Osservatorio Ricerca
Luisa Novellino
Responsabile Ufficio Scientifico AIC
Le novità dall'ultimo convegno del PWG
Il PWG (Working Group on Prolamin Analysis and Toxicity) si è riunito dal 20 al 22 settembre in Belgio
I componenti del PWG; in seconda fila, con la sciarpa rosa, Luisa Novellino
A settembre a Leuven, a pochi chilometri da Bruxelles, si è tenuta la 26a edizione del Convegno del PWG, il Gruppo internazionale di lavoro su Analisi e Tossicità delle Prolammine (sinteticamente in inglese, Prolamin Working Group).
L'evento è tradizionalmente aperto a ricercatori di tutto il mondo, invitati dall'organizzazione scientifica del gruppo ad esporre i
loro risultati in tema di metodologie analitiche, e a condividere
con la comunità scientifica gli studi su fisiopatologia e biologia
del glutine nell'uomo. Come sempre, il convegno del PWG annovera tra gli auditori anche esponenti delle associazioni nazionali
dei pazienti celiaci, in modo da garantire la diffusione della ricerca scientifica verso i cittadini e le istituzioni. Anche quest'anno
AIC è stata presente e ha partecipato per voi all'iniziativa.
Le sessioni del convegno hanno interessato due principali
aree tematiche: i progressi delle metodologie analitiche del glutine e dei suoi componenti nei prodotti alimentari e dietetici; gli studi clinici e gli aspetti fisiopatologici della malattia celiaca nelle
sue diverse presentazioni cliniche. Con maggiore riferimento alla prima area tematica, molti interventi hanno esposto gli eventuali impatti dei nuovi risultati sull'evoluzione del quadro normativo internazionale in merito a sicurezza alimentare e definizione
di prodotti senza glutine.
In tutti i casi, uno dei principali fili conduttori è stato l'impiego innovativo degli anticorpi sia nella metodologia analitica di quantificazione, sia nel perfezionamento della diagnosi della malattia
celiaca soprattutto nelle forme cliniche più complesse. Gli anticorpi sono molecole biologiche (in particolare proteine) rilasciate
nel circolo sanguigno da specifiche cellule immunitarie
dell'organismo in risposta a particolari situazioni di stress indotte
da agenti riconosciuti come pericolosi dall'organismo stesso.
L'importanza di questo argomento sul progresso tecnologico e
medico è tale che nel corso del convegno gli è stato dedicato un
piccolo simposio con oratori dal mondo scientifico e da quello industriale.
Si è parlato anche di gluten sensitivity, ossia la sensibilità al
glutine non celiaca, tema assolutamente di rilievo sociale e ormai anche scientifico, data la difficoltà oggettiva di clinici e ricer-
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catori nel definire in maniera esaustiva questo complesso e sfuggente quadro clinico. Ricordiamo ai lettori che anche AIC ha
espresso la sua posizione istituzionale sulla gluten sensitivity e,
allo scopo di contribuire alla definizione della potenziale patologia, ha promosso uno studio attualmente in fase di sviluppo di cui
vi aggiorneremo prossimamente. Per maggiori dettagli si può vedere alla pagina “AIC e Celiachia/La Celiachia” sul sito AIC.
Vediamo ora gli interventi in maggior dettaglio, iniziando dagli
studi relativi alle metodologie analitiche del glutine e dei suoi
componenti. Le presentazioni di Clyde Don della Foodphysica
(azienda olandese impegnata nella ricerca e sviluppo del settore
tecnologico agroalimentare) e di Thomas Weiss della tedesca RBiopharm AG (azienda protagonista nel settore della diagnostica clinica e dell'analisi di mangimi e alimenti) rappresentano la testimonianza della ricerca industriale europea sullo sviluppo della
metodologia ELISA, un sistema estremamente sensibile ed efficiente che usa anticorpi specifici in grado di rilevare anche minime quantità di componenti del glutine in diverse matrici, alimenti
e prodotti. La metodologia ELISA, quindi, offre i giusti requisiti
per garantire la salvaguardia del valore soglia di 20 ppm* valore
raccomandato per la definizione dei prodotti privi di glutine dal
Codex Alimentarius (Commissione delle Nazioni Unite che si occupa di normativa e sicurezza alimentare). Lo stesso Codex definisce il metodo ELISA basato su di uno speciale anticorpo, detto
R5, come metodo standard per l'analisi e la quantificazione dei
componenti del glutine nelle matrici alimentari. In particolare, si
prevedono due varianti del metodo ELISA-R5 (definite ELISA a
sandwich ed ELISA competitivo) per la misurazione esatta dei
quantitativi di glutine, rispettivamente, in prodotti di matrice solida (pane, prodotti da forno, sfarinati, corn flakes), e in matrici liquide contenenti glutine idrolizzato e perciò di difficile rilevabilità
(birre, sciroppi di glucosio derivati da cereali). Uno dei principali
aspetti tecnici della metodologia ELISA riguarda il fatto che la
quantificazione dei componenti del glutine costituisce una misurazione indiretta. Questo pone alcuni problemi, anche normativi,
* ppm significa parti per milione; 1 ppm equivale in peso a 1 mg per ogni
Kg
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legati alla scelta di campioni standard opportuni per costruire curve di taratura riproducibili e affidabili soprattutto nell'intervallo di
minori concentrazioni di glutine. Di conseguenza, una gran parte
delle domande ai relatori sono state concentrate sulla validità degli standard attualmente a disposizione. In merito a tale questione sono previsti una serie di tavoli tecnici con le autorità predisposte al fine di allineare gli standard previsti dalla normativa
con i migliori standard sviluppati ad oggi dalla ricerca scientifica.
Altra questione di primo piano in termini di sicurezza alimentare
riguarda i laboratori commerciali che analizzano il contenuto in
glutine dei prodotti alimentari e dietetici per le aziende produttrici: è fondamentale che tali laboratori si adeguino in modo rigoroso alla metodologia analitica di riferimento, e una soluzione alla
credibilità delle misurazioni potrebbe venire dalla procedura di
accreditamento dei laboratori da parte di enti riconosciuti, come
gli enti di accreditamento nazionale dei laboratori (in Italia:
Accredia) o anche da parte del gruppo di esperti PWG stesso.
Un nuovo anticorpo in fase di sperimentazione per misurazioni
quantitative del glutine con metodologia ELISA è il G12, sviluppato dai laboratori austriaci di Romer Labs Division Holding,
azienda impegnata nella ricerca e sviluppo del settore tecnologico agroalimentare (relatrice Elisabeth Hammer). L'anticorpo
G12 è stato ottenuto per riconoscere in modo specifico un particolare componente del glutine: un peptide derivante dalla scissione enzimatica del glutine nell'apparato digerente e che sembra essere il principale responsabile della risposta immunotossica delle cellule immunitarie (linfociti T) nel paziente celiaco.
L'anticorpo G12 ha quindi il pregio di misurare quel componente
del glutine maggiormente dannoso nell'intestino del celiaco. Al
momento, la metodologia basata sull'anticorpo G12 resta una
possibilità al vaglio della comunità scientifica, mentre solo la metodica ELISA-R5 ha ottenuto il riconoscimento di metodo ufficiale per la quantificazione del glutine negli alimenti e nelle bevande.
La dottoressa Carmen Valverde del Centro Nacional de Biotecnología, in Spagna, ha presentato gli ultimi risultati sulla quantificazione dei componenti del glutine nel latte materno. Si tratta
di un tema di grande importanza soprattutto in relazione allo sviluppo dell'intolleranza al glutine in neonati provenienti da famiglie con casi di celiachia. Infatti, studi recenti stanno dimostrando in maniera sempre più determinata che nei neonati a rischio
l'introduzione del glutine durante i primi mesi di vita potrebbe influenzare lo sviluppo della malattia. L'analisi dei componenti del
glutine nel latte è di particolare difficoltà tecnica a causa di diversi fattori tra cui il contenuto in grassi, tuttavia sembra che il metodo di misurazione analitica mediante ELISA competitivo basato
sull'anticorpo R5 sia al momento il migliore per riproducibilità.
L'Istituto tedesco di ricerca per la chimica alimentare (Deutsche Forschungsanstalt Für Lebensmittelchemie, relatrice Katharina Konitzer) sta invece studiando una metodologia di analisi
quantitativa dei componenti del glutine non basata su anticorpi,
allo scopo di definire un sistema alternativo che validi in modo indipendente i risultati del metodo ELISA. In effetti, la metodologia
ELISA ha diversi pregi (tra cui velocità di esecuzione, sensibilità
e facilità di impiego in condizioni di routine) tuttavia presenta alcuni svantaggi, non ultimo il fatto di dipendere dalla costruzione di
una curva di taratura da cui estrapolare la misurazione del glutine nel campione in esame. Il metodo sviluppato dal laboratorio
tedesco si basa invece sull'HPLC (high performance liquid chro-
matography, ossia cromatografia liquida ad alta prestazione)
una tecnica sempre più raffinata ed avanzata di separazione dei
componenti di una miscela complessa. I ricercatori hanno evidenziato che il metodo HPLC di misurazione quantitativa dei
componenti del glutine ha il vantaggio di consentire una stima diretta del contenuto in glutine misurando una proprietà fisica, la
fluorescenza indotta da un sistema laser. Tuttavia, la sensibilità
del metodo deve essere ancora implementata, essendo al mo-
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mento ben inferiore a quella del metodo ELISA.
Veniamo ora all'altra area tematica sviluppata nel convegno,
la ricerca clinica e biologica sulla malattia celiaca. Frits Koning
dell'Università di Leiden (Olanda) ha presentato gli ultimi risultati
dei suoi studi clinici riguardanti gli effetti dell'enzima AN-PEP sulla digestione del glutine. È noto che i componenti proteici immuno-tossici del glutine sono resistenti alla completa degradazione
enzimatica ad opera del sistema digerente, a causa dell'elevato
contenuto in prolina (uno specifico amminoacido che conferisce
compattezza strutturale alle proteine). Ciò fa sì che la permanenza nell'intestino di questi componenti sia sufficientemente
lunga da innescare la risposta immunitaria. L'obiettivo degli studi
di Koning è identificare enzimi e condizioni opportune che supportino la degradazione completa del glutine nell'apparato dige-
rente. L'enzima AN-PEP è in effetti una prolil-endoproteasi, attacca cioè le proteine in corrispondenza dell'amminoacido prolina, ed è facilmente ricavabile in grandi quantità dal normale metabolismo di coltivazioni fungine (microrganismi). Inoltre, ANPEP ha il vantaggio di lavorare al meglio in ambiente acido (come quello dello stomaco) e di essere resistente all'azione degli
enzimi proteolitici digestivi. Lo studio con placebo e in doppio cieco è stato condotto su una coorte di soggetti sani volontari sottoposti ad endoscopia duodenale dopo aver ingerito un pasto liquido contenente diverse concentrazioni note di glutine. Con un
sondino sono stati prelevati campioni da stomaco e duodeno in
diversi tempi dall'ingestione per misurare la quantità di glutine residuo. Le misurazioni mostrano che AN-PEP degrada efficacemente il glutine dopo circa 40 minuti sia nello stomaco che nel duodeno. Tuttavia, lo studio è ancora in fase molto preliminare e
non permette di estrapolare conclusioni nel caso dei soggetti celiaci. Lo stesso Koning ha asserito che AN-PEP non deve essere
considerato una terapia, bensì un supporto possibilmente capace di degradare il glutine e quindi potenzialmente utile per tamponare il rischio di contaminazioni accidentali. L'opportunità
dell'assunzione di enzimi proteolitici è oggetto di studio in diversi
gruppi di ricerca.
Il coinvolgimento del sistema immunitario nella manifestazione della patologia celiaca è davvero complesso e interessa diverse cellule immunitarie, inducendo l'attivazione di numerosi segnali biochimici tra loro intersecanti (generalmente si tratta di
una sorta di cascata biologica in cui determinate molecole biologiche, una volta secrete dalle cellule, si legano a molecole su altre cellule – i recettori – inducendo specifici effetti fisiologici). Tra
questi segnali biochimici pare che un ruolo di primo piano sia ricoperto dalla molecola CXCL10 e dal corrispondente recettore
CXR3. Il professor Fernando G. Chirdo dell'Università de La Plata, Argentina, ha mostrato che il segnale biochimico dovuto
all'interazione tra CXCL10 e CXR3 è fortemente attivo nella mucosa intestinale di pazienti con malattia celiaca attiva, confermando la natura di infiammazione cronica di questa patologia.
L'approfondimento della biologia della malattia celiaca ha permesso di studiare aspetti del sistema immunitario prima sconosciuti. È il caso dei linfociti T- g
d
(gamma-delta) che infiltrano la
mucosa intestinale nelle prime fasi dell'infiammazione durante la
celiachia attiva. Ne ha parlato il professor Conleth Feighery del
Trinity College di Dublino, mostrando che nell'adulto e nel bambino celiaci le alterazioni dei livelli circolanti dei linfociti T-g
d
sono
diverse. Questo conferma che i meccanismi immunitari associati
alla patologia nell'adulto e nel bambino non sono del tutto coincidenti, in accordo con la diversità dei quadri clinici che generalmente accompagna le differenti età di manifestazione della celiachia.
Nella sua totalità, la ricerca clinica e biologica consente ogni
giorno di più di definire la patologia celiaca in modo analitico, sebbene ancora non completamente esaustivo. In particolare, i progressi ottenuti fino ad oggi descrivono la celiachia come un disordine:
&
sistemico
&
immuno-mediato e indotto da precisi componenti proteici del
glutine in soggetti geneticamente suscettibili
&
caratterizzato sierologicamente dalla presenza di anticorpi
circolanti specifici per determinati frammenti proteici del glutine
&
caratterizzato clinicamente da enteropatia e altra sintomatologia in diverse combinazioni.
Riferimenti
Sito del PWG: www.wgpat.com.ar
Sito del Codex Alimentarius: www.codexalimentarius.org
Sito di AIC: www.celiachia.it
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