La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato 128 Pag.128 F - N.40 - 8 Ottobre 2014 01/10/2014 01/10/2014 F - N.40 - 8 Ottobre 2014 Pag.128 A volte la paura si confonde con la rabbia. 0 con la tristezza. Capire ciò che proviamo, identificarne il perché, non è semprefacile: tutti, a volte, preferiamo evitare il confronto. Ma diventarne consapevoli aiuta a realizzare i nostri desideri. Ne parliamo con lo psicoterapeuta Livio Della Seta. Che al tema ha dedicato un libro di Marzia Nicolini P ossono anche farci stare male, ma ci aiutano a orientarci nella vita. Per questo non andrebbero mai ignorate. Stiamo parlando delle emozioni che oggi, in molte scuole di psicoterapia, hanno assunto un ruolo sempre più importante. Banale? Meno di quanto sembra. Perché la scoperta che tutta la nostra sofferenza è caratterizzata da emozioni disturbanti è relativamente recente. Ne parliamo con Livio Della Seta, medico e psicoterapeuta della Società Italiana di Terapia Comportamentale e Cognitiva che all'argomento ha dedicato un libro appena uscito (vedi box nell'ultima pagina). Quante sono? «Gli esperti ne hanno contate oltre 200! Ma quelle che avvertiamo più spesso sono quattro. Paura, tristezza, rabbia e felicità. Purtroppo è così: tre sono negative e una sola positiva». Per questo si cerca di eliminarle, talvolta... «Sì, ma non dovremmo farlo. Insieme ai pensieri, ci • *- Aliili!" rittlMì 129 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Fatti guidare dalle emozioni. Ma senza perdere mai la bussola 01/10/2014 F - N.40 - 8 Ottobre 2014 Pag.128 Ho smesso di divorare biscotti quando ho capito perché lo facevo servono a conoscere il mondo e a determinare le nostre scelte. Sono una sorta di bussola». Perché, allora, le scuole di psicoterapia le hanno ignorate così a lungo? «Perché solo in tempi recentissimi, finalmente, si è cominciato a capire come funzionano e a cosa servono. Prima, come accade in ogni campo, non era possibile utilizzare qualcosa di cui ignoravamo completamente il reale significato». Oggi, in compenso, si parla molto di analfabetismo emotivo. Che cosa significa? «E l'incapacità di decifrare ciò che si prova. Qualunque sofferenza psicologica è data da un'emozione disturbante. Ma può essere molto difficile capire e distinguere, per esempio, se il nostro stare male sia dovuto a una paura intensa, piuttosto che a una tristezza profonda o a una rabbia difficilmente controllabile». Quando ricacciamo indietro un'emozione che cosa succede? «Non si può non provare ciò che si sta provando! Sarebbe come impedire al cuore di battere. Quello che accade, più di frequente, è non riconoscere ciò che si prova e di esserne travolti». Ovvero? «Noi possiamo avere pensieri ed emozioni di cui non siamo consapevoli: è la regola, non l'eccezione, perché la maggior parte della vita mentale si svolge al di fuori della nostra coscienza. Diventando consapevoli di ciò che pensiamo e di ciò che proviamo, siamo più liberi». Come si riconosce un'emozione? «Bisogna allenarsi a farlo nel momento in cui ci si trova in una situazione di sofferenza emotiva con una persona che smuove emotivamente, come il partner o il capo. Vuoi dire non fuggire (fisicamente, con la testa o con il cuore). E poi bisogna riflettere sul contesto nel quale si prova quel disagio, ricostruendo l'episodio, ma anche episodi analoghi del passato, per poi collegarli insieme». Quindi "decriptare" ciò che proviamo prevede un lavoro del tutto soggettivo? «Precisamente. Poiché ognuno di noi è un essere unico e irripetibile, questo significa che nei vari contesti nei quali ci possiamo trovare, avremo i nostri particolari pensieri, le nostre particolari emozioni, e di conseguenza dei comportamenti che apparterranno solo a noi. E un po' come se ognuno di noi avesse un modo esclusivo di funzionare nelle varie situazioni della vita. Il miglioramento in psicoterapia passa attraverso la consapevolezza della propria modalità». Qual è il legame tra pensieri ed emozioni? «Quando prendiamo una decisione, lo facciamo in base a ciò che pensiamo e a ciò che sentiamo dentro di noi. Quello che chiamiamo motivazione, scopo, desiderio, 130 M i stavo preparando per andare a una festa, quando il mio cavaliere mi chiama e mi dice che è stata annullata perché la padrona di casa stava male. Mi sono sentita malissimo; senza pensare, ho divorato una scatola di biscotti, poi ho vomitato», racconta Francesca, che ha 21 anni e soffre di disturbi alimentari. «Francesca, ora concentrati bene. Che cosa hai provato al termine della telefonata, un istante prima di divorare i biscotti?», le ha domandato lo psicoterapeuta Livio Della Seta. «Ero disperata, angosciata, devastata», ha spiegato la ragazza. Così l'esperto ha indagato chiedendole quale fosse il pensiero che le passava per la testa. «Non è vero che la festa è stata annullata, è una bugia perché non mi vogliono», ha risposto Francesca, sorprendendosi delle sue stesse parole. Già, perché solo in quel momento Francesca ha capito che la causa della sua grande sofferenza era un pensiero nascosto, una voce interna che le diceva: «Tu non vai bene. Non puoi essere accettata e amata così come sei». Ora, la ragazza ha spezzato un automatismo ed è libera di prendere in considerazione delle alternative. Per esempio che la padrona di casa sia stata male davvero. Prima, quel pensiero nascosto collegato a quella terribile emozione rappresentava per lei una condanna inappellabile. aspirazione, volontà dell'agire umano, ebbene, tutto questo è costituito esclusivamente da due ingredienti: un pensiero e un'emozione. Non c'è altro. E vanno sempre a braccetto: non possono esistere separati. Si tratta, è chiaro, di due attività mentali diverse, ma il nostro cervello non può concepire l'uno senza l'altra, perché non può produrre alcun pensiero su un argomento che non contenga anche una valutazione, un certo modo di avvertire e di sentire quella cosa. Ecco. L'emozione è proprio questo». E il rapporto, invece, tra emozioni e sentimenti? «Vi faccio un esempio. Sto nuotando nel mare e vedo la pinna di un pescecane. In una frazione di secondo l'emozione della paura trasforma il mio corpo in una bomba di energia per poter fuggire. Ho una secrezione di adrenalina per consentire al mio cuore di battere forte così da pompare più sangue a tutti i miei organi, inizio a respirare più intensamente per rifornire di ossigeno i miei muscoli, e così via. I neuroscienziati chiamano emozione (in questo caso paura) il fatto che trovarsi in una situazione di pericolo comporti una trasformazione automatica del nostro corpo della quale non ci rendiamo conto e che non possiamo controllare, • La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato psicologia 01/10/2014 Per capire le emozioni e liberarsi dall'ansia tanto da mettere in atto un comportamento. In questo caso la fuga». E il sentimento? «Sopraggiunge in un secondo tempo. Una volta raggiunta la riva, ansimante e tremante, posso pensare a ciò che mi è accaduto e capire che ho avuto una paura terribile e che ero preda di uno straordinario affanno. E questo è il sentimento. Si tratta quindi di qualcosa in più, che viene dopo l'emozione. Quando prima parlavo dell'importanza che ha in psicoterapia l'essere cosciente di quello che stiamo provando, intendevo proprio l'importanza di trasformare un'emozione in un sentimento». Nel sottotitolo del libro lei parla di "liberarsi dall'ansia". Cosa distingue l'ansia dalla paura? «Nel linguaggio comune il termine paura è riservato a quelle situazioni di minaccia reale della propria vita, che hanno un'elevata probabilità di potersi realizzare. Per esempio se sono il passeggero su un'auto che sfreccia ai 200 all'ora si presume che io possa avere paura. L'ansia, invece, è l'emozione provata in situazioni avvertite come fonte di disagio (per esempio parlare di fronte a 50 persone) che però non rappresentano un reale pericolo per la mia vita. Nel primo caso ciò che dobbiamo modificare si trova nel mondo esterno: la velocità dell'auto. Nel secondo, invece, il cambiamento deve essere interno. Devo capire quanto io stia sopravvalutando il giudizio degli altri ai fini del mio benessere». E il panico? «Anche il panico è paura. E un'esplosione improvvisa e terrificante di straordinaria violenza, la certezza di un mondo che si capovolge. Si osserva facilmente al parco negli occhi di un bambino di due anni che guarda verso una panchina vuota. C'era sua madre un attimo prima, ma lui non l'ha vista alzarsi. Nel suo sguardo, l'orrore di Le emozioni stanno nel cuore. Lo dice la scienza 132 che, analizzando i dati forniti dall'elettrocardiogramma, riconosce le emozioni che il soggetto ha provato. La ricerca, pubblicata sulla rivista Scientifìc Reports, è un valido aiuto in campo medico, in particolare nella psichiatria e nella psicofisiologia che apre nuovi orizzonti di cura nell'ambito delle malattie mentali. Scritto dallo psicoterapeuta romano Livio Della Seta, Vivere le emozioni. Per capire i disturbi dell'umore e liberarsi dall'ansia (Sonzogno, 15 euro) si propone di spiegare cosa sono le emozioni, a cosa servono e perché è importante imparare a riconoscerle e a collegarle ai pensieri che ci passano per la testa. L'autore presenta due casi clinici seguiti a lungo. essere perduto e solo per sempre nell'universo». Tantissime lettrici scrivono alla nostra esperta di psiche lamentando attacchi di ansia e di panico. Perché sono così in aumento nella nostra società? «Non possiamo sostenere che ansia e panico sono in aumento: non sono mai stati fatti studi seri sul disagio mentale! Al contrario, sono migliorati i mezzi diagnostici. E, cosa estremamente positiva, ora la malattia mentale non è più qualcosa di cui vergognarsi 0 da vivere in solitudine. Se vi scrivono tante lettrici è perché, oggi, sanno che dei problemi psicologici se ne può parlare e si può guarire!». Molte lamentano che gli attacchi di panico possono diventare invalidanti. «Per gli attacchi di panico non si muore, non si impazzisce e non si sviene. Un attacco di panico passa, sempre e comunque. Tutto questo va condiviso con il paziente in quanto informazione scientifica e non solo per rassicurare una persona che comunque sta sperimentando sulla propria pelle una grande sofferenza. Nessuno va convinto di non avere nulla di grave: chi ha un attacco di panico deve sapere che non sta succedendo qualcosa di "realmente" pericoloso per la sua vita. Lo slogan da tenere bene a mente è: "Soffro, ma non corro alcun pericolo"». E una buona indicazione, visto che la sensazione è proprio quella di morire. E poi? «Chi soffre di panico deve capire quali sintomi hanno a che fare proprio con il fatto di voler lottare contro gli attacchi. Nessuna paura può essere superata se non affrontandola. Ma questo va fatto tramite una graduale esposizione alle situazioni temute, perché sono proprio 1 tentativi di proteggersi da ciò che ci spaventa a causare il problema». Per concludere, esiste un percorso per imparare a riconoscere le nostre emozioni? «Non ci sono tecniche particolari. L'importante è che lo psicoterapeuta non cerchi di interpretare, analizzare, spiegare nulla al paziente. E da parte del paziente non ci sono risposte giuste o sbagliate. Quello che realmente pensa e sinceramente prova va comunque bene. La cosa fondamentale è che venga fuori», li La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato psicologia Lo sostengono i ricercatori dell'Università di Pisa, all'interno del progetto europeo Psyche, nato cinque anni fa in collaborazione con l'Università dell'Essex in Inghilterra, l'Harvard Medicai School e il Mit di Boston. Gli studiosi hanno condotto uno studio sul ruolo del cuore rispetto alla rivelazione delle emozioni e hanno sviluppato un algoritmo Pag.128 F - N.40 - 8 Ottobre 2014