“Le definizioni di Disabilità ed Handicap Martedì 09 settembre 2014 Dott.ssa Tiziana Bizzari Psicologa Le definizioni di DISABILITA’ ed HANDICAP MENOMAZIONE (DANNO): qualsiasi perdita o anomalia a carico di strutture o funzioni psicologiche, fisiologiche o anatomiche. Può avere carattere permanente o transitorio; DISABILITA': riduzione parziale o totale della capacità di svolgere un'attività nei tempi e nei modi considerati come normali. Può essere transitoria o permanente, reversibile o irreversibile, progressiva o regressiva; può essere conseguenza diretta di una menomazione o una reazione psicologica a una menomazione fisica, sensoriale o di altro tipo; HANDICAP: è una condizione di svantaggio risultante da un danno o da una disabilità, che limita o impedisce lo svolgimento di un ruolo normale in rapporto all'età, al sesso, ai fattori sociali e culturali. E' quindi una condizione soggetta a possibili cambiamenti migliorativi o peggiorativi. 2 Menomazioni del Disabilità nel Handicap Linguaggio Parlare Orientamento Udito Ascoltare Vista Vedere Scheletriche Vestirsi, Alimentarsi Indipendenza fisica Camminare Mobilità Comportarsi Integrazione sociale Psicologiche 3 UNA NUOVA DEFINIZIONE Disabilità limitazione ATTIVITA’ Handicap restrizione PARTECIPAZIONE 4 CONSIDERAZIONI IMPORTANTI L'handicap è un fenomeno sociale, in quanto definisce le conseguenze sociali e ambientali che hanno per origine le menomazioni e disabilità di un individuo di fronte alle esigenze ed attese dell'ambiente (Brunati, 1992) L'handicap non è una malattia (anche se può rappresentare la ripercussione dei danni provocati da un evento morboso sulla vita di un individuo, in relazione al contesto sociale) Barriere: ostacoli di tipo fisico (barriere architettoniche), psicologico (impatto della disabilità sul soggetto e sulle persone che lo circondano) e sociale (ingresso a scuola, nel mondo del lavoro,…) che il soggetto può incontrare. 5 CONSIDERAZIONI IMPORTANTI Quando si parla di disabilità ci si riferisce a una popolazione molto eterogenea, non solo relativamente alle varie tipologie di handicap, ma anche all'interno di una stessa tipologia. La nascita di un figlio disabile o la disabilità acquisita (in seguito ad un evento traumatico o per una diagnosi di malattia degenerativa in età adulta) sono eventi altamente stressanti per i genitori e tutti i familiari più vicini (figli, coniugi, fratelli, ecc..) che possono reagire a tale evento in modo molto diverso a seconda delle caratteristiche personali, della solidità dei rapporti intercorrenti e del grado di supporto offerto da familiari e amici ecc. Nell'intervento sull'handicap vanno dunque programmate attività rivolte ad arginare gli effetti del danno di partenza e altre rivolte ad eliminare le barriere (comprese quelle 'familiari') di varia natura che ostacolano il pieno raggiungimento delle potenzialità individuali. 6 L’INTERVENTO Comporta la collaborazione di molteplici figure professionali: assistenti sociali, medici, fisioterapisti, terapisti del linguaggio, infermieri, operatori socio-sanitari, psicologi, educatori, insegnanti, ecc… 7 La disabilità congenita (diagnosi nell’infanzia) Alcuni esempi: Paralisi Cerebrale Infantile Ritardo Mentale Disturbo Autistico 8 PARALISI CEREBRALE INFANTILE (Disabilità Motoria) Disordine del movimento e della postura dovuto ad un difetto o una lesione del cervello ancora immaturo A seconda della gravità delle lesioni, vi possono essere compromissioni di varie funzioni: motoria percettiva linguistica-comunicativa intellettiva affettivo-relazionale. 9 PARALISI CEREBRALE INFANTILE Il bambino con P.C.I. deve essere manipolato molto lentamente, lasciandogli la possibilità di adattarsi ai movimenti senza fretta, lasciandogli il tempo di fare da solo quando gli è possibile. Vi è difficoltà nella coordinazione occhiomano perché i movimenti anormali del capo producono reazioni abnormi in tutto il corpo. I bambini con PCI richiedono una grande attenzione per i bisogni di salute ed educativoassistenziali. 10 INTERVENTI Nel caso della disabilità motoria, in particolare, è molto importante parlare di integrazione. In questo caso è più grave il rischio di emarginazione imputabile all'ambiente che circonda il soggetto piuttosto che l'inabilità in quanto tale. Sulla scia di queste considerazioni è possibile anche avvalersi delle nuove tecnologie (computer) come importanti strumenti di reinserimento ed integrazione. Il loro uso è sconsigliato nei soggetti con forti difficoltà relazionali poiché potrebbero favorire eventuali tendenze all'isolamento. 11 IL BAMBINO CON DISABILITA’ MOTORIA Frequenti sono le situazioni in cui il bambino con P.C.I. manifesta un'eccessiva dipendenza, un'intolleranza verso qualsiasi tipo di separazione dalla madre, con la quale stabilisce un rapporto di fusione-confusione in cui egli perde la coscienza dei propri limiti, determinata dal vivere attraverso il corpo e la mente di un altro un'illusione di realtà. La piena coscienza della disabilità è raggiunta con lo sviluppo del linguaggio e della percezione. Durante l'adolescenza la percezione della propria immagine corporea imperfetta in rapporto a quella dei pari età può generare situazioni di depressione, rifiuto, collera … 12 IL BAMBINO CON DISABILITA’ MOTORIA ASPETTI RELAZIONALI Molto spesso le persone con una disabilità di tipo motorio si trovano in una condizione di isolamento sia oggettivo (presenza di barriere ed impossibilità di condividere gli spazi fatti su misura per la gente 'comune') che soggettivo (senso di inadeguatezza, rifiuto della propria immagine …) Dal punto di vista psicologico, non è raro che i genitori non riescano a considerare un bambino con disabilità motoria nella sua complessità e che stabiliscano una relazione preferenziale con la parte malata; questo determina un’eccessiva concentrazione di risposte selettive sui bisogni speciali legati alla motricità a svantaggio dei reali bisogni infantili, uguali a quelli di tutti i bambini. 13 IL BAMBINO CON DISABILITA’ MOTORIA ASPETTI RELAZIONALI Come accade per gli adolescenti normali, la famiglia sembra avere un ruolo importante come moderatore delle reazioni agli stress recenti: infatti le famiglie in cui è presente un clima positivo risultano avere un ruolo di contenimento dello stress. 14 IL BAMBINO CON DISABILITA’ MOTORIA L’INTERAZIONE CON I PARI E' di importanza cruciale in età adolescenziale ai fini del raggiungimento di alcune tappe dello sviluppo psicologico. In età di scuola materna la disabilità motoria può rappresentare un grosso ostacolo al fine di instaurare delle relazioni significative con i pari età: in questo periodo i bambini sono particolarmente sensibili alle differenze esteriori ed un bambino con disabilità motoria può apparire come meno attraente e quindi venire meno ricercato. 15 IL BAMBINO CON DISABILITA’ MOTORIA L’INTERAZIONE CON I PARI I bambini normali tendono a rivolgersi ai loro compagni disabili con comportamenti che possono essere definiti assistenziali I bambini con disabilità motoria sembrano possedere conoscenze limitate sulle strategie necessarie all'instaurarsi e al mantenimento di un'interazione amicale. Solitamente i bambini di 3-5 anni si sono mostrati in grado di comprendere condizioni come la presenza di deficit uditivi, visivi o motori; incontrano molte difficoltà nel comprendere il ritardo mentale. 16 RITARDO MENTALE La definizione di ritardo mentale (RM) comprende i seguenti aspetti principali: un livello di funzionamento intellettivo generale sotto la media (misurato con test di intelligenza standardizzati); una concomitante incapacità o difficoltà di adattamento; un'insorgenza in età evolutiva, entro i 18 anni. 17 LA DEFINIZIONE DI RITARDO MENTALE Per effettuare diagnosi di ritardo mentale, le abilità intellettive inferiori alla media devono coesistere con limitazioni in 2 o più delle seguenti aree del funzionamento adattivo (capacità del soggetto di adeguarsi agli standard propri della sua età e del suo ambiente culturale): 18 LA DEFINIZIONE DI RITARDO MENTALE AREE DEL FUNZIONAMENTO ADATTIVO: Comunicazione Cura della propria persona Abilità domestiche (vita in famiglia) Abilità sociali/interpersonali Capacità di utilizzare le risorse della comunità Autonomia Abilità nel provvedere alla propria salute e sicurezza Abilità accademico scolastiche Abilità relative alla gestione del tempo libero Abilità lavorative 19 SVILUPPO COGNITIVO E LINGUISTICO La modalità di pensiero dei soggetti con disabilità intellettiva sembra presentare alcune caratteristiche costanti: Concretezza del pensiero Rigidità Limitata capacità di pianificare Limitata o assente attività immaginativa e creativa Incapacità a collegare ed integrare i diversi insegnamenti in unità strutturate Ridotte capacità attentive Possibile riduzione della capacità di usare spontaneamente la ripetizione per ricordare Scarse abilità comunicativo-linguistiche 20 IL BAMBINO CON DISABILITA’ INTELLETTIVA Problemi psicologici e di personalità riguardano i soggetti ritardati in misura significativamente maggiore rispetto alla popolazione senza disabilità intellettive. In particolare, nei bambini con Ritardo Mentale, sono più frequenti rispetto alla popolazione normale: Ansia Paura dell'insuccesso Tendenza al ritiro e comportamenti compulsivi Impulsività Iperattività Bassa tolleranza alle frustrazioni Passività e dipendenza Suggestionabilità ed eccessiva influenzabilità 21 IL BAMBINO CON DISABILITA’ INTELLETTIVA E’ importante volgere l’attenzione tanto alla dimensione strettamente cognitiva, quanto allo sviluppo globale della personalità e in particolare alla socializzazione, per: facilitare la crescita delle capacità adattive dell'individuo stimolare una maturazione dei "cosiddetti normali", che consenta lo strutturarsi di situazioni sempre più adatte ad accogliere soggetti con problemi intellettivi. 22 DISTURBO AUTISTICO Compromissione qualitativa dell’INTERAZIONE SOCIALE: 1. 2. 3. 4. Marcata compromissione nell’uso di svariati comportamenti non verbali, come lo sguardo diretto, l’espressione mimica, le posture corporee e i gesti che regolano l’interazione sociale Incapacità di sviluppare relazioni con i coetanei adeguate al livello di sviluppo Uso di linguaggio stereotipato e ripetitivo o linguaggio eccentrico Mancanza di ricerca spontanea nella condivisione di gioie, interessi o obiettivi con altre persone (per. es. non mostrare, portare, né richiamare l’attenzione su oggetti di proprio interesse) 23 DISTURBO AUTISTICO Compromissione qualitativa della COMUNICAZIONE 1. 2. 3. Ritardo o totale mancanza dello sviluppo del linguaggio parlato (non accompagnato da un tentativo di compenso attraverso modalità alternative di comunicazione come gesti o mimica) In soggetti con linguaggio adeguato, marcata compromissione della capacità di iniziare o sostenere una conversazione con altri Mancanza di giochi di simulazione vari e spontanei, o di giochi di imitazione sociale adeguati al livello di sviluppo 24 DISTURBO AUTISTICO Modalità di COMPORTAMENTO, INTERESSI e ATTIVITA’ RISTRETTI, RIPETITIVI e STEREOTIPATI: 1. Dedizione assorbente ad uno o più tipi di interessi ristretti e stereotipati anomali o per intensità o per focalizzazione 2. Sottomissione del tutto rigida ad inutili abitudini o rituali specifici 3. Comportamenti motori stereotipati e ripetitivi (battere o torcere le mani o il capo, o complessi movimenti di tutto il corpo) 4. Persistente ed eccessivo interesse per parti di oggetti 25 DISTURBO AUTISTICO RITARDI O FUNZIONAMENTO ANOMALO in almeno una delle seguenti aree, con esordio prima dei 3 anni di età: 1. Interazione sociale 2. Linguaggio usato nella comunicazione sociale 3. Gioco simbolico o di immaginazione Attualmente non esiste una cura per l'autismo. Le terapie o gli interventi vengono scelti in base ai sintomi specifici di ogni individuo. Le terapie meglio studiate comprendono interventi educativi-comportamentali e medici. Sebbene questi interventi non curino l'autismo, spesso portano ad un miglioramento sostanziale. 26 La disabilità acquisita (diagnosi in adolescenza o età adulta) Alcuni esempi Trauma Cranio-Encefalico (TCE) Danni cerebrali per uso di sostanze stupefacenti Ictus Distrofia muscolare Distrofia muscolare di Duchenne Sclerosi laterale amiotrofica (SLA) Sclerosi multipla 27 Trauma Cranio-Encefalico (TCE) - E’ tra le più frequenti malattie disabilitanti dovute a danno del sistema nervoso: sono presenti sintomi di sospetto interessamento cerebrale, perdita di conoscenza, amnesia post-traumatica o segni neurologici di insulto cerebrale. - In Italia ogni anno 300 persone su 100.000 abitanti vengono ricoverate per trauma cranico. - Rapporto tra uomini e donne è di 2:1. - Fascia di età più a rischio tra i 15 ed i 24 anni. - Su 100 traumatizzati cranici, 10 muoiono, 4 restano in stato vegetativo persistente, 9 riportano un esito grave, 64 un esito medio, 13 un buon esito. - Cause più frequenti: incidenti stradali (circa il 70% dei casi), cadute accidentali e gli incidenti domestici (20%), incidenti sul lavoro (5%), aggressioni (2%), incidenti intercorsi durante la pratica di attività sportive (2%) e altre cause (1%) - Gli esiti disabilitanti del TCE (cognitivi, neuromotori, comportamentali) costituiscono un problema di particolare rilevanza sanitaria e sociale nel nostro paese anche in considerazione del fatto che le fasce di eta' piu' colpite sono quelle dei giovani adulti, il che implica estese compromissioni di ruolo e di produttivita' sociale. - Da numerosi studi emerge che nella maggioranza dei casi di TCE le conseguenze sul piano neuromotorio appaiono moderate, mentre risultano gravi sul piano cognitivo e comportamentale. - Tali deficit comportano frequentemente la perdita del ruolo lavorativo, la disgregazione del nucleo familiare e l'emarginazione sociale - Una questione particolarmente delicata e problematica riguarda infine la condizione dei pazienti che presentano stato vegetativo persistente o permanente. 28 Danni cerebrali per uso di sostanze stupefacenti Rientrano in questo gruppo sia coloro che a seguito di overdose da eroina o da cocaina subiscono danni cerebrali configurandosi a tutti gli effetti come vittima di una cerebrolesione acquisita, sia le persone che hanno alle spalle una storia di dipendenza da eroina o più spesso di policonsumo e a seguito dell'assunzione di sostanze di sintesi danno evidenti segnali di disabilità psichica. Ricavare i dati epidemiologici di questa casistica risulta complicato. Si può però affermare che i casi di persone che subiscono un grave trauma a seguito dell'uso di sostanze stupefacenti altamente debilitanti risultano in aumento negli ultimi anni. Ictus L'ictus cerebrale è la principale causa di disabilità in persone adulte. I sintomi sono dovuti alla perdita transitoria o permanente di determinate funzioni cerebrali e dipendono dalla localizzazione del danneggiamento strutturale all'interno del sistema nervoso centrale, causato da una riduzione del flusso sanguigno (ischemia, infarto, 90% dei casi) o dalla rottura di un vaso sanguigno (emorragia, 10% dei casi). Ad un anno circa dall'evento acuto, un terzo circa dei soggetti sopravviventi ad un ictus indipendentemente dal fatto che sia ischemico o emorragico - presenta un grado di disabilità elevato, tanto da poterli definire totalmente dipendenti. L'incidenza dell'ictus aumenta progressivamente con l'età raggiungendo il valore massimo negli ultra ottantacinquenni. Si calcola che l'evoluzione demografica, caratterizzata da un sensibile invecchiamento, porterà in Italia - se l'incidenza dovesse rimanere costante - ad un aumento dei casi di 29 ictus nel prossimo futuro. Distrofia muscolare La distrofia muscolare è la più nota delle malattie neuromuscolari. Si tratta di un gruppo di diverse malattie che sono in genere determinate geneticamente e che causano danni progressivi alla muscolatura. Considerando insieme tutte le principali malattie neuromuscolari ereditarie, verosimilmente risultano colpite in Italia circa 30 persone ogni 100.000 abitanti, ossia oltre 17.000 persone. Benchè in generale sia la fascia dell'infanzia e dell'adolescenza quella più interessata, tuttavia alcune forme riguardano prevalentemente l'età adulta. Sotto il termine distrofia muscolare si raccolgono un gruppo di gravi malattie neuromuscolari a carattere degenerativo, determinate geneticamente e che causano atrofia progressiva della muscolatura scheletrica: La Distrofia muscolare di Duchenne, è la più frequente e la meglio conosciuta tra le distrofie muscolari dell'infanzia; è una malattia degenerativa dei muscoli, che si indeboliscono progressivamente. Il paziente è costretto a ricorrere precocemente all'utilizzo della carrozzina dopo aver perso la capacità di deambulazione, diventando totalmente dipendente per tutti gli atti della vita quotidiana. In Italia ci sono oggi circa 2000 bambini con distrofia muscolare Duchenne; l'incidenza della distrofia miotonica, la più comune distrofia muscolare dell'adulto, è di approssimativamente 135 casi ogni milione di nascite (maschi o femmine); l'incidenza della distrofia dei cingoli è di circa 65 casi per milione di nascite e quella della distrofia facioscapolomerale è ancora inferiore. 30 Sclerosi laterale amiotrofica (SLA) E’ la più grave tra le patologie che colpiscono i motoneuroni, ovvero le cellule nervose del cervello e del midollo spinale che controllano i muscoli. La persona colpita va incontro ad un progressivo indebolimento muscolare, fino alla paralisi restando però perfettamente cosciente, poiché le cellule nervose corticali che coordinano l'intelligenza, la memoria o l'emotività non vengono interessate dal processo degenerativo. Gli studi condotti sulla SLA indicano che: E' una malattia altamente invalidante che evolve, aggravandosi, nell'arco di 3-5 anni. Ad oggi, il 20% dei pazienti vive, in media, 5 anni e il 10% vive circa 10 anni. Esistono delle forme benigne della patologia che rimangono stabili per più di 30 anni. In più dell'80% dei casi, la morte è dovuta a un disturbo respiratorio, aggravato da una superinfezione bronchiale. Questa patologia si manifesta generalmente in persone adulte, di età compresa fra i 50 e i 70 anni, con leggera propensione per il sesso maschile. Non sono ancora note le cause della malattia. Solo una percentuale oscillante dal 5 al 10% è di origine ereditaria. In questi casi la patologia si manifesta piuttosto presto (48 anni di media) e, generalmente, presenta un'evoluzione più rapida. In Italia, come nel resto degli altri paesi industrializzati, l'incidenza di questa patologia risulta di 1,7 casi per 100.000 abitanti/anno: dunque nel nostro paese ogni anno si ammalano di SLA circa 800 persone. 31 Sclerosi multipla La sclerosi multipla è una malattia infiammatoria cronica che colpisce il sistema nervoso centrale (cervello e midollo spinale) ed è spesso progressivamente invalidante. Tra i disturbi neurologici è il più diffuso tra i giovani adulti e la principale causa neurologica di disabilità. La sclerosi multipla viene anche denominata sindrome demielinizzante, poiché caratterizzata da una progressiva degenerazione/distruzione della mielina, una sostanza che riveste, come una guaina, le fibre nervose permettendo la trasmissione rapida e integra degli impulsi (messaggi o comandi) che dal cervello e dal midollo spinale si dipartono verso le altre parti del corpo e viceversa. I sintomi dipendono dalla localizzazione dei focolai infiammatori; possono essere colpite tutte le regioni del sistema nervoso centrale che contengono mielina. Mentre una parte dei pazienti ha poche ricadute e si stabilizza spontaneamente con scarsi sintomi o nessuno, in altri pazienti la malattia progredisce causando una graduale disabilità con la minaccia di una grave compromissione o perdita della capacità di camminare. I sintomi più invalidanti sono disturbi della coordinazione (comprendenti disturbi dell'equilibrio, tremore, disturbi dell'articolazione della parola), disturbi motori (diminuzione della forza in uno o più arti), spasticità (caratterizzata, nei casi più gravi, da spasmi incontrollati, anche dolorosi, delle estremità) e, in rari casi (10%), danni gravi alle funzioni cognitive. I dati epidemiologici indicano che la durata della malattia è estremamente variabile. 32 “Aspetti psicologici e relazionali nella disabilità Martedì 09 settembre 2014 Dott.ssa Tiziana Bizzari Psicologa RELAZIONI E DISABILITA’ La relazione d’attaccamento è inevitabilmente turbata dall’evento malattia sia sul versante del bambino/ragazzo sia sul versante materno. Un bambino/un familiare ammalato è meno abile nell’attivare le risposte di accudimento in sua madre, o altro care giver, in quanto esso è preoccupato è meno libero di relazionarsi in modo sereno e sicuro. 34 LA FAMIGLIA: reazioni all’handicap di un figlio/familiare Presupposto fondamentale La disabilità che colpisce un figlio/familiare introduce in una famiglia un’esperienza di dolore angosciante (evento traumatico) 35 Le diverse forme di danno, oltre a suscitare vissuti legati alle circostanze dell’evento possono portare a: Senso di colpa inconscio per una malattia a trasmissione genetica Sentimento di inadeguatezza legato all’aver dato vita ad un soggetto deficitario, a non averlo protetto dal trauma, a non aver colto precedenti segnali di malattia, ecc… Rifiuto inconscio del familiare che viene espiato con la rinuncia a realizzare un progetto di vita e di gratificazione (sacrificare per esempio la carriera) 36 LE RELAZIONI FAMILIARI Nella maggior parte dei casi alla MADRE o AL CONIUGE è affidato il carico dell’accudimento, dell’assistenza e della organizzazione della vita del disabile Spesso chi non è direttamente interpellato non è attrezzato a sostenere le crisi emotive ed investe le sue energie nel lavoro o in ambiti più esterni alla famiglia Molte COPPIE subiscono un attacco violento al rapporto che contribuisce ad abbassare ulteriormente le risorse di sopravvivenza serena del nucleo familiare 37 LE RELAZIONI FAMILIARI Spesso il care giver, sovraccarico di compiti e d’angoscia, ricorre alla propria FAMIGLIA D’ORIGINE per garantirsi un aiuto La presenza di una RETE DI SOSTEGNO AMICALE è ancora un evento raro Più di frequente è presente una rete informale di sostegno nelle FAMIGLIE ALLARGATE che comprende: suoceri/genitori, fratelli e sorelle del care giver e altri figli e nipoti delle figure di accudimento 38 LE RELAZIONI FAMILIARI I FRATELLI se maggiori spesso hanno uno sviluppo accelerato, se minori svolgono una funzione di appoggio e sostegno del disabile. Il legame paritario che dovrebbe caratterizzare il gruppo fraterno non può essere esplorato IL DISABILE è sempre collocato al posto del piccolo, del bisognoso, dell’avente diritto e quasi mai annoverato tra coloro che hanno dei doveri 39 GLI OPERATORI Hanno la responsabilità di vigilare che la loro entrata in scena introduca valenze positive, protettive del benessere del disabile e della sua famiglia. L’entrata in scena avviene dentro una STORIA che li ha preceduti e che non conoscono. Deve essere attivato un processo di conoscenza 40 GLI OPERATORI Attivazione e accettazione di una INTERAZIONE EMPATICA ACCOGLIENZA Acquisizione di INFORMAZIONI (ogni evento significativo che viene segnalato dalla famiglia come importante) 41 L’uso delle informazioni è quello di fare IPOTESI sulle aspettative consapevoli ed inconsapevoli La RISPOSTA OPERATIVA sarà guidata dalle ipotesi che verranno considerate valide se confermate e modificate se errate 42 “IL TEMPO SPESO PER CONOSCERE E CAPIRE E’ SEMPRE GUADAGNATO”