La decolonizzazione
CANADA
REGNO PAESI
UNITO BASSI
FRANCIA
PORTOGALLO
GIORDANIA
LIBANO IRAQ
GIORDANIA
MAROCCO
QATAR
COSTA DEI
PIRATI OMAN
CESE
ICA
GUINEA SP.
AF R
GUYANA FR.
AFRICA OCCID. FRANCESE
GAMBIA
GUINEA PORT.
COSTA
SIERRA LEONE D’ORO NIGERIA
LIBERIA
TOGO
GUYANA BRIT.
GUYANA OL.
LIBIA
SOMALIA FR.
INDIA
BIRMANIA
VIETNAM
CAMBOGIA DEL NORD
HADRAMAUT
MALESIA
INDONESIA
MADAGASCAR
MO
ZAM
BIC
O
TANGANICA
AFRICA DEL BECIUANIA
SUD-OVEST
FILIPPINE
SOMALIA BR.
UGANDA KENYA
ANGOLA
FEDERAZIONE
D. RHODESIA
E NIASSA
VIETNAM
DEL SUD
OS
LA
HONDURAS
ALGERIA
EQU
AT. F
RA N
RIO DE ORO
IST
AN
SPAGNA
PAK
STATI UNITI
AUSTRALIA
UNIONE
SUDAFRICANA
NUOVA ZELANDA
Gran Bretagna
Francia
Stati Uniti
Spagna
Portogallo
Olanda
I domini coloniali nel 1945
12.1 I popoli coloniali
verso la libertà
Significato e importanza della
«decolonizzazione»
Negli anni Venti e Trenta del Novecento
molte tensioni minarono la stabilità degli
imperi coloniali. Nei popoli di Asia e Africa
crebbe l’insofferenza verso la sottomissione politica e lo sfruttamento economico di
cui erano vittime. E aumentò il desiderio di
liberarsi dal giogo delle potenze europee e
creare nuovi Stati nazionali.
Lo scoppio della Seconda guerra mondiale accelerò enormemente questo proces-
so. Dopo la sua conclusione ebbe così inizio
un lungo cammino che portò alla dissoluzione degli imperi e all’indipendenza delle
colonie. Questo cammino si completò, per
la gran parte di Asia e Africa, tra 1945 e 1975.
Si svolse pacificamente in numerose occasioni, ma terribili spargimenti di sangue
non furono risparmiati. Nell’insieme esso
prese il nome di «decolonizzazione», termine che appunto indica la trasformazione
in Stati indipendenti dei territori coloniali
assoggettati dalle potenze europee tra il XVI
secolo e i primi decenni del XX secolo. Per
la sua vastità e le conseguenze politiche, sociali ed economiche, la decolonizzazione è
considerata uno degli elementi fondamentali della storia mondiale del Novecento.
La Seconda guerra mondiale
e il risveglio delle colonie
La debolezza degli imperi
e la forza di USA e URSS
Durante la Seconda guerra mondiale, le potenze europee impegnate nel conflitto mobilitarono i popoli assoggettati. Molti giovani dei paesi coloniali furono infatti reclutati
negli eserciti europei (in particolare Francia
e Inghilterra); e chi non venne arruolato fu
costretto a uno sforzo eccezionale per produrre grandi quantità di materie prime e
merci indispensabili allo sforzo bellico della
potenza coloniale. Un aiuto determinante che permise al Regno Unito di resistere
all’assalto nazista.
Anche il Giappone ebbe involontariamente un ruolo fondamentale nell’avviare
il processo di decolonizzazione. Durante
la guerra, al motto: «L’Asia agli asiatici»,
sottrasse alle potenze coloniali europee
l’intero sud-est asiatico: questo slogan e la
creazione della cosiddetta «sfera di coprosperità asiatica» erano tuttavia puramente
strumentali. Il Giappone infatti sottomise e
sfruttò brutalmente ai fini bellici le ricchezze della regione e i suoi abitanti. Ma il dominio nipponico ebbe l’effetto di risvegliare il
desiderio di indipendenza dei politici, degli
intellettuali e dei borghesi locali, che videro
la possibilità di autogovernarsi.
Terminata la guerra, i popoli coloniali
pretesero un riconoscimento per il ruolo
svolto e non accettarono di restare in condizione di sottomissione. Erano soprattutto
i funzionari amministrativi educati all’occidentale e le nascenti borghesie e classi imprenditrici locali a volere un deciso cambiamento della situazione e la conquista della
piena indipendenza per la loro nazione.
Nell’avvio del processo di decolonizzazione
pesò molto anche un terzo fattore, legato
alle stesse potenze coloniali. Francia, Regno Unito, Olanda, Belgio, Italia si trovavano alla fine della guerra in uno stato di
profonda debolezza: vincitori e vinti erano
accomunati da gravi difficoltà economiche
e politiche. Bisognava ricostruire l’Europa e
mancavano le risorse necessarie al controllo
e alla gestione delle colonie: mantenere un
impero coloniale, sfruttandone direttamente le ricchezze andava ormai oltre le capacità anche di paesi grandi e forti come Francia
e Regno Unito.
Vi fu infine un ultimo elemento, forse il
più importante di tutti. Dalla Seconda guerra mondiale emersero due nuove superpotenze: Stati Uniti e Unione Sovietica. Né
l’una né l’altra avevano imperi coloniali da
difendere. Inoltre, da sempre gli Stati Uniti
sostenevano il principio dell’autodeterminazione dei popoli, ribadito anche nella
Carta Atlantica del 1941 e sottoscritto da
Churchill per stringere a sé il gigante democratico americano.
Le potenze coloniali non trovarono quindi nei due nuovi protagonisti politici e militari del pianeta un sostegno alle loro pretese imperiali. Anzi, come abbiamo visto a
riguardo delle guerre di Corea e Vietnam, fu
proprio nei territori sottoposti in passato al
controllo coloniale che Stati Uniti e Unione
Sovietica giocarono la loro rivalità per il dominio del mondo, e lo fecero appoggiando
forze politiche locali.
1945
sfera di coprosperità:
progetto, elaborato dal
Giappone, che prevedeva
la costituzione di un’unione
di paesi asiatici al fine
di espellere le potenze
occidentali dall’Asia. Fu
in realtà uno strumento
atto ad affermare gli
interessi dell’imperialismo
giapponese.
Indù e Musulmani festeggiano l’indipendenza dell’India, 21 agosto 1947, Bombay.
© Loescher Editore – Torino
242
p. 312
© Loescher Editore – Torino
1957 Entra in produzione la Fiat 500
1961 Gagarin primo uomo nello spazio
1969 Armstrong primo uomo sulla Luna
1986 Incidente nucleare di Chernobyl
1990
243
3
12
Il mondo diviso dalla Guerra fredda
12.2 La decolonizzazione
in Asia
L’indipendenza dell’India
e del Pakistan
Durante gli anni Trenta, gli inglesi cercarono in India una difficile mediazione tra gli
interessi dell’impero e il desiderio di autogoverno della popolazione locale. La concessione di maggiori autonomie alle province del subcontinente non soddisfece però il
bisogno di indipendenza degli indiani. Essi
parteciparono alla Seconda guerra mondiale come fedeli alleati di Londra e al termine
delle ostilità Gandhi, universalmente noto
come Mahatma, cioè «Grande Anima», il
Partito del congresso e l’opinione pubblica
indiana ripresero con più vigore di prima la
lotta per il distacco dal Regno Unito.
La piena autonomia venne finalmente
raggiunta il 15 agosto 1947, quando il governo inglese, guidato dal laburista Clement
Attlee, stabilì con l’Indian Independence
Act la divisione del subcontinente indiano
in due nuovi e distinti Stati indipendenti. Il
primo era l’Unione Indiana, che copriva la
parte maggiore del territorio del subcontinente ed era abitato da una popolazione a
maggioranza induista. Il secondo era il Pakistan, a maggioranza musulmana. La gioia
La divisione dell’India
C I N A
AFGHANISTAN
Lahore
PAK I STA N
Delhi
NEPAL
BHUTAN
Varanasi
Karachi
Bangla Desh
(Indipendente dal 1971)
Ahmadabad
U N ION E I N DIA N A
Mar
Bombay
Hyderabad
G o l fo d el
Arabico
Bangalore
BIRMANIA
B e n g a la
Madras
Unione indiana nel 1947
Pakistan nel 1947
CEYLON
O c e a n o
I n d i a n o
di Gandhi e di tutto il popolo indiano per
l’ottenimento dell’indipendenza fu però
macchiata in quei giorni da terribili fatti di
sangue. Le tensioni e le violenze religiose,
una costante della millenaria convivenza
tra etnie spesso diversissime tra loro, originarono imponenti migrazioni. Milioni di induisti si spostarono verso l’Unione Indiana
e milioni di musulmani emigrarono verso il
Pakistan: i morti di questi movimenti furono circa 200.000. Lo stesso Gandhi, che aveva fatto della non violenza il centro della sua
battaglia politica e che si era detto contrario
alla divisione del subcontinente in Stati diversi, morì per mano di un estremista indù,
il 30 gennaio 1948. Il compito di guidare
l’Unione Indiana spettò da quel giorno a
Jawaharlal Nehru, capo del Partito del congresso e convinto sostenitore della necessità
di modernizzare il più rapidamente possibile il paese.
La vittoria di Mao e dei
comunisti cinesi
Dal 1912 la Cina era una Repubblica con
un ordinamento simile a quello degli Stati
occidentali, ma i dissidi tra nazionalisti e
comunisti, che nei primi anni Venti avevano stretto un’alleanza anticoloniale, rendevano altamente instabile il quadro politico
cinese. Nel 1925 la guida del Kuomintang (il
Partito nazionale del popolo) e dello Stato
cinese era stata assunta da Chiang Kai-shek,
fiero oppositore del comunismo, e nel giro
di due anni i contrasti tra i nazionalisti e i
comunisti di Mao Tse-tung si erano tramutati in una sanguinosa guerra civile.
Tuttavia, a partire dal 1937 la necessità di
affrontare l’invasione giapponese costrinse
i cinesi a unire le forze: il Kuomintang e il
Partito comunista si allearono dunque per
combattere il comune nemico. Al termine
della Seconda guerra mondiale, dopo che
i giapponesi furono cacciati, le ostilità tra
Chiang Kai-shek e Mao Tse-tung ripresero.
Il primo godeva del sostegno degli Stati Uniti, voleva costruire uno Stato di tipo capitalista, e contava su un esercito molto forte.
Mao era invece appoggiato dall’Unione Sovietica, lottava per l’edificazione di uno Stato socialista e appariva favorito dalla stretta
alleanza con la parte più numerosa della
popolazione cinese: i contadini.
La nuova guerra civile fu combattuta con
La lotta antigiapponese e la rivoluzione comunista cinese
UNIONE
SOVIETICA
UNIONE
SOVIETICA
Zone comuniste nel 1946
Zone comuniste nel luglio del 1948
Zone comuniste nel dicembre 1949
Harbin
MONGOLIA
Pechino
CO R E A
G IAPPON E
Canton
COREA
Seoul
Tsinan
Nanchino
Wenchow
Macao
Pechino
Xinsiang
Tokio
C I N A
Hankow
Manciur ia
Regioni rimaste sotto il controllo
nazionalista agli inizi del 1950
Seoul
Tsinan
Harbin
Zone comuniste agli inizi del 1950
Manciuria
Taiwan
Hong Kong
Lanzhou
Tibet
(Conquistato nel 1950)
NEPAL
INDIA
C I N A
Wenchow
BHUTAN
PAKISTAN
ORIENT.
L’Impero giapponese nel 1905
Territori occupati tra il 1905 e il 1933
Territori occupati tra il 1937 e il 1941
ferocia e non si contarono massacri e violenze indiscriminate a danno della popolazione, sull’uno e sull’altro fronte. A prevalere furono i comunisti di Mao, proprio grazie
al sostegno ottenuto nelle campagne. Occupate l’una dopo l’altra la Manciuria, la Cina
centro-settentrionale e l’importante città
di Nanchino, i comunisti accerchiarono e
sconfissero i nazionalisti, fino ad annunciare a Pechino la nascita della Repubblica
popolare cinese. Era il 1o ottobre 1949, e il
passaggio al comunismo dell’immenso paese asiatico colpì in maniera straordinaria
l’opinione pubblica mondiale. Mao stabilì
subito stretti legami con Mosca e avviò uno
straordinario sforzo di modernizzazione del
Manifesto di propaganda maoista con l’effigie di Mao e sotto lavoratori,
contadini, militari, con il Libretto Rosso in un’atmosfera festosa.
Taiwan
Canton
BIRMANIA
Shanghai
Nanchino
Hankow
Macao
INDOCINA
FRANCESE
Hong Kong
Hainan
SIAM
paese, prima di tutto attraverso la riforma
agraria, che premiava le masse contadine e
le sottraeva, mediante l’esproprio e la redistribuzione delle terre, al peso di un feudalesimo millenario. A
Chiang Kai-shek e il suo esercito si rifugiarono sull’isola di Taiwan dove proclamarono la nascita della Repubblica nazionalista cinese, posta sotto la protezione
statunitense. Per volere degli Stati Uniti, al
nuovo e piccolo Stato venne anche assegnato il seggio nel Consiglio di Sicurezza delle
Nazioni Unite (seggio riservato alla Cina in
quanto potenza vincitrice della Seconda
guerra mondiale). La divisione tra le due
Cine dura ancora oggi.
1945
Album p. 254
Il Generale cinese Chiang Kai-shek accanto
a Mao Tse-tung, 27 settembre 1945.
© Loescher Editore – Torino
244
La decolonizzazione
© Loescher Editore – Torino
1957 Entra in produzione la Fiat 500
1961 Gagarin primo uomo nello spazio
1969 Armstrong primo uomo sulla Luna
1986 Incidente nucleare di Chernobyl
1990
245
12
Il mondo diviso dalla Guerra fredda
S
I
A
Batavia
L’espulsione dei francesi
dall’Indocina
Prima pagina di «Paris
Match», 1-8 maggio 1954,
dedicata alla disfatta francese
a Dien Bien Phu, nel Vietnam
del Nord.
Al termine della guerra mondiale, sconfitto
il Giappone, la Francia tentò di recuperare
la proprie colonie in Indocina. Qui si trovò
però di fronte un ostacolo inaspettato. Nel
settembre 1945, al ritiro dei giapponesi, il
capo comunista Ho Chi Minh proclamò nel
Nord del Vietnam la Repubblica democratica vietnamita, con capitale Hanoi. Contando sulla propria superiorità
negli armamenti, i francesi
tentarono immediatamente
di riprendere il controllo delle regioni perdute. Ma Ho Chi
Minh e il generale Vo Ngujen
Giap lanciarono la «guerra
di tutto il popolo», allo scopo di coinvolgere i vietnamiti
nella lotta contro la potenza
coloniale. I successi europei
durarono poco: i comunisti
guadagnarono rapidamente
consensi nelle campagne e
nelle città e diventò sempre
più difficile per i francesi stanare dalla giungla un nemico
che si affidava alla guerriglia.
Libertà per il Sud-est dell’Asia
Negli anni successivi alla Seconda guerra
mondiale, l’intero Sud-est asiatico fu teatro
di scontri tra i popoli delle colonie e le truppe inviate dalle potenze imperiali. Abbiamo
detto di India, Pakistan, Cambogia, Laos e
Vietnam. Oltre a questi Stati conquistarono l’indipendenza le Filippine nel 1946, la
Birmania nel 1948, l’Indonesia nel 1949
e la Malesia nel 1957. In tutti questi paesi,
alla battaglia per la libertà si intrecciarono e
fecero seguito sanguinose lotte interne tra
nazionalisti e comunisti, che però – contrariamente a quanto avvenuto in Cina,
Vietnam del Nord e Corea del Nord – furono
sconfitti e poi repressi con durezza. Particolarmente grave fu quanto si verificò nel 1965
in Indonesia, dove un collaboratore del presidente Sukarno, il generale Suharto, ordinò
l’eliminazione di circa 500.000 comunisti, o
presunti tali, accusandoli di essere responsabili di un tentato colpo di Stato.
In questi paesi si affermarono dunque
governi conservatori o addirittura guidati
dai militari, che in nome della pacificazione civile limitarono grandemente le libertà
dei cittadini. Lo stesso accadde in Thailandia, l’unico fra gli Stati della regione ad aver
sempre mantenuto l’indipendenza.
Lo Stato di Israele (1947-1949)
Divisione ONU della Palestina nel 1947
Stato arabo
Damasco
Stato ebraico
LIBANO
Israele dopo la guerra del 1948
Damasco
Occupazione giordana
della Cisgiordania LIBANO
Territorio internazionale
Tiro
SIRIA
Mare
Haifa
Tel Aviv-Giaffa
Gaza
Nablus
Gerusalemme
Hebron
Tel Aviv-Giaffa
Amman
Mar
Morto
1945
Nablus
I S R AE LE
Ashqelon
Gerusalemme
Hebron
Gaza
Be’er Sheva
Be’er Sheva
G IO R DA N I A
Amman
Mar
Morto
G I O R DA N I A
EGIT TO
EGIT TO
David Ben Gurion legge la proclamazione dello Stato
di Israele,14 maggio 1948, Tel Aviv.
Elat
Aqaba
© Loescher Editore – Torino
246
Haifa
Mediterraneo
Mediterraneo
Ashqelon
SIRIA
Mare
Giordano
E
a
N
1949
n
O
i
D
t
Indiano
N
s
I
Oceano
e
Kuala Lumpur M A L E S I A
1957
l
Meridionale
a
1946
P
Saigon
F I LI P PI N E
Mar
Cinese
Giordano
CAMBOGIA
1954
Phnom Penh
a
Manila
VIETNAM
DEL SUD
1954
n
SIAM
i
Pacifico
Al termine della Seconda guerra mondiale
crebbe l’emigrazione ebraica verso la Palestina, già incoraggiata dal Regno Unito negli
anni Venti e Trenta prendendo spunto dalla
cosiddetta «dichiarazione Balfour» del novembre 1917. Il ministro degli Esteri britannico Arthur Balfour aveva infatti espresso
verso la fine della Prima guerra mondiale il
consenso del suo governo alla creazione di
una comunità ebraica in Palestina, salvo il
rispetto dovuto alle popolazioni non ebraiche che già vi erano insediate. Inoltre, questo territorio, già facente parte dell’Impero
ottomano, al termine della Grande guerra
era stato affidato a Londra con la formula
del mandato.
A favore del processo migratorio giocarono dopo il 1945 soprattutto due elementi. Da
un lato, lo sterminio di milioni di ebrei per
mano dei nazisti persuase l’opinione pubblica internazionale della necessità di dare
agli ebrei di tutto il mondo un territorio su
t
Vientiane
Rangoon
Oceano
VIETNAM
DEL NORD
1954
La nascita dello Stato d’Israele
cui fondare un proprio Stato. Dall’altro, gli
Stati Uniti si schierarono apertamente per la
creazione di uno Stato ebraico, fortemente
interessati ad avere un forte alleato in una
regione estremamente ricca di petrolio.
Il problema non era tuttavia di facile soluzione. Nella seconda metà degli anni Quaranta vivevano in Palestina circa 500.000
ebrei e 1,2 milioni di arabi. Il Regno Unito era favorevole alla creazione di un solo
Stato, abitato insieme da ebrei e arabi, ma
un accordo per la convivenza pacifica tra i
due popoli sembrò impossibile da ottenere
all’ONU; nel novembre 1947 proprio le Nazioni Unite proposero allora la fondazione
in terra palestinese di due Stati distinti, uno
arabo e uno ebraico. Non si arrivò però ad
alcuna soluzione diplomatica e il destino
della regione venne deciso dalle armi.
Nella primavera 1948 il mandato di Londra sull’area terminò. Il 14 maggio, alla vigilia del ritiro dei soldati britannici, David
Ben Gurion, leader ebraico, proclamò unilateralmente la nascita dello Stato d’Israele.
[Testimonianze  documento 5, p. 318] I paesi arabi vicini reagirono mobilitando gli
eserciti: si mossero insieme Egitto, Giordania, Libano, Siria e Iraq. Scoppiò allora una
s
LAOS
1954
Oriente
La decolonizzazione
e
Hanoi
BIRMANIA
1948
12.3 Il groviglio del Medio
l
C I N A
La guerra si protrasse per diversi anni e
divenne sempre più dura, mentre sulla scena internazionale cresceva l’opposizione
tra comunismo e capitalismo. Niente riuscì
a salvare i possedimenti francesi. Nel maggio 1954 cadde la guarnigione di Dien Bien
Phu, l’ultima delle piazzeforti conservate
nel Nord del Vietnam da Parigi. La notizia
della disfatta si diffuse immediatamente
tra tutti i popoli di Asia e Africa: era infatti
la prima volta che un movimento indipendentista sconfiggeva in battaglia un esercito
europeo.
I colloqui di pace tra i francesi e Ho Chi
Minh si tennero a Ginevra. Nel luglio 1954,
i popoli dell’Indocina raggiunsero la libertà.
Nacquero quattro nuovi Stati: la Cambogia,
il Laos, il Vietnam del Nord (comunista) e il
Vietnam del Sud (conservatore), appoggiato dagli Stati Uniti. La mancata unificazione
dei due Vietnam, divisi dalla linea dell’armistizio all’altezza del 17° parallelo, portava
con sé l’annuncio di nuove guerre, che sarebbero poi puntualmente arrivate.
a
L’Indocina e il Sud-est asiatico
P
3
Elat
Aqaba
© Loescher Editore – Torino
1957 Entra in produzione la Fiat 500
1961 Gagarin primo uomo nello spazio
1969 Armstrong primo uomo sulla Luna
1986 Incidente nucleare di Chernobyl
1990
247
3
12
Il mondo diviso dalla Guerra fredda
guerra che durò fino al principio del 1949 e
si concluse con il netto successo di Israele,
accerchiato da ogni lato ma militarmente
meglio addestrato ed equipaggiato. Il nuovo Stato ebraico si impossessò non solo del
territorio previsto per esso dal piano ONU,
ma anche di parte dei territori riservati agli
arabi, annettendo inoltre metà della città di
Gerusalemme, città santa per ebrei e arabi.
Circa 700.000 palestinesi furono costretti ad
abbandonare le proprie case e rifugiarsi nei
campi profughi di Gaza, Giordania e Libano.
Era l’inizio di un drammatico scontro tra popoli destinato a protrarsi fino ai nostri giorni.
scià: dall’antico
persiano shah che
significa «imperatore».
Nei millenni passati, lo
scià esercitava sul popolo
il potere di un monarca
assoluto e quello di
capo religioso e guida
spirituale.
Indipendenza e nazionalismi
dei popoli mediorientali
Alla dissoluzione dell’Impero ottomano, dopo
la Prima guerra mondiale, il Medio Oriente
era stato affidato a Francia e Regno Unito con
il sistema dei mandati. Qui il processo di decolonizzazione prese avvio più rapidamente
che in altre aree del mondo. Londra concesse
l’indipendenza all’Arabia Saudita e all’Iraq
già negli anni Trenta. Al termine della
Seconda guerra mondiale, anche la
Giordania divenne uno Stato autonomo. E contemporaneamente la
Francia lasciò la Siria e il Libano.
Già nel 1945 questi paesi si associarono, a difesa degli interessi dei
popoli islamici della regione, nella
nuova Lega Araba. Erano tuttavia
governati per lo più da monarchie
autoritarie, soffrivano di povertà
Gamal Abdel Nasser. e arretratezza sociale, di una forte
Il Medio Oriente
T U R C H I A
Alessandretta
Cipro
SIRIA
(R.U.)
PERSIA
ri
Tig
(Indipendente dal 1946)
Mar Mediterrane o LIBANO Beirut
(Ind. dal 1946)
Damasco
Eufra Baghdad
te
PALESTINA
(Mandato britannico)
Gerusalemme
Il Cairo
I R A Q
Amman
(Indipendente dal 1932)
TRANSGIORDANIA
(Indipendente dal 1946)
KUWAIT
(Protettorato britannico)
E G I T TO
A R A B I A
instabilità politica, ed erano percorsi da un
acceso sentimento di appartenenza alla nazionalità araba. Questi regimi si ponevano
principalmente due obiettivi: il primo era la
modernizzazione dell’economia e della società; il secondo era proprio l’affermazione
della identità e degli interessi arabi, spinti
da un nazionalismo fomentato oltre misura
dalla sconfitta subita contro Israele. Lo Stato ebraico aveva infatti travolto una coalizione di egiziani, siriani, iracheni, giordani
e libanesi, per i quali l’inaspettata sconfitta
costituì un autentico trauma.
Proprio a questo nazionalismo cercarono
di appoggiarsi, in competizione reciproca,
Stati Uniti e Unione Sovietica. Gli Stati Uniti riuscirono a condurre nella propria sfera
d’influenza l’Arabia Saudita, la Giordania e
l’Iran. In quest’ultimo paese l’intromissione straniera fu particolarmente evidente:
nel 1953, infatti, i servizi segreti statunitensi
organizzarono un colpo di Stato che rovesciò il governo legittimo, colpevole di aver
nazionalizzato le attività estrattive a svantaggio delle compagnie petrolifere occidentali, e portò al potere lo scià Reza Pahlavi.
Nell’area d’influenza dell’Unione Sovietica
entrarono invece l’Iraq, la Siria e soprattutto l’Egitto, le cui vicende furono al centro di
una nuova e pericolosa crisi internazionale.
La crisi di Suez e il tramonto
della potenza europea
L’Egitto era formalmente indipendente dal
1922, ma appariva ancora sottoposto all’influenza del Regno Unito, che manteneva
strettamente il controllo del Canale di Suez.
La situazione cambiò nel 1952, quando il
potere fu assunto con un colpo di Stato dal
generale Gamal Abdel Nasser, che impose
un regime di tipo socialista. Nasser distribuì le terre ai contadini, nazionalizzò le attività economiche più rilevanti, promosse
la modernizzazione del paese e adottò una
politica estera equidistante tra blocco occidentale e blocco orientale.
I rapporti già tesi tra il nuovo Egitto e Londra precipitarono nel 1956. Nasser si vide rifiutare da Stati Uniti e Unione Sovietica i prestiti necessari alla costruzione della grande
diga di Assuan, indispensabile per accrescere la produzione egiziana di energia elettrica
e incrementare l’area agricola nel meridione
del paese. Reagì allora nazionalizzando il
Re Idris.
Ad Algeri si celebra la vittoria contro la Francia, 3 Luglio 1962.
canale al fine di reperire dal suo sfruttamento le risorse necessarie alla costruzione della
diga. Il Regno Unito non poteva tollerare la
perdita di una via commerciale così importante e rispose militarmente, in accordo con
Francia e Israele. Alla fine di ottobre truppe
di Tel Aviv occuparono la penisola del Sinai,
mentre soldati francesi e inglesi venivano
paracadutati nella zona del Canale. L’attacco aveva per obiettivo la sconfitta e la caduta
di Nasser, ma dovette essere bruscamente
interrotto per l’opposizione dell’Unione Sovietica, che minacciò di intervenire a fianco
dell’Egitto. Anche gli Stati Uniti si mostrarono di conseguenza contrari all’impresa.
Londra e Parigi, isolate internazionalmente,
dovettero ritirare i loro uomini.
Il fallimento dell’impresa anglo-francese
diede al mondo il segnale del definitivo tramonto della potenza di Regno Unito e Francia e rese evidente che i destini della politica
internazionale erano decisi da Washington
e Mosca. Inoltre fece di Nasser l’uomo più
popolare e il paladino dell’intero mondo
arabo: fu egli infatti, da allora e per parecchi anni, a incarnarne con il suo carisma le
rivendicazioni. L’Egitto nasseriano divenne
inoltre da quel momento un fedele alleato
dell’Unione Sovietica. La crisi di Suez diede
infine un nuovo e decisivo impulso alla decolonizzazione di Asia e Africa.
12.4 La decolonizzazione
in Africa
La guerra d’Algeria
Le lotte per l’indipendenza si svilupparono
in Africa più tardi che in Asia. Ebbero però
anche qui un carattere impetuoso e nel giro
di pochi anni portarono alla libertà l’intero
continente, che ancora nel 1945 appariva
quasi completamente in mano agli europei.
Nell’Africa mediterranea, abitata da popoli arabi di religione islamica, si svolsero
gli eventi più drammatici. L’ex colonia italiana di Libia divenne indipendente nel
1951, sotto la guida del re Idris, mentre i
domini francesi di Marocco e Tunisia ottennero l’autogoverno nel 1956 senza eccessive
difficoltà perché erano semplici protettorati. Assai più contrastate furono invece le
vicende dell’Algeria che era una vera e propria colonia francese. Questo paese era assoggettato a Parigi dal 1830 e veniva sentito
da molti francesi come parte integrante del
territorio nazionale. Qui vivevano e lavoravano un milione di francesi, i pieds noirs ,
decisi – in difesa di interessi economici e posizioni sociali consolidate – a resistere a ogni
costo alla volontà di indipendenza degli otto
milioni di arabi.
© Loescher Editore – Torino
248
1945
La decolonizzazione
pieds noirs:
l’espressione «piedi neri»
veniva usata dall’esercito
francese, dopo la
Seconda guerra mondiale,
per indicare le reclute
nate in Algeria del Nord.
Dopo il conflitto d’Algeria,
diventò il soprannome
di tutti i francesi che
rimpatriavano dalle
ex colonie di Algeria,
Marocco e Tunisia.
© Loescher Editore – Torino
1957 Entra in produzione la Fiat 500
1961 Gagarin primo uomo nello spazio
1969 Armstrong primo uomo sulla Luna
1986 Incidente nucleare di Chernobyl
1990
249
3
12
Il mondo diviso dalla Guerra fredda
Il conflitto era inevitabile. Scoppiato nel
1954, vide contrapposte le truppe inviate
dall’Europa e il Fronte di liberazione nazionale algerino, che praticava la guerriglia. Lo scontro fu feroce, entrambe le parti
si macchiarono di terribili atrocità contro i
civili inermi. I morti furono 35.000 da parte
francese e ben 400.000 da parte algerina. La
guerra ebbe pesanti ripercussioni in Francia, dove una notevole parte dell’opinione
pubblica era ormai nettamente contraria
alla conservazione del possedimento d’oltremare: le tensioni politiche innescate dal
conflitto causarono addirittura la caduta
nel 1958 della Quarta Repubblica e la nascita della Quinta Repubblica, guidata da
Charles De Gaulle. Fu proprio lui, chiamato
al potere per conservare con tutti i mezzi la
colonia, a rendersi conto dell’impossibilità
di stroncare la rivolta. Nel luglio 1962, un
referendum sancì in Francia a larga maggioranza la concessione dell’indipendenza
all’Algeria, che ebbe così finalmente la tanto
attesa indipendenza.
La fine del colonialismo
nell’Africa subsahariana
Dopo la metà degli anni Cinquanta, i movimenti indipendentisti fecero valere le proprie richieste anche nell’Africa subsahariana. A quell’epoca, i governi dei paesi europei
avevano ormai decisamente imboccato la
via che portava all’abbandono delle colo-
nie. Mantenerle appariva troppo costoso,
in termini economici e umani. Molti popoli
dell’Africa subsahariana ottennero quindi
la libertà senza doversi impegnare in sanguinose guerre. La prima colonia britannica
della regione ad affrancarsi fu il Ghana, nel
1957. La prima delle colonie francesi a ottenere l’indipendenza fu la Guinea, nel 1958.
Nel 1960 nacquero ben 17 nuovi Stati, fra cui
la Nigeria, il Congo, la Mauritania e la Somalia, che si trovava sotto mandato dell’Italia dalla fine del conflitto mondiale. Nel
1962 fu la volta dell’Uganda e nel 1964 della
Tanzania. L’Etiopia, dal canto suo, era indipendente dal 1941, quando gli occupanti
italiani erano stati cacciati dagli inglesi, e ad
Addis Abeba fu federata l’Eritrea, anch’essa
ex colonia di Roma.
Altrove non mancarono tensioni e momenti di acuta crisi, soprattutto dove i coloni bianchi apparivano decisi a resistere e
conservare i propri privilegi. Accadde per
esempio in Kenya, dove la società segreta
dei Mau Mau condusse a partire dal 1952
una lunga battaglia contro gli occupanti
britannici: il paese ottenne l’indipendenza
solo nel 1963. Il Portogallo non concesse
la libertà ad Angola e Mozambico fino al
1975. In Rhodesia, staccatasi dalla corona
britannica nel 1965, il governo dei bianchi
introdusse la segregazione razziale ai danni
della popolazione di colore, che riuscì ad assumere il controllo dello Stato solo nel 1980.
Al termine di questa dura lotta, la Rhodesia
Baldovino, re del Belgio, in visita in Congo ancora colonia nel 1960, ormai alla fine del predominio europeo in Africa.
L’Africa subsahariana
TUNISIA
1956
MAROCCO
1956
ALGERIA
LIBIA
1962
SAHARA SPAGNOLO
CAPO
VERDE
1975
MAURITANIA MALI
1960
SENEGAL
1960
1960
1922
NIGER
1960
CIAD
GIBUTI
SUDAN
1960
ALTO VOLTA
1960
EGITTO
1951
divisa tra Marocco
e Mauritania 1975
1977
1956
NIGERIA
ETIOPIA
1941
REP. CENTRAFRICANA
SOMALIA
1960
CAMERUN
1960
1960
UGANDA
KENYA
1962
CONGO
1963
ZAIRE
RUANDA
GABON 1960(ex Congo Belga)
1962
1960
BENIN 1960
TOGO 1960
GHANA 1957
COSTA D’AVORIO 1960
LIBERIA 1822
GUINEA 1958
GUINEA BISSAU 1974
GAMBIA 1965
1960
ANGOLA
1975
1975
prima del 1957
1958-1960
TANGANICA
secessione
dallo Zaire
1960-63
ZAMBIA
1964
SEICELLE
1961
1976
TANZANIA
BURUNDI
MALAWI
COMORE
1964
1962
1975
1964
MOZAMBICO MADAGASCAR
SAO TOMÉ E PRINCIPE
Indipendenza
degli stati africani
1960
KATANGA
NAMIBIA BOTSWANA
1966
1960
1975
1989
MAURIZIO
1968
ZIMBABWE
GUINEA EQUAT.
1968
1980
REP. SUDAFRICANA
1961-1970
1971-1976
1961
SWAZILAND
1968
LESOTHO
1966
dopo il 1976
venne ribattezzata Zimbabwe.
Caso a sé fu infine quello dell’Unione
Sudafricana, ex possedimento inglese autonomo dal 1910 per concessione di Londra.
Il paese si proclamò pienamente indipendente dalla corona britannica nel 1961 con
il nome di Repubblica Sudafricana o Sudafrica. Ma il potere era nelle mani di 5 milioni
di bianchi, discendenti degli antichi coloni
europei, che imposero l’apartheid a oltre
20 milioni di neri, escludendoli dalla vita
politica, impedendo loro di spostarsi liberamente, vietando loro qualsiasi rapporto sociale o economico con i bianchi. Il regime di
dura segregazione razziale, discriminazione
e persecuzione cui fu sottoposta la maggioranza di colore del paese diede origine a un
conflitto interno che si sarebbe risolto solo
all’inizio degli anni Novanta.
La difficile libertà delle
ex colonie africane
Nel corso di questo processo emersero molti leader di rilievo, preparati culturalmente,
politicamente abili e capaci di dedicarsi con
passione al proprio paese. Tra essi, notevoli furono Mohammed Ben Bella in Algeria,
Sekou Touré in Guinea, Jomo Kenyatta in
Kenya, Patrice Lumumba in Congo. Nessuno di loro riuscì però a portare a termine il
disegno politico intrapreso.
Emblematica è la vicenda di Lumumba. Il
Congo, ribattezzato Zaire, fu abbandonato
dai belgi nel 1960 in condizioni di povertà
disperate. Il paese possedeva – e possiede
tuttora – straordinarie risorse minerarie.
L’esistenza del nuovo Stato fu quindi immediatamente minacciata dalla secessione
© Loescher Editore – Torino
250
1945
La decolonizzazione
apartheid: termine
inglese che significa
«segregazione razziale».
Si tratta della separazione
forzata tra due popoli,
imposta per il colore
della pelle, per la
cultura e la storia di un
popolo. I segregazionisti
negarono alle vittime i più
elementari diritti civili e
politici e li confinarono
in zone apposite, in modo
che non vi fosse alcuna
mescolanza tra i popoli.
© Loescher Editore – Torino
1957 Entra in produzione la Fiat 500
1961 Gagarin primo uomo nello spazio
1969 Armstrong primo uomo sulla Luna
1986 Incidente nucleare di Chernobyl
1990
251
3
12
Il mondo diviso dalla Guerra fredda
della ricca provincia del Katanga, fomentata da mercenari al soldo delle compagnie
estrattive occidentali. Lumumba fu catturato e ucciso dai ribelli; la pace tornò nello
Zaire solo grazie all’intervento delle truppe
inviate dall’ONU. Ma il potere venne conquistato dai militari, e la nascente democrazia dovette soccombere alla dittatura,
appoggiata dalle potenze occidentali, del
generale Mobutu, responsabile della morte
di Lumumba.
Un cammino simile toccò ad altri paesi
africani. E in ciò essi furono accomunati a
parecchi dei nuovi Stati asiatici. La decolonizzazione consegnò insomma ai popoli di
questi due continenti la libertà, ma essa non
significò automaticamente democrazia, sviluppo e benessere, perché si partiva da condizioni di arretratezza politica, sociale ed
economica troppo gravi. Vedremo in seguito
per quali complessi motivi l’indipendenza
fu solo il primo passo di un lungo cammino
oggi ancora da completare. [ I NODI DELLA
STORIA p. 252]
1945-1975
Decolonizzazione
1947
Indipendenza dell’India
e del Pakistan
1948
Nascita di Israele
Patrice Lumumba.
1949
Mao Tse-tung fonda
la Repubblica popolare cinese
1950-1994
Apartheid in Sudafrica
I NODI DELLA STORIA
Quali furono i risultati della decolonizzazione in Africa?
Il processo di decolonizzazione dell’Africa subsahariana sembrò
essere, a cavallo degli anni Cinquanta e Sessanta, la grande
promessa per un mondo uscito da non molto dal terribile secondo conflitto mondiale. Un continente per secoli dimenticato
e, dalla fine dell’Ottocento, diventato terreno di conquista per le
potenze imperiali europee, conosceva un nuovo inizio carico di
aspettative positive.
La realtà, invece, fu decisamente differente. I nuovi Stati africani nati dal dissolvimento dei vecchi imperi coloniali, conservarono quasi sempre confini ed estensioni innaturali, nate
fondamentalmente dalla spartizione diplomatica di qualche decennio prima. Non si era tenuto conto delle particolarità etniche
e delle matrici culturali differenti. Le nuove élites africane si
erano formate, per lo meno in parte, negli anni tra le due guerre
mondiali; alcuni dei loro esponenti avevano servito nell’esercito
inglese e in quello della Francia libera in lotta con la Germania
nazista. Avevano maturato un’idea positiva – ma un po’ astratta
– della democrazia occidentale e la fiducia che il premio per
il loro impegno sarebbe stato la libertà e l’indipendenza. Ma
questa tardò ad arrivare e, quando finalmente fu concessa,
la delusione cominciava già a essere molto significativa quasi quanto l’indifferenza della fascia più povera e meno istruita
della popolazione.
Le risorse economiche locali, cospicue soprattutto nel campo
252
© Loescher Editore – Torino
minerario e in quello petrolifero, finirono per divenire merce di
scambio per sempre più numerose forniture militari destinate
ad alimentare guerre civili feroci, come quella che in Nigeria,
nel 1967-1970, causò la morte di un numero altissimo (forse
più di un milione) di persone. Le vecchie leadership, sempre
più corrotte e necessitate a mantenere il proprio consenso con
mezzi autoritari o comprando i capi tribali, alimentarono, oltre
al conflitto ideologico, quello etnico. Nel 1994, la tragedia del
Ruanda, dove in poco più di tre mesi circa un milione di appartenenti all’etnia tutsi fu assassinato da parte di membri della
maggioranza hutu (ma anche molti «moderati» di quest’ultimo
gruppo furono massacrati) avvenne, come in tanti altri conflitti
africani, nella sostanziale indifferenza del mondo.
L’Africa subsahariana, insomma, è l’unico continente del mondo
a non avere conosciuto i miglioramenti economici della golden
age successiva alla Seconda guerra mondiale. In compenso ha
conosciuto direttamente gli effetti nefasti delle crisi più recenti.
Il tenore di vita della maggioranza dei suoi abitanti è addirittura
peggiorato dagli anni del colonialismo ad oggi. Alcuni timidi segnali di cambiamento (democratizzazione di alcune nazioni con
l’introduzione del pluralismo politico, politiche di conciliazione
etniche, segnali di dinamismo economico) pur se incoraggianti
non sembrano in grado ancora di far parlare di un rinascimento africano.
1952
Nasser sale al potere in Egitto
1954
Indipendenza dell’Indocina
1956
Nazionalizzazione del
Canale di Suez
La decolonizzazione
1 A partire dal 1945 si avvia la decolonizzazione, vale a dire la conquista
dell’indipendenza da parte dei popoli fino ad allora sottomessi al dominio
coloniale occidentale. Dopo la Seconda guerra mondiale, prese avvio il processo
di decolonizzazione: la liberazione dei popoli sottomessi al dominio delle potenze
occidentali. Queste le cause maggiori: il desiderio ormai invincibile di indipendenza
che animava africani e asiatici; la rottura del sistema di potere coloniale operata in
Asia dal Giappone, che durante la guerra spazzò via gli europei da tutto il Sud-est del
continente; la debolezza di Francia, Regno Unito e delle altre potenze imperiali, ormai
incapaci di mantenere domini tanto vasti del mondo; l’emergere delle superpotenze
USA e URSS, contrarie al mantenimento delle colonie da parte degli europei e capaci
di imporre il proprio punto di vista ad alleati e avversari.
2 In Asia, India, penisola indocinese e Indonesia ottengono la libertà, mentre in Cina trionfa la rivoluzione comunista guidata da Mao Tse-tung.
I movimenti indipendentisti attecchirono in Asia prima che altrove. L’Unione Indiana, induista, e il Pakistan, musulmano, ottennero la libertà dagli inglesi nell’agosto
1947. In Indocina, dopo un’aspra lotta contro la Francia, nacquero nel 1954 Laos,
Cambogia, Vietnam del Nord, comunista e alleato di URSS e Cina, e Vietnam del
Sud, capitalista e alleato degli USA. L’Indonesia si svincolò dall’Olanda nel 1949. E
indipendenti divennero anche Malesia, Birmania e Filippine. In Cina riprese la guerra
civile tra nazionalisti e comunisti. Furono questi ultimi, guidati da Mao Tse-tung, a
trionfare e creare nel 1949 la Repubblica popolare cinese, mentre i seguaci di
Chiang Kai-shek fondarono sull’isola di Taiwan la Repubblica nazionalista cinese.
3 In Medio Oriente conquistano l’indipendenza molti popoli arabi, ma la nascita di Israele e l’esodo dei palestinesi creano una frattura ancora oggi
non rimarginata. Particolarmente complicata apparve subito la situazione del Medio Oriente. Negli anni successivi alla guerra ottennero l’indipendenza la Siria, l’Iraq,
la Giordania, l’Arabia Saudita e il Libano. In essi, come in Egitto, prese piede un forte
movimento nazionalista arabo, che trovò subito un nemico mortale nel nuovo Stato
d’Israele. Creato in Palestina da ebrei emigrati da tutto il mondo, Israele fu attaccato
alla sua nascita nel 1948. L’esercito ebraico vinse, ma le divisioni che nacquero da
quegli eventi durano ancora oggi. In particolare, ebbe allora origine il problema degli
arabi palestinesi, costretti a fuggire dalla guerra e desiderosi a propria volta di una
patria in cui vivere. Ulteriori tensioni sorsero nel 1956 alla nazionalizzazione del Canale di Suez da parte dell’Egitto, guidato dal regime socialista di Nasser: la nuova
crisi si risolse con uno scacco bruciante per Regno Unito e Francia.
4 In Africa, la maggior parte dei popoli ottiene la libertà pacificamente, con
l’eccezione degli algerini, mentre in Sudafrica si afferma il regime segregazionista dell’apartheid. In Africa le lotte per la liberazione dei popoli scoppiarono più tardi che in Asia, ma approdarono rapidamente agli stessi risultati. Furono
le capitali imperiali a favorire spontaneamente la nascita di molti nuovi Stati, sia
nell’Africa mediterranea che nell’Africa subsahariana. In alcuni casi il raggiungimento dell’indipendenza fu lungo e travagliato. Ricordiamo per esempio la sanguinosa
guerra che oppose gli algerini alla Francia tra 1954 e 1962: provocò centinaia di
migliaia di vittime e fu risolta infine dal ritiro dei francesi. Ricordiamo anche gli scontri
tra coloni bianchi e maggioranza di colore in Kenya e Rhodesia: qui, solo dopo molti
anni i popoli africani assunsero il governo del loro paese. In Sudafrica i bianchi imposero ai neri il duro regime della segregazione razziale, discriminandoli in ogni settore
della vita sociale, politica ed economica.
1962
Indipendenza dell’Algeria
© Loescher Editore – Torino
253
3
12
Il mondo diviso dalla Guerra fredda
Le icone «rivoluzionarie» del Terzo Mondo
in Europa
La decolonizzazione
«Che» Guevara e Fidel Castro
Altri due emblemi della rivoluzione nel Terzo Mondo che si conquistarono vasta popolarità tra le giovani generazioni europee del Sessantotto furono i capi della Rivoluzione cubana, Fidel Castro ed Ernesto
«Che» Guevara. In particolare, Guevara, dopo aver contribuito a organizzare la rivolta armata contro il regime filoamericano di Batista a
Cuba, si impegnò in altri movimenti armati in Africa centrale e America Latina, soprattutto in Bolivia, dove fu ucciso il 9 ottobre 1967.
La sua morte violenta proiettò il «Che» nella dimensione della leggenda «rivoluzionaria», tuttora perdurante.
Nel corso del XX secolo, e soprattutto dopo il 1945, i più importanti processi rivoluzionari si spostarono
dall’Europa al cosiddetto Terzo Mondo. Queste rivoluzioni, che furono ispirate, come loro più lontano modello,
dalla Rivoluzione bolscevica del 1917, intrecciavano la lotta di emancipazione anticoloniale con l’aspirazione
a un nuovo ordine politico-sociale, il nazionalismo con il socialismo. Tuttavia, le rivoluzioni cinese e cubana, algerina e vietnamita, riguardarono per certi aspetti anche l’Europa. Infatti, a queste rivoluzioni esotiche
guardarono con passione le giovani generazioni europee occidentali protagoniste dei movimenti degli anni
Sessanta e Settanta. Mao, «Che» Guevara e Fidel Castro, Ho Chi Minh divennero le icone del radicalismo
giovanile, affascinato dalla lotta armata contro le potenze «capitaliste» e «imperialiste».
Ernesto «Che» Guevara e Fidel Castro negli anni Sessanta a L’Avana.
Manifesto di esaltazione del popolo cubano e dei suoi eroi.
Poster di propaganda della Rivoluzione culturale cinese: Mao cammina nei campi circondato da un gruppo di felici contadini.
Mao
La più importante di tutte, per dimensioni e conseguenze, fu la
Rivoluzione cinese del 1949, che trovò un fondamentale seguito
nella Rivoluzione culturale tra 1966 e 1969. In quell’epoca in
cui l’Unione Sovietica aveva perduto in larga parte la sua capacità
di rappresentare la rivoluzione agli occhi delle giovani generazioni,
il leader cinese Mao divenne l’immagine di un nuovo e più radicale
movimento rivoluzionario. Chi guardava al modello cinese sperava
in una rivoluzione non di operai, ma di contadini, che coinvolgesse
non le fabbriche, ma le campagne. Il simbolo della Rivoluzione
culturale fu il Libretto Rosso, antologia degli scritti e dei discorsi
di Mao, largamente diffusa anche in Occidente.
Manifesto di propaganda maoista con studenti
cinesi che agitano il famoso Libretto Rosso.
254
© Loescher Editore – Torino
Il fascino della lotta armata
I movimenti radicali del Terzo Mondo furono composti
soprattutto da guerriglieri, armati di kalashnikov, il
fucile sovietico che all’epoca si diffuse ampiamente e
divenne l’emblema del combattente per la libertà. Algerini, vietnamiti, palestinesi erano accomunati dalla
scelta della violenza per combattere francesi, americani e israeliani. Molti giovani occidentali, soprattutto
intellettuali ma non solo, furono sedotti dal fascino
della lotta armata, che non di rado li spinse negli
anni Settanta a sostenere la causa del terrorismo
o ad abbracciarne la pratica in Europa occidentale,
dall’Irlanda del Nord ai Paesi Baschi, dall’Italia alla
Repubblica Federale Tedesca.
Emblema dell’ETA, l’organizzazione terroristica basca.
© Loescher Editore – Torino
255
12
Il mondo diviso dalla Guerra fredda
ATTIVITÀ
3
Ragiona sul tempo e sullo spazio
Impara il significato
1
4
2
Osserva la cartina a p. 251 e ricava da essa (eventualmente aiutandoti anche con il testo) la cronologia della
decolonizzazione dell’Africa; poi, servendoti della cartina a p. 242, ricava la cronologia in riferimento alle singole
potenze imperialiste.
Completa le frasi scrivendo l’anno esatto in cui accade l’evento, poi distingui con tre colori diversi gli eventi
riconducibili all’Asia, quelli che riguardano il Medio Oriente e quelli che si riferiscono all’Africa. Infine scrivi tra
parentesi, dove richiesto, il paese occupante e la modalità di decolonizzazione (pacifica o combattuta).
1 Nel
Marocco e Tunisia conquistano l’indipendenza ( )
2 Il 15 agosto
il governo inglese stabilisce con l’Indian Independence Act la divisione del subcontinente
indiano in due nuovi e distinti Stati indipendenti: l’Unione Indiana (a maggioranza induista) e il Pakistan (a maggioranza
islamica) ( )
3 Nel
la Libia diventa indipendente ( )
4 Nel
il capo di Stato egiziano Nasser decide di nazionalizzare il canale di Suez; non potendo tollerare la
perdita di una via commerciale così importante, il Regno Unito risponde militarmente, in accordo con Francia e Israele
5 Nel
il Ghana ottiene l’indipendenza ( )
6 Nel
i popoli dell’Indocina raggiungono la libertà; nascono quattro nuovi Stati: la Cambogia, il Laos, il Vietnam
del Nord (comunista) e il Vietnam del Sud (conservatore), appoggiato dagli Stati Uniti
7 Nella primavera del
, allo scadere del mandato di Londra, il leader ebraico David Ben Gurion proclama
unilateralmente la nascita dello Stato d’Israele
8 Nel
il Sudafrica si proclama indipendente dalla corona britannica; tuttavia il potere è detenuto da 5 milioni di
bianchi, che impongono l’apartheid a oltre 20 milioni di neri
9 Il 1° ottobre
nasce la Repubblica popolare cinese, guidata dal partito comunista di Mao Tse-tung
10 Il 30 gennaio
Gandhi, il capo del movimento d’indipendenza indiana, è assassinato da un estremista indù
11 Nel settembre
il capo comunista Ho Chi Minh proclama nel Nord del Vietnam la Repubblica democratica
vietnamita, con capitale Hanoi
12 Nel
l’Algeria ottiene l’indipendenza, dopo un sanguinoso conflitto tra le truppe inviate dall’Europa e il Fronte
di liberazione nazionale algerino ( )
Scrivi quale significato assumono i seguenti concetti nel periodo della decolonizzazione.
1
2
3
4
5
La decolonizzazione
Strumentale
Induista
Modernizzazione
Federare
Prova a riflettere sul significato di «Quarta Repubblica» e «Quinta Repubblica» e, alla luce di quello che hai letto nel
capitolo, spiega che cosa sancisce il passaggio dall’una all’altra.
Osserva, rifletti e rispondi alle domande
6
Osserva la mappa concettuale relativa alla decolonizzazione. Poi rispondi alle domande.
I fattori che portano alla decolonizzazione
Esplora il macrotema
3
Completa il testo.
I problemi principali del Medio Oriente sono riconducibili alla questione palestinese che prende il via
alla fine della Seconda guerra mondiale.
Al termine del conflitto, infatti, cresce l’emigrazione ebraica verso la Palestina. A favore del processo
migratorio, già incoraggiato dalla cosiddetta «dichiarazione (1)
», giocano soprattutto
due elementi: lo sterminio di milioni di ebrei per mano dei (2)
, che persuade l’opinione
pubblica internazionale della necessità di dare loro un (3)
su cui fondare un proprio
Stato; la volontà degli Stati Uniti di creare uno Stato ebraico, che avrebbe permesso di avere un forte
alleato in una regione ricca di petrolio.
Tuttavia il problema non è di facile soluzione, dal momento che nella seconda metà degli anni Quaranta
in (4)
vivono circa 500.000 ebrei e 1,2 milioni di arabi. Nel 1948, al termine del mandato di
Londra, il leader ebraico David Ben Gurion proclama unilateralmente la nascita dello (5)
d’Israele; i paesi arabi vicini (Egitto, Giordania, Libano, Siria e Iraq) reagiscono mobilitando gli eserciti.
La guerra si conclude con il netto successo di (6)
, che si impossessa anche di territori
riservati agli arabi e costringe circa 700.000 palestinesi a rifugiarsi nei campi profughi di Gaza, Giordania
e Libano. È l’inizio di un drammatico scontro destinato a protrarsi fino ai nostri giorni.
1 Perché USA e URSS appoggiano i processi di decolonizzazione?
2 Quali sono le rivendicazioni dei popoli colonizzati?
Mostra quello che sai
7
256
© Loescher Editore – Torino
Osserva l’immagine a p. 245 (a sinistra): qual è il suo valore simbolico?
© Loescher Editore – Torino
257