche forma di apprendimento di derivazione sociale. E molto
opportunamente Le Doux precisa che il cervello, alla fine, è responsabile sia dei comportamenti
che istituiscono in senso collettivo l'ambiente sociale, sia della ricezione da parte di ciascun
individuo dell'informazione trasmessa attraverso tale ambiente. Si è prima affermato che
l'esperienza può modificare i sistemi e le funzioni originarie degli apparati sinaptici, conferendo in
tal modo all'apprendimento un ruolo decisivo nella capacità di orientamento del soggetto nel
mondo. Intanto molto dipende dal tipo di apprendimento. Se, supponiamo, attraverso la
manipolazione di oggetti si pongono domande del tipo "quanto fa 2+2" e la risposta che viene data
è "4", allora possiamo dire che la persona sta apprendendo, che la persona conosce. Ma se la
risposta a quella domanda e a quelle successive non sono adeguate al dominio definito da quelle
domande, la persona perde la sua identità di classe di alunno. Allora, come afferma Maturana
(1993, p. 9), continuare a porre domande a quell'alunno significa proseguire sulla base della sua
non esistenza. In tal modo vi sono sicure gravi ripercussioni sulla chimica dei neurotrasmettitori. E
allora è probabile che quella perdita di classe di alunno significhi disintegrazione del Sé.
Inversamente, se le altre domande vengono a giacere nel campo di pertinenza del tipo di
esperienza e di conoscenza possibile del soggetto, può affermarsi che è in atto un processo di
apprendimento nei termini di incidenza positiva nelle connessioni sinaptiche. È da questo
Sé-sinaptico che "conosce", che può emergere il Sé etico come forma più avanzata della
conoscenza che si fa tale per l'assunzione di strategie ermeneutiche e interpretative. Perché, oltre ai
numeri, vi sono le interpretazioni delle condotte dei personaggi presenti nei saperi. Comprendere
come i giovani costruiscano nel loro Sé la dimensione etica dell'esistenza aiuta ad orientare i
processi formativi personali. E qui bisogna fare chiarezza rispetto al tema del rapporto tra
formazione personale e responsabilità sociale. Nel condurre una ricognizione sullo stato del
problema, Andreoli (2003, p.7) riferendosi alla "diluizione" dell'etica personale nel gruppo che si
fa branco, rileva la contraddizione che si realizza nel fatto che proprio mentre viviamo fasi storiche
in cui, più che nel passato, è forte la pressione del gruppo, l'educazione risulti centrata
prevalentemente sul singolo. Si badi: sul singolo, che è cosa diversa dalla persona. Il singolo è una
monade, la persona è per definizione soggetto con un Sé desto e orientato alla prospettiva sociale,
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alla responsabilità, insomma che ha attiva la coscienza. (cfr. Maritain 1951 ) Se la fenomenologia
dell'esistenza giovanile rende evidente che nel branco "l'etica del singolo si indebolisce fino a
perdersi" (Id. p.6) occorre saperne di più di come si strutturano le concezioni valoriali personali
fino a giungere al "cominciamento" che ha sede nelle sinapsi. Anche sviluppando l'esercizio delle
narrazioni del Sé nei contesti istituzionali per saperne della memoria, dei sentimenti, delle idee,
delle credenze, del "senso di continuità nel tempo e nello spazio, del sentimento posturale di noi
stessi, dell'apparente stima degli altri e delle "tante" attese che deriviamo assai presto, addirittura
inconsapevolmente, dalla cultura nella quale siamo immersi" (Bruner 2002, pp.73-74). Inoltre, se
vogliamo avere speranza di dare risposta alla implicita petizione di Andreoli per interventi
formativi che rendano più resistente il soggetto alle pressioni del gruppo, bisogna elaborare
didattiche non più casuistiche ma orientate dalle finalità formative, perché la "capacità di
distinguere tra solidarietà col gruppo e resistenza alle pressioni" è un tipico obiettivo formativo
trasversale ai saperi. Allora solo dentro contesti del tipo su indicato avrà senso conoscere meglio e
tutelare il Sé; diversamente è proprio il caso di fare come Bruner che suggerisce - nella
permanenza di una conoscenza precaria del problema- di far proprio il titolo di un libro di J.
Thurber "Leave Your Self Alone!", vale a dire di lasciare in pace il sé. Nell'attesa di conoscere
meglio i dati delle ricerche di J. Cohen, della ipotesi cioè che sia possibile la comprensione di
dilemmi morali a seconda se la forma di proposizione riesca a innescare le connessioni sinaptiche
delle aree interessate (ciò che sembra essere uno sviluppo delle precedenti indagini di "imaging"
funzionale che hanno interessato la corteccia cingolata anteriore, implicata nei conflitti
motivazionali), appare rilevante ai fini dell'emergere di una sorta di Sé etico, considerare gli studi
di Cantor e Markus, sintetizzati da Le Doux (Id. pp. 355-357). L'assunto è il seguente: la
conoscenza di sé implica la conoscenza delle proprie emozioni, le quali comportano conseguenze
motivazionali. Questi fatti "sono prodotti del Sé nonché cause concomitanti di questo" (Id. p. 355)
stesso Sé. Da qui si diparte il Sé operante che sintetizza una sorta di storia personale consapevole e
volta al futuro in termini molto dinamici; "è il sottoinsieme disponibile al pensiero cosciente della
persona in un particolare momento, ed è in parte determinato dalla memoria e dalle aspettative, e
in parte dalla situazione immediata" (Id. ). Il rilievo è dato dal fatto che il Sé operante è
considerato come guida all'azione, perché i suoi costituenti influenzano la percezione, l'attenzione,
il pensiero e la memoria. Con gli ulteriori contributi di Kihlstrom, e riprendendo W. James, Le
Doux mette in evidenza come " il Sé operante sia costituito dalla memoria di lavoro e la
costruzione del momento contribuisca in maniera significativa al processamento on-line, al
processo decisionale e al controllo comportamentale" (Id. p. 355). Ora tocca compiere una scelta:
o al processo di costruzione del Sé operante forniamo le opportunità perché ciascuno opti per i
contenuti di pensiero in modo che i Sé passati costituiscano un back-ground per le scelte del Sé
futuro o la pura conoscenza del processo decisionale e il controllo comportamentale diviene puro
esercizio di ricerca teorica. Ciò che, se va bene in situazione di ricerca di laboratorio, costituisce
invece perdita di occasione formativa per le applicazioni in sede scolastica. Scontiamo ritardi
enormi nella progettazione dei processi formativi personali perché restano inattuate scoperte di
grande valore applicativo. Sorge allora un sospetto: che manchi non solo una scienza di
processamento dell'etica che sia correlata alla conoscenza delle forme di proposizione dei suoi
contenuti, ma che sia anche legata alle fasi di evoluzione della competenza etica. Queste
comportano il ricorso ad una fenomenologia ermeneutica perché, per dirla con Wittgenstein (
1980), l'etica non si insegna, ma va fatta emergere dai confronti interpretativi. Ed è questo il
crocevia in cui si rende possibile ricomporre le diverse formulazioni dei Sé e delle intelligenze
(Damasio 2000, Karmiloff-Smith 1995, Le Doux, Op. cit. ), perché tutte quelle forme rinviano al
ruolo strategico delle narrazioni e delle interpretazioni. E chi la insegna l'etica può farlo se egli
stesso si situa nelle fasce alte di una scala di evoluzione della capacità di giudizio di Piaget e di
Kohlberg. Ed è noto come ad una alta cultura scientifica personale non corrisponda
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necessariamente un'alta etica personale. Per queste, ed altre ragioni, appare di grande interesse la
svolta che nelle neuroscienze si va realizzando quando viene a porsi il rapporto tra aree delle
connessioni neuronali da attivare ed idonee forme di proposizioni dei dilemmi morali. In tale
contesto è suggestiva, e dunque tutta da chiarire, la questione del possibile emergere dalle sinapsi
di un Sé etico. Vale a dire di una strategia fondante che acceleri la qualità formativa di
apprezzamento delle metodologie derivanti dalle scienze e di apprezzamento dei valori di una
civiltà che non vuole votare alla dispersione le sue straordinarie risorse e potenzialità. Damasio,
nella sua indagine svolta per stabilire la differenza e la consequenzialità di emozione e sentimento,
incontra il primo ricercatore che, con Hobbes (modello meccanico), aveva fondato la scienza
dell'etica: Baruch Spinoza (modello geometrico). Damasio è interessato a cogliere nella
neurodinamica quello che Spinoza aveva tentato di fare "separando in modo chiarissimo il
processo del sentimento da quello di avere un'idea su un oggetto che può causare un'emozione"
(2003, p. 23). E la nostra vita è immersa in un universo di rapporti similmente alle proposizioni
della geometria che dipendono tra loro. Tale universo è però un sistema di sforzi in equilibrio e in
contrasto. E la vita dell'uomo è un tentativo di persistere affermando il proprio essere e la propria
sopravvivenza (cfr. Id. , p.25), non diversamente da come Maturana e Varela spiegano il loro
concetto di autopoiesi, rispetto alle perturbazioni subite dall'organismo. Insomma l'organismo
vivente, in specie quello umano, è perturbato da continui bombardamenti di stati emozionali,
tendenzialmente intesi a limitarne l'essere, per gli effetti di irrazionalità sistematica. Da qui
l'urgenza, avvertita da Spinoza, ma che corrisponde alle ricerche attuali della neurobiologia e della
neurofenomenologia, di rispondere con un sistema intenzionale di contrasto. "In altre parole,
Spinoza raccomandava di combattere un'emozione negativa contrapponendogliene un'altra, di
valore più forte, ma positiva, indotta dal ragionamento e da uno sforzo dell'intelletto." (Id. , p. 24).
Dunque, non è sufficiente rispondere con un contrasto puramente razionale alle perturbazioni
negative, ma necessita una proposta di valore emotivo più forte. Si evidenziano qui possibilità e
conferme per quelle psicoterapie che centrano la propria azione di aiuto in termini di induzione
delle ristrutturazioni cognitive grazie al fatto che esse prevedono sistemi di esplorazione delle
possibili alternative. Ma soprattutto è un'affermazione di fondamentale importanza per la
neurobiologia (Id. , p. 28) e cioè "che il dominio delle passioni deve essere realizzato non solo
dalla ragione pura, ma da un'emozione da essa indotta. (Id. , p. 24). Vale a dire da un'emozione
innescata dalla ragione . È l'esercizio della ragione, che agita su metodologie e contenuti
scelti ad hoc e con alto potenziale emotivo, può contrastare le latenti distruttività; avendo presente
che benché "i contenuti del significato abbiano in gran parte un'origine sociale, i meccanismi del
significato sono biologici e vanno compresi in funzione della dinamica cerebrale" (Freeman 2000,
p. 13) Allora l'ipotesi dell'emergere di un Sé-etico dalle connessioni sinaptiche non è priva di
fondamento, se il tutto è visto, intanto, come occasione per far accedere ai saperi non visti
mediante l'attivazione mirata di strategie ermeneutiche che, di fatto, attivano una percezione più
profonda della realtà. Che deve restare, beninteso, sempre una libera costruzione personale.
Bibliografia
Andreoli V., Mente e cervello,
n°3, 2003
Bruner J., La fabbrica delle storie, Bari-Roma, Laterza, 2002
Damasio A., Emozione e coscienza, Milano, Adelphi, 2000
Damasio A., Alla ricerca di Spinoza, Milano, Adelphi, 2003
Freeman J. F., Come pensa il cervello, Torino, Einaudi, 2000
Le Doux J., Il Sé sinaptico, Milano, Cortina, 2003
Maritain J., La persona e il bene comune, Brescia, Morcelliana, 1950
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Maritain J., L'educazione al bivio, Brescia, La Scuola, 1963
Maturana H., Autocoscienza e realtà, Milano, Cortina, 1993
Mounier E., Manifeste au service du personnalisme, Paris, 1961
Karmiloff-Smith A., Oltre la mente Modulare, Bologna, Il Mulino, 1992
Ricoeur P., La Persona, Brescia, Morcelliana, 1998
Wittgenstein L., Tractatus logico-philosophicus, Torino, 1980
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