LA TERAPIA MEDICA DELLA PANCREATITE E FOLLOW-UP Giovanni Fornaciari U.O. Medicina IIIa e Gastroenterologia - Azienda Ospedaliera Arcispedale Santa Maria Nuova - Reggio Emilia LA PANCREATITE ACUTA Negli ultimi anni sono stati pubblicati molti articoli in merito alla terapia della pancreatite acuta (PA) ma la gran parte degli studi riguardavano il modello animale e solo in parte quanto viene dimostrato sull’animale è trasferibile nell’uomo. Inoltre nella PA, soprattutto nelle forme severe della malattia, è difficile pianificare studi clinici in grado di fornire risposte chiare dal punto di vista statistico in merito ai vantaggi di nuove terapie in precedenza validate con studi sperimentali. I principali campi di interesse sono costituiti, in questo ambito, non solo dalla ricerca di farmaci in grado di ridurre la “infiammazione” del pancreas, ma anche nella prevenzione della infezione che può insorgere sulla necrosi del pancreas e sul trattamento del dolore nella fase acuta e nella fase della ripresa della alimentazione. In questa relazione ci occuperemo solo della terapia medica della pancreatite acuta escludendo la terapia endoscopica e la nutrizione clinica già trattate da altri autori. • • La PA può essere distinta in due forme: Forme lievi: costituiscono la maggioranza dei casi (70–80%) e si risolvono di regola in pochi giorni. Per questi casi il problema terapeutico più importante è riconoscere la eziologia per potere emendare la causa evitando, in questo modo, il rischio di recidiva. In questi casi la terapia non gioca un ruolo decisivo. Forme gravi: si associano a necrosi pancreatica più o meno estesa ed a complicanze locali ed extra-pancreatiche. In questi casi la gestione deve essere multidisciplinare coinvolgendo gastroenterologo, chirurgo, nutrizionista, endoscopista e radiologo. La terapia, accanto al trattamento nutrizionale ed endoscopico, si fonda sui seguenti presidi: • Terapia di supporto: per i problemi emodinamici (amine simpatico-mimetiche, inotropi positivi oltre ovviamente alla reidratazione); • Terapia del dolore: possono essere impiegati FANS, tramadolo, oppiacei, meperidina; • Inibizione della secrezione gastrica: utile anche, unitamente al digiuno ed all’aspirazione naso-gastrica, per ridurre la secrezione pancreatica. In generale vengono utilizzati gli inibitori della pompa protonica anche se la ranitidina sarebbe preferibile per la compatibilità con le miscele nutrizionali precostituite; • Antiproteasici: oramai superato l’utilizzo della aprotinina l’unico farmaco oggi disponibile è il gabesato mesilato studiato, con risultati controversi, in alcuni trial. Una metanalisi del 2004 dimostra che il farmaco riduce la mortalità nelle sole forme gravi e pertanto le linee guida italiane, unitamente solo a quelle giapponesi per la verità, ne consiglia l’impiego con inizio precoce per un periodo massimo di sette giorni; • Somatostatina ed octreotide: anche su questi farmaci non vi è consenso nelle varie metanalisi e linee-guida ma in generale il loro impiego non è raccomandato. Vi è solo qualche evidenza per il sottogruppo di pazienti con pseudocisti sintomatica allorché non vi è ancora la possibilità di sottoporre il paziente a intervento chirurgico; • Antibiotici: anche in questo campo le opinioni sono divergenti. Da tutti gli studi emerge la utilità della terapia antibiotica allorché si evidenzia una infezione del tessuto Atti del Corso “La Nutrizione Clinica nelle Patologie Pancreatiche non Neoplastiche” 86 • pancreatico necrotico ma è meno definito il ruolo della profilassi antibiotica. Una recente metanalisi della Cochrane ha evidenziato che la profilassi antibiotica riduce la mortalità ma non la percentuale di infezione della necrosi o la necessità di intervento chirurgico. È stato però chiaramente definito che la profilassi antibiotica non presenta un rischio aggiuntivo (ad esempio di infezioni micotiche) e che, se la scelta viene posta, deve comunque essere iniziata appena possibile e proseguita per almeno una o meglio due settimane. I farmaci di scelta dovrebbero essere i carbapenemici (imipenem, meropenem) che sono risultati superiori alla pefloxacina e alla combinazione chinolonici + metronidazolo; Altri farmaci: l’atropina è controindicata. Un recente studio sulla profilassi con probiotici è risultato negativo (incremento della mortalità nel gruppo trattato) anche se i risultati nella pancreatite sperimentale sull’animale erano confortanti. LA PANCREATITE CRONICA La pancreatite cronica (PC) rimane un enigma nel campo della gastroenterologia sia per quanto riguarda la eziologia e la patogenesi (una larga parte delle PC non riconosce una genesi sicura), sia per quanto riguarda la diagnosi, sia infine per l’aspetto terapeutico. Non esiste infatti ovviamente una terapia eziologica anche se l’abbandono dell’abitudine etilica nella PC su base alcolica determina spesso un miglioramento del dolore. Inoltre nonostante l’importanza della malattia che presenta una prevalenza stimata fra lo 0.5 ed il 5% e lo sviluppo di nuovi farmaci, non esiste un chiaro consenso sul trattamento della PC. Anche per questo campo ci occuperemo solo della terapia medica attualmente disponibile. • • • • • La terapia della PC punta sui seguenti obiettivi: Controllo del dolore: difficile da acquisire anche perché la patogenesi non è completamente definita. Potrebbe essere legato ad infiammazione perineurale, a distensione dei dotti pancreatici o ad ostruzione dei medesimi; Miglioramento del malassorbimento: i principali problemi in questo senso sono costituiti dalla diarrea e dalla steatorrea. In ultima analisi però il principale obiettivo è costituito dall’arrestare il calo ponderale. I farmaci che possono essere utilizzati per acquisire tali obiettivi sono i seguenti: Analgesici: la maggioranza dei pazienti con PC ha dolore e necessita di terapia. Gli analgesici oppiacei presentano la forte limitazione della dipendenza che insorge ben presto ma acquisire il controllo del dolore è la vera priorità. Se i farmaci non narcotici (FANS o paracetamolo) falliscono si può iniziare con il tramadolo che determina minore dipendenza. Utile anche l’associazione con antidepressivi; nelle forme avanzate, però, il ricorso agli oppiacei è una necessità Enzimi pancreatici: esiste una rationale per l’utilizzo di questi farmaci per ambedue gli scopi (controllo del dolore e miglioramento del malassorbimento). Infatti gli enzimi pancreatici possono inibire il feed-back che porta la colecistochinina (CCK), non più denaturata dalla tripsina, deficiente nella PC, ad indurre un incrementato output enzimatico peggiorando così il dolore. Solo gli enzimi pancreatici però non “entericcoated” si sono rivelati utili per questo scopo in quanto i più moderni preparati “entericcoated” non hanno dato risultati negli studi clinici. È pertanto necessario associare, a tali preparati un inibitore di pompa o un H2 antagonista per evitarne la degradazione gastrica e quindi la perdita dell’attività sul malassorbimento. I farmaci “enteric-coated” devono essere riservati alle forme di PC senza dolore. È attualmente in corso una revisione della Cochrane su questi farmaci; Blocco del plesso celiaco: viene eseguito sotto guida eco-endoscopica e si è rilevato utile nei casi di dolore refrattario; Atti del Corso “La Nutrizione Clinica nelle Patologie Pancreatiche non Neoplastiche” 87 • • • Ocreotide: si è rivelato utile nel controllo del dolore nelle forme refrattarie ad altre terapie; Antiossidanti: vi sono alcuni dati non definitivi sull’utilizzo di selenio, metionina e vitamina C ; Antagonisti della colecistochinina: in studio la loxiglumide antagonista recettoriale della CCK. I risultati sono preliminari ma confermano l’importanza della CCK e del feed-back regolativo nel determinismo del dolore. Atti del Corso “La Nutrizione Clinica nelle Patologie Pancreatiche non Neoplastiche” 88