24 L’Angolo del Fitness I LIVELLI DI ATTIVAZIONE: LA GESTIONE DI ANSIA E STRESS Q uanto spesso un atleta, al di fuori dell’allenamento o della gara, sente le mani sudate, il cuore a mille, tensione allo stomaco, nausea, tensione muscolare (ansia di tipo “fisico”), nervosismo, pensieri negativi, preoccupazioni riguardo la propria performance, o paura di deludere gli altri (ansia di tipo “mentale”)? Tutte queste sensazioni e pensieri sono indici di ansietà, in particolare prima di una gara: la ginnastica è uno sport che può provocare livelli elevati di ansia, in particolare nell’apprendimento di elementi nuovi, o più complessi, o più intensi, e conseguentemente maggiori rischi di infortunio. Senza considerare le situazioni di gara, oppure altre fonti di pressione (scuola, problemi personali o familiari, conflitti coi compagni, aspettative di allenatori e famiglie). Un’ansia elevata può comportare performances non ottimali rispetto alle potenzialità dell’atleta, mancanza di divertimento, abbandono sportivo, o il sentirsi “sul filo del rasoio”. La preparazione mentale permette all’atleta di apprendere tecniche che lo aiutino a far sì che queste sensazioni non interferiscano con la performance, sia in gara sia, altrettanto importante, in allenamento. Ma cos’è esattamente l’ansia? Per capirlo è utile partire dal concetto di “attivazione”: in ogni momento, tutti noi abbiamo un certo livello di energia o attivazione, che permette il funzionamento fisiologico (es. frequenza cardiaca e respiratoria, tensione muscolare, ecc.) e in base al compito che svolgiamo il livello si alza o abbassa. Pertanto, l’attivazione non ha né connotazione positiva né negativa, ma corrisponde essenzialmente all’attuale livello di energia. Differenti abilità richiedono differenti livelli di attivazione: per fare un esempio tratto dalla ginnastica artistica, una buona performance alla trave richiede un livello di attivazione relativamente ridotto, in modo da mantenere la stabilità; viceversa, al volteggio può essere necessario un maggiore livello di attivazione per esprimere po- tenza nell’approccio al cavallo. Inoltre, esistono notevoli differenze individuali rispetto al livello di attivazione ottimale per ottenere la performance migliore; quindi per ogni atleta è fondamentale identificare il proprio livello ottimale. Per comprendere la relazione tra livello di attivazione e prestazione, è utile pensare all’attivazione come a una “U” rovesciata: se l’attivazione è troppo bassa o troppo alta, la performance peggiora, mentre la peak performance corrisponde a livelli generalmente intermedi. Ecco dove entra in gioco l’ansia: il livello di attivazione viene percepito e interpretato dall’atleta in modo negativo o positivo, con conseguenze sulla performance: se l’atleta è preoccupato o ha paura, può interpretare un livello di attivazione elevato (ma adeguato rispetto al compito) come ansia o stress; viceversa, se l’atleta ha un atteggiamento positivo, o delle aspettative adeguate, può interpretare l’attivazione elevata come eccitazione, energia competitiva. Da ciò si può dedurre che modificando il significato di un dato livello di attivazione si può usare a proprio vantaggio l’attivazione. L’ansia, come visto all’inizio, può essere maggiormente legata a sensazioni fisiche oppure ad aspetti mentali (o un mix di entrambi). Eliminare l’ansia non è facile, soprattutto nelle situazioni di forte pressione, ma capire il nostro modo preferenziale di esperire l’ansia permette di scegliere le tecniche più adatte per affrontarla. Se questa è di tipo fisico, le principali tecniche sono la respirazione profonda (RP), il rilassamento muscolare progressivo (RMP) e il rilassamento controllato da cue (RCC). La RP è un esercizio molto semplice e veloce (generalmente integrato con altre tecniche per un rilassamento più profondo): una serie di respiri profondi, che portino aria nella zona addominale durante l’inspirazione, abbassa i livelli di tensione perché si rilascia tensione ad ogni espirazione. Il RMP prevede la contrazione e rilassamento dei vari gruppi muscolari (piedi, gambe, busto, braccia e ma- 25 ni, testa). In questo modo si apprende la differenza tra tensione muscolare e rilassamento, sviluppando la capacità indurre il rilassamento quando necessario. Nella RCC si sceglie una parola-cue (parola stimolo) con un significato rilassante (es., “calma”, “lascia” …). Si inizia con il RMP: a rilassamento ottenuto, ci si concentra sulla respirazione, che normalmente in questa fase si è stabilizzata; per qualche minuto si ripete mentalmente la parola-cue, percependo lo stato di benessere; infine per qualche altro minuto si associa la parolacue all’espirazione. Con la pratica costante, il solo ripetere mentalmente la parola-cue aiuta a ritrovare un senso di maggiore rilassamento. Se l’ansia è di tipo “mentale” è essenziale “far rilassare” la mente, più che il corpo. Tra le tante tecniche esistenti, il Blocco del Pensiero (BP) si basa sulla capacità di fermare il nostro self-talk (dialogo interiore) a polarità negativa, poiché questi pensieri hanno una forte valenza ansiogena (es., “Gli altri sono troppo forti per me; probabilmente cadrò; non posso farcela…”): se ci accorgiamo della presenza di questi pensieri, è utile dirsi mentalmente o a viva voce: “Basta!, Stop!…”, far seguire qualche respiro profondo e concentrarsi su pensieri a valenza positiva (es., “L’ho fatto mille volte in allenamento: ce la faccio anche adesso!”). Quest’ultimo aspetto è una tecnica di Sostituzione del Pensiero (SP), che permette di prefigurarsi situazioni positive e non negative (nell’esempio, il farcela rispetto al cadere), inducendo un senso di efficacia, calma e favorendo la concentrazione sul compito. Al contrario, vi sono anche situazioni in cui gli atleti sono troppo rilassati, affaticati, o “freddi” e rigidi, per continuare un allenamento o per affrontare la gara. In queste situazioni, sebbene meno frequenti, al rilassamento vanno opposti esercizi di “attivazione”. Un metodo efficace consiste nella respirazione profonda in cui si aumenta progressivamente il ritmo respiratorio: ad ogni inspirazione si immagina di immagazzinare energia nel corpo, mentre nell’espirazione si “butta fuori” fatica (si pensi ad es. agli atleti che praticano il sollevamento pesi!). A questa tecnica si possono associare anche altre immagini “attivanti” (ad es., energia, benzina che si sparge nel corpo) o parole-cue che, inducendo una sensazione di energia, favoriscano un aumento dell’attivazione (es., “Veloce! Vai! Spingi!”), o infine, prima dell’esecuzione, l’ascolto di musica che dia “la carica”. Il controllo del livello di attivazione, sia diminuendolo che aumentandolo, costituisce, insieme ad altre tecniche di mental training, una delle abilità mentali più utili nelle discipline ginnastiche. Come già sottolineato nei precedenti lavori, solo la pratica costante e sistematica, sia in allenamento che in gara, può garantirne l’effettiva efficacia. Anche nel mentale è necessario allenamento! di Francesca Borgo