Ricostruzione del processo e spiegazione - scuola

COLONIZZAZIONE-DECOLONIZZAZIONE
Ricostruzione del processo e spiegazione
A partire dal 1870 i maggiori stati europei cominciarono a dividersi sistematicamente il controllo di
gran parte dell’Asia e dell’Africa: da tale spartizione volevano trarre vantaggi economici e
rafforzare la loro posizione nel sistema internazionale
Nel 1914 più del 40% dell’intera superficie terrestre era soggetta al dominio coloniale delle potenze
europee.
Il colonialismo si era trasformato in imperialismo.
Quale è la differenza tra i due termini?
Il colonialismo rappresenta un aspetto della politica estera e militare dei paesi piu' potenti che
impiegavano i loro soldati per occupare i paesi piu' deboli. Infatti si pensava che uno stato per
essere ritenuto davvero potente dovesse dare luogo ad un impero coloniale, guadagnando così
prestigio sulla scena internazionale. Lo sfruttamento economico delle colonie ne derivava come
conseguenza naturale.
L’imperialismo nasce alla fine dell'Ottocento e consiste nell'azione dei governi tesa a imporre la
propria egemonia su altri paesi per sfruttarli, assumendo il pieno controllo monopolistico delle
risorse economiche e delle fonti energetiche.
Tuttavia, dietro gli interessi economici che avevano spinto le principali potenze europee alle
conquiste coloniali si nascondeva una convinzione diffusa in Europa: si riteneva che l’uomo
bianco fosse superiore per cultura e intelligenza rispetto a tutti gli abitanti della Terra: compito dei
colonialisti era perciò renderli ‘civili’, sottomettendoli e sfruttando le risorse dei loro territori. I
governanti dei Paesi europei affermavano teorie di questo tipo tese ad ottenere il consenso delle
popolazioni in merito alla colonizzazione.
Fra i Paesi colonizzati, l’India era uno dei più importanti e giocava un ruolo essenziale per il
primato economico e politico della potenza coloniale, cioè dell’Inghilterra.
Le tasse pagate dagli indiani consentivano di finanziare il governo e l’amministrazione inglese del
Paese.
Dall’India proveniva la maggior parte del tè consumato in Europa e il cotone delle piantagioni
indiane era necessario per le industrie tessili inglesi.
I prodotti lavorati dalle industrie europee tornavano poi verso l’Oriente per essere venduti; intorno
al 1910 un quarto delle esportazioni inglesi era diretto verso l’Asia e l’India costituiva il mercato
principale per i tessuti di cotone e per molte altre industrie manifatturiere britanniche.
Per ottimizzare il rendimento delle colonie, le potenze europee avevano costruito un efficiente
sistema di organizzazione politico-amministrativa.
Nei territori coloniali i funzionari locali erano il district officer britannico o il commandant francese
ed avevano la responsabilità amministrativa di mantenere la pax colonialis (cioè una situazione di
stabilità), in primo luogo garantendo l'ordine e riscuotendo le tasse. Questa duplice attività non era
naturalmente svolta da un solo soggetto, ma richiedeva collaboratori, esponenti locali dotati di
potere (capi tribali) e d'influenza (mercanti). Costoro, dal momento che potevano mantenere e
rafforzare la propria posizione solo se ligi agli ordini dei funzionari europei, erano tra i beneficiari
del regime coloniale. Non meno importanti erano gli interpreti che traducevano gli ordini e i desideri
degli europei, nonché le rimostranze e le richieste delle popolazioni locali.
Tuttavia, a partire dagli inizi del 1900, cominciarono a levarsi molte voci contro il sistema
imperialistico.
In tutte le colonie esistevano organizzazioni politiche che esprimevano esigenze di protesta e di
riforma; in esse mossero i primi passi sulla scena politica molti fra i futuri primi presidenti delle
nuove nazioni sorte dalle vecchie colonie: ad esempio Jomo Kenyatta in Kenya, Habib Burghiba in
Tunisia, Sukarno in Indonesia e Nehru in India.
Pressoché ovunque, ma soprattutto in Africa settentrionale e in Asia, apparvero partiti militanti che
rivendicavano la libertà o almeno profonde riforme.
Le voci di protesta, prima appannaggio solo di un’élite intellettuale coloniale, grazie anche alla
diffusione dei nuovi mezzi di comunicazione di massa, gradualmente contribuirono a generare una
coscienza pubblica che iniziava ad elaborare teorie politiche.
L’opinione pubblica internazionale iniziava ad essere consapevole degli effetti di lunga durata
dell’occupazione coloniale e in particolare della violenza insita nell’atto coloniale.
La prima guerra mondiale accrebbe il livello d'internazionalizzazione di questi temi.
La creazione, nel 1919, della Società delle Nazioni, organismo internazionale che aveva come
scopi il miglioramento e la tutela dei rapporti fra gli stati, può essere vista come un primo passo
nella direzione della decolonizzazione.
L'Unione Sovietica a sua volta aveva esportato l'ideologia comunista nelle colonie, nelle quali essa
si miscelava bene al nazionalismo.
In relazione al dominio violento e allo sfruttamento delle colonie, la tesi della sinistra al momento
della Terza Internazionale era che vi fosse una sorta di brutale alleanza e di analogia fra capitalista
sfruttatore da un lato e nazione imperialista sfruttatrice dall’altro.
L'imperialismo quindi era il rapace capitalismo che si espandeva oltremare alla ricerca di nuovi
mercati e risorse da controllare e nuovi popoli da opprimere.
La fase risolutiva della decolonizzazione si avviò alla fine della seconda guerra mondiale nei
territori e da parte dei popoli che Regno Unito, Francia, Spagna, Portogallo, Belgio, Olanda,
Germania e Italia avevano colonizzato in Asia e in Africa.
Dopo la seconda guerra mondiale le potenze europee che avevano costituito i loro imperi coloniali
in Africa e Asia non furono più in grado di mantenerne il controllo; infatti il conflitto mondiale aveva
indebolito i francesi e i britannici che rappresentavano le maggiori potenze coloniali. Inoltre tra le
due guerre erano sorti i primi movimenti o partiti indipendenti, che aumentarono la diffusione del
sentimento nazionale e del desiderio di indipendenza stimolato dalla lotta al nazifascismo in difesa
della democrazia. Così già nel 1941 la Francia fu costretta a riconoscere almeno formalmente
l’indipendenza di Libano e Siria. Nel 1942 Gandhi incitò gli Indiani a cacciare i britannici e nel 1943
il leader nazionalista algerino Abbas lanciò il Manifesto del popolo algerino con la richiesta della
decolonizzazione.
La decolonizzazione, cioè il processo storico che ha portato alla fine degli imperi coloniali e
all’indipendenza dei popoli afroasiatici, durò circa quarant’anni : in alcuni casi l’indipendenza fu
raggiunta per via pacifica, con trattative tra la madrepatria e i gruppi dirigenti locali; un esempio di
questo tipo di decolonizzazione è stata la Gran Bretagna, che avviò gradualmente all’indipendenza
le colonie, trasformando l’impero nel Commonwealth of Nations.
In altri casi avvenne per via violenta con una guerra di liberazione ed un esempio è la Francia che
oppose dura resistenza ai movimenti di liberazione.
Comunque il processo di decolonizzazione non fu semplice; in Africa, per esempio, la
decolonizzazione si prolungò per molto tempo, giungendo a compimento tra gli anni Settanta e
Ottanta.
Il principio di autodeterminazione dei popoli ispirò poi le attività dell’Organizzazione delle Nazioni
Unite. Di fatto l’ONU non riuscì a imporre ovunque il rispetto dei principi di uguaglianza dei diritti,
ma ricoprì un ruolo importante nella lotta al colonialismo.
Altro fattore decisivo per lo smantellamento degli imperi coloniali fu la pressione degli Stati Uniti e
dell’Unione Sovietica. Infatti i due vincitori del secondo conflitto mondiale erano contrari al
colonialismo: gli USA in nome della libertà dei popoli, l’URSS in nome del comunismo.
Entrambe le superpotenze in realtà avevano l’obiettivo di allargare le loro zone d’influenza e fecero
pesare in seguito la loro egemonia economica e politica nei paesi dell’Africa e dell’Asia, dando
inizio al neocolonialismo.
Con questo termine si indica la forma di controllo da parte di un Paese su un'ex colonia basata
sulla dipendenza economica o sull'occupazione militare.
I nuovi stati nascevano in condizioni sfavorevoli, privi di strutture sociali, economiche, politiche
proprie.
Disoccupazione, città sovraffollate, squilibri commerciali, burocrazie inefficienti, strutture
scolastiche inadeguate, condizioni igieniche e sanitarie insufficienti: tutto ciò portò a piani di aiuto e
cooperazione da parte dei Paesi occidentali, che spesso hanno mascherato nuove forme di
sfruttamento economico e di predominio politico.
Ricostruzione del processo e spiegazione
ATTIVITÀ
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