Storia contemporanea
Prof. Roberto Chiarini
http://rchiariniSC.ariel.ctu.unimi.it
Anno Accademico 2008/2009
11. Decolonizzazione e Terzo Mondo
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I caratteri generali della decolonizzazione:
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Lo smantellamento del sistema coloniale e
l’accesso all’indipendenza dei popoli afroasiatici
sono tra i fenomeni più importanti del XX secolo.
Il processo di decolonizzazione riceve una spinta
decisiva dal secondo conflitto mondiale: i gruppi
indipendentisti sono appoggiati dall’uno o dall’altro dei
belligeranti (ad esempio, in sia sono sostenuti dai
giapponesi in funzione antifrancese e antinglese).
USA e URSS premono per scalzare gli europei
dall’Asia dall’Africa e per accelerare quindi la
liquidazione del vecchio ordine mondiale fondato
sull’eurocentrismo (già nella Carta atlantica del 1941).
Il processo di decolonizzazione si compie attraverso
vicende alterne:
GRAN BRETAGNA: procede con graduale abdicazione al
proprio dominio, prepara i popoli soggetti all’indipendenza,
cerca di trasformare l’impero in una comunità di nazioni sovrane.
FRANCIA: oppone una tenacia resistenza ai movimenti
indipendentisti e pratica fino all’ultimo una politica
assimilatrice (= riunire la madrepatria e le colonie in un unico
stato).
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Il rapporto con l’Europa - l’eredità coloniale - lascia
tracce durevoli:
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PIÙ sul piano culturale: lingua, abitudini, ecc.
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MENO sul piano delle istituzioni politiche: la
democrazia parlamentare di tipo europeo si
afferma solo in pochi paesi. Le ragioni sono
molteplici:
l’Europa aveva mostrato in Africa e in Asia
non il suo volto liberale, ma quello autoritario
del governo coloniale;
il carattere delle dirigenze locali,
espressione di élites numericamente esigue e
non di borghesie mature, ben radicate;
la difficoltà di avviare un processo di sviluppo
partendo da condizioni di grave arretratezza
economica.
L’emancipazione dell’Asia:
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Il continente asiatico è il primo ad affrancarsi: il motivo
sta nel carattere relativamente più avanzato
dell’organizzazione politica e della struttura sociale.
IL CASO DELL’INDIA:
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La crescita del movimento
nazionalista si lega all’affermazione
del Partito del Congresso e
all’influenza politica e morale di
Gandhi.
Agosto 1947 vedono alla luce due
stati: Unione indiana, a
maggioranza indù, e il Pakistan
musulmano.
Si moltiplicano gli scontri tra indù e
musulmani (oltre 100mila morti,
trasferimento da uno stato all’altro
di 17 milioni di persone).
I problemi dell’India
indipendente: povertà cronica
delle campagne, eccezionale
sovraccarico demografico, tensioni
tra i diversi gruppi etnici e religiosi,
permanenza di abiti mentali arcaici
e di divisioni legare al vecchio
sistema delle caste.
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IL SUD EST ASIATICO: il processo di emancipazione è
condizionato dal confronto tra le forze nazionaliste
e i movimenti comunisti, che hanno la loro base
principale nelle campagne e traggono i loro quadri dagli
intellettuali delle città.
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Prevalgono le forze nazionaliste
in Filippine (1946), Birmania (1948),
Indonesia (1949) e Malesia (1957).
Prevalgono le forze comuniste
specie negli stati sorti dalla
dissoluzione dell’impero francese in
Indocina (Repubblica democratica del
Vietnam, proclamata da Ho Chi-minh
nel 1946 e riconosciuta solo nel 1954
con la divisione del Vietnam in une
stati: uno comunista al Nord, l’altro
filo-occidentale al Sud).
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Il Medio Oriente e la nascita di Israele
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All’interno del movimento nazionalista arabo, vi sono due
componenti:
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UNA TRADIZIONALISTA: fautrice di una
“reislamizzazione” della società mediante
l’applicazione integrale dei precetti coranici (=
INTEGRALISMO ISLAMICO)
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UNA LAICA E NAZIONALISTA, più attenta alle
esigenze di modernizzazione economica.
L’indipendenza dei paesi medio-orientali: 1945 = Egitto,
Arabia Saudita e Yemen formano la Lega degli Stati ararbi;
1946 = Siria, Libano e Transgiordania diventano
indipendenti.
LA QUESTIONE PALESTINESE: nel 1939 la Gran Bretagna
si impegna a rendere indipendente la Palestina entro dieci
anni. Nel maggio 1948 gli inglesi lasciano quei territori, gli
ebrei proclamano la nascita dello stato di Israele e gli
Stati della Lega araba reagiscono attaccando
immediatamente. La prima guerra arabo-israeliana
(maggio ’48-gennaio ’49) si risolve con la sconfitta delle
forze arabe. Un milioni di profughi arabi abbandonano i
territori occupati da Israele e riparano nei paesi vicini, per lo
più in Giordania.
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La rivoluzione nasseriana in Egitto e la crisi di Suez
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All’inizio degli anni ’60 il nazionalismo arabo trova il suo
centro e la sua guida indiscussa nell’Egitto, retto da una
monarchia sempre più corrotta e inefficiente.
Luglio 1952: un Comitato di ufficiali liberi guidato da
Neguib e Nasser assumono il potere rovesciando la
monarchia.
1954: Nasser allontana il più moderato Neguib e rimane
arbitro della situazione. Il nuovo regime avvia riforme
in senso socialista (redistribuzione della terra,
nazionalizzazione delle principali attività economiche) e
tenta di promuovere un processo di industrializzazione.
In politica estera affranca il paese da ogni
condizionamento ex coloniale, assume la guida dei paesi
arabi nella lotta contro Israele, stipula accordi con l’Urss
per aiuti economici e militari.
1956: guerra di Suez = gli USA bloccano i finanziamenti
della Banca mondiale per la costruzione della diga di
Assuan sul Nilo, l’Egitto – a tutta risposta – nazionalizza la
Compagnia del Canale di Suez. Nell’ottobre 1956 Israele
attacca e vince l’Egitto.
Conseguenza della guerra di suez è il rafforzamento della
posizione di Nasser nel mondo arabo = NASSERISMO =
PANARABISMO (cfr. regime di Gheddaffi in Libia dal 1969
ad oggi, inedita forma di socialismo islamico).
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L’indipendenza dei paesi del Maghreb
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Agli inizi degli anni ’50 il nazionalismo arabo nel
Maghreb (= la parte occidentale del Nord Africa,
comprendente Marocco, Algeria e Tunisia) si scontra con la
dominazione coloniale francese.
1956: Marocco e Tunisia ottengono la piena
indipendenza.
Ben più drammatica la lotta di liberazione in Algeria. 1957:
battaglia di Algeri, i francesi adottano metodi brutali di
repressione (liquidazione fisica dei prigionieri, uso
sistematico della tortura) e suscita sdegno e proteste in
una parte non trascurabile dell’opinione pubblica e del
mondo politico francese.
De Gaulle stronca nell’aprile ’61 un tentato colpo di
stato militare ad Algeri, nel marzo 1962 l’Algeria ottiene
l’indipendenza e si dà un ordinamento fortemente
autoritario e centralizzato, con un’economia in buona parte
statizzata. Non rinuncia alla collaborazione economica con
la Francia e con altri stati occidentali.
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L’emancipazione dell’Africa nera
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Nell’Africa a sud del Sahara il processo di
decolonizzazione è più tardivo rispetto a quello della
regione mediterranea, ma – una volta innestato – è anche
più rapido e meno conflittuale.
1957: Ghana (ex UK), 1958: Guinea (ex F), 1960: 17
stati ottengono l’indipendenza (tra cui Nigeria, Congo
belga, Senegal, Somalia, ecc.).
Ultima roccaforte del potere bianco rimane l’Unione
Sudafricana: 5 milioni di persone fra anglofoni e boeri
contro oltre 20 milioni di neri. Negli anni ’50 e ’60 si
inasprisce il regime di apartheid.
Un caso di decolonizzazione drammatica e cruenta è quello
del Congo, lasciato dalla dominazione belga in condizioni di
spaventosa arretratezza. L’indipendenza è concessa nel
1960.
INSTABILITÀ POLITICA = intrinseca fragilità degli stati africani indipendenti e delle loro istituzioni.
CONDIZIONE DI GRAVE ARRETRATEZZA ECONOMICA che rischia di provocare una rinnovata
dipendenza dai paesi industrializzati (NEOCOLONIALISMO).
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Il terzo mondo, il «non allineamento» e il sottosviluppo
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La parola d’ordine dei paesi di nuova indipendenza è il non
allineamento rispetto ai grandi blocchi militari e ideologici.
Terzo Mondo (definizione del demografo francese Alfred
Sauvy) distinto sia dall’Occidente capitalistico sia dall’Est
comunista.
1955, Conferenza di Bandung (Indonesia): segna l’atto
di nascita dei non allineati, ma anche l’affermazione del
Terzo Mondo sulla scena mondiale.
TERZOMONDISMO: tendenza a individuare proprio nei
paesi di nuova indipendenza il principale fattore di
mutamento e di rinnovamento a livello mondiale.
All’interno del gruppo dei non allineati si accentuano le
divisioni. Due le principali correnti:
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UNA FILO-OCCIDENTALE
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UNA COMUNISTA
IL SOTTOSVILUPPO caratterizza la dimensione economica:
carenza di strutture industriali, arretratezza dell’agricoltura,
crescente emarginazione dalle grandi correnti degli scambi
commerciali, drammatica sproporzione fra le risorse
disponibili e una popolazione in continuo inarrestabile
aumento.
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Dipendenza economica e instabilità politica
dell’America Latina
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I paesi dell’America Latina scontano ancora il peso di una
diffusa arretratezza e di una forte dipendenza degli
Stati Uniti.
L’influenza degli USA gioca in modo diverso a seconda
delle realtà: in alcuni casi i capitali statunitensi concorrono
alla crescita industriale, in altri casi i gruppi di interesse
statunitensi si trovano alleati alle gerarchie terriere locali
nel combattere ogni forma di rinnovamento.
1946, Argentina – regime populista autoritario di
Peron: è rovesciato nel 1955 da un colpo di stato militare.
Negli anni ’50 e ’60 gli stati dell’America Latina soffrono
di una accentuata instabilità politica. Regimi militari si
affermano in Venezuela e in Columbia.
1959, Cuba: la dittatura reazionaria di Batista è
rovesciata dal movimento rivoluzionario di Fidel Castro,
cha avvia una riforma agraria a danno della United Fruit
statunitense sulla coltivazione della canna da zucchero. Gli
USA assumono un atteggiamento ostile verso Cuba che si
rivolge all’URSS. Uno dei più stretti collaboratori di Castro
è Ernesto “Che” Guevara che si impegna a suscitare
fuochi di guerriglia in tutta l’America. È catturato e ucciso
da militari in Bolivia nel 1967.
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