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F - N.40 - 8 Ottobre 2014
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A volte la paura si confonde con la rabbia. 0 con la tristezza.
Capire ciò che proviamo, identificarne il perché, non è semprefacile:
tutti, a volte, preferiamo evitare il confronto. Ma diventarne
consapevoli aiuta a realizzare i nostri desideri. Ne parliamo con lo
psicoterapeuta Livio Della Seta. Che al tema ha dedicato un libro
di Marzia Nicolini
P
ossono anche farci stare male, ma ci aiutano
a orientarci nella vita. Per questo non
andrebbero mai ignorate.
Stiamo parlando delle emozioni che oggi,
in molte scuole di psicoterapia, hanno
assunto un ruolo sempre più importante. Banale?
Meno di quanto sembra. Perché la scoperta che tutta la
nostra sofferenza è caratterizzata da emozioni
disturbanti è relativamente recente. Ne parliamo con
Livio Della Seta, medico e psicoterapeuta della Società
Italiana di Terapia Comportamentale e Cognitiva che
all'argomento ha dedicato un libro appena uscito
(vedi box nell'ultima pagina).
Quante sono?
«Gli esperti ne hanno contate oltre 200! Ma quelle
che avvertiamo più spesso sono quattro. Paura,
tristezza, rabbia e felicità. Purtroppo è così: tre sono
negative e una sola positiva».
Per questo si cerca di eliminarle, talvolta...
«Sì, ma non dovremmo farlo. Insieme ai pensieri, ci •
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Fatti guidare
dalle emozioni.
Ma senza
perdere mai
la bussola
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Ho smesso di divorare biscotti
quando ho capito perché lo facevo
servono a conoscere il mondo e a determinare le nostre
scelte. Sono una sorta di bussola».
Perché, allora, le scuole di psicoterapia le hanno
ignorate così a lungo?
«Perché solo in tempi recentissimi, finalmente, si è
cominciato a capire come funzionano e a cosa servono.
Prima, come accade in ogni campo, non era possibile
utilizzare qualcosa di cui ignoravamo completamente il
reale significato».
Oggi, in compenso, si parla molto di analfabetismo
emotivo. Che cosa significa?
«E l'incapacità di decifrare ciò che si prova. Qualunque
sofferenza psicologica è data da un'emozione
disturbante. Ma può essere molto difficile capire
e distinguere, per esempio, se il nostro stare male sia
dovuto a una paura intensa, piuttosto che a una
tristezza profonda o a una rabbia difficilmente
controllabile».
Quando ricacciamo indietro un'emozione che cosa
succede?
«Non si può non provare ciò che si sta provando!
Sarebbe come impedire al cuore di battere. Quello che
accade, più di frequente, è non riconoscere ciò che si
prova e di esserne travolti».
Ovvero?
«Noi possiamo avere pensieri ed emozioni di cui non
siamo consapevoli: è la regola, non l'eccezione, perché
la maggior parte della vita mentale si svolge al di fuori
della nostra coscienza. Diventando consapevoli di ciò
che pensiamo e di ciò che proviamo, siamo più liberi».
Come si riconosce un'emozione?
«Bisogna allenarsi a farlo nel momento in cui ci si
trova in una situazione di sofferenza emotiva con una
persona che smuove emotivamente, come il partner o il
capo. Vuoi dire non fuggire (fisicamente, con la testa o
con il cuore). E poi bisogna riflettere sul contesto nel
quale si prova quel disagio, ricostruendo l'episodio, ma
anche episodi analoghi del passato, per poi collegarli
insieme».
Quindi "decriptare" ciò che proviamo prevede un
lavoro del tutto soggettivo?
«Precisamente. Poiché ognuno di noi è un essere unico
e irripetibile, questo significa che nei vari contesti nei
quali ci possiamo trovare, avremo i nostri particolari
pensieri, le nostre particolari emozioni, e di
conseguenza dei comportamenti che apparterranno
solo a noi. E un po' come se ognuno di noi avesse un
modo esclusivo di funzionare nelle varie situazioni
della vita. Il miglioramento in psicoterapia passa
attraverso la consapevolezza della propria modalità».
Qual è il legame tra pensieri ed emozioni?
«Quando prendiamo una decisione, lo facciamo in base
a ciò che pensiamo e a ciò che sentiamo dentro di noi.
Quello che chiamiamo motivazione, scopo, desiderio,
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M
i stavo preparando per andare a una
festa, quando il mio cavaliere mi chiama
e mi dice che è stata annullata perché la
padrona di casa stava male. Mi sono sentita
malissimo; senza pensare, ho divorato una scatola
di biscotti, poi ho vomitato», racconta Francesca,
che ha 21 anni e soffre di disturbi alimentari.
«Francesca, ora concentrati bene. Che cosa hai
provato al termine della telefonata, un istante
prima di divorare i biscotti?», le ha domandato
lo psicoterapeuta Livio Della Seta.
«Ero disperata, angosciata, devastata», ha spiegato
la ragazza. Così l'esperto ha indagato chiedendole
quale fosse il pensiero che le passava per la testa.
«Non è vero che la festa è stata annullata, è una
bugia perché non mi vogliono», ha risposto
Francesca, sorprendendosi delle sue stesse parole.
Già, perché solo in quel momento Francesca
ha capito che la causa della sua grande sofferenza
era un pensiero nascosto, una voce interna che le
diceva: «Tu non vai bene. Non puoi essere
accettata e amata così come sei».
Ora, la ragazza ha spezzato un automatismo ed è
libera di prendere in considerazione delle
alternative. Per esempio che la padrona di casa sia
stata male davvero. Prima, quel pensiero nascosto
collegato a quella terribile emozione rappresentava
per lei una condanna inappellabile.
aspirazione, volontà dell'agire umano, ebbene, tutto
questo è costituito esclusivamente da due ingredienti:
un pensiero e un'emozione. Non c'è altro. E vanno
sempre a braccetto: non possono esistere separati.
Si tratta, è chiaro, di due attività mentali diverse, ma il
nostro cervello non può concepire l'uno senza l'altra,
perché non può produrre alcun pensiero su un
argomento che non contenga anche una valutazione,
un certo modo di avvertire e di sentire quella cosa.
Ecco. L'emozione è proprio questo».
E il rapporto, invece, tra emozioni e sentimenti?
«Vi faccio un esempio. Sto nuotando nel mare e vedo
la pinna di un pescecane. In una frazione di secondo
l'emozione della paura trasforma il mio corpo in una
bomba di energia per poter fuggire. Ho una secrezione
di adrenalina per consentire al mio cuore di battere
forte così da pompare più sangue a tutti i miei organi,
inizio a respirare più intensamente per rifornire di
ossigeno i miei muscoli, e così via. I neuroscienziati
chiamano emozione (in questo caso paura) il fatto che
trovarsi in una situazione di pericolo comporti una
trasformazione automatica del nostro corpo della quale
non ci rendiamo conto e che non possiamo controllare, •
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psicologia
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Per capire le emozioni
e liberarsi dall'ansia
tanto da mettere in atto un comportamento. In questo
caso la fuga».
E il sentimento?
«Sopraggiunge in un secondo tempo. Una volta
raggiunta la riva, ansimante e tremante, posso pensare a
ciò che mi è accaduto e capire che ho avuto una paura
terribile e che ero preda di uno straordinario affanno.
E questo è il sentimento. Si tratta quindi di qualcosa in
più, che viene dopo l'emozione. Quando prima parlavo
dell'importanza che ha in psicoterapia l'essere cosciente
di quello che stiamo provando, intendevo proprio
l'importanza di trasformare un'emozione in un
sentimento».
Nel sottotitolo del libro lei parla di "liberarsi
dall'ansia". Cosa distingue l'ansia dalla paura?
«Nel linguaggio comune il termine paura è riservato
a quelle situazioni di minaccia reale della propria vita,
che hanno un'elevata probabilità di potersi realizzare.
Per esempio se sono il passeggero su un'auto che
sfreccia ai 200 all'ora si presume che io possa avere
paura. L'ansia, invece, è l'emozione provata in situazioni
avvertite come fonte di disagio (per esempio parlare
di fronte a 50 persone) che però non rappresentano un
reale pericolo per la mia vita. Nel primo caso ciò che
dobbiamo modificare si trova nel mondo esterno: la
velocità dell'auto. Nel secondo, invece, il cambiamento
deve essere interno. Devo capire quanto io stia
sopravvalutando il giudizio degli altri ai fini del mio
benessere».
E il panico?
«Anche il panico è paura. E un'esplosione improvvisa
e terrificante di straordinaria violenza, la certezza di un
mondo che si capovolge. Si osserva facilmente al parco
negli occhi di un bambino di due anni che guarda verso
una panchina vuota. C'era sua madre un attimo prima,
ma lui non l'ha vista alzarsi. Nel suo sguardo, l'orrore di
Le emozioni stanno nel cuore. Lo dice la scienza
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che, analizzando i dati forniti
dall'elettrocardiogramma,
riconosce le emozioni che il
soggetto ha provato.
La ricerca, pubblicata sulla rivista
Scientifìc Reports, è un valido aiuto
in campo medico, in particolare
nella psichiatria e nella
psicofisiologia che apre nuovi
orizzonti di cura nell'ambito delle
malattie mentali.
Scritto dallo psicoterapeuta romano
Livio Della Seta, Vivere le emozioni. Per
capire i disturbi dell'umore e liberarsi
dall'ansia (Sonzogno, 15 euro)
si propone di spiegare cosa sono le
emozioni, a cosa servono e perché è
importante imparare a riconoscerle
e a collegarle ai pensieri che ci passano
per la testa. L'autore presenta due casi
clinici seguiti a lungo.
essere perduto e solo per sempre nell'universo».
Tantissime lettrici scrivono alla nostra esperta di
psiche lamentando attacchi di ansia e di panico.
Perché sono così in aumento nella nostra società?
«Non possiamo sostenere che ansia e panico sono in
aumento: non sono mai stati fatti studi seri sul disagio
mentale! Al contrario, sono migliorati i mezzi
diagnostici. E, cosa estremamente positiva, ora la
malattia mentale non è più qualcosa di cui vergognarsi
0 da vivere in solitudine. Se vi scrivono tante lettrici è
perché, oggi, sanno che dei problemi psicologici se ne
può parlare e si può guarire!».
Molte lamentano che gli attacchi di panico possono
diventare invalidanti.
«Per gli attacchi di panico non si muore, non si
impazzisce e non si sviene. Un attacco di panico passa,
sempre e comunque. Tutto questo va condiviso con il
paziente in quanto informazione scientifica e non solo
per rassicurare una persona che comunque sta
sperimentando sulla propria pelle una grande
sofferenza. Nessuno va convinto di non avere nulla di
grave: chi ha un attacco di panico deve sapere che non
sta succedendo qualcosa di "realmente" pericoloso per
la sua vita. Lo slogan da tenere bene a mente è: "Soffro,
ma non corro alcun pericolo"».
E una buona indicazione, visto che la sensazione è
proprio quella di morire. E poi?
«Chi soffre di panico deve capire quali sintomi hanno a
che fare proprio con il fatto di voler lottare contro gli
attacchi. Nessuna paura può essere superata se non
affrontandola. Ma questo va fatto tramite una graduale
esposizione alle situazioni temute, perché sono proprio
1 tentativi di proteggersi da ciò che ci spaventa a
causare il problema».
Per concludere, esiste un percorso per imparare a
riconoscere le nostre emozioni?
«Non ci sono tecniche particolari. L'importante è che
lo psicoterapeuta non cerchi di interpretare, analizzare,
spiegare nulla al paziente. E da parte del paziente non
ci sono risposte giuste o sbagliate. Quello che
realmente pensa e sinceramente prova va comunque
bene. La cosa fondamentale è che venga fuori», li
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
psicologia
Lo sostengono i ricercatori
dell'Università di Pisa, all'interno
del progetto europeo Psyche,
nato cinque anni fa in
collaborazione con l'Università
dell'Essex in Inghilterra, l'Harvard
Medicai School e il Mit di Boston.
Gli studiosi hanno condotto uno
studio sul ruolo del cuore rispetto
alla rivelazione delle emozioni e
hanno sviluppato un algoritmo
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