Il marketing olistico di Philip Kotler
Marketing Journal
“Il Marketing in movimento”
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Estratto da un intervento di Philip Kotler
14/05/2010
http://www.marketingjournal.it/marketing-olistico-philip-kptler/
…Vorrei farvi notare che molte imprese usano in modo errato il Marketing, o non lo usano
del tutto.
In molti reparti del MKT l’unica cosa che avviene è quello che chiamiamo il “mar.com”. e
cioè la comunicazione nel MKT, marketing comunication.
Un esempio di “mar.com” in un’impresa globale è quello di Mac Donald’s.
Quello che io vedo che avviene al Mac Donald’s è, nella sostanza, che abbiamo delle
comunicazioni. Il MKT non riguarda le strategie, riguarda l’esternalizzazione di comunicati
stampa e di tutta una serie di documenti.
Quello che io voglio suggerire è un nuovo concetto di MKT. Quando abbiamo iniziato, siamo
partiti dall’idea che il MKT fosse vendita. Poi abbiamo compreso che avevamo bisogno di
passare a qualcosa di più sofisticato e quindi siamo passati al concetto che il MKT sia la
comprensione delle necessità e il loro incontro, cioè venire incontro alle necessità così come
le abbiamo comprese, quindi individuare delle necessità e dei bisogni e rispondere a questi
bisogni.
Poi abbiamo iniziato a dire: ma c’è di più, c’è ancora di più! C’è qualcosa di meglio e cioè
anticipare i bisogni; immaginare quindi un’impresa molto creativa, che va al di là del
semplice ascolto dei bisogni.
Ma un’impresa creativa è una impresa che osserva e anticipa i nuovi trend, e i nuovi
bisogni.
Quindi siamo giunti alla conclusione che le imprese più creative di fatto creano le necessità
e i bisogni, e il MKT non deve per forza avere un solo tipo di rapporto rispetto ai bisogni
esistenti, ma piuttosto deve essere messo in rapporto allo sviluppo di nuovi livelli di stili di
vita.
Un esempio di questo nuovo modello è la Sony, che dedica molto tempo a creare prodotti
che nessuno ha mai chiesto prima o sapeva che esistessero. Quindi, ai livelli più alti, una
ditta crea nuove offerte che migliorano la qualità della vita dei fornitori, con prodotti che
non erano neanche nell’immaginazione dei consumatori.
Quello a cui stiamo lavorando noi ora è un concetto che chiamiamo “Marketing olistico”,
e con questa definizione intendiamo tre cose: la prima, che il MKT può funzionare solo se
viene compreso da tutta l’impresa, se è pervasivo. Non può funzionare se è solo un reparto
che lo attua; ha bisogno che tutti pensino al cliente, non è sufficiente che le cosiddette
“quattro P” vengono sviluppate come Piano di MKT, cioè Prodotto, Piano, Luogo e
Produzione, in italiano non sono tutte e quattro delle P ma comunque…!
Di fatto tutto può crollare perché magari il prodotto è buono ma non viene spedito in tempo
utile, oppure non è stato costruito con la qualità giusta, oppure perché il reparto della
contabilità non ha risposto alle domande poste dal cliente, così che il primo significato di
“olistico” è che questa idea deve essere abbracciata e sposata da tutti all’interno di
un’impresa.
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Il secondo fattore è che dobbiamo considerare il cliente in modo più olistico, e cioè non
solo l’impresa deve essere olistica ma anche i clienti devono essere considerati in modo più
olistico, e per fare questo dobbiamo interessarci di almeno due dimensioni del cliente: la
prima, la differenza tra il suo comprare qualcosa e il suo utilizzare un qualcosa; cioè
dobbiamo iniziare ad aiutare il cliente a trarre valore dal suo acquisto…”
“La seconda è che dobbiamo vedere l’acquisto da parte del cliente in un contesto più ampio,
cioè dobbiamo chiederci a che cos’altro può essere interessato questo consumatore. In
altre parole dobbiamo analizzare il contesto.
Molte imprese ora stanno passando ad un’idea che si chiama Customer share e che
proviene proprio da un’idea solistica: vogliamo essere messi in compartecipazione,
vogliamo una quota maggiore del business del cliente.
Per esempio, se vendiamo al cliente un abito, ecco che probabilmente gli diremo: questa è
una camicia e una cravatta che andrebbero molto bene con l’abito che lei ha appena
acquistato. Cioè il punto è quello di considerare il cliente al di là della transazione appena
effettuata.
È un discorso miope quello di considerare solamente la transazione e supporre che il
rapporto sia terminato….”
” Un’impresa, per essere olistica, deve abbracciare una terza idea ovvero deve lavorare con
dei partner, con dei collaboratori; ci deve essere collaborazione, non può fare tutto da sola.
Questo è particolarmente vero quando guardiamo quello che avviene con l’outsourcing.
Molte imprese ora stanno de-capitalizzando si stanno liberando della proprietà di molti
assett, quindi preferiscono essere proprietari di marchi e lasciare ad altri invece la
proprietà degli assett.
Il primo compito è identificare le opportunità di mercato, e questo è lavoro di coloro che
sono addetti al MKT, e lavoro di tutti ma in particolare degli addetti al MKT, quello cioè di
aiutare l’impresa a identificare e qualificare e valutare le opportunità. Queste opportunità
non verranno scoperte dalle persone della produzione o dai contabili, ma sono piuttosto
gli addetti al MKT, perché hanno una mentalità di MKT, che vuole dire notare le necessità
potenziali, le offerte potenziali, e queste sono quelle che chiamiamo le opportunità…”
” Il secondo compito di un’impresa è quello di progettare delle offerte distinte, che vengano
incontro alle diverse opportunità, e non avere delle copie di prodotti già esistenti sul
mercato, i cosiddetti prodotti “me too” che non andranno da nessuna parte, ci deve essere
una capacità non solo nel creare l’offerta ma anche nel creare un’offerta distintiva e offrire
qualcosa di diverso. Dopo che abbiamo trovato l’opportunità, dopo che abbiamo effettuato
un’offerta distintiva, ecco che creiamo, in terzo luogo, quella che chiamiamo una business
architecture, un modello di business, una architettura di business.
Con questo intendo dire che abbiamo messo insieme le persone e i processi che
sosterranno, e che porteranno al successo questo brand.
L’architettura del business, o modello di business, vuol dire anche avere un modello
economico che mi dice che produrrò denaro. Uno dei motivi per cui le industrie
tecnologiche dell’informazione hanno in un certo senso fallito. Il loro modello di business
era il seguente: se io riesco ad avere abbastanza visitatori ne mio sito WEB, se arrivo ad
avere abbastanza persone che cliccheranno Amazon.com, Ibe.com o Qualsiasi.com, ecco
che i profitti deriveranno semplicemente dal fatto che le persone vengono a cliccare il
nostro sito.
Ma questo non è un modello business; questo è un sogno e tale rimane...”
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” Dopo avere svolto i tre compiti di cui abbiamo appena parlato, rimane quello di trovare
le opportunità, di rendere la vostra offerta unica, e di avere un modello di architettura di
business. Il compito è quello di creare valore. E questo è il lavoro del Marketing, cioè creare
valore, perseguire il valore; il valore non solo dal vostro punto di vista ma anche dal punto
di vista del potenziale cliente…”
” … oggi il problema non è la mancanza di prodotti sul mercato; oggi il problema è piuttosto
la mancanza di clienti. Quindi la capacità di cui abbiamo bisogno è di essere migliori nel
creare valore, valore unico, distintivo, superiore, che ci porterà nuovi clienti, che vincerà
sugli altri competitors...”
” Quali erano le capacità tradizionali nel MKT e quali sono le nuove capacità richieste?
Ci sono quattro capacità tradizionali nel MKT e queste devono essere comunque fatte bene.
La prima: ricerche di mercato; quindi la ricerca all’interno del MKT è il punto di partenza
per l’identificazione delle opportunità e per lo sviluppo di prodotti che siano in linea con le
aspettative dei clienti.
Due: la capacità di pubblicizzare, e quindi fare pubblicità, la capacità di comunicare un
marchio, dare cioè un lato emotivo, un potere emotivo alla vostra offerta.
Tre: la capacità della promozione delle vendite, che non è la stessa della pubblicità,
attenzione! Il termine che noi usiamo per descrivere questi pacchetti di incentivi che
possiamo dare ai nostri clienti è proprio “promozione delle vendite”, cioè perché comprino
oggi ecco che noi abbiamo dato loro degli incentivi ieri.
La pubblicità non fa si che il cliente si alzi dal televisore e vada immediatamente in negozio
a comprare un prodotto; quello che fa la pubblicità è depositare nella mente del
consumatore una coscienza, forse un interesse, se è un prodotto fantastico o una
preferenza, ma questo non porta direttamente all’acquisto.
D’altro canto, se vi viene detto che solo oggi potete acquistare il prodotto al 50% del prezzo,
questa è promozione di vendita (sales promotion); la sales promotion è fatta di coupon, è
fatta di sconti, è fatta di cedole; se comprano qualcosa date loro un regalo.
Quarto punto estremamente importante è la gestione delle vendite, (sales management).
Sappiamo che le forze sono costose, queste forze, soprattutto quando si tratta degli
strumenti ovvero soprattutto nel business to business dobbiamo essere in grado di gestire
proprio l’economia di una forza di vendita. Si può scrivere un libro sulla ricerca di mercato,
sulla pubblicità, un altro sulla sales promotion o un libro sulla gestione delle forze vendita.
Questi testi sono tutti già stati scritti, eppure vi sono molte imprese che sono pessime in
questi reparti, e non sto entrando nelle nuove competenze, sto parlando di competenze
tradizionali, quelle che ogni azienda dovrebbe conoscere e utilizzare...”