La Nutrizione Artificiale nella Pancreatite Acuta

LA NUTRIZIONE ARTIFICIALE NELLA PANCREATITE ACUTA
Carlo Lesi, M.T. Fabozzi, Luca Valeriani, Luisa Zoni
U.O. Dietologia e Nutrizione Clinica - Azienda Unità Sanitaria Locale - Bologna
La Pancreatite acuta (PA) rimane una malattia grave con una mortalità di circa il
10%. Nonostante che circa l’80% dei pazienti soffra di una forma lieve con un tasso di
mortalità sotto l’1%, circa il 20-25% dei pazienti con una pancreatite acuta presentano una
forma grave della malattia, che può portare a un’insufficienza multiorgano ed alla morte. (1)
Il principale fattore patogenetico nello sviluppo di una PA è l’attivazione degli
enzimi pancreatici all’interno del pancreas con conseguente sua autodigestione che provoca
differenti quadri clinici: da una lieve infiammazione alla necrosi (spesso emorragica) e allo
sviluppo di un’infiltrazione peripancreatica.
È un processo infiammatorio del pancreas che può limitarsi alla stessa ghiandola o ad
una sua porzione, oppure estendersi a organi e tessuti vicini o anche ad organi lontani che
vengono danneggiati dalle secrezioni pancreatiche. Ne deriva che la malattia può avere
diversi gradi di gravità che vanno dall’edema pancreatico alla gravissima pancreatite
necrotico emorragica (2).
L’infezione secondaria e l’ipoperfusione splancnica possono portare allo sviluppo di
complicazioni settiche e ad una successiva insufficienza multi organo. La discriminante tra
edema interstiziale acuto e pancreatite necrotizzante sembra essere il criterio prognostico più
rilevante. Nelle forme lievi (score di Ranson < 3 o APACHE II < 8 ) non esiste indicazione
alla NA poiché in generale è possibile rialimentare il paziente in tempi brevi e non sussiste
catabolismo (3).
Le cause più frequenti di PA sono la calcolosi delle vie biliari, l’etilismo acuto e nel
15-25% dei casi non si trova nessun movente etiopatogenetico: viene definita idiopatica. In
corso di PA, soprattutto di quelle necrotico-emorragiche, scopo terapeutico principale nella
fase clinica iniziale è quello di ristabilire la volemia mediante adeguata infusione di liquidi e
sali minerali per evitare lo shock ipovolemico. Nelle prime 24-48 ore è necessario
soprattutto instaurare una terapia di riequilibrio emodinamico e cardiorespiratorio. (3)
Appena possibile si comincia la nutrizione per contenere lo spiccato catabolismo
proteico-calorico presente. Finchè il paziente non è in grado di alimentarsi si ricorre alla
Nutrizione Artificiale (NA).
La Nutrizione Parenterale
Fino a poco tempo fa la Nutrizione Parenterale (NP) era considerata la modalità
standard per fornire nutrienti a pazienti con PA. Tale scelta era in linea con il concetto
prevalente di “mettere a riposo” l’organo sofferente somministrando nel contempo al
paziente liquidi e nutrienti. Ci si è poi accorti che la l’utilità del suo impiego non era
supportata da numerosi studi clinici, di cui uno solo era prospettico e randomizzato. In
questo studio alcuni pazienti ricevevano la NP , altri nessun supporto nutrizionale. I risultati
Atti del Corso “La Nutrizione Clinica nelle Patologie Pancreatiche non Neoplastiche”
58
dello studio hanno dimostrato che la NP non incideva sul risultato clinico finale. Al
contrario aumentavano le infezioni correlate all’uso del catetere utilizzato per l’infusione di
nutrienti. Oltre al rischio di sepsi legata al catetere sono stati segnalate gravi iperglicemie ed
altre alterazioni metaboliche.
In un altro studio, che confrontava l’uso precoce della NP rispetto quello più tardivo
in corso di pancreatite severa, è emersa solo la tendenza a ridurre mortalità e necessità di un
intervento chirurgico se la NP era somministrata precocemente. Dal che si deduce che la NP
può essere dannosa.
Negli ultimi anni si è anche ipotizzato che la NP possa favorire un’aumentata
permeabilità intestinale con traslocazione batterica causa della sindrome multiorgano. Il che
avviene perché nessun nutriente giunge a contatto con la parete intestinale.
D’altra parte alcuni studi hanno coinvolto un elevato numero di pazienti con forma
lieve di PA che non avevano necessità di NP, anzi soffrivano per i suoi effetti collaterali.
Invece pazienti con PA grave e malnutrizione ingravescente a causa di una prolungata
disfunzione intestinale avevano chiaramente necessità di una NP per prevenire gli effetti
negativi della malnutrizione. In questi casi si possono associare piccole quantità di
Nutrizione Enterale (NE) (minimal enteral feeding) per tenere attiva la funzione intestinale.
Alcuni studi su pazienti con trauma, ustioni ed intereventi di chirurgia maggiore
gastrointestinale hanno dimostrato che le complicanze settiche si riducono quando i pazienti
ricevono una NE precoce.
La Nutrizione Enterale
Oggi la NE è considerata un’importante metodo di terapia acuta nei pazienti critici
non solo per ridurre il catabolismo e le perdite di massa magra, ma anche per modulare la
risposta della fase acuta (ebb phase o ipodinamica) e preservare il metabolismo proteico
viscerale con la possibilità di attenuare la risposta citochinica splancnica pro-infiammatoria.
Nella maggior parte dei casi severi le conseguenze del digiuno prolungato associato
al catabolismo calorico-proteico possono condurre ad un rapido calo delle riserve proteiche
dell’organismo che si stima attorno al 20% nel giro di cinque giorni.
Confronto NE vs NP
Sono stati condotti tre studi prospettici randomizzati ponendo a confronto la NE
precoce con la NP in pazienti con PA. McClave e collaboratori (4) hanno scelto a caso
pazienti sia per la NP che per la NE infusa mediante sonda naso-digiunale in un gruppo di
pazienti con PA di media gravità (mild to moderate acute pancreatitis). Lo studio ha
dimostrato che è possibile effettuare la NE in questo gruppo di pazienti, ma l’esito clinico
non è stato diverso nei due gruppi. Però i pazienti con NP presentavano più elevate
concentrazioni di glucosio nei primi giorni di NA con costi di gestione più alti. Infatti la
diretta immissione in circolo di notevoli quantità di glucosio, non mediata dai meccanismi
digestivi e di assorbimento intestinali come avviene nella NE, spiega gli incrementi
glicemici correlati ad una prognosi peggiore per il paziente.
Kalfarentzos e collaboratori (5) hanno eseguito uno studio prospettico randomizzato
in pazienti con PA severa. I pazienti venivano sottoposti a NE o a NP nelle 48 ore seguenti il
Atti del Corso “La Nutrizione Clinica nelle Patologie Pancreatiche non Neoplastiche”
59
ricovero. La NE è risultata ben tollerata senza effetti collaterali. L’aspetto più significativo
era che i pazienti in NE presentavano un numero di complicanze in generale e di quelle
settiche in particolari minore rispetto quelli sottoposti a NP i cui costi di gestione risultavano
più elevati. Windsor e collaboratori (6), confrontando la NP con la NE, sono stati in grado di
dimostrare che la NE riduce la risposta della fase acuta metabolica diminuendo la gravità
della malattia e l’evoluzione clinica, per quanto le alterazioni morfologiche pancreatiche
siano immodificate alla TC.
In definitiva i dati clinici disponibili suggeriscono che la NE è in genere da preferire
alla NP perché più fisiologica, meno costosa, in grado di modulare positivamente la risposta
immunitaria e infiammatoria e capace di ridurre il fenomeno della traslocazione batterica
responsabile delle complicanze settiche (3). Solo una previsione di digiuno prolungato per 7
giorni indica il ricorso alla NA. In altri termini solo la PA grave necessita della NA (7).
Conclusioni
Queste sono le conclusioni che si possono trarre.
1) la NE eseguita mediante sonde posizionate per via endoscopica nel digiuno è fattibile ed
auspicabile nella terapia della PA severa;
2) la NE sembra diminuire la gravità della malattia e migliorare il suo esito clinico;
3) per il passato si è data minore importanza ai costi, oggi no: la NE costa meno della NP;
4) le complicanze (ascite pancreatica, fistole ed ascessi) non rappresentano una
controindicazione alla NE.
Le indicazioni per una corretta NA in corso di PA severa sono riassunte nelle tab, 1 e 2.
Tab.1 : Terapia nutrizionale della pancreatite acuta severa.
N.B.: i pazienti con PA grave, complicanze o necessità di un intervento chirurgico devono ricevere un
supporto nutrizionale precoce per evitare effetti dannosi.
¾ Iniziare con un abbondante somministrazione di liquidi;
¾ Iniziare con una NE precoce e continua mediante SNDigiunale meglio se posizionato
per via endoscopica. Le miscele da impiegare sono quelle contenenti peptidi e/o
arricchite con immunonutrienti o con fibre idrosolubili. Queste ultime per prevenire
la traslocazione batterica colica e quindi la MODS;
¾ Quando compaiono gravi complicanze (ad es. sepsi ecc.) o non si raggiunge
l’apporto calorico necessario utile associare alla NE la NP;
¾ Quando la NE non è possibile (ad es. per prolungato ileo paralitico) si deve ricorrere
alla NP (è possibile l’uso di lipidi e.v. quando non è presente ipertrigliceridemia)
eventualmente associata a piccole quantità di una miscela ipolipidica infusa per NE
continua con SNDigiunale
L’impiego della NE in corso di PA anche severa ne esce rafforzato. Nella realtà
clinica si osserva l’esatto contrario sia per retaggio culturale da parte dei medici sia per
motivazioni pratiche: il CVC permette anche l’infusione di farmaci, ecc. Già fin d’ora deve
essere cominciato da parte dei dietologi e delle dietiste un’opera di sensibilizzazione all’uso
della NE nei confronti dei gastroenterologi e chirurghi che più spesso vedono pazienti con
PA.
Atti del Corso “La Nutrizione Clinica nelle Patologie Pancreatiche non Neoplastiche”
60
Tab.2: Quantità raccomandate di nutrienti nella pancreatite acuta severa.
Nutrienti
Calorie
Proteine o Aminoacidi
Carboidrati
Lipidi
Quantità
25-35 Kcal./Kg/die
1.2-1.5 /Kg/die
4-6g./Kg/die
fino a 2g./Kg/die
N.B.: deve essere evitata la “overfeeding syndrome” specie nei sogg. obesi possibilmente
in accordo con il metebolismo basale a riposo (REE) misurato con calorimetria diretta.
Bibliografia
¾
¾
¾
¾
¾
¾
¾
1) Sobotka L. et al.: Basics in Clinical Nutrition Edited for ESPEN Courses, Second Edition, Galén
Ed. (Cz) 2000. pagg. 189-197.
2) Cappello G et al: “ La Nutrizione Enterale nella Pancreatite Acuta” Atti dal “ Corso di
Aggiornamento in Nutrizione Clinica” a cura di A.Nicolai, Ancona 12-14 giugno 2002, pagg. 84-89.
3) Giannotti L.: “Nutrizione Artificiale nella Pancreatite acuta” Atti del Convegno: “Progress in
Nutrizione Clinica” a cura di A.Nicolai, Ancona 4-6 giugno 2003, pagg. 106-107.
4) McClave S.A. et al.: ”Comparison of the safety of early enteral vs parenteral in mild acute
pancreatitis” JPEN 1997; 21:14.
5) Kalfarentzos F. et al: “ Enteral nutrition is superior to parenteral nutrition in severe acute
pancreatitis: results of randomized prospective trial“ Br J Surg 1997; 84; 1665
6) Windsor A.C.J. et al.: “Compared with parenteral nutrition, enteral feeding attenuates the acute
phase response and improves disease severity in acute pancreatitis“ Gut 1988; 42; 431.
7) Mangiante G et al: “Nil by mouth or not? Nel trattamento della pancreatite acuta” Atti del
Convegno “Nuove frontiere nella Nutrizione Clinica, in Oncologia, Cardiologia, Pneumologia e
Chirurgia” a cura di A. Costa e C. Pedrolli, Levico Terme (TN) 28-29 aprile 2005, pagg. 209-211.
Atti del Corso “La Nutrizione Clinica nelle Patologie Pancreatiche non Neoplastiche”
61