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SETTEMBRE 30, 2016 BY IL BARATTOLO DELLE IDEE LEAVE A COMMENT
La mia pasta madre
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Ho da poco avviato una pasta madre, meglio conosciuta come pasta acida o
lievito madre. Per chi non lo sapesse si tratta di un ant
ico procedimento che
consiste nel lasciare la farina a macerare nell’acqua in attesa che acidifichi
ovvero che venga colonizzata dai batteri presenti nell’ambiente, i quali
costituiscono a loro volta gli agenti responsabili del processo di maturazione e
lievitazione della farina. Oggi per i prodotti da forno si predilige il lievito di birra,
il quale altro non è che una colonia molto prolifica di un unico batterio, in genere
il Saccharomyces cerevisiae, che nutrendosi di glucosio produce etanolo come
prodotto di scarto e libera anidride carbonica, che è responsabile del
rigonfiamento del panetto. Il lievito riesce delle volte a sopravvivere in piccole
quantità alla cottura, soprattutto se si usano le dosi abnormi dell’ordine di 15g
per chilo di farina, consigliate in molte ricette. Riesce a insediarsi nell’intestino,
rendendosi responsabile del classico gonfiore di pancia, oltre che di una
modifica della nostra flora batteria. Il lievito madre al contrario raccoglie più
ceppi di batteri che variano da lievito a lievito, ma che in genere attuano
una fermentazione lattica. L’azione integrata dei diversi microorganismi invece
da vita ad un prodotto più digeribile, che si conserva meglio, che richiedendo
lievitazioni più lunghe permette all’impasto di maturare molto di più. In genere
basta un pezzetto di lievito per l’impasto, visto che i batteri ci mettono
veramente poco a rigenerarsi e sempre in genere si preferisce ottenerlo in
regalo piuttosto che avviarlo da sè. Un po’ per evitare la fatica dei primi passi,
un po’ perché un lievito giovane è robusto e di difficile gestione, l’altro po’
perché un lievito anziano è molto più carico di sapori e possiede una flora
batterica più selezionata. Io invece ho deciso di avviare un lievito tutto mio,
perché mi piacciono le cose complicate e perché volevo assistere alla magia
del “parto”. La decisione l’ho maturata via via che mi impratichivo con gli
impasti. Pur di non buttare il lievito che una volta aperto non regge più di una
settimana, mi sforzavo di sfornare più panetti possibili e poi andava a finire
sempre allo stesso modo: ne buttavo 15 grammi o anche più per 1/2 chilo di
farina, la lasciavo lievitare 3/4 ore e via con i panini o pizze “sbagliate”. Ho
pensato che invece un lievito madre fosse più gestibile da questo punto di vista
perché al massimo mi costringeva ad un rinfresco una volta la settimana.
E’ nata così la decisione di avviare un lievito madre, esattamente il 15
Settembre del 2016. Tra un impasto di lievito di birra e l’altro, ho comprato un
barattolo di vetro (che per altro ha ispirato il titolo del nuovo blog) e ho
mescolato farina integrale e biologica 00 con acqua in parti uguali, c’ho messo
mezza mela dentro e lasciato per 48h a macerare. Al momento in effetti più che
essere madre è un vero e proprio figlio, vista la mole di cure che richiede e le
preoccupazioni che mi da quando non la vedo gonfiare come
dovrebbe. Purtroppo l’idea m’è venuta solo adesso per cui non posso fornirvi le
foto incipienti. Quelle che vedete al momento è una pasta made giovanissima
che da quando è stata avviata (14 giorno dalla sua prima fermentazione)
ha subito solo un quattro cinque rinfreschi. Siamo proprio agli inizi dunque.
Fortuna che non scommettevo nemmeno una lira su questo lievito perché
altrimenti i tempi di attesa richiesti per l’avvio, sarebbero per me insostenibili,
continuavo a fare i miei impasti usando il lievito di birra e nel frattempo tra
sorpresa e incredulità continuavo a rigenerare il nascituro lievito madre. Una
buona maturazione del lievito richiede infatti non meno di venti giorni e
comunque ci mette non meno di tre mesi per raggiungere la giusta forza
lievitante e perdere il forte odore acidulo. La farina nel mio caso ha subito preso
a fermentare rigonfiandosi più del doppio già al primo rinfresco, tant’è che
l’impasto ha completamente seppellito la povera mezza mela. Non contento ho
continuato a tenere la mela dentro per altri tre rigeneri, ci ho schiaffato pure una
quantità indefinita di quella che ho scoperto poi essere crema di yogurt (inutile
visto che di fermenti non ne ha praticamente più) e anche un po’ di miele.
Insomma i primi rinfreschi sono stati più un’opera di fantasia che un
procedimento accurato e scientifico e credo proprio di aver abusato con gli
starter (c’è chi non ce li mette proprio). Sarà stata la fortuna del principiante,
sarà stato il lievito di birra che ormai visto i mille panetti impastati invade casa
mia, ma il composto ha risposto bene sin da subito e questo mi ha molto
incoraggiato nell’andare avanti, non ha mai fatto la muffa, né si è mai
rinsecchito. L’impasto gonfiava, gonfiava, gonfiava e poi si afflosciava
liquefacendosi e inacidendosi. Al 7 rinfresco e dopo quindi che erano trascorsi
14 giorni mi sono deciso a prendere sul serio il mio lievito madre e avviare un
impasto con serietà. Ho comprato per l’occasione farina macinata a Pietra del
Mulino Ponte l’ho mischiata con un po’ di 00 e Manitoba e lasciato lievitare per
12 h in aria ambiente. Il primo panino che si vede in foto è stato il risultato,
devo dire molto soddisfacente (per essere la prima volta). Il pane ha lievitato
bene e considerando le farine non facili da lavorare presenta anche un’ottima
alveolatura, ha ancora una forma rozza e un sapore molto acido, ma tutto
sommato gradevole al palato.
Nel frattempo ho sostituito l’iniziale miscela di farina integrale e 00 con la
Manitoba, un po’ perché ho letto che è la più comoda da usare, contenendo
tanto glutine che si scioglie nell’acqua, un po’ perché ragionandoci ottengo un
impasto più “neutro”, utilizzabile per tutte le ricette e non solo per il pane. Devo
dire che i batteri hanno gradito, perché almeno all’inizio l’impasto gonfiava che
sembrava stesse esplodendo in poche ore, adesso sembra essersi dato una
calmata. Per adesso non ho particolari problemi nel gestirlo e probabilmente mi
incoraggia la consapevolezza di essere partito solo da acqua e farina, per cui
finché non prende muffa in linea di principio i batteri che lo hanno colonizzato
la prima volta possono farlo una seconda ed una terza. Resta il fatto che non
ho ricevuto il lievito madre in dono, non mi è stato dato un pezzetto di impasto
prelevato dal secolare rigenero ad opera della vecchina che se lo teneva da
trentanni. Per questa ragione è proprio il caso di dirlo ogni scarrafone è bello a
mamma so. Sono ultra orgoglioso del mio lievito e ancora meravigliato da
quello da soli acqua e farina. Impastando presto ci si accorge in verità che
l’ingrediente più importante di tutti è quello di cui si dispone di meno, ovvero il
tempo. Il tempo fa la differenza tra la semplice acqua e farina e il buon pane, a
questo sarà argomento di un altro post.
Qui trovate un un post su come rigenerare il lievito madre
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INTEGRALI, IN CUCINA, LIEVITAZIONE NATURALE, PASTA ACIDA, PASTA MADRE, RIPORTO
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