“LA COMUNICAZIONE CHE TRASFORMA LE SPECIE” PROF. ALESSANDRO VOLPONE Università Telematica Pegaso La comunicazione che trasforma le specie Indice 1 QUALE COMUNICAZIONE TRASFORMA LE SPECIE? ---------------------------------------------------------- 3 2 TEORIA ORIGINARIA DI DARWIN ------------------------------------------------------------------------------------- 7 3 NEODARWINISMO --------------------------------------------------------------------------------------------------------- 10 4 GRANDE SINTESI EVOLUZIONISTICA ------------------------------------------------------------------------------ 11 5 RISVOLTO INFORMAZIONALE DELL’IMPOSTAZIONE SINTETICA ------------------------------------- 16 LETTURE CONSIGLIATE -------------------------------------------------------------------------------------------------------- 18 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 2 di 18 Università Telematica Pegaso La comunicazione che trasforma le specie 1 Quale comunicazione trasforma le specie? La comunicazione che trasforma le specie è qui intesa nel senso del continuo flusso informazionale che i viventi continuamente scambiano nello spazio e nel tempo. Questa proprietà può essere intesa (a) in senso sincronico, come interazione fra l’organismo e il suo ambiente biotico e abiotico; oppure (b) in senso diacronico, come trasmissione di caratteristiche genotipiche e fenotipiche (più o meno vantaggiose, oppure svantaggiose) nel corso delle generazioni. Comunicazione come interazione L’interazione comprende ciò che possiamo indicare come l’insieme di tutte le relazioni ecologiche che ciascun organismo stabilisce. Tra queste vanno compresi quelle con l’ambiente biotico, cioè i rapporti fra organismo e organismo, che possono risultare di tipo collaborativo o competitivo. Esempi del primo tipo sono la socialità, oppure il mutuo aiuto fra consimili o fra individui di specie differenti, come avviene nella savana fra zebre, bufali, gnu e altri erbivori per darsi man forte contro i predatori, o altro. Esempi del secondo tipo sono la competizione intraspecifica (fra consimili all’interno di una stessa specie, popolazione o comunità) oppure interspecifica (fra specie differenti), per l’approvvigionamento di cibo, di acqua, e così via, oppure riguarda i rapporti preda-predatore. Altro tipo di relazioni sono quelle instaurate con la variegata compagine dei fattori ambientali abiotici fisici e chimici, oppure atmosferici, come temperatura e siccità, oppure gelo, umidità, venti e così via, inclusi cataclismi naturali. Gli esseri viventi, quindi, scambiano continuamente materia, energia e informazioni con l’ambiente esterno, biotico o abiotico. E per tale ragione, secondo Ilya Prigogine (1917-2003) essi Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 3 di 18 Università Telematica Pegaso La comunicazione che trasforma le specie sono da considerarsi come dei «sistemi aperti». In termodinamica, i sistemi «isolati» non scambiano alcunché con l’esterno, quelli «chiusi» solo energia, quelli «aperti» appunto materia ed energia, che in parte può essere interpretata anche come informazione, se vi sono sistemi di decodificazione di segnali materiali ed energetici. Prigogine, chimico fisico russo naturalizzato belga, Nobel per la chimica nel 1977, si è occupato di irreversibilità e sistemi complessi. Per lui i viventi, in quanto sistemi aperti, si configurano come «strutture dissipative», poiché conservano stazionarie le proprie condizioni (temperatura corporea, assetto morfo-fisiologico, metabolismo, ecc.) dissipando materia ed energia intorno a loro, nell’ambiente circostante. Comunicazione come trasmissione Gli esseri viventi si perpetuano nel tempo, semplicemente permanendo nel presente, fintantoché sono ancora in vita, oppure riproducendosi, con varie modalità. In quest’ultimo caso, essi trasmettono la propria informazione genetica nel corso delle generazioni. All’interno del materiale ereditario è infatti contenuto il “libretto delle istruzioni” degli organismi, che si trasmette perpetuandosi nel tempo, nonché nello spazio, finché la linea genealogica non si estingue. A ogni riproduzione, il materiale ereditario si trasmette in forma tendenzialmente inalterata, visto che il simile produce il simile, ma non mancano (i) errori di duplicazione e (ii) meccanismi di ricombinazione. (i) Gli errori sono perlopiù riparati da sistemi genetici di correzione del DNA, che però non sono perfetti, perciò qualche errore può restare. (ii) Le ricombinazioni avvengono in maniera più o meno organizzata, come per esempio attraverso il crossing-over che si ha durante la seconda divisione meiotica, nel corso della formazione dei gameti (con scambio casuale di tratti di DNA fra cromosomi omologhi); oppure attraverso il meccanismo della riproduzione a sessi separati, che Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 4 di 18 Università Telematica Pegaso La comunicazione che trasforma le specie integra elementi provenienti dal padre e dalla madre, per produrre un individuo terzo rispetto a entrambi. Nell’un caso e nell’altro, non è esagerato affermare che ciascun individuo, dal punto di vista genetico, è unico e irripetibile. Interazione e trasmissione comunicativa Si diceva, dunque, che la comunicazione nelle specie dei viventi può essere intesa come segue: – scambio interazionale d’informazioni (spazio) – trasmissione informazionale (tempo e spazio) In un caso o nell’altro, è chiaro che l’intero processo evolutivo può essere interpretato come un processo comunicativo, sincronico e diacronico, di cui l’organismo è protagonista. E così è accaduto. Il processo, ovviamente, è stato individuato e descritto in maniera differente a seconda delle epoche e dei contesti storici, sociali e culturali. Approcci diversi allo studio dell’evoluzione nel corso del tempo Segue ora una rassegna sintetica delle forme che l’evoluzionismo ha assunto negli ultimi due secoli, scandita secondo la tripartizione di seguito riportata. – Teoria originaria di Darwin (seconda metà Ottocento) – Neodarwinismo (fine Ottocento e inizi Novecento) Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 5 di 18 Università Telematica Pegaso La comunicazione che trasforma le specie – Teoria sintetica dell’evoluzione per selezione naturale, o Grande sintesi evoluzionistica (seconda metà Novecento) La prospettiva informazionale è emersa nella seconda metà del Novecento, sull’onda della nascita della cibernetica (o teoria dell’informazione su base computazionale e matematica). Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 6 di 18 Università Telematica Pegaso La comunicazione che trasforma le specie 2 Teoria originaria di Darwin Charles Darwin (1809-1882) elaborò la sua teoria della discendenza con modificazione per selezione naturale in numerose opere, fra cui soprattutto L’origine delle specie (1859), La variazione degli animali e delle piante allo stato domestico (1868) e L’origine dell’uomo (1871). L’idea di una “selezione” o “cernita” esercitata sugli organismi dalla natura sembra che venne a Darwin pensando al lavoro compiuto da allevatori e coltivatori, che lui conosceva bene, nel tentativo di migliorare piante e animali a scopo produttivo. Altro spunto gli fu fornito dalla dottrina di Thomas R. Malthus (1766-1834), esposta nell’opera intitolata Saggio sul principio di popolazione (1798), secondo cui in natura nascono molti più individui di quanti riescano a sopravvivere. Di qui l’idea di una “lotta per l’esistenza” (struggle for life), che conduce a una sopravvivenza differenziale: gli individui meglio adattati sopravvivono e lasciano più discendenti di altri. Il successo riproduttivo fa sì che le loro caratteristiche diventino prevalenti nel corso delle generazioni. E con ciò una specie si adatta alle proprie condizioni di vita biotiche e abiotiche. Una selezione di individui tutti identici non ha senso. Perciò, la diversità (genetica) secondo Darwin è uno dei due elementi di base del meccanismo evolutivo. La sua teoria prevede, infatti, due fasi, variazione e selezione: la prima riguarda la genesi della novità evolutiva, la seconda consiste nella selezione della novità generata. Fase I: Variazione Secondo le conoscenze dell’epoca in materia di ereditarietà, Darwin era convinto che l’apparato riproduttivo fosse particolarmente “plastico” e sensibile a ogni cambiamento dell’ambiente. La risposta automatica dell’organismo era la produzione fluttuante o casuale di Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 7 di 18 Università Telematica Pegaso La comunicazione che trasforma le specie variazione (fluctuating variation). La “casualità” implica l’idea che le variazioni emergenti non hanno in sé un valore adattivo; cioè, esse non compaiono perché sono vantaggiose, né sono utili all’organismo sin da principio. Il ragionamento va ribaltato: le variazioni che casualmente, appunto, risultino utili all’organismo si conservano, mentre le altre no. Altre fonti di variazione per Darwin erano l’incrocio (intra-specifico, cioè fra popolazioni e comunità differenti all’interno della stessa specie), oppure la riproduzione in sé (specie quella sessuale), che ricombina i caratteri posseduti dai genitori, nel senso indicato nel paragrafo precedente. Dunque, essendoci costantemente cause di modificazione, sia in natura che allo stato domestico, a suo parere la variazione è la norma e non l’uniformità. Secondo Darwin, per esempio, «persino i semi cresciuti nello stesso baccello non sono sottoposti a condizioni assolutamente uniformi, giacché estraggono il loro nutrimento da punti differenti». Fase II: Selezione Le variazioni generate nella fase della genesi della novità evolutiva sono discriminate attraverso una selezione differenziale di individui nel corso della lotta per l’esistenza, che produce l’effetto di favorire alcune caratteristiche da essi possedute. Gli organismi meglio adattati sopravvivono (con minore difficoltà) e trasmettono le loro caratteristiche ai discendenti; e, se non intervengono controtendenze selettive, le loro peculiari caratteristiche acquistano lentamente il predominio numerico. Perciò, Darwin parla di una “discendenza con modificazione” (descent with modification), la quale porta nel corso del tempo a una evoluzione delle specie. L’evoluzione è lenta e graduale, a suo parere, poiché anche la più lieve differenza può condurre a grandi differenze. Nell’Origine delle specie, leggiamo: «Il potere della selezione dipende in modo assoluto dalla variabilità degli esseri organici. Senza variabilità non si produce effetto Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 8 di 18 Università Telematica Pegaso La comunicazione che trasforma le specie alcuno; tuttavia, per ottenere un effetto, bastano lievi differenze individuali, che probabilmente sono le sole efficaci nella produzione di nuove specie». Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 9 di 18 Università Telematica Pegaso La comunicazione che trasforma le specie 3 Neodarwinismo Il neodarwinismo nasce con studiosi della prima generazione di darwinisti, fra cui in particolare Alfred Russell Wallace (1823-1913), co-autore della teoria dell’evoluzione per selezione naturale, e soprattutto con August Weismann (1834-1914), zoologo tedesco che opera una netta distinzione fra plasma somatico e plasma germinale: l’uno è caduco, mentre l’altro si trasmette nel corso delle generazioni. Wallace, naturalista inglese e viaggiatore, ha il merito di aver concepito più o meno contemporaneamente a Darwin, ma in modo del tutto indipendente, una teoria molto simile, nella quale, però, il ruolo della selezione naturale è più preminente. Egli supponeva che le variazioni si generassero negli organismi spontaneamente e autonomamente. Ciò ridimensionava il ruolo dell’ambiente, sminuendone la relativa importanza ed esaltava quello della selezione. Weismann, tedesco, era un biologo di laboratorio (embriologo e zoologo) che compì esperimenti sulla ereditarietà degli organismi. Anche lui finì per convincersi che le variazioni si generassero spontaneamente nei viventi, negando ogni ruolo all’ambiente. Le modifiche apportate da questi e altri studiosi alla teoria dell’evoluzione per selezione naturale, nel 1893 spinsero George J. Romanes (1848-1894), uno degli ultimi discepoli di Darwin, a sottolineare la differenza rispetto alla teoria originaria mediante il conio del termine “neodarwinismo”, definito come “un darwinismo senza l'influenza dell'ambiente". Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 10 di 18 Università Telematica Pegaso La comunicazione che trasforma le specie 4 Grande sintesi evoluzionistica La nascita della genetica, nel 1900, portò con sé l’idea che le nuove specie potessero nascere mediante l’incrocio, o attraverso la ricombinazione o la mutazione spontanea dei patrimoni ereditari. Questo genere di processi sembrava essere più veloce ed efficace rispetto alla lenta selezione di piccole variazioni casuali; perciò, il darwinismo cadde in crisi. Sia la genetica mendeliana sia quella cromosomica sembravano sconfessare la discendenza con modificazione sostenuta da Darwin. Prevalsero, quindi, nuovi orientamenti evoluzionistici, come la teoria mutazionista (Mutationstheorie) di Hugo de Vries (1848-1935), botanico olandese, uno dei riscopritori delle leggi di Mendel (insieme ai botanici tedeschi Carl Correns e Erich von Tschermak), secondo il quale improvvise macro-mutazioni avrebbero generato nel corso del tempo nuove specie, portando a una evoluzione per salti, cioè senza anelli di congiunzione. Nel frattempo, venne sviluppandosi la genetica di popolazioni, cioè l’applicazione dei principi della genetica (mendeliana e morganiana) alle popolazioni naturali. Questa nuova determinazione della scienza della ereditarietà dimostrò sul campo, non senza una certa sorpresa, l’efficacia del meccanismo evolutivo darwiniano. Nelle frequenze alleliche relative al pool genico delle popolazioni naturali vennero descritti diversi cambiamenti legati a forze selettive. Quello più noto è il caso della falena Biston betularia, diffusa nelle campagne inglesi. Ebbene, nelle zone maggiormente industrializzate fu possibile provare che le varianti melaniche della specie (cioè quelle più scure) prendevano il sopravvento, probabilmente a causa dell’inquinamento, che portava all’annerimento dei tronchi degli alberi sui quali questi insetti si rifugiano durante il giorno. Le varianti chiare, dunque, venivano più facilmente individuate e uccise dai predatori, mentre quelle scure, probabilmente, lussureggiavano, a causa di questa pressione selettiva. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 11 di 18 Università Telematica Pegaso La comunicazione che trasforma le specie Oltre che dalla genetica, altre conferme al darwinismo giunsero nelle prime decadi del XX secolo da altre discipline biologiche, tra cui la sistematica botanica e zoologica, la biogeografia, la paleontologia e così via. Pertanto, si pensò a una sorta di “sintesi” di conoscenze e scoperte che emergevano nei settori d’indagine. Nacque così la cosiddetta “teoria sintetica dell’evoluzione per selezione naturale”, o più semplicemente “sintesi evoluzionistica”. L’espressione (evolutionary synthesis) risale a un libro del noto biologo inglese Julian S. Huxley, intitolato Evolution: the Modern Synthesis, del 1942. Questa “sintesi” consistette quindi in un vasto accordo raggiunto, intorno alla metà del ‘900, fra cultori di discipline biologiche diverse, in materia di evoluzione dei viventi. Nella storiografia scientifica si suole ritenere che l’elaborazione della teoria sintetica dell’evoluzione ebbe quattro componenti principali, le quali definirono anche quattro fasi temporali distinte. La prima pose le premesse in campo naturalistico per la comprensione dei meccanismi della speciazione: la distribuzione geografica delle specie sul pianeta, per esempio, sembrava confermare una comune origine filetica dei vari gruppi tassonomici, corrispondente, fra l’altro, alle dinamiche della deriva dei continenti. La seconda prese avvio alla fine degli anni Venti e consistette nella nascita della genetica di popolazione, di cui prima s’è detto. La terza fase fu quella della costruzione teorica della teoria sintetica, che coprì gli anni Trenta e Quaranta. Questi decenni furono costellati di ricerche e pubblicazioni in vari settori delle scienze della vita aventi come obiettivo quello di integrare i risultati della genetica con l’evoluzionismo darwiniano, innestando su nuove basi la teoria dell’evoluzione per Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 12 di 18 Università Telematica Pegaso La comunicazione che trasforma le specie selezione naturale – concepita questa volta come the genetical theory of evolution by natural selection. La quarta vide la diffusione e il consolidamento della teoria, a partire da un famoso congresso tenutosi a Princeton (NJ), nel 1947, dal titolo: “Genetics, Paleontology and Evolution”. Esso sancì un’ampia intesa, sin dall’argomento dell’incontro, che mette appunto a confronto la ricerca biologica di micro-livello, laboratoriale e sperimentale con quella riguardante il macrolivello, o il versante ambientale e di storia naturale. Il comune consenso si fondò su alcuni principi di base, tra cui i seguenti. A. Prevalse innanzitutto un ideale quantitativo, osservativo e sperimentale, a cavallo fra caso (mutazione) e determinismo (selezione). In pratica, venne ripresa la vecchia idea di casualità fluttuante darwiniana, ma, anziché attribuire un ruolo all’ambiente, si procedette – come nel neodarwinismo – all’individuazione di fattori interni di variazione casuale, che furono rintracciati nelle mutazioni a livello di geni e cromosomi. Alla fine, quindi, sono state ripristinate le due fasi della variazione fluttuante e della selezione: la sopravvivenza del più adatto e il successo riproduttivo differenziale stabiliscono in via deterministica il destino della novità evolutiva sorta casualmente. B. Aspetto condiviso nella teoria sintetica fu quello di gradualità dell’evoluzione: mutazioni e ricombinazioni individuali di piccola entità possono essere favorite o sfavorite dalla selezione naturale; altrettanto, nei passaggi filetici è possibile riscontrare forme di transizione, sebbene non si tratti sempre di anelli di congiunzione o di stadi intermedi. Il cambiamento graduale, secondo i biologi sintetici, era particolarmente visibile soprattutto nelle successioni di specie di una medesima linea filetica: alquanto nota è divenuta ad esempio nell’evoluzione del cavallo la ricostruzione di forme fossili successive nelle quali la Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 13 di 18 Università Telematica Pegaso La comunicazione che trasforma le specie zampa vede anchilosarsi la condizione delle dita del piede in tre blocchi ispessiti, in due e poi in un unico zoccolo indurito. Altre successioni note sono quella relativa ai palchi dell’alce, o quella relativa alla gobba del dromedario, e così via. C. Altro punto da segnalare è l’attenzione prestata dai biologi della sintesi alla popolazione naturale: essa fu considerata come l’unità evolutiva fondamentale: gli individui sono il bersaglio della selezione, ma specie incipienti sono le popolazioni. In altri termini, ciò che evolve nei diversi areali di distribuzione delle specie viventi non è l’intera specie, ma le popolazioni che occupano i singoli areali, le quali possono isolarsi dal punto di vista riproduttivo e “speciare”, cioè divenire nuove specie. Di primaria importanza, dunque, divenne la distribuzione delle frequenze dei geni all’interno dei pool genici delle popolazioni naturali, perché la loro variazione diviene o può divenire il segno tangibile di un inizio di cambiamento evolutivo, nel caso si riesca al contempo a dimostrare l’esistenza di pressioni selettive in atto. Quest’ultimo aspetto determinò un differente assetto epistemologico della «nuova» teoria dell’evoluzione per selezione naturale, in quanto la genetica venne ad assumere una certa posizione di preminenza rispetto ad altre discipline. Si è ritenuto, quindi, di poter collocare alla base della teoria sintetica dell’evoluzione dei viventi un principio analogo alla prima legge di Newton della meccanica – che è del tipo: se niente accade, allora tutto resta com’è. Si tratta del cosiddetto “principio di Hardy-Weinberg”, definibile come segue: la composizione del pool genico delle popolazioni naturali rimane invariata da una generazione all’altra se non intervengono fattori capaci di spostare al suo interno le frequenze relative dei geni. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 14 di 18 Università Telematica Pegaso La comunicazione che trasforma le specie La selezione naturale è solo uno di questi fattori, quantunque il più importante. Altri fattori possono essere, per esempio, il cosiddetto “flusso genico estraneo”, quando una popolazione sconfina nell’areale di un’altra popolazione della medesima specie e qui si stabilisce: i due rispettivi pool genici si fondono alterando alcune precedenti frequenze alleliche, mediante la riproduzione incrociata di individui appartenenti all’una e all’altra popolazione. Inoltre, modificazioni delle frequenze geniche possono avvenire in maniera del tutto casuale, mediante la cosiddetta “deriva genetica” (genetical drift), che, però, in quanto fenomeno statistico, si suppone possa divenire significativa perlopiù in piccole popolazioni isolate dal punto di vista dell’areale geografico. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. 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Theodosius Dobzhansky (1900-1975), per esempio, genetista e uno dei principali fautori della sintesi moderna, ha scritto: «La selezione naturale costituisce un collegamento tra il pool genico e l’ambiente. Può essere paragonata a un servomeccanismo in un sistema cibernetico formato dalla specie e dal suo ambiente. Metaforicamente, si può dire che l’informazione sugli stati dell’ambiente è trasmessa e immagazzinata nell’insieme del pool genico e in particolari geni» (T. Dobzhansky Chance & Creativity in Evolution, 1974). Qualche anno dopo, a queste affermazioni fanno eco quelle di Richard C. Lewontin (19001975), genetista harvardiano, discepolo di Dobzhansky: «Quando in una popolazione cambia la frequenza dei tipi per opera della selezione naturale, tale cambiamento può essere considerato, metaforicamente, come l’accumulazione di Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 16 di 18 Università Telematica Pegaso La comunicazione che trasforma le specie informazione sull’ambiente della struttura della popolazione. Mentre la selezione crea ordine nel pool genico, la mutazione è un processo casuale che introduce rumore» (R. Lewontin, Evolution, 1979). Lewontin prosegue: «Il rumore della mutazione, tuttavia, è ancora più importante [dell’ordine], perché provvede la variazione necessaria per immagazzinare nuova informazione sull’ambiente che cambia. In questo modo mutazione e selezione, che sono forze contraddittorie in un modo statico, diventano aspetto dello stesso processo di adattamento in un modo dinamico» (Ibidem). Nella seconda metà del Novecento, dunque, vi sono state varie utilizzazioni di modelli informazionali nello studio dell’organizzazione biologica e, come si vede, l’evoluzionismo non ha fatto eccezione. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 17 di 18 Università Telematica Pegaso La comunicazione che trasforma le specie Letture consigliate Darwin C., L’origine delle specie (1859), a cura di G. Pancaldi, Il Mulino, Bologna 2009 Futuyma D. J., Biologia evoluzionistica, Zanichelli, Bologna 1985 Mayr E., Un lungo ragionamento, Bollati Boringhieri, Torino 1994 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. 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