TEORIA DELL`IMPRESA - parte Fumagalli

MATERIALE DIDATTICO:PARTE I del corso
Prof. Andrea Fumagalli
TEORIA DELL’IMPRESA
L’impresa è un attore economico sovraindividuale, organizzato composto da individui.
Nel 1920 Coase scrive “The nature of the firm” nel quale afferma “la teoria economica sulla
produzione non contempla l’impresa come organizzazione individuale, paradosso proprio perché in
quel periodo in cui nascono le prime società anonime!!!
Esistono 3 diverse interpretazioni dell’organizzazione sovraindividuale e del mercato
Impresa o mercato
C’è contrapposizione:
se c’è l’impresa non c’è
mercato e concorrenza, e
viceversa
L’impresa è un mercato
ciascuna impresa rappresenta
un “mini” mercato
Posizioni miste
Il dibattito si basa sulla Teoria dell’equilibrio economico generale, la quale considera esogeno il
progresso tecnologico, ma dopo gli anni ’70 inizia proprio un periodo di elevato progresso
tecnologico grazie al passaggio all’informatica.
1
LA TEORIA DELL’IMPRESA DI R.COASE
Cfr. “The nature of the firm” 1937 pubblicato nell’Economic journal
“La ragione principale per cui è profittevole fondare un’impresa 1, è che vi è un costo2 d’uso del
mercato”
Ipotesi: Incertezza (cfr Keynes)

Imperfetta ed incompleta informazione3

L’individuo non è mai sicuro che la sua scelta sia quella ottimale

L’individuo è razionale poiché sa che la sua scelta non è ottimale

L’individuo si cautela contro l’incertezza dotandosi di informazioni (+ informazioni –
incertezza!!)
Esistono costi di transizione(legati allo scambio in condizione d’incertezza)
Il costo d’uso del
mercato si traduce in
1.Costi di coordinazione
↑ al crescere dei partecipanti [n]
2.Costi di incompletezza contrattuale
investimento specifico (lock-in)
mercato
impresa
Individuo
Nella teoria eq.eco.gen. l’individuo agisce secondo comportamento razionale(strumentale).
Dal punto di vista economico l’atto del comportamento umano ha un obiettivo ed il suo
comportamento è volto al suo raggiungimento (selfish).
Finalità del comportamento economico è possedere merci che possano soddisfare i bisogni.
La funzione obiettivo del possedimento di merci varia da individuo ad individuo (personalistica).
Tutti gli individui sono diversi, ma il modo con il quale si raggiunge l’obiettivo è uguale per tutti
(razionalità massimizzante) “scambio solo se ottengo maggiore utilità rispetto a prima”
1
Intesa come organizzazione sovraindividuale
Legato all’incertezza
3
Nella terminologia moderna
2
2
La teoria economica esclude atti irrazionali, ossia che non portino utilità.
L’attività non può avvenire in condizioni di incertezza (perfetta e completa informazione)
 Perfetta: ogni individuo sa cosa scegliere e cosa volere
 Completa: l’individuo sa quali sono le preferenze degli altri individui.
Se c’è perfetta e completa informazione si ha un equilibrio unico ed il migliore possibile
(massimizzante) – pareto efficiente.
Secondo Coase se ci fosse perfetta-completa informazione l’impresa non avrebbe motivo di
esistere.
Produttore
Dal lato del produttore l’incertezza può manifestarsi sul prezzo. Esso può essere > o < rispetto al
prezzo d’equilibrio, perciò il produttore si deve informare.
Costi di coordinazione
MERCATO
A
B
E
C
D

Ipotesi è la flessibilità totale dei prezzi

Per A il prezzo del “vetro” è prezzo di produzione

Per B il prezzo del “vetro” è prezzo del fattore produttivo

Se A e B avessero perfetta e completa informazione scambierebbero ad un prezzo ottimale

Il prezzo che stabiliscono è un prezzo di incompletezza contrattuale(poiché non so se il
prezzo mi consente di massimizzare la funzione obiettivo

Se A e B hanno informazioni simmetriche (non sanno tutti e 2) il prezzo potrebbe essere
ottimale

In genere A e B hanno livelli informativi diseguali (una parte sa di +)

Il contratto che si determina si definisce incompleto

Quando una parte è più informata dell’altra si ha una contrattazione im-pari. Essa inoltre
attua un comportamento opportunistico(ha un’opportunità in + grazie a > informazioni).
3

Alla fine l’esito dello scambio favorisce una parte.

Può essere conveniente per la parte più debole (dotata di – informazioni) cercare un accordo
e sviluppare un rapporto di dipendenza per cercare migliori condizioni di scambio.

Può essere + conveniente per la parte + forte creare un accordo con la parte più debole, per
assicurarsi gli scambi futuri in un contesto di incertezza (si instaura un rapporto di
coordinazione)

Si forma quindi un’entità produttiva unica (società)
Esempio Coase
Mercato
A
B
E
C
D

5 individui ed ognuno ha dotazioni iniziali

10 scambi bilaterali di conoscenze, capacità, fattori produttivi congruenti nella produzione
di un bene

Parità tra i contraenti

In uno scambio di mercato ci sarebbero scambi per un totale di:
Costi di coordinamento
n=5 n*(n-1)/2= 5*4/2=10
Impresa
A
B
E
C
D

Inizia un processo di accordi

“E” ha un talento di tipo organizzativo (capacità relazionali)

Si forma un’organizzazione sovraindividuale che produce lo stesso bene con un numero
minore di scambi

4 scambi unilaterali

Esistenza di scambi gerarchici e di un’autorità (imprenditore)

Problema del legame tra autorità e diritti di proprietà
4
Costi di incompletezza contrattuale

Fanno scaturire i costi di coordinamento e giustificano in comportamenti opportunistici

Nel momento in cui un individuo sviluppa e persegue una capacità specifica, effettua un
investimento specifico ottenendo competenze specifiche (surplus di informazione specifica
in un settore)

L’investimento specifico serve a dotarsi di informazioni quasi perfette in un settore

Quando 2 individui A e B, che hanno fatto inv.spec. diversi tra loro scambiano, si ha
asimmetria informativa
Esempio:
 B cerca un pianista ma non ha studiato per suonare il piano. A è un pianista. Si ha scambio
asimmetrico

Le informazioni sul giusto prezzo da pagare le sa A

B deve pagare ma non sa quale sia il giusto prezzo poiché non ha informazioni

A attuerà comportamento opportunistico per percepire un prezzo maggiore rispetto a quello
d’equilibrio
L’asimmetria informativa non considera un equilibrio pareto-efficiente
Conclusioni

Impresa e mercato funzionano in maniera diversa (inconciliabili)

Impresa è + efficiente del mercato poiché minimizza i costi di transizione

Impresa DOMINA il mercato

Impresa è un’organizzazione gerarchica su base autoritaria (distribuzione asimmetrica di
potere)

E’ giustificata la proprietà privata poiché l’impresa è un’organizzazione gerarchica
5
APPROCCIO
STRUTTURA – CONDOTTA – PERFORMANCE
Negli anni del dopoguerra si instaura un nuovo approccio economico che passa dalla studio
dell’individuo a quello del settore.
Autori principali sono: J.Bain4, P.Andrews, R.Marris, E.Mason
Centralità del potere come oggetto di studio
Nasce
Economia industriale di settore - Industry economic
bisogna


Definire il settore sulla base di caratteristiche economiche
Individuare le variabili che definiscano la specificità di un settore (variabili di struttura)
Variabili di struttura






Tecnologia: > livelli di automazione > economie si scala
Economia di scala: Bain e gli altri dimostrano come le imprese fossero dotate di rendimenti
crescenti di scala (economie di scala statiche)
Economie di varietà: possibilità di operare strategi di differenziazione del prodotto
Numero di operatori: numero di imprese operanti nel settore, indica la concentrazione
Barriere all’entrata ed all’uscita
o Libertà di entrata o di uscita dal settore
o ↑ delle barriere all’entrata con la catena di montaggio
o > grandezza dell’impresa ↓ competitori entrano nel settore
o barriere all’uscita: una volta effettuato l’investimento non conviene uscire.
Stabilità nel settore e concentrazione, oligopolio.
Elasticità della domanda al prezzo: indica le caratteristiche della domanda
Per studiare un settore bisogna definire il peso di tutte queste variabili. Sulla base di ciò si
determina la condotta. Poi si verificano i risultati (performance).
Lo studio di un settore non corrisponde allo studio di un agente economico
Il settore non è definibile con un linguaggio formale.
L’approccio S-C-P è di tipo descrittivo.
4
Insieme ad Hall-Hitch fa uno studio in 200 imprese chiedendo ai manager quali fossero i loro obiettivi nella gestione
dell’impresa. Nessuno dice “massimizzazione del profitto”!!!!Ma ci si riferisce ad altre variabili(di struttura)
6
Variabili di condotta
Sono vincolate alle variabili di struttura
Variabili strategiche: anni ’47-‘48
 Politiche di prezzo: Si va contro l’ipotesi di concorrenza perfetta – contesto taylorista con
oligopolio. Esse sono finalizzate ad accrescere quote di mercato. Fanno
sì che si arrivi ad una rigidità del prezzo. Un’impresa ↓ prezzi per
rubare quote di mercato al concorrente. Il concorrente fa lo stesso ↓ il
prezzo. Inizia una rincorsa verso il basso dei prezzi fino ad annullare i
profitti. Inizia allora un atteggiamento collusivo anziché concorrenziale.
Il prezzo sarà rigido verso il basso e verso l’alto poiché se ↑ prezzo si
perdono quote di mercato, ma dipende anche dalle caratteristiche della
domanda e del prodotto. In contesto oligopolistico le quantità prodotte
sono standardizzate perciò posso incidere solo sul prezzo, che però è
rigido. Da ciò le politiche di prezzo sono poco utilizzabili!!!
 Investimenti

Pratiche collusive

Fusioni e acquisizioni

Differenziazione di prodotto
Variabili di performance
5 possibili obiettivi attraverso indicatori (es.ROE,ROI,ecc..)

Profitti

Costi di produzione

Quote di mercato

Innovazione

Q.tà dei prodotti
sono obiettivi intermedi
Critica
1. Non c’è una teoria economica alle spalle. Non sono risultati rigorosi ed hanno una valenza
generalizzabile.
2. S
C
P la sequenzialità logica (struttura influenza condotta che a sua volta influenza
la performance) implica una struttura eccessivamente rigida
7
2 tipi di critiche: 1- approccio troppo rigido, 2- non si tiene conto della possibilità di
feedback: struttura e condotta possono influenzare le variabili di struttura.
La critica in generale dice che l’approccio S-C-P si basa sull’esogeneità della struttura di
mkt.
La rigidità deriva dal postulare l’esogeneità della struttura.
3. Questo approccio va bene solo per alcune forme di mercato (es.oligopolio). In altri ambiti
(es.concorrenza perfetta) le variabili di condotta dipendono più dalle caratteristiche della
domanda e non sono liberamente utilizzabili. Es in settori con ↓ tecnologie ↓ economie di
scala (pelle-calzature)
L’approccio è valido solo in alcuni contesti ma non è generalizzabile.
8
MODELLO DI DASGUPTA – STIGLITZ (1980)

Criticano l’esistenza di nessi unidirezionali nel S-C-P

La variabile principale è la condotta C

Criticano l’esogeneità della struttura, essa può essere endogeneizzata.

Il progresso tecnologico non è esogeneamente dato, ma dipende dalle politiche di ricerca e
P
S
sviluppo
Ipotesi del modello
a. Un solo mercato/settore
b. Domanda di mkt decrescente rispetto al prezzo p (Q5) funz. Domanda. Esiste un numero n
di imprese
Q=n*q .
Merce omogenea nel settore = bene uguale per tutti(no politiche di differenziazione)
Uguaglianza tra domanda e offerta (no eccessi)
c. Il costo unitario di produzione [cu] è una funzione decrescente con correlazione negativa
della spesa R&S6 (x):cu (x) ↑R&S ↓cu
d. Completa informazione (ogni impresa sa cosa fanno le altre e gli effetti delle decisioni sulle
altre imprese) ma non perfetta poiché ogni impresa non sa massimizzare i profitti.
e. Ciascuna impresa sceglie l’output (q) al livello di max profitto (π)
Max π7=[p(q) – cu(x)]*q – x =[p(nq) – cu(x)]*q - x
P(q)=ricavi
Cu=costi unitari diretti di produzione
X=costi di r&s (indiretti di produzione)
Ogni scelta di una impresa influenza quella delle altre (completa informazione):
QaXa A
A1
B
B1
C
C1
- La condotta dell’impresa influenza il risultato delle altre
- La dinamica del settore è data dall’esito dell’interazione tra le
imprese e non è la sola sommatoria dei loro comportamenti singoli.
5
Q.tà domandata
Variabile di condotta
7
a livello di singola impresa
6
9
Indichiamo con * i valori d’equilibrio delle 3 variabili endogene q, x, n.
[q*, x*] sono oggetto di scelta da parte dell’impresa. L’obiettivo del massimo profitto passa
attraverso la scelta ottimale sul ricavo q e quello sui costi x.
n* è il numero d’imprese che fa annullare i profitti in un mkt con entrata libera, ed è determinato
dalle condizioni di entrata: n alto indica concorrenza, basso concentrato.
n* è anche variabile di struttura così come x* (opportunità tecnologiche).
La performance può essere indicata dal margine unitario di profitto rispetto al prezzo:
(P-cu)/P
Soluzioni del modello
Dasgupta e Stiglitz assumono che le preferenze dei consumatori e le opportunità tecnologiche siano
descritte dalle seguenti funzioni isoelastiche8 e costanti.
P(q)=σq
-ε
(funz inversa di domanda)
ε =elasticità della domanda al prezzo
1/ε=valore assoluto dell’elasticità : la domanda è una retta poichè la funz è isoelastica=coeff
angolare
σ =ampiezza del mkt finale, varia da 0(domanda nulla) a +∞ ,quando ↑σ ↑domanda di un bene
cu(x)=βxi
-α
(Funz di produzione=funz dei costi)
con i=∑1n
α= opportunità tecnologiche, tecniche di produzione, ↑α ↓cu mi dice q.to la tecnologia è efficace e
misura q.to varia in meno il costo unitario con una unità in + di costi in r&s
β= indica tutti gli altri costi di produzione
1/α=valore assoluto dell’ε di costo rispetto a x
β
8
1/α σ
1/ε
questi parametri descrivono la struttura del mkt.
Si ipotizza una funzione in cui l’elasticità è uguale in tutti i punti
10
Soluzioni del modello sulla base dell’equlibrio di nash (soluzioni di settore)
Le 3 soluzioni dipendono dalla singola scelta di x e q
[
]/α
n*= ε *(1+α)
[1]


Si individua un nesso tra opportunità tecnologiche(α) e concentrazione del settore (1/ n*)
↑α ↑ n*
<ε
> spazio per operare nel settore
> concorrenza
↓1/ n*
(p* - cu*)/p* = ε/n*
[2]




(p* - cu*) indica il margine unitario di profitto, esso è un indicatore di performance
↑ profitto ↑ n* poiché molte imprese sono attratte dal settore che fa profitti
la concentrazione è negativamente influenzata dall’ε
il margine di profitto è: f –(1/ε) e f +(1/n*)
(p* - cu*)/p* = α/(1+α)
[3]

l’ampiezza del margine di profitto è spiegata da α
Conclusione


la performance è funzione della condotta, influenzando così la struttura
l’approccio a cui arrivano Dasgupta – Stiglitz è:
C
P
S
11
LA TEORIA DEI MKT CONTENDIBILI
[Baumol, Panzer, Willig, 1980]
Determinazione endogena delle condizioni di entrata e di uscita come elemento di variazione della
struttura di mkt.9
Ma l’endogeneità della struttura di mkt non dipende soltanto dal comportamento delle imprese (cfr.
modello Dasgupta- Stiglitz), bensì dalle condizioni di costo e di domanda10
La tecnologia è esogeneamente determinata, perciò le condizioni di costo sono date11
Esame delle condizioni di entrata e di uscita
Ipotesi del modello:
1. Stesse tecnologie (esogena) per tutte le imprese. La tecnologia non è elemento di
differenziazione tra le imprese, ciò non implica automaticamente rend marg decrescenti!
2.
Possono esserci economie di scala, quindi rend marg crescenti
3. Assenza di investimenti irrecuperabili (sunk costs), le imprese investono ottenendo risultati.
Se essi sono insoddisfacenti si può cambiare la tecnologia senza costi (riconvertire le scelte
errate)
4. Le imprse operanti sul mkt hanno tempi di reazione più lenti rispetto alle nuove entranti(le
nuove imprese hanno + informazioni
5. Curva di domanda decrescente
6. Condizione d’equilibrio tra offerta e domanda
Un mkt è contendibile quando l’entrata è completamente libera e l’uscita avviene senza costi
(Baumol)


Non tutti i mercati sono però contendibili
E’ una generalizzazione del concetto di concorrenza perfetta
Il settore economico si divide in:
 Mkt contendibili
 Mkt non contendibili
Nessuna impresa può impedire l’accesso al mkt
Le condizioni di costo dipendono dalla tecnologia mentre le condizioni di domanda dalle scelte dei consumatori
11
In Dasgupta – Stiglitz le condizioni di costo erano endogene per cui si potevano scegliere
9
10
12
L’ideale per Baumol è assumere poltiche per ↑ mkt contenbili poiché, indipendentemente dalla
forma di mkt, se è contendibile un mkt è soggetto alla concorrenza potenziale(causando
comportamenti di tipo preventivo). Quindi le imprese operanti sul mkt devono tenere conto
dell’entrata nel settore di nuove imprese (minaccia potenziale), ciò induce ad una elevata
concorrenzialità.
La libertà di entrata si sostituisce alla nozione di “price taker”


Assenza di frizioni
Assenza di discriminazioni di costo per le entranti (Stigler)
Un mkt contendibile generalizza il concetto di concorrenza perfetta al di fuori del settore: anche il
monopolista deve tener conto dell’ingresso di un nuovo concorrente, poiché > extra profitto assume
il monopolista in quel settore ↑ imprese concorrenti che vogliono entrare attratte dall’extra profitto
In concorrenza perfetta
In monopolio
p=cm=rm
p*>cm=rm
Il monopolista ha 2 scelte alternative:

Non crede alla concorrenza potenziale (pazzo!!)

Tiene conto della possibile concorrenza e si accontenta di una riduzione del profitto, riduce
il prezzo fino a quando la minaccia di concorrenza potenziale si annulla(auto-repressione). Il
comportamento del monopolista è così simile a quello delle imprese in mkt di concorrenza.
Baumol afferma che non conta la forma di mkt ma il grado di concorrenza potenziale, cioè la
contendibilità. Essa determina la struttura di mkt la quale viene endogeneizzata. Baumol critica
l’esogeneità della della struttra di mkt.
In un mkt contendibile una configurazione industriale è definita sostenibile se:
1. Esiste un vettore dei prezzi
2. Esiste un insieme di vettori di output per ogni impresa
Tale che
3. Domanda = offerta D = S
(il mkt è in equilibrio)
4. Un entrante potenziale non può ottenere profitti positivi ad un prezzo inferiore
(c’è liberta di entrata ma non convenienza a farlo, se il nuovo entrante produce ad un prezzo inferiore
all’equilibrio non avrebbe profitti)

Dire che un mkt è contendibile non significa dire che è soggetto a concorrenza
potenziale

Secondo Baumol l’extra profitto dipende dalla curva di domanda, dimostrando che
sotto il prezzo d’equilibrio non c’è convenienza ad entrare nel setore
13

La sostenibilità di un mkt contendibile dipende quindi dalle condizioni della
domanda (il consumatore influenza i comportamenti d’impresa)
In un mkt non sostenibile è possibile produrre ad un prezzo inferiore a quello d’equilibrio, c’è
quindi convenienza ad entrare nel settore.
Come da ipotesi le imprese al di fuori del settore hanno tempi di reazione + rapidi e > informazioni
rispetto a quella/e presenti nel settore.
La sostenibilità di un settore dipende dal posizionamento della curva di domanda dei beni scelta dai
consumatori. Essi attraverso le scelte determinano la forma di mkt del settore influenzando i
comportamenti delle imprese
NON SOSTENIBILITA’
CASO A: MONOPOLIO 1 SOLO PRODUTTORE
p
D (domanda)
Cu (costo medio)
Pm
P1
P0
Q0
Qm
Q1
Q
Rm=cm
In concorrenza perfetta P0 = cm = rm
Se il mkt è contendibile non sostenibile c’è convenienza ad entrare nel settore. Data la struttura
tecnologica esogena, e la non sostenibilità, un impresa concorrente può produrre ad un p 1>rm ma
p1<pm, togliendo quote di mkt all’ex-monopolista.
Il monopolista non si accorge di tutto ciò per l’ipotesi dei tempi di reazione più lenti di chi è dentro
il settore. Poi è costretto a ridurre produzione (senza costi) e prezzo per la presenza del concorrente.
C’è convenienza ad entrare nel settore fintanto che non si arrivi a p=rm.
La situazione di monopolio tende a trasformarsi in una situazione di concorrenza perfetta quando
non c’è sostenibilità.
14
SOSTENIBILITA’
CASO B
p
D
Caso di rendimenti marg.crescenti
poichè la curva di output si interseca
nel tratto discendente
Cu
P2
Q2
q
Non c’è un prezzo + basso che consenta di ottenere profitto(poichè già nel tratto discendente della
cu), quindi non c’è convenienza ad entrare
Se:
P> P2
l’entrante non vende nulla πe<0
P< P2
produce sotto il cu
πe<0
Il prezzo di monopolio tende a coincidere con il prezzo di concorrenza perfetta – monopolio
mascherato.
Se la curva di domanda si posiziona nel tratto discendente della curva di cu si ha la sostenibilità,
in quello ascendente si ha la non sostenibilità.
Coase:
Nel rapporto tra impresa e mkt, l’impresa è + efficiente del mkt poiché gerarchizza l’approccio
S-C-P
15
Parte B
TEORIE MANAGERIALI D’IMPRESA

L’impresa manageriale è composta da azioni

Si ha la separazione tra azionisti – management, non sempre essi hanno comportamenti
collusivi. Quindi separazione tra proprietà e controllo
Il 1° modello di teoria manageriale viene sviluppato da Baumol nel 1959, un secondo verrà
presentato nel 1963. Stesso anno teoria manageriale di O. Williamson.
Nella fine degli anni ’60 R. Marris presenterà il modello di th.manageriale + completo
La th manageriale è segue l’approccio S-C-P
Tratti comuni della versione manageriale
1. Estensione dell’orizzonte

analisi multiperiodale

analisi dinamica e non statica.
2 motivi:
a. interdipendenza temporale
b. tasso di crescita dell’impresa come fattore strategico di successo e sopravvivenza
2. Separazione tra proprietà e controllo

Obiettivi differenti:
a. Azionisti:  dividendi max profitti
b. Manager:
i.Acquisire importanza all’azienda(e quindi a sé stessi) ma allo stesso tempo
offrire risultati per non frasi licenziare(poiché sono a termine).
ii.  quote di mkt, fatturato crescita dell’impresa ma allo stesso tempo
acquisire profitti soddisfacenti per gli azionisti per non perdere il lavoro
3. Comportamento massimizzante: principio della massimizzazione vincolata


Max fatturato (acquisire importanza) vincolato a buoni profitti per gli azionisti
(altrimenti vengono licenziati)
Trade off tra fatturato – profitti
16
4. Influsso del mkt della borsa
Essa influenza le strategie d’impresa in 2 modi:

Come fonte di finanziamento

Come valutazione del “valore” dell’impresa tramite il corso delle azioni
IL CONTRIBUTO DI BAUMOL

L’obiettivo dell’impresa è massimizzare i ricavi

Devo individuare la curva dei ricavi

Si suppongono prezzi stabili

Per bassi valori di output(y) ci sono rendimenti marginali crescenti, però ad un certo limite
diventano decrescenti poiché secondo Baumol inizia ad esserci dell’invenduto
CT
Max RT
CT
RT
RT
π
max profitto
curva dei profitti
π minimo ke
garantisce
dividendi
soddisfacenti
Y0 π=0
D
C
A
Y1 π=0
Output y
17

Nei punti Y0 , Y1 si hanno profitti nulli poiché si ha l’intersezione tra la curva di CT e
quella di RT

Le quantità prodotte dall’impresa, ossia l’output y, individuano le dimensioni dell’impresa

La soluzione A sarebbe ottimale per i manager poiché si massimizza la funzione di RT

La soluzione D sarebbe ottimale per gli azionisti poiché si massimizzano i profitti

In un’impresa marshalliana c’è sempre equilibrio, quindi sia manager che azionisti
avrebbero massimizzato le loro rispettive funzioni obiettivo (RT,π)

Secondo Baumol non è detto che si trovi una situazione d’equlibrio pareto-ottimale

La soluzione finale è la C. Essa non è pareto-ottimale poiché esiste trade-off tra manager –
azionisti. I manager saranno sempre costretti ha rinunciare alla massimizzazione della loro
funzione obiettivo per garantire livelli di profitto soddisfacenti per gli azionisti ed evitare
così di perdere l’incarico.Per avere una soluzione pareto-ottimale gli azionisti dovrebbero
accontentarsi di in livello di profitti minore.

Ci sono 2 possibili equlibri:
1. il vincolo π non è operativo per cui ye=max RT
2. il vincolo π è operativo e allora: ye<max RT

Questo 1° modello di Baumol è un modello statico
MODELLO DINAMICO
Baumol presenta nel 1962 un nuovo modello pluriperiodale. La differenza sostanziale sta nella
determinazione endogena del livello di profitto compatibile con la crescita dell’impresa.
Ipotesi:

Obiettivo d’impresa max valore delle vendite o il max tasso di crescita delle vendite nel
tempo

I profitti rappresentano la principale forma di autofinanziamento

Le curve di costo sono tradizionali
Ipotizzando che i ricavi (R) crescano al tasso g su n periodi, il flusso dei ricavi S sarà:
S=R+R*(1+g)+R*(1+g)2+R*(1+g)n=Σi=0 n R*[(1+g)/(1+i)]t
Dove i=saggio di sconto utilizzato nella valutazione
18
Obiettivo dell’impresa è perciò max S, per fare ciò occorre max i ricavi correnti R ed il tasso di
crescita g. Sappiamo però che il tasso di crescita g dipende dipende dal livello corrente dei profitti
anche perché solo in presenza di essi si possono finanziare nuovi investimenti e quindi permettere
l’espansione:
g=f(π+)
La scelta di max ricavi non è vicolata, ma i ricavi futuri dipendono dai profitti maturati
Curva dei profitti
il tasso massimo di crescita è associato ad un Π max che corrisponde
ad un certo ricavo R. Sino al punto A, g ed R crescono, dopo A
cresce solo il ricavo ed il tasso di crescita diminuisce.
Tra R e g c’è prima una relazione positiva poi negativa
g
gmax
A
B
R
R πmax
Curve di isovalore
g
S3
S2
S1
R



Ogni curva di isovalore indica le infinite combinazioni tra R-g che comportano lo stesso
valore di S.
+ sono lontane dall’origine, > sono i valori attesi delle curve.
L’impresa cercherà di spostarsi su curve sempre + lontane scegliendo quella coppia [g*, R*]
tale da max il valore atteso S.
19
S=f(R,g)
S=a1g+a2R
g = (S/a1)-[R(a2/a1)]

a1 ed a2 sono parametri positivi calcolati sulla base dell’esperienza dell’impresa

Il parametro a1 indica l’intensità di autofinanziamento: + l’investimento è efficace, + la
quota di profitti per l’autofinanziamento è in grado di garantire profitti elevati

Il parametro a2 indica il posizionamento e le potenzialità dell’impresa all’interno del mkt: in
monopolio è un parametro elevato, mentre in concorrenza è basso.
Equlibrio
g
S3
S2
S1
A
π
E
ge
Re
R

L’equilibrio dell’impresa si collocherà nel punto di tangenza tra la più alta curva di isovalore
e la curva dei profitti

ge corrisponde alla allocazione ottimale tra profitti non distribuiti e profitti distribuiti
(dividendi)

E corrisponde al punto di equilibrio massimo ottenibile dato le condizioni di produzione

E per gli azionisti corrisponde al profitto distribuito che permette il max tasso di crescita
dell’impresa

Manager e azionisti sono soddisfatti: le 2 scelte sono vincolate e massimizzate per entrambi

A rappresenta il massimo ricavo ottenibile. Nel contesto multiperiodale non viene scelto
come punto di equilibrio poiché i manager scelgono la curva di isovalore + lontana tangente
alla curva dei profitti ed A è sotto S2. In un contesto statico i manager sceglierebbero A
come punto di equlibrio
20
Tale soluzione permette di individuare endogeneamente il livello minimo di profitto compatibile
con la crescita dell’impresa.
Conoscendo Re risaliano ad ye mediante la curva RT.
RT
Re
πe
RT
π
ye
y
Noto ye la curva dei profitti individua unicamente quel livello minimo di profitto πe necessario a
finanziare il tasso di crescita ge
Nel modello statico si raggiunge un equilibrio pareto ottimale solo se il max ricavo coincide con un
dividendo soddisfacente per gli azionisti (cioè se la retta di minimi profitti per gli azionisti è pari o
al di sotto del punto di tangenza tra la curva di profitti ed il livello di ricavi).
Nel modello dinamico c’è l’individuazione di un punto di equilibrio tra 2 funzioni entrambe
vincolate.
 I manager non riescono a massimizzare in assoluto il ricavo poiché vincolati al tasso di
crescita dell’impresa
 Gli azionisti non si pongono il problema del dividendo soddisfacente poiché si è in un
contesto multiperiodale
Si arriva alla soluzione che elimina il trade off tra azionisti e manager. Gli azionisti hanno raggiunto
la loro funzione obiettivo avendo un profitto. I manager hanno raggiunto il loro obiettivo con il max
ricavo vincolato alla crescita dell’impresa.
Per Baumol nel contesto multiperiodale (modello dinamico) si arriva ad un equilibrio
massimizzante e pareto – efficiente
21
MODELLO DI WILLIAMSON

I manager danno + importanza alle azioni12 nelle decisioni strategiche d’impresa

Manager hanno potere discrezionale + elevato. Si riduce il trade off introdotto con
Baumol

Compito principale dei manager è garantire andamento positivo del valore delle azioni

Analisi comportamento dei manager partendo dall’ipotesi che cercano di max la loro
funz obiettivo
Williamson definisce 3 variabili per la funzione di utilità dei managers:
1. Spese per lo staff manageriale/dirigenziale denominate S
2. Altri emolumenti o “fringe benefits” come simbolo del potere di cui dispongono
denominati M.
(>S,M >utilità)
3. Investimenti discrezionali dei managers come indice della loro libertà d’azione. Se gli
investimenti dell’impresa vengono finanziati dai profitti non distribuiti, l’investimento
discrezionale tenderà a coincidere con i profitti discrezionali πd
(>discrezionalità degli investimenti > quota di profitti non distribuiti)
Riassumendo:
U=f (S,M, πd)
Ipotesi del modello di discrezionalità manageriale:
1. Curva di domanda nota e positivamente correlata con S
2. Il costo totale di produzione ha la forma tradizionale
3. M=0 (no fringe benefits)
U=f(S, πd)
Quindi:
Um=f (S(M), πd)
utilità non assoluta ma vincolata
π>π
12
profitto minimo
quote di partecipazioni nel capitale sociale di un’impresa
22
πd
i managers per massimizzare l’utilità si posizionano sulla curva d’indifferenza + esterna
3
2
1
S
L’obiettivo dei managers è:
max:U=f(S, πd) dove π ≥ π
E’ possible individuare una relazione fra S e πd tramite la curva dei profitti
πd
π=g(S) - πd
πd max
B
Smax
S

Se i manager riescono ad arrivare al punto B hanno max πd

Smax rappresenta il massimo valore delle spese dirigenziali (S) che permette la
massimizzazione dei πd

Fino a B aumentano sia S che πd dopo descrescono entrambi
πd
πd max
B
E
Bπmax
S*
S
23

I manager massimizzano la loro funzione di utilità in E

L’equilibrio si trova nel punto ove la curva di indifferenza max è tangente alla curva dei
profitti

Gli azionisti hanno solo un compito marginale e non partecipano alle scelte dell’impresa
(non c’è parità di comportamento tra manager e azionisti come nel modello di Baumol)

In questo modello sono i manager a definire il livello di profitti discrezionali πd
24
MODELLO DI MARRIS

E’ il modello + completo

L’approccio è un misto tra Williamson e Baumol sulla base di un comportamento paritario
tra manager e azionisti: per ogni soggetto verrà identificata una funzione di utilità

La funzione obiettivo è max fatturato = max espansione = max tasso crescita dell’impresa =
max tasso della domanda dei beni prodotti dall’impresa = max prestigio
Um=f(gd) S
Um=utilità dei managers
vincolato alla sicurezza del posto
di lavoro S
diversificazione
S dipende da indicatori di tipo finanziario:↑stabilità finanz.↑stabilità del posto di lavoro x i manager
La crescita della domanda dei beni si attua con il fatto che l’impresa produce beni diversi
(stereotipo di impresa multinazionale)
Marris non si riferisce agli azionisti, ma fa riferimento ai gruppi proprietari di potere:
UP=f(gC)
non è vincolata
UP = Utilità dei proprietari di capitale
gC = tasso di crescita del valore dell’impresa: > gC > capitale azionario
E’ possibile individuare un tasso di crescita complessivo?
MAX g = gd , gc diventa massimizzazione vincolata sotto S
Marris considera anche l’esistenza di un vincolo manageriale all’espansione dell’impresa, dovuto al
fatto che comunque + di tanto un’impresa non può espandersi, anche nel caso di perfetta identità tra
proprietà e controllo
S da cosa dipende?

Dai risultati ottenuti: + l’impresa cresce, + crea immagine + questo facilita la riconferma dei
managers

Il perseguimento di strategie finalizzate all’aumento delle dimensioni e delle quote di mkt
dell’impresa, deve avvenire in condizioni di stabilità e solidità
(Trade off tra crescita – stabilità : ↑ crescita veloce ↓ stabilità. Meglio una crescita lenta e
graduale)
25
Parametri di stabilità
1. Leverage o rapporto d’indebitamento
a1 = Debiti / Attività dell’impresa = D/A
Un aumento di a1 pone rischi di insolvenza e quindi un rischio per i managers
Sicurezza del posto di lavoro negativamente correlata ad a1
S=f(a1-)
2. Rapporto di liquidità (cash flow)
a2 = Attività liquide / Attività dell’impresa = L/A


Un rapporto a2 troppo basso porta a rischio di insolvenza
Se troppo alto può attrarre acquisizioni: un eccesso di cash flow indica un settore
profittevole, ciò può richiamare l’interesse di altre imprese. Paure del management è
che l’impresa venga acquisita da altri (e quindi licenziati), a2 quindi né troppo basso
né troppo alto.
I manager sono più sensibili al rischio di acquisizioni rispetto al rischio di insolvenza quindi:
Sicurezza del posto di lavoro negativamente correlate ad a2
S=f(a2-)
3. Rapporto tra profitti non distribuiti πr e profitti totali πt
a 3 = πr / π t
Questo rapporto influenza il corso delle azioni, e quindi la sicurezza del posto di lavoro in
modo negativamente correlato
S=f(a3-)
Tutti 3 formano il vincolo finanziario
a = f(a1-,a2-,a3-)
I manager possono influenzare il vincolo finanziario. Dato che S è influenzata dal vincolo
finanziario i manager possono decidere del loro destino.
26
Formalizzazione del modello
1. I managers determinano in modo soggettivo la politica finanziaria dell’impresa, cioè il
valore di a.
2. Si suppone che l’impresa cresca seguendo una politica di diversificazione, sulla base del
saggio di diversificazione d
3. Il prezzo (dato) è supposto esogeno (P); e così pure i costi di produzione (C)

Non si attuano strategie di prezzo

Si possono attuare solo strategie di diversificazione

2 condizioni per le strategie di diversificazione:
- r&d
- pubblicità

L’impresa può decidere il livello di pubblicità A o le spese in R&D per attuare strategia di
diversificazione

Il margine di prezzo è residuale ed è inversamente correlato con A e R&D
P = C + A + R&D + m
m=margine di profitto medio
Sono riferiti ad unità di prodotto
ricavo per unità di prodotto
m = P – C(A) – (R&D)
I livelli di profitto dipendono solo da strategie di diversificazione e non da strategie di prezzo
Tutte le variabili strategiche sono inglomerate in 3 strumenti:
1. Politica finanziaria a , poiché influenza S
2. Politiche d’espansione d
3. Politiche d’investimento m
27
Determinazione del saggio di crescita g

Il vincolo finanziario è una variabile soggettiva

m residuale

L’unica variabile su cui possono puntare i managers è la diversificazione

La strategia di d dipende dal numero di merci prodotte diversificate

↑ beni diversificati ↑ probabilità fallimento dei nuovi beni / ↓ probabilità di successo dei
nuovi beni

Rendimenti marginali decrescenti dei nuovi beni prodotti
Gd= f (d,K)
d = N° beni diversificati
K= Probabilità di successo dei beni diversificati (variabile principale)
Il saggio di crescita dipende dal saggio di diversificazione d e dalla % di prodotti K
lanciati che vanno a buon fine
K dipende dalla politica di investimento dell’impresa oltre che dal saggio di
diversificazione d
- - +
+
K = f (d ,P ,A ,R&D )
Poichè m è correlato negativamente con A e R&D
Gd
d↑ K↓ occorre ↑ (A,R&D)
↓m
Trade off tra gd e m (livello dei profitti medi)
gd
d
28
gd=f(d) m1
gd=f(d) m2
gd=f(d) m3
gd
d
Determinanti del saggio di crescita gc
Dato il vincolo finanziario:
gc = f(π)
dove π=profitto totale
Quindi :
gc = a π
Si supponga a costante
π=f (m,k/y)
Il livello dei profitti totali dipende da m e dall’efficienza produttiva dell’impresa (k/y)=rapporto
capitale/output
Per valori bassi di d k/y↑
Per valori alti di d k/y↓
π = f(m,d)
indica il successo delle politiche di diversificazione
Gc=
a [f(m,d)]
Graficamente
gc
gc=f(d),m,a
↓d
↑gc ; ↑d ↓gc
gc
m3
m3>m2>m1
m2
m1
d
d
29
Dato a compatibile con S:
g=gc=gd
Curva d’equilibrio bilanciato
(rappresenta il bilanciamento tra la funzione di utilità dei managers e quella degli azionisti di riferimento)
gd m1
gd
gc
gc m3
m3>m2>m1
gd m2
gc m2
gd m3
gc m1
C
B
A
Curva dell’equilibrio bilanciato
d
de
al quale verra associato un certo

Azionisti vogliono m3 ↑m ↑dividendi!

Managers vogliono m1

Si sceglie il punto C

gc=gd
y
m1 , de
In conclusione :
gd = f(m,d)
π = f(m,d)
gc = a f(m,d)
1. E’ possible l’equilibrio d’impresa?
C’è un equilibrio unico d’impresa che contiene i 2 equilibrio parziali di managers e azionisti
2. Di che tipo è? Pareto o non-Pareto ottimale?
E’ un equilibrio sub-ottimale sia per gli azionisti che per i managers
3. In caso di trade-off chi perde?
Ci perdono sia azionisti che managers
In Baumol equilibrio ottimale per gli azionisti, in Marris equilibrio democratico che scontenta
tutti!
30
L’IMPRESA COME FUNZIONE DI PRODUZIONE DI
SQUADRA: LA TEORIA DEI TEAMS
1972 [Alchian – Demsetz] spiegazione del perché esiste l’impresa
1981 – 85 [Grossman, Hart, Moore]


L’equilibrio che si raggiunge è pareto ottimale
Nuovo concetto di funzione di produzione: bisogna rimodernare quella vecchia inserendo i
rendimenti marginali crescenti delle economie di scala (in crisi negli anni ’70)
Q
Qa
n=α
N
Funzione di produzione di squadra
(Team production function)

L’output è il risultato della combinazione di 2 o più input

Il contributo individuale di ogni fattore non è misurabile!

Nel momento in cui si usano congiuntamente i fattori di produzione c’è un “surplus” di
produzione che non si sa attribuire ad un solo fattore
Formalizzazione:
y=f (z1,……..zn)
y=output
z=input
31
Se la derivata parziale mista è maggiore di 0, cioè :
∂y
/ ∂z1 , ∂z2
> 0
contributo congiunto di 2 fattori
Allora si dice che non vi è separabilità nella produttività dei singoli input (non si sa misurare il
contributo reale di ogni singolo input alla produzione finale, ciò implica problemi redistributivi)
Y=100 z1=40
z2=50 avanza 10!!!e non si sa di chi è!!
La giusta remunerazione del lavoro è la produttività marginale e la scelta redistributiva dipende
dalla tecnologia: la distribuzione del reddito è oggettiva
La produttività di un input non dipende solo dalla quantità utilizzata ma anche dall’uso degli altri
input
Ciò significa che vi sono rendimenti di scala crescenti
La funzione di produzione di squadra deve essere almeno a 3 dimensioni
Input 1
Input 2
Output

Non c’è una regola oggettiva di distribuzione dell’output

Si crea incertezza e quindi incompleta informazione
Non essendo calcolabile il contributo di ciascun singolo input, vi è l’incentivo ad adottare un
comportamento di free-riding (ogni fattore produttivo è incentivto ad adottare un comportamento
opportunistico facendo leva sulla carenza informativa)
z1
z2
A
B
Ogni parte cerca di attribuirsi il surplus, soprattutto
quella + informata (A). Riesce ad avere una q.tà >
produttività marginale
C
D
Equilibrio ottimale per A, ma sub-ottimale per gli altri
z3
z4
32
Alchian e Demsetz si pongono la questione di come impedire tale comportamento di free-riding, la
cui esistenza porta a una produzione sub-ottimale (comportamento opportunistico)
2 possibili casi
Comportamento cooperativo
z1
z2
A
B
C
D
z3
z4
A deve avere elevati valori di cooperativismo senza
voler sfruttare la sua > informazione e sa la q.tà di
output che produce e non se ne attribuisce di più
Vale l’ipotesi che tutti i componenti della squadra condividono lo stesso obiettivo: in tal modo il
comportamento individuale sarebbe vantaggioso per tutti e l’efficienza verrebbe garantita
Comportamento utilitaristico (il + diffuso)
Ogni individuo vuole la max utilità (caratterizzata dal possedimento delle merci) ed usa la sua >
informazione per scaricare sugli altri i “costi” della produzione.
Per raggiungere l’efficienza paretiana?
Una soluzione consiste nel designare un individuo che funga da supervisore, cioè un controllore
dell’impegno e misuratore della produttività individuale
Chi controlla il controllore?
Bisogna incentivare il controllre a non prendere le “mazzette” dagli altri individui
Meccanismo di incentivi
Alchian e Demsetz suggeriscono che il controllore debba appropriarsi del residuo (profitto) rimasto
dopo che gli input sono stati remunerati sulla base del loro contributo misurabile.
Il controllore è così incentivato a reprimere comportamenti opportunistici
33
Definizione di proprietà
z1
z2
A
B
E
C
D
z3
z4

E’ proprietario colui che ha diritto al residuo

Il diritto al residuo della produzione attrae la funzione di controllore E

E paga i fattori sulla base della produttività marginale e viene remunerato per le sue
capacità organizzative
Cosa vuol dire avere diritto di proprietà dell’impresa?
-
Avere la proprietà dei mezzi di produzione? NO…
Diritto solo al residuo
Ognuno proprietario del proprio fattore
Quindi il controllore è proprietario
L’impresa nasce dal mkt e garantisce uno stabile equilibrio pareto-ottimale, senza l’impresa il mkt
avrebbe un equilibrio sub-ottimale. Nell’impresa c’è asimmetria ma non esercizio di potere.
Limiti dell’approccio
1. Non esiste separazione tra proprietà e management
2. La teoria non può applicarsi alle imprese cooperative
3. Non vengono definiti i limiti dell’impresa
(il controllore potrebbe essere dipendente di un’altra impresa oppure i titolari degli input potrebbero avere dei
contratti di sub-fornitura)
4. La spiegazione tecnologica alla funzione di produzione di squadra è insufficiente
(asimmetrie informative)
5. Problema dell’incompletezza contrattuale
L’impresa esiste per ridurre l’incompletezza contrattuale esistente: senza di essa il mkt fallirebbe!
Servono forme di regolazione del mkt
-
Stato
Impresa: con essa il mkt si auto-controlla per ridurre il rischio di incompletezza contrattuale
34
Grossman - Hart – Moore 1986 – 1990
Proprietà=esericio dei diritti residuali di controllo (derivante dall’incompletezza contrattuale)
Esistono rapporti di complementarietà
z1
z2
A
B
C
D
z3
z4
Investimenti specifici
rischio lock-in
Socièta con scambio di conoscenza (es.capitale umano)
Per ridurre il rischio di lock-in
Coalizione13=interdipendenza di investimenti specifici
organizzazione
Condizioni di efficienza paretiana di un’allocazione organizzata (impresa)
1.
Proprietà = sostituibilità minima
2.
Contributo proprietari massimo (efficiente)
Chi fa il capo?
2 soluzioni:
13
-
Arbitrato: intervento legislativo regolatore
-
Individuazione della struttura di autorità all’interno della coalizione
Forma stabile di complementarietà. Le auto organizzazioni danno origine a scambi non assimilabili al mkt.
35
Esempio della crociera sul pacifico:
A chef
B skipper
Si aggiunge C miliardario anonimo che non sa guidare una barca (è un consumatore che esprime
una domanda, non ha investimenti specifici)
E’ conveniente per tutti far nascere un rapporto di scambio
A B sono fattori produttivi
A: l’individuo di cui ha + bisogno è C
B: l’individuo di cui ha + bisogno è C
Si forma un ranking sulla base del grado di sostituibilità all’interno della coalizione. Il meno
sostituibile è C
1° C
2°B
3°A
La specificità dell’investimento specifico, sulla base delle preferenze, ha posizione di sostituibilità
diversa. Si pone una gerarchia.
Il ranking deriva da:
-
Tipo di investimento specifico: > esclusività < grado sostituibilità
Sono le condizioni della domanda che determinano il tipo di formula all’interno della coalizione
E’ conveniente (efficiente) per A e B assegnare la proprietà a C
Il fatto che C sia miliardario è frutto di investimenti specifici passati
Conclusioni
1. La proprietà garantisce la pareto-ottimalità
L’organizzazione deve avere un proprietario e chi comanda deve avere libertà di esercitare il comando.
Ottimalità anche per chi ha sostituibilità massima
2. Ci sono dei casi con arbitrati
Abusi di autorità senza sostituibilità bassa (non diritto ad esercitare il controllo) danno luogo ad interventi
regolatori (es.anti-trust). Abusi di responsabilizzazione del vertice
36
TEORIA DEGLI INCENTIVI
Gli incentivi nascono dall’incompletezza contrattuale
Da cui si sviluppa
Free riding (comportamento opportunistico)
obiettivo
Minimizzazione opportunismo
attraverso

Incentivi espliciti: monetari (appropriarsi del residuo)

Incentivi impliciti: non contrattuali (hanno a che fare con la struttura interna)
1. Carriere e dinamica dei mkt interni del lavoro all’interno della coalizione( premi
produzione, partecipazione ai dividendi ecc..)
2. Contratti impliciti (regolamentazione giuridica: Se fai bene avrai qualcosa in +!!)
3. Reputazione dell’impresa (Se ha una brutta reputazione non voglio lavorarci!)
Con questi incentivi è possibile ridurre il rischio di comportamenti opportunistici
Conclusione della teoria neo-neoclassica

Non c’è divergenza tra impresa e mkt

L’impresa nasce dal mkt riducendo il suo fallimento in presenza di comportamento
opportunistico
37
TEORIA DEI COSTI DI TRANSAZIONE DI WILLIAMSON
Williamson ritiene importanti i costi di coordinamento poiché consentono la congiunzione tra
capitale e lavoro, mentre trascura i costi di incompletezza contrattuale che si trovano ovunque.
Costi di coordinamento: sono costi che supporta chi ha la proprietà dei mezzi di produzione per
coordinare il fattore lavoro
L’impresa è un’entità organizzativa organizzata:
Studiare costi di transazione significa
studiare forme di organizzazione
Impresa forma organizzativa complessa
Chandler individua 2 forme organizzative
FORME DI ORGANIZZAZIONE DAL DOPOGUERRA IN POI
Lo sfruttamento delle economie di scala statiche permette ↑ output combinato all’utilizzo di nuove
tecnologie di automazione che permettono ↓costi unitari
Forma a U (Unidivisionale – U-form) anni ‘60
Direzione (staff manageriale)
Funz. produzione



funz. comm.ne
funz.amm.va/contabile
funz marketing
Questa è l’organizzazione complessa riscontrabile nella > parte delle imprese
La struttura è piramidale e c’è un comando centrale
Entra in crisi negli anni ’60 con il calo della produttività
L’impresa che ha acquisito autonomia rispetto al mercato è in grado di incidere sul mercato. Sotto
la direzione troviamo la divisione, la struttura gerarchica è basata sulla teoria della
PROGETTAZIONE (fatta da coloro che hanno determinati processi di apprendimento, lavoro
intellettuale, innovazione del prodotto), ESECUZIONE (lavoro produttivo, dipende dalla
conoscenza della tecnologia, rapporto tra macchinario e forza lavoro, innovazione di processo) e
COMMERCIALIZZAZIONE (valorizzazione della produzione, lavoro impiegatizio, vendita del
prodotto). Nell’impresa U-FORM chi opera nelle fasi di esecuzione non ha investimenti specifici,
non deve attuare processi di apprendimento.
Passaggio verso
38
Forma multidivisionale (M –form) anni ‘70
Direzione
div. 2
div . 1
div.3

Incremento di complessità

Oltre una certa soglia dimensionale avviene il passaggio da rendimenti crescenti a
decrescenti

Si attuano politiche di differenziazione all’interno del settore U-form per vari prodotti

↑ crescita dell’impresa ↑ coordinamento centrale
La crescita della grande impresa negli anni ’60 ha portato al passaggio dalla forma U
M
Secondo Williamson si crea una distorsione nella struttura dei costi.
I costi di transazione diventano preponderanti o tendono ad aumentare + degli altri costi. Essi sono
costi di coordinamento.
I costi di gestione tendono ad essere costi fissi
↑ crescita
↑ costi fissi
ciò porta
situazione di crisi
↑ costi gestione
↓ profitti
Processi di ristrutturazione delle imprese
39
Negli anni ’70 si cerca una soluzione:

Flessibilizzazione della tecnologia/automazione

Strategie di downsizing (↓ dimensioni), esternalizzazioni e outsourcing

Possibilità di garantirsi cash flow. ↑ dimensioni ↑ indebitamento
Poiché le tecnologie taylorsiste ↑ costi, si hanno problemi di gestione finanziaria
Negli anni ’70 arriva alla fine la M-form taylorista
Anni ’70-’80 ridefinizione delle forme organizzative complesse: obiettivo ↓ costi transazione
Vari tentativi di modelli organizzativi
GRUPPO PARITETICO
GRUPPO ORGANICO
(forma org. per risolvere il
vincolo finanziario)
(Giappone –Sud Korea)
(Italia)
 Favorisce il ricorso al mkt
finanziario
 Conglomerati finanziari simili
alle Holding, ma riorganizzati
per una > produttività.
 Forma dominante
 Spezzettamento tra le varie
divisioni (spesso assumono anche
 ↓ gerarchia
HOLDING
gestione finanziaria separata per
proteggere le produzioni che vanno
bene)
Successo tra gli anni ’70 ’80 negli
USA
 Controllo delle tecnologie e del
flusso finanziario
 + autonomia singole divisioni
 Controllo senza proprietà ma
con il condizionamento
 + flessibilità organizzativa
 Organizzazione flessibile
 ↓ costi di transazione
 Grande impresa a forma di
costellazione
Successo manager. Efficienza
organizzativa degli anni ’80 in
giappone
 Molti satelliti
 Centro ha > potere gerarchico
 Sviluppo di rapporti di subfornitura all’interno
Es.Benetton
Gestivano
le
componenti
immateriali,
franchising,
scaricano i rischi ai produttori.Sviluppo di ↑capacità persuasive
↑immagine
40
ove regole di gerarchia nel mkt
41