Disability Studies, femminismo e
donne con disabilità
Maria Giulia Bernardini
Disabilità in cifre:
• 650 milioni, il 10% della popolazione globale
secondo le ultime stime ONU (ca. 2007)
• 80 milioni di persone nell’UE
• Primo Rapporto Mondiale sulla Disabilità del
2011 (Oms e Banca Centrale):oltre un miliardo
di persone, nel mondo, vive con qualche
forma di disabilità(circa il 15 % della
popolazione mondiale)
Dal Report:
I bisogni di questi cittadini sono spesso inascoltati o vi
viene fatto fronte in modo inadeguato, soprattutto per
quanto concerne accessibilità degli edifici, adeguatezza
dei mezzi di comunicazione, efficienza dei servizi sanitari
ed adeguatezza delle cure riabilitative. Le persone disabili
hanno quindi in genere una salute peggiore, sono
scarsamente incluse a livello sociale, sono svantaggiate
sia per ragioni fisiche sia per ragioni di pregiudizio,
trovano grandi ostacoli nell’accesso al mercato del lavoro,
ed hanno (conseguentemente) più alti tassi di povertà
rispetto alla restante parte della popolazione.
• La disabilità riguarda maggiormente i Paesi a reddito più
basso, colpisce soprattutto donne, bambini, anziani, adulti in
condizione di povertà;
• Le persone con disabilità hanno il doppio di probabilità di
trovare competenze inadeguate in chi presta assistenza
sanitaria rispetto alle persone non disabili, sono 4 volte più a
rischio di essere maltrattate (il tasso aumenta se si parla di
donne disabili) e rischiano tre volte di più che siano loro
negate le cure sanitarie;
• forte sperequazione tra i livelli di istruzione
e di
disoccupazione di persone disabili e non;
• le percentuali di lavoro sono più basse per uomini (53%) e
donne disabili (20%), rispetto a uomini (65%) e donne
normodotati (30%). Nei Paesi dell’area Ocse, la percentuale di
lavoro di persone disabili del 44%, rispetto al 75% dei
normodotati
Numeri in Italia
• Le persone con gravi forme di disabilità sono circa 3
milioni; se consideriamo anche forme di invalidità più
lievi arriviamo a 6 milioni di persone, oltre il 10% degli
italiani. Considerando l’invecchiamento della
popolazione, il verificarsi di infortuni sul lavoro (ogni
anno tra i 20.000 ed i 30.000) e di incidenti stradali
invalidanti (circa 20.000 nuove persone con disabilità
ogni anno), approssimativamente in Italia la disabilità
coinvolge direttamente oltre 40.000 nuovi soggetti
all’anno.
• Rapporto Istat 2010 (relativo ai dati del 2004): sono evidenti i
progressi che le politiche hanno introdotto in un’ottica di
inclusione delle persone con disabilità: ne sono un esempio la
legge 104/1992 sull’assistenza, l’integrazione sociale ed i
dirittidelle persone disabili, la legge 68/1999 in materia di
inserimento lavorativo e la 328/2000 in tema di integrazione
socio sanitaria
 l’Italia è considerata tra i paesi
all’avanguardia in tema di politiche sulla disabilità…
• …ma la prassi è interessata da lentezze delle amministrazioni
nel loro recepimento ed alla scarsità di risorse finanziarie a
disposizione dei governi locali competenti in materia sociale
(in Italia il principale strumento di supporto alle persone con
disabilità ed alle loro famiglie è rappresentato dal sistema dei
trasferimenti monetari di tipo pensionistico o assistenziale.
Permane quindi la carenza di servizi e assistenza formale da
parte del sistema sociale, e questo deficit ricade
inevitabilmente sulle famiglie)
Alcune differenze:
- Il 66,2 % delle persone con disabilità è rappresentato da donne, che
secondo i dati del 2008 forniti dal Disabled People International sono
1.721.000, pari al 6,1 % delle donne italiane
- La percentuale di uomini disabili rispetto a quelli normodotati è del
3,3 %, quindi quasi la metà rispetto alle percentuali femminili
- Disabilità più diffusa nell’Italia insulare (5,7 %) e nel Sud (5,2 %)
mentre al Nord si supera di poco il 4 %
- Le donne con disabilità sono il 7,3 % nelle Isole,il 6,6 % nel Su
ed, il 5,6 % nel Nord ovest ed il 5,4 % nel Nord est
- Il 72 % delle persone disabili in istituto sono donne e l’83 % ha più
di 65 anni
- il 2% delle donne disabili è occupato, contro il 7,7% degli uomini;
solo il 2% delle donne disabili dispone di redditi da lavoro, contro il
6,4% degli uomini
…nel 2012 ci aspetta…
-
I tagli alle politiche sociali a partire dal 2012 priveranno di
assistenza il 20% delle persone con disabilità al nord, il 30% al
centro e il 50% al sud (famiglie penalizzate)
- Cancellazione del Fondo per le politiche sociali (nulla arriverà
alle Regioni); mancato ripristino del Fondo per la non
autosufficienza (abrogato dal 2011); il Fondo per il diritto al
lavoro delle persone disabili (L. 68/99) sarà tagliato del 75% e
si avrà un’ulteriore riduzione delle risorse per la scuola.
- Nei confronti dei “falsi invalidi”: quotidiane revoche
immotivate da parte dell’INPS (400 mila cause giacenti)
Chi è disabile?
• Esistono varie definizioni, non pienamente
sovrapponibili → per i DS le definizioni sono
ideologiche, in quanto frutto della
convergenza di pratiche di esclusione sul
piano culturale, economico, sociale.
La medicina legittima il potere.
Una storia di esclusioni e di integrazioni:
- Foucault privilegia l’indagine dei rapporti di potere che si
articolano tra chi ha la possibilità di dare e togliere la parola,
di descrivere, di controllare, decidere la vita altrui, e di chi
invece è oggetto di questo potere di parola
- Sticker considera gli elementi culturali di integrazione della
disabilità.
 Religione. Nell’AT la persona disabile è tarata e quindi impura,
ma ci sono anche altri legami: impurità-peccato, felicitàinfelicità →sofferenza disabile, pietà e compassione.
Responsabilità sociale di cura della disabilità→ ospedali,
istituti di carità a partire dal ME (Gesù)
 XIX secolo. Assistenza sotto forma di istituzionalizzazione;
idea “ortopedica” della disabilità; Asylum (dicotomia
pubblica/privato, nascondere)
La medicina e l’educazione di questo periodo
puntano a ristabilire condizioni di norma
ideali, puntando l’attenzione sul deficit in sé.
Le condizioni sociali ed il contesto di vita non
sono intesi come elementi disabilitanti,
l’obiettivo è quello di restituire l’individuo alla
normalità attraverso un’azione ortopedica
correttiva. In questo secolo l’handicap viene
posto come problema etico e sociale, ma allo
stesso tempo deve fare i conti con
l’emarginazione, la sterilizzazione e lo
sterminio (si pensi all’eugenetica nazista)
Un passato ancora presente:
Peter Singer
NON-PERSONE
feti, persone disabili,
neonati, bambini e
anziani "privi di reale
coscienza" possono
essere considerati
esseri viventi, "membri
della specie homo
sapiens", ma non
persone
PERSONE
alcuni animali nonumani: scimpanzé,
balene, delfini, scimmie
non antropomorfe, cani,
gatti, maiali, foche, orsi,
e forse le galline
(autocoscienza e capacità
di provare desiderio)
"Alcuni esseri appartenenti a specie diverse dalla nostra sono persone, alcuni
esseri umani non lo sono. Nessuna valutazione oggettiva può attribuire alla vita di
esseri umani che non sono persone maggior valore che alla vita di esseri di altre
specie che lo sono. Al contrario, abbiamo ragioni molto forti per dare più valore
alla vita delle persone che a quella delle non-persone. E così, sembra che sia più
grave uccidere, per esempio, uno scimpanzé, piuttosto che un essere umano
gravemente menomato che non è una persona".
"Pensare che le vite dei bambini abbiano un valore speciale perché i bambini
sono piccoli e carini è lo stesso che pensare che un cucciolo di foca, con la sua
morbida pelliccia bianca e grandi occhi espressivi, sia meritevole di maggior
protezione di una balena che manca di questi attributi“
“Analogamente l'eutanasia - semplice soppressione di un individuo a cui
manca l'integrità della persona - può e anzi deve essere ammessa per
bambini deformi o gravemente ritardati e per persone che, a causa di
incidenti, malattie o vecchiaia, sono giudicati inadatti a vivere”
I Disability Studies
• Hunt: le persone disabili, “sfortunate, inutili, indifferenti, oppresse e
malate” sfidano i valori della società occidentale
• L’UPIAS produce il Fundamental Principles of Disability, dove per la prima
volta le persone disabili prendono la parola (→ 1976 Mod. Sociale)
•
“Dal nostro punto di vista è la società che disabilita le persone con
invalidità fisiche. La disabilità è qualcosa che viene imposto sulle nostre
menomazioni attraverso il modo in cui siamo senza necessità isolati ed
esclusi dalla piena partecipazione alla vita sociale. Le persone disabili
sono pertanto un gruppo sociale oppresso” (oppressione sociale)
Si contestano che la causa della disabilità sia (unicamente) la
menomazione individuale → obiettivo: identificare i meccanismi
disabilitanti, e critica al concetto di “normalità”
Modello Medico
Comunemente associato alla “Classificazione Internazionale di
Menomazioni, Disabilità ed Handicap” (ICIDH) dell’OMS, aa. ’70.
• Menomazione: qualsiasi perdita, o anormalità, di strutture o funzioni
psicologiche, fisiologiche o anatomiche
• Disabilità: limitazione o perdita (conseguente a una menomazione) della
capacità di compiere un’attività nel modo o nell’ampiezza considerati normali
per un essere umano. Riflette disturbi a livello della persona.
• Handicap: condizione di svantaggio vissuta da una determinata persona,
conseguenza di una menomazione o di una disabilità che limita o impedisce la
possibilità di ricoprire il ruolo normalmente proprio a quella persona (in
relazione all’età, al sesso e ai fattori socio-culturali). Esso rappresenta la
socializzazione di una menomazione o di una disabilità Lo svantaggio deriva
dalla diminuzione o dalla perdita delle capacità di conformarsi alle aspettative
o alle norme proprie dell’universo che circonda l’individuo.
Menomazione --> Disabilità --> Handicap
• La classificazione ICIDH si presta ad essere criticata a diversi livelli.
* Si fonda esclusivamente su definizioni mediche e su assunti bio-fisici di
"normalità". Ma la "normalità" è un concetto altamente controverso e
influenzato da fattori storici e culturali e da circostanze contingenti.
* La menomazione è definita come la causa sia della disabilità sia
dell’handicap, presentato come fatto neutro. Ma non tutte le menomazioni
colpiscono la capacità fisica o intellettuale dell'individuo.
• L’ICIDH pone in una posizione di dipendenza le persone che hanno una
menomazione, reale o presunta. La loro condizione è analizzata da un punto
di vista solo edesclusivamente medico, e si basa sull’assunto che queste
persone siano dipendenti da professionisti del campo medico per ogni tipo di
supporto terapeutico e sociale
• La disabilità – intesa come problema individuale – va quindi curata, ed
attiene esclusivamente al campo medico
Modello Sociale
"Principi Fondamentali della Disabilità" dell’UPIAS (1976): contiene una
reinterpretazione socio-politica della disabilità che delinea una distinzione
cruciale tra il biologico ed il sociale, sicché:
"Menomazione" è la mancanza di una parte di un arto o di un intero arto,
ovvero la circostanza di avere un arto o un meccanismo del corpo difettosi
"Disabilità" è lo svantaggio o la restrizione di attività causati da una
organizzazione sociale contemporanea che tiene in conto poco o per nulla le
persone che hanno impedimenti fisici e perciò le esclude dalla partecipazione
alle normali attività sociali
Per mettere in pratica l'idea, Mike Oliver coniò l’espressione "modello sociale
della disabilità" nel 1981
1) Non si nega l'importanza di interventi appropriati nella vita delle persone
con disabilità basati sulla condizione individuale del soggetto basati su
medicina, riabilitazione, istruzione o lavoro, ma sottolineano i limiti di questi
interventi, tesi a favorire l’inclusione in una società comunque costruita da
“soggetti non-disabili” per “soggetti non-disabili”.
2) Nel modello sociale c’è il deliberato tentativo di spostare l'attenzione dalle
limitazioni funzionali delle persone disabili ai problemi causati dagli ambienti
disabilitanti, da barriere e da culture che rendono disabili.
3) è un approccio olistico che spiega quali problemi specifici vengono vissuti
dalle persone con disabilità, avendo riguardo alla totalità dei fattori
ambientali e culturali che rendono disabili: istruzione non accessibile, sistemi
di comunicazione e informatici, ambienti di lavoro, sussidi di invalidità
inadeguati, servizi sanitari e di solidarietà sociale discriminatori, trasporti
inaccessibili, edifici pubblici ed alloggi con barriere, immagine negativa delle
persone con disabilità trasmessa dai media
N.B.: sebbene originariamente limitata agli impedimenti fisici, poco dopo la
sua introduzione la definizione dell'U.P.I.A.S. venne adattata ed adottata per
includere tutti tipi di impedimento: fisico, sensoriale, intellettivo.
Una prospettiva aderente al modello sociale della disabilità è stata presente
in vari documenti delle Nazioni Unite.
In termini di politiche dell‘UE un recente piano d'azione europeo afferma
chiaramente che oggi esiste un modello sociale della disabilità europeo:
“l'Unione Europea vede la disabilità come una costruzione sociale. Il modello
sociale della disabilità dell'Unione pone in rilievo le barriere ambientali della
società che impediscono la piena partecipazione delle persone con disabilità
nella società. Queste barriere devono essere rimosse”.
Una prospettiva orientata al modello sociale ha giocato un ruolo chiave nella
recente iniziativa “Ripensare l'Assistenza partendo dalle Prospettive delle
Persone con Disabilità”, lanciata dal Disability and Rehabilitation Team
dell’OMS; un progetto biennale che ha coinvolto professionisti, persone con
disabilità e loro familiari da tutto il mondo.
Inoltre, anche l'ICF, recentemente sviluppato dall’OMS per sostituire la
vecchia classificazione ICIHD di cui si è parlato molto male, (anche noto come
ICIHD-2) dichiara di incorporare in sé anche il modello sociale della disabilità
1948-2011: Verso il riconoscimento dei diritti
• 1950: Risoluzione sulla riabilitazione dei minorati fisici (rif.to specifico)
• 1959: Dichiarazione sui diritti del fanciullo e
• 1969: Dichiarazione sul progresso e lo sviluppo sociale (carattere
programmatico, rif.ti indiretti)
• 1971:Dichiarazione sui diritti delle persone con ritardo mentale
• 1975: Dichiarazione sui diritti dei portatori di handicap
• Dicembre 1976: l’Assemblea NU dichiara il 1981 “Anno internazionale delle
persone handicappate”
• 1982: Programma di azione mondiale per i disabili. Si dichiara anche il
“Decennio mondiale delle persone con disabilità” (1983-1992)
• 1991: Principles
• 1993: Standard Rules
• Conferenze delle Nazioni Unite che tengono conto anche delle persone
con disabilità
• 28 agosto 2006: progetto di Convenzione internazionale sui diritti delle
persone con disabilità e suo protocollo
Quindi di chi parliamo?
Conv. ONU sulla disabilità (2006), art. 1 par. 2:
“Le persone con disabilità includono quanti
hanno minorazioni fisiche, mentali, intellettuali
o sensoriali a lungo termine che in interazione
con varie barriere possono impedire la loro
piena ed effettiva partecipazione nella società su
una base di eguaglianza con gli altri”
Elementi importanti nella
Convenzione
Principi che emergono dalla
Convenzione
• Modello sociale: svantaggio
sistemico
• Promozione di nuovi modelli
culturali
• Disabilità come stato di differenza
• Modello sociale ed affermazione
dei diritti
• Impairment come dimensione
positiva della diversità umana
• Eguaglianza formale e sostanziale
• Sostegno alla disabilità come
parte dello sviluppo sostenibile
• Rispetto per l’intrinseca dignità
della persona
• Non-discriminazione
• Garanzia della piena ed effettiva
partecipazione e inclusione nella
società
• Rispetto della differenza delle
persone con disabilità come parte
della diversità umana
• Rispetto delle capacità evolutive
dei bambini con disabilità e della
loro identità
Rapporto tra donne e disabilità
Può essere inteso principalmente in due modi:
1) Indagine sull’attenzione che il femminismo ha – o non ha –
rivolto nei confronti della disabilità globalmente considerata
(Etica della cura)
2) Attenzione ai Feminist Disability Studies, che si pongono
l’obiettivo di fare emergere l’esperienza peculiare delle donne
con disabilità, vittime di un’almeno duplice forma di
discriminazione
Donne e Disabilità
Per interrogare le teorie tradizionali e quelle critiche da un nuovo punto di
vista, che permetta di scorgere come spesso la cecità nei confronti della
disabilità sia comune sia alle une sia alle altre.
Destino comune delle donne e delle persone disabili in relazione al potere del
soggetto antropologico dominante (associati alle metafore del corpo; corpi
invisibili o devianti, stravaganti, ingombranti; condanna della natura,
complicità della medicina)
Ma molto spesso le stesse teoriche femministe non hanno tenuto in adeguato
conto la prospettiva della disabilità o le hanno attribuito una posizione
deteriore.
Ne sono conseguiti:
- Perpetrazione degli stereotipi associati a donne e persone disabili (Barbie,
Disability Hero)
- Posizione di ulteriore subordinazione soprattutto delle donne disabili
(estranee al femminismo perché la loro specifica esperienza veniva
sistematicamente banalizzata, ignorata o negata)
Perché il femminismo ha perpetrato
un’immagine negativa della disabilità?
Donne “disabili per natura”: fragili, deboli, vulnerabili, umorali,
instabili, meno intelligenti
↓
Storicamente:
- Potestà paterna prima e maritale poi all’interno della casa
- Autorizzazione per poter ereditare ed acquistare
- Diniego dell’accesso agli incarichi di responsabilità
- Diniego della custodia dei figli
- Diniego del diritto di voto
→protezione della e dalla donna all’interno della società.
La donna disabile non è né donna né disabile, ma invisibile.
Etica della cura (Kittay, Nussbaum) e
contrattualismo: mettere in crisi una tradizione
Elementi centrali del contrattualismo (Rawls):
- eguale valore delle persone
- reciprocità
- eguaglianza approssimativa in forza fisica
- attività economica produttiva
- individui liberi, eguali, indipendenti, razionali
- relazioni simmetriche tra gli individui
Kittay e la critica della dipendenza
Per Kittay la descrizione rawlsiana di una società intesa come impresa
cooperativa di eguali è falsa e mistificatoria, poiché nasconde i soggetti più
vulnerabili e non autosufficienti e, di conseguenza, tutti coloro che sono
variamente legati alla pratica di cura ed alle relazioni asimmetriche, come
bambini, anziani, malati, persone con disabilità fisica e soprattutto mentale,
nonché i caregivers:
«Il punto nodale della critica della dipendenza è mostrare che, finché i confini di
giustizia verranno tracciati all’interno di relazioni reciproche tra persone libere e
uguali, chi dipenderà continuerà a essere privato di diritti e chi si occupa di loro,
che invece è un membro della società pienamente capace e cooperante,
continuerà a condividere – in gradi diversi – l’esclusione di chi dipende»
«a ognuno, a seconda del suo bisogno proprio di assistenza, e da parte di
ognuno, secondo la sua capacità propria di prestare assistenza, e con un
supporto delle istituzioni tale da rendere disponibili risorse e opportunità a chi
provvede all’assistenza, in modo che tutti siano accuditi adeguatamente in
relazioni supportive»
(principio di responsabilità sociale di cura)
Cura e Giustizia sono allora complementari, e
necessarie l’una all’altra, in quanto una società
che voglia realizzare la giustizia andando
incontro alle esigenze di fioritura umana di
ciascun cittadino richiede strutture di cura
efficienti e funzionanti, e facendo della cura la
sua cifra caratterizzante deve necessariamente
distribuire equamente le risorse ed i frutti della
cooperazione sociale
Nussbaum e l’approccio delle capacità
• “Da chi sono progettati i principi fondamentali?” e “Per chi
sono progettati i principi fondamentali?” sono
immotivatamente fusi
• Asimmetria nelle relazioni
• Lista di 10 capacità umane fondamentali(vita; salute fisica;
integrità fisica; sensi immaginazione e pensiero; sentimenti;
appartenenza; gioco; controllo del proprio ambiente politico e
materiale;…) come possibilità di attività
• Individuo aristotelico
• Modello alternativo rispetto a quello contrattualistico
• In scritti successivi Nussbaum specifica il contenuto di queste
capacità: diritto di voto alle persone con disabilità mentale,
possibilità di partecipazione alle giurie (piena cittadinanza)
Giustizia: un problema per due
Equo trattamento di persone con disabilità sia fisiche sia mentali
Caregiver: questi sconosciuti
Il compito degli Stati
• Abbandono della tradizione (indicatori di benessere: reddito e
ricchezza)
• Promozione di tutte le capacità ad un livello almeno decente
• Cura come diritto sociale primario: è necessario mettere le
persone in grado di “essere”
• Israele, Svezia e Germania
Il Caso Ashley X
somministrazione di ormoni per inibirela crescita, isterectomia
ed asportazione del seno ad una bambina gravemente disabile
Ragioni:
- Mantenere Ashley bambina per accudirla più facilmente
- Prevenzione dell’insorgere di gravi patologie (che colpiscono
persone con
gravi disabilità cognitive)
- Evitare che Ashley diventasse sessualmente desiderabile
(abusi)
Feminist Disability Studies
Gli interessi d’indagine sono molteplici, ma tutti hanno, come
fine più immediato e generale, quello di combattere gli stereotipi
associati alle donne con disabilità, che nell’immaginario comune
sono:
• Dipendenti, ma sufficientemente forti da non lamentarsene
• Autonome, mentalmente e il più possibile fisicamente, ma
non abbastanza per sconfinare nel mondo di tutti
• Capaci di autostima, ma tacendo il desiderio, l’amore, la
sessualità, la maternità, la ricerca di legami
• Curate e piacevoli, ma senza uscire troppo dall’immagine della
“brava bambina”
“Scollamento” tra riflessione teorica e prassi
Riflessione teorica: “compulsory ablebodiedness”, “tyrannies of
perfection” o “dittatura del corpo sano” ; “abnormal”, “misfit”,
“freak”, “staring”
Vs
Esperienza quotidiana delle donne disabili: incredulità delle
commesse davanti a clienti che acquistano biancheria intima
sexy piuttosto che prodotti di bellezza per il corpo o per il viso;
perplessità dei professionisti del bisturi estetico, quando si
sentono richiedere interventi da donne disabili che vogliono
migliorare il proprio aspetto fisico;
Invisibilità delle donne disabili, che in quanto “disabili” perdono
ogni connotazione di genere
Aborto:
Rimane una scelta individuale che spetta solo alla donna
compiere, ma si riflette sul fatto che:
Il ricorrere automaticamente all’aborto in caso di presenza della disabilità del
feto può essere visto come una forma di eugenetica
Permane ancora forte la pressione sociale e soprattutto del potere medico
circa l’irresponsabilità del mettere al mondo un bambino disabile
Spesso si ricorre ad argomenti come: “condannerai un bambino all’infelicità”,
ma chi è in grado di stabilire – tanto più a priori – quando la vita di un altro è
o no felice?
Le strutture sociali non supportano adeguatamente le donne, inducendole
indirettamente ad abortire in caso di difficoltà
Sessualità e Maternità:
Stereotipo imperante: presunzione di asessualità ed inadeguatezza nel
rivestire il ruolo materno
Conseguenze:
- In caso di divorzio le donne disabili perdono spesso la custodia dei figli
- Stupore dei ginecologi nel caso in cui donne disabili chiedano di poter fare
uso di anticoncezionali
- In caso di gravidanza, alcuni ginecologi non hanno mai visitato la paziente
disabile
- Sterilizzazione coatta nei confronti delle donne con disabilità mentale
- Nella letteratura italiana ci si riferisce in genere a genitori normodotati di
figli disabili, e non a genitori disabili
Dai racconti delle donne disabili emergono tre tipi di
fattori che influenzano la loro maternità:
1) Fisico: possono compromettere la gravidanza sia problemi di salute
(conformazione fisica o mallattie genetiche) sia barriere architettoniche
(solitamente ospedali, sale parto, ambulatori di ginecologia etc. non sono
accessibili a persone con disabilità motorie, ed il personale medico e
paramedico non è preparato ad accogliere donne con disabilità. Anche
lettini, fasciatoi etc. sono pensati per genitori normodotati, e devono quindi
essere adattati perché siano fruibili anche da genitori disabili).
2) Psicologico: la donna con disabilità può vivere profondi tabù sul proprio
corpo e la propria sessualità, e la nascita di un figlio può mettere in crisi
l’autonomia che ha conquistato.
3) Sociale: sfiducia sociale circa la capacità di essere madri, delusione della
famiglia di origine.
In GB, Canada, Francia e USA esistono gruppi che accolgono in toto la donna
disabile, e gruppi ed istituzioni cercano di rispondere alle esigenze dei
genitori disabili per quanto attiene all’informazione sui propri diritti, sulla
propria salute e sulle prospettive che si possono adottare (9 milioni di genitori
disabili negli USA nel 2007, 2 milioni in Gran Bretagna).
Essere Mogli:
Le donne con disabilità si sposano molto meno e molto più tardi rispetto alle
altre donne ed agli uomini con disabilità.
Se la disabilità è acquisita, è spesso causa della fine del matrimonio, mentre
nel caso sia il marito a diventare disabile difficilmente la donna pone fine al
matrimonio, ma svolge il tradizionale ruolo di cura cui è “naturalmente”
deputata.
Se già normalmente molte donne rimangono intrappolate in relazioni difficili
a causa delle difficoltà economiche in cui versano, ciò è tanto più vero per le
donne con disabilità, perché l’unica alternativa potrebbe essere l’istituto.
Inoltre, per molte donne disabili la relazione che vivono, per quanto
complicata, è l’unica da loro vissuta nella propria vita, e quindi è vista quasi
come un premio, o come l’unica possibile.
Nella Convenzione Onu sulla disabilità viene riconosciuto il diritto a contrarre
matrimonio e ad avere una famiglia.
Violenza di genere:
Nonostante nell’immaginario collettivo la donna disabile sia vista come
asessuata, ciò non la rende immune dalla violenza di genere: secondo una
ricerca condotta da Sobsey nel 1994, dal 39 al 68% di ragazze e dal 16 al 30%
di ragazzi con ritardo nello sviluppo mentale saranno sessualmente abusati
prima del loro diciottesimo compleanno.
La violenza nei confronti delle donne disabili ha connotati peculiari:
la disabilità limita la possibilità di difesa in caso di aggressione;
il fatto di avere bisogno di aiuto nello svolgimento di talune attività
quotidiane rende queste donne più esposte al rischio della violazione della
propria identità, della loro riservatezza nonché di altri diritti
In senso generale, al tema della violenza si riconnettono anche pratiche di
sterilizzazione forzata, aborti selettivi ed infanticidi.
Inoltre, anche le donne disabili sono vittime di abusi e violenze sessuali, anche
all’interno dei centri residenziali in cui spesso sono ricoverate, da parte del
personale addetto; si tratta di esercizio del potere oppressivo nei confronti
degli individui più vulnerabili, non tanto di esercizio di libido.
La voce dell’EDP:
Alla luce degli artt.16 (Diritto di non essere sottoposto a sfruttamento,
violenza e maltrattamenti) e 23 (Rispetto del domicilio e della famiglia)
della Convenzione Onu sui Diritti delle Persone con Disabilità, l'European
Disability Forum sottolinea che la sterilizzazione forzata è
«una forma di violenza che nega i diritti delle persone con disabilità a formare
una famiglia, a decidere sul numero di figli che eventualmente vogliano avere,
ad avere accesso a informazioni corrette sulla pianificazione familiare e
riproduttiva e a vivere la propria fecondità su basi uguali a quella delle altre
persone».
«In molti Paesi d'Europa è sotto gli occhi di tutti che continua ad essere
praticata la sterilizzazione forzata su molte persone con disabilità e
soprattutto su ragazze e donne per lo più con disabilità intellettive o
psicosociali, senza il loro consenso o la consapevolezza dello scopo specifico
di tali interventi, attuati con il pretesto che essi vengono fatti "per il loro
bene".
Si tratta del mancato rispetto dei loro diritti umani fondamentali, incluso il
diritto all'integrità del proprio corpo e al controllo della propria salute
riproduttiva, violati senza che le persone se ne rendano conto.
Il Forum chiede quindi che
«tutte le Istituzioni Pubbliche continentali rivedano innanzitutto
le strutture legali che regolano la sterilizzazione forzata,
orientandosi verso istituti quali il "consenso informato" e
la "capacità legale", in pieno accordo con lo spirito e i princìpi
della Convenzione ONU, che obbliga i Paesi sottoscrittori di essa
a introdurre riforme per far sì che da una parte la casa e la
famiglia, dall'altra la dignità e l'integrità delle persone con
disabilità siano considerati diritti fondamentali che non possono
più essere violati».
Per cercare di rimediare a tali abusi:
Si è cercato di implementare il protagonismo delle donne disabili nella propria
vita attraverso:
- un lavoro di auto-rafforzamento della personalità delle donne disabili
- la promozione dell’autoconsapevolezza, dell'autoresponsabilità e
dell’autodeterminazione
- la costruzione di una valutazione positiva di sé e della propria autoefficacia
(empowerment)
- La sensibilizzazione circa la rivendicazione dei propri diritti (advocacy).
Gli strumenti utilizzati sono stati la consulenza alla pari ed i corsi di autodifesa
Istruzione e lavoro:
• nel mondo solo l’1% delle donne disabili sa leggere e scrivere, contro il 3%
degli uomini. In Europa, secondo una ricerca commissionata dal Coe nel
2003, soltanto il 25% delle donne con disabilità lavorava contro il 35% degli
uomini.
• Tradizionalmente i bambini con disabilità venivano istruiti in istituti
speciali, o in classi differenziali all’interno delle scuole ordinarie. In questo
quadro, la situazione delle bambine disabili è stata doppiamente
penalizzante, in quanto era invalso (e tarda ad essere sconfitto) il
pregiudizio diffuso in base al quale le donne con disabilità sono dipendenti,
emotivamente instabili e bisognose di cura, e quindi non solo è difficile
istruirle, ma è anche inutile.
• Ancora oggi le donne con disabilità sono quindi orientate a studi che le
porteranno a ricoprire ruoli subalterni (e quindi scarsamente remunerativi)
in ambito lavorativo. Proprio l’inserimento nel mondo del lavoro si
presenta particolarmente complicato per le donne con disabilità, che sono
spesso prive delle competenze necessarie. A ciò si aggiungano i pregiudizi
tradizionalmente presenti nei confronti delle persone disabili e delle
donne: soggetti passivi, dipendenti e fallimentari.
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