MATERIALE DIDATTICO: TEORIA DELL’IMPRESA Prof. Andrea Fumagalli TEORIA DELL’IMPRESA L’impresa è un attore economico sovraindividuale, organizzato composto da individui. Nel 1930 Coase scrive “The nature of the firm” nel quale afferma “la teoria economica sulla produzione non contempla l’impresa come organizzazione individuale, paradosso proprio perché in quel periodo in cui nascono le prime società anonime!!! Esistono 3 diverse interpretazioni dell’organizzazione sovraindividuale e del mercato Impresa o mercato C’è contrapposizione: se c’è l’impresa non c’è mercato e concorrenza, e viceversa L’impresa è un mercato ciascuna impresa rappresenta un “mini” mercato Posizioni miste Il dibattito si basa sulla Teoria dell’equilibrio economico generale, la quale considera esogeno il progresso tecnologico, ma dopo gli anni ’70 inizia proprio un periodo di elevato progresso tecnologico grazie al passaggio all’informatica. 1 LA TEORIA DELL’IMPRESA DI R.COASE Cfr. “The nature of the firm” 1937 pubblicato nell’Economic journal “La ragione principale per cui è profittevole fondare un’impresa 1, è che vi è un costo2 d’uso del mercato” Ipotesi: Incertezza (cfr Keynes) Imperfetta ed incompleta informazione3 L’individuo non è mai sicuro che la sua scelta sia quella ottimale L’individuo è razionale poiché sa che la sua scelta non è ottimale L’individuo si cautela contro l’incertezza dotandosi di informazioni (+ informazioni – incertezza!!) Esistono costi di transizione(legati allo scambio in condizione d’incertezza) Il costo d’uso del mercato si traduce in 1.Costi di coordinazione ↑ al crescere dei partecipanti [n] 2.Costi di incompletezza contrattuale investimento specifico (lock-in) mercato impresa Individuo Nella teoria eq.eco.gen. l’individuo agisce secondo comportamento razionale(strumentale). Dal punto di vista economico l’atto del comportamento umano ha un obiettivo ed il suo comportamento è volto al suo raggiungimento (selfish). Finalità del comportamento economico è possedere merci che possano soddisfare i bisogni. La funzione obiettivo del possedimento di merci varia da individuo ad individuo (personalistica). Tutti gli individui sono diversi, ma il modo con il quale si raggiunge l’obiettivo è uguale per tutti (razionalità massimizzante) “scambio solo se ottengo maggiore utilità rispetto a prima” La teoria economica esclude atti irrazionali, ossia che non portino utilità. 1 Intesa come organizzazione sovraindividuale Legato all’incertezza 3 Nella terminologia moderna 2 2 L’attività non può avvenire in condizioni di incertezza (perfetta e completa informazione) Perfetta: ogni individuo sa cosa scegliere e cosa volere Completa: l’individuo sa quali sono le preferenze degli altri individui. Se c’è perfetta e completa informazione si ha un equilibrio unico ed il migliore possibile (massimizzante) – pareto efficiente. Secondo Coase se ci fosse perfetta-completa informazione l’impresa non avrebbe motivo di esistere. Produttore Dal lato del produttore l’incertezza può manifestarsi sul prezzo. Esso può essere > o < rispetto al prezzo d’equilibrio, perciò il produttore si deve informare. Costi di coordinazione MERCATO A B E C D Ipotesi è la flessibilità totale dei prezzi Per A il prezzo del “vetro” è prezzo di produzione Per B il prezzo del “vetro” è prezzo del fattore produttivo Se A e B avessero perfetta e completa informazione scambierebbero ad un prezzo ottimale Il prezzo che stabiliscono è un prezzo di incompletezza contrattuale(poiché non so se il prezzo mi consente di massimizzare la funzione obiettivo Se A e B hanno informazioni simmetriche (non sanno tutti e 2) il prezzo potrebbe essere ottimale In genere A e B hanno livelli informativi diseguali (una parte sa di +) Il contratto che si determina si definisce incompleto Quando una parte è più informata dell’altra si ha una contrattazione im-pari. Essa inoltre attua un comportamento opportunistico(ha un’opportunità in + grazie a > informazioni). Alla fine l’esito dello scambio favorisce una parte. 3 Può essere conveniente per la parte più debole (dotata di – informazioni) cercare un accordo e sviluppare un rapporto di dipendenza per cercare migliori condizioni di scambio. Può essere + conveniente per la parte + forte creare un accordo con la parte più debole, per assicurarsi gli scambi futuri in un contesto di incertezza (si instaura un rapporto di coordinazione) Si forma quindi un’entità produttiva unica (società) Esempio Coase Mercato A B E C D 5 individui ed ognuno ha dotazioni iniziali 10 scambi bilaterali di conoscenze, capacità, fattori produttivi congruenti nella produzione di un bene Parità tra i contraenti In uno scambio di mercato ci sarebbero scambi per un totale di: Costi di coordinamento n=5 n*(n-1) = 5*4=2 0 Impresa A B E C D Inizia un processo di accordi “E” ha un talento di tipo organizzativo (capacità relazionali) Si forma un’organizzazione sovraindividuale che produce lo stesso bene con un numero minore di scambi 4 scambi unilaterali Esistenza di scambi gerarchici e di un’autorità (imprenditore) Problema del legame tra autorità e diritti di proprietà 4 Costi di incompletezza contrattuale Fanno scaturire i costi di coordinamento e giustificano in comportamenti opportunistici Nel momento in cui un individuo sviluppa e persegue una capacità specifica, effettua un investimento specifico ottenendo competenze specifiche (surplus di informazione specifica in un settore) L’investimento specifico serve a dotarsi di informazioni quasi perfette in un settore Quando 2 individui A e B, che hanno fatto inv.spec. diversi tra loro scambiano, si ha asimmetria informativa Esempio: B cerca un pianista ma non ha studiato per suonare il piano. A è un pianista. Si ha scambio asimmetrico Le informazioni sul giusto prezzo da pagare le sa A B deve pagare ma non sa quale sia il giusto prezzo poiché non ha informazioni A attuerà comportamento opportunistico per percepire un prezzo maggiore rispetto a quello d’equilibrio L’asimmetria informativa non considera un equilibrio pareto-efficiente Conclusioni Impresa e mercato funzionano in maniera diversa (inconciliabili) Impresa è + efficiente del mercato poiché minimizza i costi di transizione Impresa DOMINA il mercato Impresa è un’organizzazione gerarchica su base autoritaria (distribuzione asimmetrica di potere) E’ giustificata la proprietà privata poiché l’impresa è un’organizzazione gerarchica 5 APPROCCIO STRUTTURA – CONDOTTA – PERFORMANCE Negli anni del dopoguerra si instaura un nuovo approccio economico che passa dalla studio dell’individuo a quello del settore. Autori principali sono: J.Bain4, P.Andrews, R.Marris, E.Mason Centralità del potere come oggetto di studio Nasce Economia industriale di settore - Industry economic bisogna Definire il settore sulla base di caratteristiche economiche Individuare le variabili che definiscano la specificità di un settore (variabili di struttura) Variabili di struttura Tecnologia: > livelli di automazione > economie si scala Economia di scala: Bain e gli altri dimostrano come le imprese fossero dotate di rendimenti crescenti di scala (economie di scala statiche) Economie di varietà: possibilità di operare strategi di differenziazione del prodotto Numero di operatori: numero di imprese operanti nel settore, indica la concentrazione Barriere all’entrata ed all’uscita o Libertà di entrata o di uscita dal settore o ↑ delle barriere all’entrata con la catena di montaggio o > grandezza dell’impresa ↓ competitori entrano nel settore o barriere all’uscita: una volta effettuato l’investimento non conviene uscire. Stabilità nel settore e concentrazione, oligopolio. Elasticità della domanda al prezzo: indica le caratteristiche della domanda Per studiare un settore bisogna definire il peso di tutte queste variabili. Sulla base di ciò si determina la condotta. Poi si verificano i risultati (performance). Lo studio di un settore non corrisponde allo studio di un agente economico Il settore non è definibile con un linguaggio formale. L’approccio S-C-P è di tipo descrittivo. 4 Insieme ad Hall-Hitch fa uno studio in 200 imprese chiedendo ai manager quali fossero i loro obiettivi nella gestione dell’impresa. Nessuno dice “massimizzazione del profitto”!!!!Ma ci si riferisce ad altre variabili(di struttura) 6 Variabili di condotta Sono vincolate alle variabili di struttura Variabili strategiche: anni ’47-‘48 Politiche di prezzo: Si va contro l’ipotesi di concorrenza perfetta – contesto taylorista con oligopolio. Esse sono finalizzate ad accrescere quote di mercato. Fanno sì che si arrivi ad una rigidità del prezzo. Un’impresa ↓ prezzi per rubare quote di mercato al concorrente. Il concorrente fa lo stesso ↓ il prezzo. Inizia una rincorsa verso il basso dei prezzi fino ad annullare i profitti. Inizia allora un atteggiamento collusivo anziché concorrenziale. Il prezzo sarà rigido verso il basso e verso l’alto poiché se ↑ prezzo si perdono quote di mercato, ma dipende anche dalle caratteristiche della domanda e del prodotto. In contesto oligopolistico le quantità prodotte sono standardizzate perciò posso incidere solo sul prezzo, che però è rigido. Da ciò le politiche di prezzo sono poco utilizzabili!!! Investimenti Pratiche collusive Fusioni e acquisizioni Differenziazione di prodotto Variabili di performance 5 possibili obiettivi attraverso indicatori (es.ROE,ROI,ecc..) Profitti Costi di produzione Quote di mercato Innovazione Q.tà dei prodotti sono obiettivi intermedi Critica 1. Non c’è una teoria economica alle spalle. Non sono risultati rigorosi ed hanno una valenza generalizzabile. 2. S C P la sequenzialità logica (struttura influenza condotta che a sua volta influenza la performance) implica una struttura eccessivamente rigida 7 2 tipi di critiche: 1- approccio troppo rigido, 2- non si tiene conto della possibilità di feedback: struttura e condotta possono influenzare le variabili di struttura. La critica in generale dice che l’approccio S-C-P si basa sull’esogeneità della struttura di mkt. La rigidità deriva dal postulare l’esogeneità della struttura. 3. Questo approccio va bene solo per alcune forme di mercato (es.oligopolio). In altri ambiti (es.concorrenza perfetta) le variabili di condotta dipendono più dalle caratteristiche della domanda e non sono liberamente utilizzabili. Es in settori con ↓ tecnologie ↓ economie di scala (pelle-calzature) L’approccio è valido solo in alcuni contesti ma non è generalizzabile. 8 MODELLO DI DASGUPTA – STIGLITZ (1980) Criticano l’esistenza di nessi unidirezionali nel S-C-P La variabile principale è la condotta C Criticano l’esogeneità della struttura, essa può essere endogeneizzata. Il progresso tecnologico non è esogeneamente dato, ma dipende dalle politiche di ricerca e P S sviluppo Ipotesi del modello a. Un solo mercato/settore b. Domanda di mkt decrescente rispetto al prezzo p (Q5) funz. Domanda. Esiste un numero n di imprese Q=n*q . Merce omogenea nel settore = bene uguale per tutti(no politiche di differenziazione) Uguaglianza tra domanda e offerta (no eccessi) c. Il costo unitario di produzione [cu] è una funzione decrescente con correlazione negativa della spesa R&S6 (x):cu (x) ↑R&S ↓cu d. Completa informazione (ogni impresa sa cosa fanno le altre e gli effetti delle decisioni sulle altre imprese) ma non perfetta poiché ogni impresa non sa massimizzare i profitti. e. Ciascuna impresa sceglie l’output (q) al livello di max profitto (π) Max π7=[p(q) – cu(x)]*q – x =[p(nq) – cu(x)]*q - x P(q)=ricavi Cu=costi unitari diretti di produzione X=costi di r&s (indiretti di produzione) Ogni scelta di una impresa influenza quella delle altre (completa informazione): QaXa A A1 B B1 C C1 - La condotta dell’impresa influenza il risultato delle altre - La dinamica del settore è data dall’esito dell’interazione tra le imprese e non è la sola sommatoria dei loro comportamenti singoli. 5 Q.tà domandata Variabile di condotta 7 a livello di singola impresa 6 9 Indichiamo con * i valori d’equilibrio delle 3 variabili endogene q, x, n. [q*, x*] sono oggetto di scelta da parte dell’impresa. L’obiettivo del massimo profitto passa attraverso la scelta ottimale sul ricavo q e quello sui costi x. n* è il numero d’imprese che fa annullare i profitti in un mkt con entrata libera, ed è determinato dalle condizioni di entrata: n alto indica concorrenza, basso concentrato. n* è anche variabile di struttura così come x* (opportunità tecnologiche). La performance può essere indicata dal margine unitario di profitto rispetto al prezzo: (P-cu)/P Soluzioni del modello Dasgupta e Stiglitz assumono che le preferenze dei consumatori e le opportunità tecnologiche siano descritte dalle seguenti funzioni isoelastiche8 e costanti. P(q)=σq -ε (funz inversa di domanda) ε =elasticità della domanda al prezzo 1/ε=valore assoluto dell’elasticità : la domanda è una retta poichè la funz è isoelastica=coeff angolare σ =ampiezza del mkt finale, varia da 0(domanda nulla) a +∞ ,quando ↑σ ↑domanda di un bene cu(x)=βxi -α (Funz di produzione=funz dei costi) con i=∑1n α= opportunità tecnologiche, tecniche di produzione, ↑α ↓cu mi dice q.to la tecnologia è efficace e misura q.to varia in meno il costo unitario con una unità in + di costi in r&s β= indica tutti gli altri costi di produzione 1/α=valore assoluto dell’ε di costo rispetto a x β 8 1/α σ 1/ε questi parametri descrivono la struttura del mkt. Si ipotizza una funzione in cui l’elasticità è uguale in tutti i punti 10 Soluzioni del modello sulla base dell’equlibrio di nash (soluzioni di settore) Le 3 soluzioni dipendono dalla singola scelta di x e q [ ]/α n*= ε *(1+α) [1] Si individua un nesso tra opportunità tecnologiche(α) e concentrazione del settore (1/ n*) ↑α ↑ n* <ε > spazio per operare nel settore > concorrenza ↓1/ n* (p* - cu*)/p* = ε/n* [2] (p* - cu*) indica il margine unitario di profitto, esso è un indicatore di performance ↑ profitto ↑ n* poiché molte imprese sono attratte dal settore che fa profitti la concentrazione è negativamente influenzata dall’ε il margine di profitto è: f –(1/ε) e f +(1/n*) (p* - cu*)/p* = α/(1+α) [3] l’ampiezza del margine di profitto è spiegata da α Conclusione la performance è funzione della condotta, influenzando così la struttura l’approccio a cui arrivano Dasgupta – Stiglitz è: C P S 11 LA TEORIA DEI MKT CONTENDIBILI [Baumol, Panzer, Willig, 1980] Determinazione endogena delle condizioni di entrata e di uscita come elemento di variazione della struttura di mkt.9 Ma l’endogeneità della struttura di mkt non dipende soltanto dal comportamento delle imprese (cfr. modello Dasgupta- Stiglitz), bensì dalle condizioni di costo e di domanda10 La tecnologia è esogeneamente determinata, perciò le condizioni di costo sono date11 Esame delle condizioni di entrata e di uscita Ipotesi del modello: 1. Stesse tecnologie (esogena) per tutte le imprese. La tecnologia non è elemento di differenziazione tra le imprese, ciò non implica automaticamente rend marg decrescenti! 2. Possono esserci economie di scala, quindi rend marg crescenti 3. Assenza di investimenti irrecuperabili (sunk costs), le imprese investono ottenendo risultati. Se essi sono insoddisfacenti si può cambiare la tecnologia senza costi (riconvertire le scelte errate) 4. Le imprse operanti sul mkt hanno tempi di reazione più lenti rispetto alle nuove entranti(le nuove imprese hanno + informazioni 5. Curva di domanda decrescente 6. Condizione d’equilibrio tra offerta e domanda Un mkt è contendibile quando l’entrata è completamente libera e l’uscita avviene senza costi (Baumol) Non tutti i mercati sono però contendibili E’ una generalizzazione del concetto di concorrenza perfetta Il settore economico si divide in: Mkt contendibili Mkt non contendibili Nessuna impresa può impedire l’accesso al mkt Le condizioni di costo dipendono dalla tecnologia mentre le condizioni di domanda dalle scelte dei consumatori 11 In Dasgupta – Stiglitz le condizioni di costo erano endogene per cui si potevano scegliere 9 10 12 L’ideale per Baumol è assumere poltiche per ↑ mkt contenbili poiché, indipendentemente dalla forma di mkt, se è contendibile un mkt è soggetto alla concorrenza potenziale(causando comportamenti di tipo preventivo). Quindi le imprese operanti sul mkt devono tenere conto dell’entrata nel settore di nuove imprese (minaccia potenziale), ciò induce ad una elevata concorrenzialità. La libertà di entrata si sostituisce alla nozione di “price taker” Assenza di frizioni Assenza di discriminazioni di costo per le entranti (Stigler) Un mkt contendibile generalizza il concetto di concorrenza perfetta al di fuori del settore: anche il monopolista deve tener conto dell’ingresso di un nuovo concorrente, poiché > extra profitto assume il monopolista in quel settore ↑ imprese concorrenti che vogliono entrare attratte dall’extra profitto In concorrenza perfetta In monopolio p=cm=rm p*>cm=rm Il monopolista ha 2 scelte alternative: Non crede alla concorrenza potenziale (pazzo!!) Tiene conto della possibile concorrenza e si accontenta di una riduzione del profitto, riduce il prezzo fino a quando la minaccia di concorrenza potenziale si annulla(auto-repressione). Il comportamento del monopolista è così simile a quello delle imprese in mkt di concorrenza. Baumol afferma che non conta la forma di mkt ma il grado di concorrenza potenziale, cioè la contendibilità. Essa determina la struttura di mkt la quale viene endogeneizzata. Baumol critica l’esogeneità della della struttra di mkt. In un mkt contendibile una configurazione industriale è definita sostenibile se: 1. Esiste un vettore dei prezzi 2. Esiste un insieme di vettori di output per ogni impresa Tale che 3. Domanda = offerta D = S (il mkt è in equilibrio) 4. Un entrante potenziale non può ottenere profitti positivi ad un prezzo inferiore (c’è liberta di entrata ma non convenienza a farlo, se il nuovo entrante produce ad un prezzo inferiore all’equilibrio non avrebbe profitti) Dire che un mkt è contendibile non significa dire che è soggetto a concorrenza potenziale Secondo Baumol l’extra profitto dipende dalla curva di domanda, dimostrando che sotto il prezzo d’equilibrio non c’è convenienza ad entrare nel setore 13 La sostenibilità di un mkt contendibile dipende quindi dalle condizioni della domanda (il consumatore influenza i comportamenti d’impresa) In un mkt non sostenibile è possibile produrre ad un prezzo inferiore a quello d’equilibrio, c’è quindi convenienza ad entrare nel settore. Come da ipotesi le imprese al di fuori del settore hanno tempi di reazione + rapidi e > informazioni rispetto a quella/e presenti nel settore. La sostenibilità di un settore dipende dal posizionamento della curva di domanda dei beni scelta dai consumatori. Essi attraverso le scelte determinano la forma di mkt del settore influenzando i comportamenti delle imprese NON SOSTENIBILITA’ CASO A: MONOPOLIO 1 SOLO PRODUTTORE p D (domanda) Cu (costo medio) Pm P1 P0 Q0 Qm Q1 Q Rm=cm In concorrenza perfetta P0 = cm = rm Se il mkt è contendibile non sostenibile c’è convenienza ad entrare nel settore. Data la struttura tecnologica esogena, e la non sostenibilità, un impresa concorrente può produrre ad un p1>rm ma p1<pm, togliendo quote di mkt all’ex-monopolista. Il monopolista non si accorge di tutto ciò per l’ipotesi dei tempi di reazione più lenti di chi è dentro il settore. Poi è costretto a ridurre produzione (senza costi) e prezzo per la presenza del concorrente. C’è convenienza ad entrare nel settore fintanto che non si arrivi a p=rm. La situazione di monopolio tende a trasformarsi in una situazione di concorrenza perfetta quando non c’è sostenibilità. 14 SOSTENIBILITA’ CASO B p D Caso di rendimenti marg.crescenti poichè la curva di output si interseca nel tratto discendente Cu P2 Q2 q Non c’è un prezzo + basso che consenta di ottenere profitto(poichè già nel tratto discendente della cu), quindi non c’è convenienza ad entrare Se: P> P2 l’entrante non vende nulla πe<0 P< P2 produce sotto il cu πe<0 Il prezzo di monopolio tende a coincidere con il prezzo di concorrenza perfetta – monopolio mascherato. Se la curva di domanda si posiziona nel tratto discendente della curva di cu si ha la sostenibilità, in quello ascendente si ha la non sostenibilità. Coase: Nel rapporto tra impresa e mkt, l’impresa è + efficiente del mkt poiché gerarchizza l’approccio S-C-P 15 TEORIE MANAGERIALI D’IMPRESA L’impresa manageriale è composta da azioni Si ha la separazione tra azionisti – management, non sempre essi hanno comportamenti collusivi. Quindi separazione tra proprietà e controllo Il 1° modello di teoria manageriale viene sviluppato da Baumol nel 1959, un secondo verrà presentato nel 1963. Stesso anno teoria manageriale di O. Williamson. Nella fine degli anni ’60 R. Marris presenterà il modello di th.manageriale + completo La th manageriale è segue l’approccio S-C-P Tratti comuni della versione manageriale 1. Estensione dell’orizzonte analisi multiperiodale analisi dinamica e non statica. 2 motivi: a. interdipendenza temporale b. tasso di crescita dell’impresa come fattore strategico di successo e sopravvivenza 2. Separazione tra proprietà e controllo Obiettivi differenti: a. Azionisti: dividendi max profitti b. Manager: i.Acquisire importanza all’azienda(e quindi a sé stessi) ma allo stesso tempo offrire risultati per non frasi licenziare(poiché sono a termine). ii. quote di mkt, fatturato crescita dell’impresa ma allo stesso tempo acquisire profitti soddisfacenti per gli azionisti per non perdere il lavoro 3. Comportamento massimizzante: principio della massimizzazione vincolata Max fatturato (acquisire importanza) vincolato a buoni profitti per gli azionisti (altrimenti vengono licenziati) Trade off tra fatturato – profitti 16 4. Influsso del mkt della borsa Essa influenza le strategie d’impresa in 2 modi: Come fonte di finanziamento Come valutazione del “valore” dell’impresa tramite il corso delle azioni IL CONTRIBUTO DI BAUMOL L’obiettivo dell’impresa è massimizzare i ricavi Devo individuare la curva dei ricavi Si suppongono prezzi stabili Per bassi valori di output(y) ci sono rendimenti marginali crescenti, però ad un certo limite diventano decrescenti poiché secondo Baumol inizia ad esserci dell’invenduto CT Max RT CT RT RT π max profitto curva dei profitti π minimo ke garantisce dividendi soddisfacenti Y0 π=0 D C A Y1 π=0 Output y 17 Nei punti Y0 , Y1 si hanno profitti nulli poiché si ha l’intersezione tra la curva di CT e quella di RT Le quantità prodotte dall’impresa, ossia l’output y, individuano le dimensioni dell’impresa La soluzione A sarebbe ottimale per i manager poiché si massimizza la funzione di RT La soluzione D sarebbe ottimale per gli azionisti poiché si massimizzano i profitti In un’impresa marshalliana c’è sempre equilibrio, quindi sia manager che azionisti avrebbero massimizzato le loro rispettive funzioni obiettivo (RT,π) Secondo Baumol non è detto che si trovi una situazione d’equlibrio pareto-ottimale La soluzione finale è la C. Essa non è pareto-ottimale poiché esiste trade-off tra manager – azionisti. I manager saranno sempre costretti ha rinunciare alla massimizzazione della loro funzione obiettivo per garantire livelli di profitto soddisfacenti per gli azionisti ed evitare così di perdere l’incarico.Per avere una soluzione pareto-ottimale gli azionisti dovrebbero accontentarsi di in livello di profitti minore. Ci sono 2 possibili equlibri: 1. il vincolo π non è operativo per cui ye=max RT 2. il vincolo π è operativo e allora: ye<max RT Questo 1° modello di Baumol è un modello statico MODELLO DINAMICO Baumol presenta nel 1962 un nuovo modello pluriperiodale. La differenza sostanziale sta nella determinazione endogena del livello di profitto compatibile con la crescita dell’impresa. Ipotesi: Obiettivo d’impresa max valore delle vendite o il max tasso di crescita delle vendite nel tempo I profitti rappresentano la principale forma di autofinanziamento Le curve di costo sono tradizionali Ipotizzando che i ricavi (R) crescano al tasso g su n periodi, il flusso dei ricavi S sarà: S=R+R*(1+g)+R*(1+g)2+R*(1+g)n=Σi=0 n R*[(1+g)/(1+i)]t Dove i=saggio di sconto utilizzato nella valutazione 18 Obiettivo dell’impresa è perciò max S, per fare ciò occorre max i ricavi correnti R ed il tasso di crescita g. Sappiamo però che il tasso di crescita g dipende dipende dal livello corrente dei profitti anche perché solo in presenza di essi si possono finanziare nuovi investimenti e quindi permettere l’espansione: g=f(π+) La scelta di max ricavi non è vicolata, ma i ricavi futuri dipendono dai profitti maturati Curva dei profitti il tasso massimo di crescita è associato ad un Π max che corrisponde ad un certo ricavo R. Sino al punto A, g ed R crescono, dopo A cresce solo il ricavo ed il tasso di crescita diminuisce. Tra R e g c’è prima una relazione positiva poi negativa g gmax A B R R πmax Curve di isovalore g S3 S2 S1 R Ogni curva di isovalore indica le infinite combinazioni tra R-g che comportano lo stesso valore di S. + sono lontane dall’origine, > sono i valori attesi delle curve. L’impresa cercherà di spostarsi su curve sempre + lontane scegliendo quella coppia [g*, R*] tale da max il valore atteso S. 19 S=f(R,g) S=a1g+a2R g = (S/a1)-[R(a2/a1)] a1 ed a2 sono parametri positivi calcolati sulla base dell’esperienza dell’impresa Il parametro a1 indica l’intensità di autofinanziamento: + l’investimento è efficace, + la quota di profitti per l’autofinanziamento è in grado di garantire profitti elevati Il parametro a2 indica il posizionamento e le potenzialità dell’impresa all’interno del mkt: in monopolio è un parametro elevato, mentre in concorrenza è basso. Equlibrio g S3 S2 S1 A π E ge Re R L’equilibrio dell’impresa si collocherà nel punto di tangenza tra la più alta curva di isovalore e la curva dei profitti ge corrisponde alla allocazione ottimale tra profitti non distribuiti e profitti distribuiti (dividendi) E corrisponde al punto di equilibrio massimo ottenibile dato le condizioni di produzione E per gli azionisti corrisponde al profitto distribuito che permette il max tasso di crescita dell’impresa Manager e azionisti sono soddisfatti: le 2 scelte sono vincolate e massimizzate per entrambi A rappresenta il massimo ricavo ottenibile. Nel contesto multiperiodale non viene scelto come punto di equilibrio poiché i manager scelgono la curva di isovalore + lontana tangente alla curva dei profitti ed A è sotto S2. In un contesto statico i manager sceglierebbero A come punto di equlibrio 20 Tale soluzione permette di individuare endogeneamente il livello minimo di profitto compatibile con la crescita dell’impresa. Conoscendo Re risaliano ad ye mediante la curva RT. RT Re πe RT π ye y Noto ye la curva dei profitti individua unicamente quel livello minimo di profitto πe necessario a finanziare il tasso di crescita ge Nel modello statico si raggiunge un equilibrio pareto ottimale solo se il max ricavo coincide con un dividendo soddisfacente per gli azionisti (cioè se la retta di minimi profitti per gli azionisti è pari o al di sotto del punto di tangenza tra la curva di profitti ed il livello di ricavi). Nel modello dinamico c’è l’individuazione di un punto di equilibrio tra 2 funzioni entrambe vincolate. I manager non riescono a massimizzare in assoluto il ricavo poiché vincolati al tasso di crescita dell’impresa Gli azionisti non si pongono il problema del dividendo soddisfacente poiché si è in un contesto multiperiodale Si arriva alla soluzione che elimina il trade off tra azionisti e manager. Gli azionisti hanno raggiunto la loro funzione obiettivo avendo un profitto. I manager hanno raggiunto il loro obiettivo con il max ricavo vincolato alla crescita dell’impresa. Per Baumol nel contesto multiperiodale (modello dinamico) si arriva ad un equilibrio massimizzante e pareto – efficiente 21 MODELLO DI WILLIAMSON I manager danno + importanza alle azioni12 nelle decisioni strategiche d’impresa Manager hanno potere discrezionale + elevato. Si riduce il trade off introdotto con Baumol Compito principale dei manager è garantire andamento positivo del valore delle azioni Analisi comportamento dei manager partendo dall’ipotesi che cercano di max la loro funz obiettivo Williamson definisce 3 variabili per la funzione di utilità dei managers: 1. Spese per lo staff manageriale/dirigenziale denominate S 2. Altri emolumenti o “fringe benefits” come simbolo del potere di cui dispongono denominati M. (>S,M >utilità) 3. Investimenti discrezionali dei managers come indice della loro libertà d’azione. Se gli investimenti dell’impresa vengono finanziati dai profitti non distribuiti, l’investimento discrezionale tenderà a coincidere con i profitti discrezionali πd (>discrezionalità degli investimenti > quota di profitti non distribuiti) Riassumendo: U=f (S,M, πd) Ipotesi del modello di discrezionalità manageriale: 1. Curva di domanda nota e positivamente correlata con S 2. Il costo totale di produzione ha la forma tradizionale 3. M=0 (no fringe benefits) U=f(S, πd) Quindi: Um=f (S(M), πd) utilità non assoluta ma vincolata π>π 12 profitto minimo quote di partecipazioni nel capitale sociale di un’impresa 22 πd i managers per massimizzare l’utilità si posizionano sulla curva d’indifferenza + esterna 3 2 1 S L’obiettivo dei managers è: max:U=f(S, πd) dove π ≥ π E’ possible individuare una relazione fra S e πd tramite la curva dei profitti πd π=g(S) - πd πd max B Smax S Se i manager riescono ad arrivare al punto B hanno max πd Smax rappresenta il massimo valore delle spese dirigenziali (S) che permette la massimizzazione dei πd Fino a B aumentano sia S che πd dopo descrescono entrambi πd πd max B E Bπmax S* S 23 I manager massimizzano la loro funzione di utilità in E L’equilibrio si trova nel punto ove la curva di indifferenza max è tangente alla curva dei profitti Gli azionisti hanno solo un compito marginale e non partecipano alle scelte dell’impresa (non c’è parità di comportamento tra manager e azionisti come nel modello di Baumol) In questo modello sono i manager a definire il livello di profitti discrezionali πd 24 MODELLO DI MARRIS E’ il modello + completo L’approccio è un misto tra Williamson e Baumol sulla base di un comportamento paritario tra manager e azionisti: per ogni soggetto verrà identificata una funzione di utilità La funzione obiettivo è max fatturato = max espansione = max tasso crescita dell’impresa = max tasso della domanda dei beni prodotti dall’impresa = max prestigio Um=f(gd) S Um=utilità dei managers vincolato alla sicurezza del posto di lavoro S diversificazione S dipende da indicatori di tipo finanziario:↑stabilità finanz.↑stabilità del posto di lavoro x i manager La crescita della domanda dei beni si attua con il fatto che l’impresa produce beni diversi (stereotipo di impresa multinazionale) Marris non si riferisce agli azionisti, ma fa riferimento ai gruppi proprietari di potere: UP=f(gC) non è vincolata UP = Utilità dei proprietari di capitale gC = tasso di crescita del valore dell’impresa: > gC > capitale azionario E’ possibile individuare un tasso di crescita complessivo? MAX g = gd , gc diventa massimizzazione vincolata sotto S Marris considera anche l’esistenza di un vincolo manageriale all’espansione dell’impresa, dovuto al fatto che comunque + di tanto un’impresa non può espandersi, anche nel caso di perfetta identità tra proprietà e controllo S da cosa dipende? Dai risultati ottenuti: + l’impresa cresce, + crea immagine + questo facilita la riconferma dei managers Il perseguimento di strategie finalizzate all’aumento delle dimensioni e delle quote di mkt dell’impresa, deve avvenire in condizioni di stabilità e solidità (Trade off tra crescita – stabilità : ↑ crescita veloce ↓ stabilità. Meglio una crescita lenta e graduale) 25 Parametri di stabilità 1. Leverage o rapporto d’indebitamento a1 = Debiti / Attività dell’impresa = D/A Un aumento di a1 pone rischi di insolvenza e quindi un rischio per i managers Sicurezza del posto di lavoro negativamente correlata ad a1 S=f(a1-) 2. Rapporto di liquidità (cash flow) a2 = Attività liquide / Attività dell’impresa = L/A Un rapporto a2 troppo basso porta a rischio di insolvenza Se troppo alto può attrarre acquisizioni: un eccesso di cash flow indica un settore profittevole, ciò può richiamare l’interesse di altre imprese. Paure del management è che l’impresa venga acquisita da altri (e quindi licenziati), a2 quindi né troppo basso né troppo alto. I manager sono più sensibili al rischio di acquisizioni rispetto al rischio di insolvenza quindi: Sicurezza del posto di lavoro negativamente correlate ad a2 S=f(a2-) 3. Rapporto tra profitti non distribuiti πr e profitti totali πt a 3 = πr / π t Questo rapporto influenza il corso delle azioni, e quindi la sicurezza del posto di lavoro in modo negativamente correlato S=f(a3-) Tutti 3 formano il vincolo finanziario a = f(a1-,a2-,a3-) I manager possono influenzare il vincolo finanziario. Dato che S è influenzata dal vincolo finanziario i manager possono decidere del loro destino. 26 Formalizzazione del modello 1. I managers determinano in modo soggettivo la politica finanziaria dell’impresa, cioè il valore di a. 2. Si suppone che l’impresa cresca seguendo una politica di diversificazione, sulla base del saggio di diversificazione d 3. Il prezzo (dato) è supposto esogeno (P); e così pure i costi di produzione (C) Non si attuano strategie di prezzo Si possono attuare solo strategie di diversificazione 2 condizioni per le strategie di diversificazione: - r&d - pubblicità L’impresa può decidere il livello di pubblicità A o le spese in R&D per attuare strategia di diversificazione Il margine di prezzo è residuale ed è inversamente correlato con A e R&D P = C + A + R&D + m m=margine di profitto medio Sono riferiti ad unità di prodotto ricavo per unità di prodotto m = P – C(A) – (R&D) I livelli di profitto dipendono solo da strategie di diversificazione e non da strategie di prezzo Tutte le variabili strategiche sono inglomerate in 3 strumenti: 1. Politica finanziaria a , poiché influenza S 2. Politiche d’espansione d 3. Politiche d’investimento m 27 Determinazione del saggio di crescita g Il vincolo finanziario è una variabile soggettiva m residuale L’unica variabile su cui possono puntare i managers è la diversificazione La strategia di d dipende dal numero di merci prodotte diversificate ↑ beni diversificati ↑ probabilità fallimento dei nuovi beni / ↓ probabilità di successo dei nuovi beni Rendimenti marginali decrescenti dei nuovi beni prodotti Gd= f (d,K) d = N° beni diversificati K= Probabilità di successo dei beni diversificati (variabile principale) Il saggio di crescita dipende dal saggio di diversificazione d e dalla % di prodotti K lanciati che vanno a buon fine K dipende dalla politica di investimento dell’impresa oltre che dal saggio di diversificazione d - - + + K = f (d ,P ,A ,R&D ) Poichè m è correlato negativamente con A e R&D Gd d↑ K↓ occorre ↑ (A,R&D) ↓m Trade off tra gd e m (livello dei profitti medi) gd d 28 gd=f(d) m1 gd=f(d) m2 gd=f(d) m3 gd d Determinanti del saggio di crescita gc Dato il vincolo finanziario: gc = f(π) dove π=profitto totale Quindi : gc = a π Si supponga a costante π=f (m,k/y) Il livello dei profitti totali dipende da m e dall’efficienza produttiva dell’impresa (k/y)=rapporto capitale/output Per valori bassi di d k/y↑ Per valori alti di d k/y↓ π = f(m,d) indica il successo delle politiche di diversificazione Gc= a [f(m,d)] Graficamente gc gc=f(d),m,a ↓d ↑gc ; ↑d ↓gc gc m3 m3>m2>m1 m2 m1 d d 29 Dato a compatibile con S: g=gc=gd Curva d’equilibrio bilanciato (rappresenta il bilanciamento tra la funzione di utilità dei managers e quella degli azionisti di riferimento) gd m1 gd gc gc m3 m3>m2>m1 gd m2 gc m2 gd m3 gc m1 C B A Curva dell’equilibrio bilanciato d de al quale verra associato un certo Azionisti vogliono m3 ↑m ↑dividendi! Managers vogliono m1 Si sceglie il punto C gc=gd y m1 , de In conclusione : gd = f(m,d) π = f(m,d) gc = a f(m,d) 1. E’ possible l’equilibrio d’impresa? C’è un equilibrio unico d’impresa che contiene i 2 equilibrio parziali di managers e azionisti 2. Di che tipo è? Pareto o non-Pareto ottimale? E’ un equilibrio sub-ottimale sia per gli azionisti che per i managers 3. In caso di trade-off chi perde? Ci perdono sia azionisti che managers In Baumol equilibrio ottimale per gli azionisti, in Marris equilibrio democratico che scontenta tutti! 30 L’IMPRESA COME FUNZIONE DI PRODUZIONE DI SQUADRA: LA TEORIA DEI TEAMS 1972 [Alchian – Demsetz] spiegazione del perché esiste l’impresa 1981 – 85 [Grossman, Hart, Moore] L’equilibrio che si raggiunge è pareto ottimale Nuovo concetto di funzione di produzione: bisogna rimodernare quella vecchia inserendo i rendimenti marginali crescenti delle economie di scala (in crisi negli anni ’70) Q Qa n=α N Funzione di produzione di squadra (Team production function) L’output è il risultato della combinazione di 2 o più input Il contributo individuale di ogni fattore non è misurabile! Nel momento in cui si usano congiuntamente i fattori di produzione c’è un “surplus” di produzione che non si sa attribuire ad un solo fattore Formalizzazione: y=f (z1,……..zn) y=output z=input 31 Se la derivata parziale mista è maggiore di 0, cioè : ∂y / ∂z1 , ∂z2 > 0 contributo congiunto di 2 fattori Allora si dice che non vi è separabilità nella produttività dei singoli input (non si sa misurare il contributo reale di ogni singolo input alla produzione finale, ciò implica problemi redistributivi) Y=100 z1=40 z2=50 avanza 10!!!e non si sa di chi è!! La giusta remunerazione del lavoro è la produttività marginale e la scelta redistributiva dipende dalla tecnologia: la distribuzione del reddito è oggettiva La produttività di un input non dipende solo dalla quantità utilizzata ma anche dall’uso degli altri input Ciò significa che vi sono rendimenti di scala crescenti La funzione di produzione di squadra deve essere almeno a 3 dimensioni Input 1 Input 2 Output Non c’è una regola oggettiva di distribuzione dell’output Si crea incertezza e quindi incompleta informazione Non essendo calcolabile il contributo di ciascun singolo input, vi è l’incentivo ad adottare un comportamento di free-riding (ogni fattore produttivo è incentivto ad adottare un comportamento opportunistico facendo leva sulla carenza informativa) z1 z2 A B Ogni parte cerca di attribuirsi il surplus, soprattutto quella + informata (A). Riesce ad avere una q.tà > produttività marginale C D Equilibrio ottimale per A, ma sub-ottimale per gli altri z3 z4 32 Alchian e Demsetz si pongono la questione di come impedire tale comportamento di free-riding, la cui esistenza porta a una produzione sub-ottimale (comportamento opportunistico) 2 possibili casi Comportamento cooperativo z1 z2 A B C D z3 z4 A deve avere elevati valori di cooperativismo senza voler sfruttare la sua > informazione e sa la q.tà di output che produce e non se ne attribuisce di più Vale l’ipotesi che tutti i componenti della squadra condividono lo stesso obiettivo: in tal modo il comportamento individuale sarebbe vantaggioso per tutti e l’efficienza verrebbe garantita Comportamento utilitaristico (il + diffuso) Ogni individuo vuole la max utilità (caratterizzata dal possedimento delle merci) ed usa la sua > informazione per scaricare sugli altri i “costi” della produzione. Per raggiungere l’efficienza paretiana? Una soluzione consiste nel designare un individuo che funga da supervisore, cioè un controllore dell’impegno e misuratore della produttività individuale Chi controlla il controllore? Bisogna incentivare il controllre a non prendere le “mazzette” dagli altri individui Meccanismo di incentivi Alchian e Demsetz suggeriscono che il controllore debba appropriarsi del residuo (profitto) rimasto dopo che gli input sono stati remunerati sulla base del loro contributo misurabile. Il controllore è così incentivato a reprimere comportamenti opportunistici 33 Definizione di proprietà z1 z2 A B E C D z3 z4 E’ proprietario colui che ha diritto al residuo Il diritto al residuo della produzione attrae la funzione di controllore E E paga i fattori sulla base della produttività marginale e viene remunerato per le sue capacità organizzative Cosa vuol dire avere diritto di proprietà dell’impresa? - Avere la proprietà dei mezzi di produzione? NO… Diritto solo al residuo Ognuno proprietario del proprio fattore Quindi il controllore è proprietario L’impresa nasce dal mkt e garantisce uno stabile equilibrio pareto-ottimale, senza l’impresa il mkt avrebbe un equilibrio sub-ottimale. Nell’impresa c’è asimmetria ma non esercizio di potere. Limiti dell’approccio 1. Non esiste separazione tra proprietà e management 2. La teoria non può applicarsi alle imprese cooperative 3. Non vengono definiti i limiti dell’impresa (il controllore potrebbe essere dipendente di un’altra impresa oppure i titolari degli input potrebbero avere dei contratti di sub-fornitura) 4. La spiegazione tecnologica alla funzione di produzione di squadra è insufficiente (asimmetrie informative) 5. Problema dell’incompletezza contrattuale L’impresa esiste per ridurre l’incompletezza contrattuale esistente: senza di essa il mkt fallirebbe! Servono forme di regolazione del mkt - Stato Impresa: con essa il mkt si auto-controlla per ridurre il rischio di incompletezza contrattuale 34 Grossman - Hart – Moore 1986 – 1990 Proprietà=esericio dei diritti residuali di controllo (derivante dall’incompletezza contrattuale) Esistono rapporti di complementarietà z1 z2 A B C D z3 z4 Investimenti specifici rischio lock-in Socièta con scambio di conoscenza (es.capitale umano) Per ridurre il rischio di lock-in Coalizione13=interdipendenza di investimenti specifici organizzazione Condizioni di efficienza paretiana di un’allocazione organizzata (impresa) 1. Proprietà = sostituibilità minima 2. Contributo proprietari massimo (efficiente) Chi fa il capo? 2 soluzioni: 13 - Arbitrato: intervento legislativo regolatore - Individuazione della struttura di autorità all’interno della coalizione Forma stabile di complementarietà. Le auto organizzazioni danno origine a scambi non assimilabili al mkt. 35 Esempio della crociera sul pacifico: A chef B skipper Si aggiunge C miliardario anonimo che non sa guidare una barca (è un consumatore che esprime una domanda, non ha investimenti specifici) E’ conveniente per tutti far nascere un rapporto di scambio A B sono fattori produttivi A: l’individuo di cui ha + bisogno è C B: l’individuo di cui ha + bisogno è C Si forma un ranking sulla base del grado di sostituibilità all’interno della coalizione. Il meno sostituibile è C 1° C 2°B 3°A La specificità dell’investimento specifico, sulla base delle preferenze, ha posizione di sostituibilità diversa. Si pone una gerarchia. Il ranking deriva da: - Tipo di investimento specifico: > esclusività < grado sostituibilità Sono le condizioni della domanda che determinano il tipo di formula all’interno della coalizione E’ conveniente (efficiente) per A e B assegnare la proprietà a C Il fatto che C sia miliardario è frutto di investimenti specifici passati Conclusioni 1. La proprietà garantisce la pareto-ottimalità L’organizzazione deve avere un proprietario e chi comanda deve avere libertà di esercitare il comando. Ottimalità anche per chi ha sostituibilità massima 2. Ci sono dei casi con arbitrati Abusi di autorità senza sostituibilità bassa (non diritto ad esercitare il controllo) danno luogo ad interventi regolatori (es.anti-trust). Abusi di responsabilizzazione del vertice 36 TEORIA DEGLI INCENTIVI Gli incentivi nascono dall’incompletezza contrattuale Da cui si sviluppa Free riding (comportamento opportunistico) obiettivo Minimizzazione opportunismo attraverso Incentivi espliciti: monetari (appropriarsi del residuo) Incentivi impliciti: non contrattuali (hanno a che fare con la struttura interna) 1. Carriere e dinamica dei mkt interni del lavoro all’interno della coalizione( premi produzione, partecipazione ai dividendi ecc..) 2. Contratti impliciti (regolamentazione giuridica: Se fai bene avrai qualcosa in +!!) 3. Reputazione dell’impresa (Se ha una brutta reputazione non voglio lavorarci!) Con questi incentivi è possibile ridurre il rischio di comportamenti opportunistici Conclusione della teoria neo-neoclassica Non c’è divergenza tra impresa e mkt L’impresa nasce dal mkt riducendo il suo fallimento in presenza di comportamento opportunistico 37 TEORIA DEI COSTI DI TRANSAZIONE DI WILLIAMSON Williamson ritiene importanti i costi di coordinamento poiché consentono la congiunzione tra capitale e lavoro, mentre trascura i costi di incompletezza contrattuale che si trovano ovunque. Costi di coordinamento: sono costi che supporta chi ha la proprietà dei mezzi di produzione per coordinare il fattore lavoro L’impresa è un’entità organizzativa organizzata: Studiare costi di transazione significa studiare forme di organizzazione Impresa forma organizzativa complessa Chandler individua 2 forme organizzative FORME DI ORGANIZZAZIONE DAL DOPOGUERRA IN POI Lo sfruttamento delle economie di scala statiche permette ↑ output combinato all’utilizzo di nuove tecnologie di automazione che permettono ↓costi unitari Forma a U (Unidivisionale – U-form) anni ‘60 Direzione (staff manageriale) Funz. produzione funz. comm.ne funz.amm.va/contabile funz marketing Questa è l’organizzazione complessa riscontrabile nella > parte delle imprese La struttura è piramidale e c’è un comando centrale Entra in crisi negli anni ’60 con il calo della produttività L’impresa che ha acquisito autonomia rispetto al mercato è in grado di incidere sul mercato. Sotto la direzione troviamo la divisione, la struttura gerarchica è basata sulla teoria della PROGETTAZIONE (fatta da coloro che hanno determinati processi di apprendimento, lavoro intellettuale, innovazione del prodotto), ESECUZIONE (lavoro produttivo, dipende dalla conoscenza della tecnologia, rapporto tra macchinario e forza lavoro, innovazione di processo) e COMMERCIALIZZAZIONE (valorizzazione della produzione, lavoro impiegatizio, vendita del prodotto). Nell’impresa U-FORM chi opera nelle fasi di esecuzione non ha investimenti specifici, non deve attuare processi di apprendimento. Passaggio verso 38 Forma multidivisionale (M –form) anni ‘70 Direzione div. 2 div . 1 div.3 Incremento di complessità Oltre una certa soglia dimensionale avviene il passaggio da rendimenti crescenti a decrescenti Si attuano politiche di differenziazione all’interno del settore U-form per vari prodotti ↑ crescita dell’impresa ↑ coordinamento centrale La crescita della grande impresa negli anni ’60 ha portato al passaggio dalla forma U M Secondo Williamson si crea una distorsione nella struttura dei costi. I costi di transazione diventano preponderanti o tendono ad aumentare + degli altri costi. Essi sono costi di coordinamento. I costi di gestione tendono ad essere costi fissi ↑ crescita ↑ costi fissi ciò porta situazione di crisi ↑ costi gestione ↓ profitti Processi di ristrutturazione delle imprese 39 Negli anni ’70 si cerca una soluzione: Flessibilizzazione della tecnologia/automazione Strategie di downsizing (↓ dimensioni), esternalizzazioni e outsourcing Possibilità di garantirsi cash flow. ↑ dimensioni ↑ indebitamento Poiché le tecnologie taylorsiste ↑ costi, si hanno problemi di gestione finanziaria Negli anni ’70 arriva alla fine la M-form taylorista Anni ’70-’80 ridefinizione delle forme organizzative complesse: obiettivo ↓ costi transazione Vari tentativi di modelli organizzativi GRUPPO ORGANICO GRUPPO PARITETICO HOLDING (forma org. per risolvere il vincolo finanziario) Favorisce il ricorso al mkt finanziario Spezzettamento tra le varie divisioni (spesso assumono anche gestione finanziaria separata per proteggere le produzioni che vanno bene) Successo tra gli anni ’70 ’80 negli USA (Italia) (Giappone –Sud Korea) Forma dominante Conglomerati finanziari simili alle Holding, ma riorganizzati per una > produttività. Controllo delle tecnologie e del flusso finanziario ↓ gerarchia Controllo senza proprietà ma con il condizionamento + autonomia singole divisioni + flessibilità organizzativa ↓ costi di transazione Successo manager. Efficienza organizzativa degli anni ’80 in giappone Organizzazione flessibile Grande impresa a forma di costellazione Molti satelliti Centro ha > potere gerarchico Sviluppo di rapporti di subfornitura all’interno Es.Benetton Gestivano le componenti immateriali, franchising, scaricano i rischi ai produttori.Sviluppo di ↑capacità persuasive ↑immagine 40