La questione d`Oriente

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La questione d’Oriente
“Questione d’oriente” è l’espressione con cui si definì, nel sec. XIX, il problema dell’assetto
politico della Penisola Balcanica (l’Oriente europeo), già soggetta al dominio ottomano. L’Impero
ottomano sin dalla fine del XVII secolo (dopo la sconfitta dell’esercito turco a Vienna nel 1683,
ultimo tentativo ottomano contro la capitale asburgica) mostrava i segni di una progressiva
decadenza e ciò fece sì che l’impero ottomano divenisse oggetto delle ambizioni delle potenze
occidentali, in particolare l’Austria e la Russia, mentre la Francia e la Gran Bretagna miravano alla
sua conservazione. I segni della decadenza si accentuarono tra la fine del XVIII (fu nel 1783, tra
l’altro, che la penisola di Crimea veniva strappata definitivamente dai russi all’impero ottomano) e
l’ inizio del XIX secolo, allorché «subì una profonda crisi di natura più politica che economica.
Alle rivolte dei governatori ed alle ricorrenti sedizioni militari si aggiunse la sollevazione dei
popoli oppressi, la guerra di liberazioni degli Slavi e dei Greci. L’impero era un “colosso d’argilla”
[il grande “malato d’Europa”], tanto vasto in estensione (dai Balcani all’Arabia, dall’Armenia alle
coste settentrionali dell’ Africa) quanto fragile nelle strutture. Le sue province erano in mano di
governatori (pascià e bey) i cui legami di dipendenza nei confronti del sultano di Costantinopoli e
della Sublime Porta (così si denominava il governo dell’ impero ottomano) erano puramente
formali.[…]
La decadenza e la crisi ottomana erano seguite con attenzione dalle potenze europee che
aspiravano, in gara tra loro, ad assicurarsi l’ eredità del sultano: la Russia era decisa ad
impadronirsi degli Stretti (Bosforo, Mar di Marmara, Dardanelli) per garantirsi il libero accesso al
Mediterraneo; l’Austria tendeva ad avanzare nei Balcani, a sud della Sava e del Danubio; la
Francia, seguendo la linea tracciata da Napoleone, mirava ad attrarre l’Egitto nella sua orbita;
l’Inghilterra voleva guadagnare nuovi mercati e consolidare un suo controllo strategico nel
Mediterraneo. Sono questi gli elementi che costituiscono, nel loro insieme, la cosiddetta Questione
d’ Oriente, uno dei nodi nevralgici della politica europea nel corso del XIX secolo e sino alla prima
guerra mondiale»1, una “questione” che avvelenò la storia europea del secolo XIX.
Indipendenza della Grecia
Per secoli, i Greci furono sudditi fedeli dell’Impero ottomano; i primi segni di malcontento si
manifestarono verso la fine del Settecento, quando lo Stato aumentò le imposte. Le rivolte popolari
che ne seguirono, però, furono schiacciate senza problemi dai turchi. Nel 1821 esplose un’ulteriore
insurrezione che si proponeva di imitare i moti scoppiati in vari paesi europei e che era animata da
un rinnovato sentimento nazionale greco. Dopo alcuni iniziali successi, gli insorti si trovarono in
notevole difficoltà nel momento in cui l’Impero ottomano ricevette sostegno dell’Egitto. La stessa
Atene, nel 1827, venne riconquistata dai Turchi; a favore dei Greci, tuttavia, intervennero allora la
Francia e l’Inghilterra2, le cui navi distrussero la flotta turco-egiziana nella battaglia di Navarino
1
A. Desideri – M. themelly, Storia e storiografia, vol.2, tomo primo, editrice D’Anna, Messina-Firenze
1996, p.458.
2
Il moto di indipendenza della Grecia prese l’avvio – come già detto – nel marzo del 1821 sotto la guida del greco
conte Alessandro Ypsilant, aiutante di campo dello zar Alessandro I. Nel luglio del 1827 l’Inghilterra, sotto l’influsso
della figura di George Canning (più volte ministro degli Esteri e Primo ministro dall’aprile all’agosto 1827, data della sua
morte), per impedire un’iniziativa unilaterale che avrebbe assicurato alla Russia un’influenza decisiva sul nascente Stato
greco, si fece promotore di un’intesa formale con la Russia e con la Francia. E così la Turchia ha dovuto firmare il
trattato di Adrianopoli (sottoscritto il 14 settembre 1829 tra impero ottomano e impero russo) con cui ha riconosciuto, tra
l’altro, la sostanziale indipendenza della Grecia, uno Stato considerevolmente più piccolo della Grecia attuale, non
essendo state attribuite ad esso, in particolare, le ricche regioni della Tessaglia e dell’Epiro.
(20 ottobre 1827). Nel 1830, dopo una lotta durata otto anni, la Grecia riuscì a rendersi
indipendente dal dominio turco venendo ufficialmente riconosciuta come Stato sovrano; era il
primo segnale della grave crisi che avrebbe caratterizzato per tutto l’Ottocento, fino alla prima
guerra mondiale, l’Impero ottomano, ormai incapace di competere, sul piano tecnologico e militare,
con le grandi potenze europee.
Guerra di Crimea
E’ il conflitto russo-turco iniziato formalmente il 4 ottobre del 1853, data in cui la Turchia (che
si sentiva spalleggiata da Francia e Inghilterra) dichiarò guerra alla Russia, dopo che nel
precedente mese di luglio lo zar Nicola I aveva occupato i principati danubiani di Moldavia e
Valacchia, di religione ortodossa e soggetti nominalmente al sultano3.
Dopo la formale dichiarazione di guerra alla Russia, la Turchia – visto l’arrivo a
Costantinopoli, capitale ottomana, delle navi inglesi e francesi – ruppe gli indugi e attaccò i Russi
sul Danubio (23 ottobre ’53). Gli iniziali successi della Russia (si veda il “massacro di Sinope”, 30
novembre 1853) suscitarono la reazione di Francia e Inghilterra, preoccupate che l’occupazione
dei Principati fosse soltanto una tappa dell’avanzata russa verso il Mar Nero. E infatti, nel marzo
1854, le due potenze occidentali - dopo che le loro flotte avevano attraversato il Bosforo ed erano
entrate, il 4 gennaio, nel mar Nero e dopo aver inutilmente intimato alla Russia di ritirarsi dai
principati danubiani - dichiararono guerra alla Russia. Forti di una superiorità tecnico-militare4,
gli alleati anglo-francesi riuscirono a sconfiggere i russi in campo aperto, obbligandoli a
rinchiudersi nella piazzaforte di Sebastopoli (principale base navale russa del mar Nero), che
sottoposero a un assedio durato fino al settembre 1855, quando la sua evacuazione pose fine al
conflitto.
La guerra di Crimea (nel corso della quale il “malato d’Europa” evitò la sconfitta e lo
smembramento, che era nei piani russi, unicamente grazie all’intervento franco-inglese) si concluse
col trattato di Parigi (25 febbraio – 30 marzo 1856), che tentò una prima sistemazione della
questione d’Oriente a scapito delle pretese zariste: rispetto dell’integrità e dell’autonomia
dell’impero ottomano, rinuncia al ruolo di protettore degli ortodossi dell’impero, concessione
dell’autogoverno a Serbia, Moldavia e Valacchia5.
3 Va tenuto presente che la politica estera di Nicola I (ma più in generale della Russia) aveva come direttrice
principale l’espansione nell’Europa sud-orientale e l’ingrandimento a spese della Turchia, così da aprire alle sue navi da
guerra quell’area geografica nota come “gli Stretti” (comprendente il mar di Marmara, il Bosforo – tra Costantinopoli e
Scutari – e i Dardanelli); area che mette in comunicazione il mar Nero col mar Egeo, quindi con il Mediterraneo. E’ stato
proprio il rinnovato tentativo dello zar di voler aprire gli Stretti al libero passaggio della propria flotta da guerra, che nel
’53, pensando di approfittare della debolezza turca, si proclamò protettore di tutti i cristiani ortodossi residenti
nell’Impero ottomano. Quest’ultimo, però, rifiutò una simile pretesa, dal momento che essa avrebbe offerto ai russi
l’opportunità di intervenire nella vita politica ottomana tutte le volte che, a loro giudizio, i sudditi cristiani del sultano
avessero subìto un’ingiustizia. Decisa a imporsi sul governo di Costantinopoli, la Russia invase, nel luglio ’53, i due
principati danubiani, aprendo, di fatto, le ostilità, sicura di una facile vittoria.
4 Sul piano militare, è importante osservare che, durante questo conflitto, vennero per la prima volta sperimentati, da
parte dei francesi e degli inglesi, i nuovi fucili a canna rigata, che avevano una potenza di tiro molto superiore ai
tradizionali moschetti ad anima liscia (in dotazione ai russi). In effetti, mentre un fucile di tipo tradizionale riusciva a
colpire il proprio bersaglio, al massimo, a 200 metri, le nuove armi avevano una gittata di ben 900 metri.
5 Dopo il congresso di Parigi le rivendicazioni della Moldavia e della Valacchia per l’unità nazionale trovarono un
aiuto determinante in Napoleone III, che nel 1859 appoggiò il colonnello Alexandru Ion Cuza, il quale il 13 dicembre
1861 proclamò l’unione dei due principati nello Stato della Romania, e ne assunse il titolo di principe con il nome di
Alessandro Giovanni I. Il congresso di Berlino (giugno-luglio 1878) avrebbe riconosciuto ufficialmente l’indipendenza e
la sovranità dello Stato romeno, proclamato regno nel marzo del 1881. Il 22 maggio successivo il principe Carlo sarebbe
stato incoronato re con il nome di Carlo I e riconoscendogli il diritto di successione ereditaria.
Il congresso di Berlino
Una importante “tappa” della questione d’Oriente, cioè del vuoto di potere che sempre più
si andava creando nella penisola balcanica a causa dell’inarrestabile declino dell’impero
ottomano, è rappresentata dal congresso di Berlino, la cui convocazione fu decisa da
Bismarck per affrontare, appunto, quello che costituiva il più delicato dei problemi
geopolitici che agitava l’Europa. Ma prima di entrare nel merito di quel congresso e
vederne le principali decisioni prese, è opportuno qualche passo indietro.
Rivolta balcanica e guerra russo-turca
Della perduta egemonia sul mondo germanico, a seguito della sconfitta subita nel 1866 da
parte dell'alleanza italo-prussiana, l'Austria (o meglio, ormai, Impero austro-ungarico)
aspirava a rifarsi espandendo il proprio dominio nella penisola balcanica, verso la quale
peraltro si volgevano tradizionalmente anche le ambizioni della Russia. Austria e Russia,
benché legate dal 1873 dal Dreikaiserbund (“patto dei tre imperatori”) erano pertanto
destinate a scontrarsi.
I Balcani, d'altra parte, erano agitati dalla viva aspirazione dei popoli autoctoni
all'indipendenza e dalla loro forte avversione contro l'Impero turco, che per alcuni secoli li
aveva tenuti sotto il proprio duro dominio e aveva tentato di assimilarli alla cultura
islamica. Nel 1875 insorsero contro i Turchi i contadini della Bosnia e dell'Erzegovina, e la
rivolta coinvolse anche la Serbia, il Montenegro e la Bulgaria. I Turchi tra il 1875 e il 1876
riuscirono a reprimere la serie di rivolte scoppiate con grande spargimento di sangue e
massacrando nel modo più crudele, soprattutto in Bulgaria, migliaia di cristiani.
Nella primavera del 1877 lo zar Alessandro II, presentandosi come difensore dei popoli
balcanici di religione greco-ortodossa, dichiarò guerra al sultano turco, e dopo averlo
sconfitto lo costrinse a firmare la pace di Santo Stefano (marzo 1878), che sanciva la
nascita di un vasto stato bulgaro sotto la tutela della Russia e assegnava alla Russia stessa
una specie di protettorato sulla intera penisola balcanica.
L'iniziativa dello zar, suscitando il risentimento dell'Austria metteva a dura prova la
solidità del Dreikaiserbund e destava le preoccupazioni dell'Inghilterra, più che mai
interessata dopo il taglio dell'istmo di Suez alle sorti del mediterraneo orientale, e più che
mai decisa a impedire che la Turchia fosse ridotta in condizioni di vassallaggio nei
confronti della Russia.
Congresso di Berlino
Per evitare un probabile scontro tra l'Austria-Ungheria e Gran Bretagna, da una parte, e la
Russia dall’altra, e per allentare la tensione internazionale che si era fatta preoccupante,
Bismarck propose allora di discutere l'intera questione in un congresso internazionale, che fu
effettivamente convocato a Berlino nel giugno del '78 (ad appena tre mesi dal trattato di Santo
Stefano). In tale congresso (che di fatto segnò un’ulteriore tappa nella dissoluzione dell’Impero
ottomano) si giunse a un accordo
che ridisegnava radicalmente gli
equilibri politici della Penisola
balcanica:
affidò
all'Austria
l’«amministrazione
temporanea»
della Bosnia-Erzegovina (dichiarata
autonoma); privò la Russia di quasi
tutti i vantaggi conseguiti con la
pace di Santo Stefano, lasciandole
la sola Bessarabia; impose alla
Turchia
di
riconoscere
esplicitamente
la
piena
indipendenza della Romania, della La “Grande Bulgaria” del trattato di Santo Stefano (si noti il
Serbia, del Montenegro e di una tratto costiero che le consentiva lo sbocco nel mar Egeo), a
Berlino fu divisa in un Principato di Bulgaria (nella cartina
parte della Bulgaria.
“Piccola Bulgaria”) e in “Rumelia orientale”, a sud, costituita
La “Grande Bulgaria” estesa per in provincia autonoma (che nel 1885 sarebbe stata ceduta dagli
ottomani, e quindi riunita, alla Bulgaria), mentre il resto (vedi
quasi 170.000 km2, che la Russia tratteggio) tornò all’Impero ottomano. Al congresso di Berlino
aveva progettato come stato il dissolvimento della Grande Bulgaria costituiva l’obiettivo
principale sia dell’Austria che degli Inglesi.
satellite, veniva però ridotta alle
dimensioni assai più modeste di 64.000 km2.
L'Inghilterra, che in funzione antirussa si era accostata alla Turchia, colse inoltre l'occasione
per farsi cedere come compenso dal sultano, con un accordo separato, l'isola di Cipro, di
evidente importanza strategica per il controllo del canale di Suez che collega ancora oggi il
Mediterraneo orientale al Mar Rosso6. E al ritorno dal Congresso il Disraeli e il Salisbury, cui
si doveva lo straordinario successo, furono accolti nella madrepatria come trionfatori.
La Francia ebbe mano libera per un’eventuale espansione in Tunisia (e infatti nella primavera
del 1881 occupò il Paese africano, già obiettivo dei propositi coloniali dell’Italia); in questo
modo Bismarck indirizzava verso obiettivi extraeuropei le velleità espansionistiche della
Francia. La Russia, che viceversa aveva subito una batosta e non aveva ottenuto alcun accesso
al Mediterraneo, uscì dal Congresso di Berlino insoddisfatta e fortemente risentita contro
l'Austria e la Germania, con le quali infatti nel 1887 si rifiutò di rinnovare il Dreikaiserbund.
6
Quattro anni dopo, nel 1882, gli ottomani si sarebbero visti sottrato dall’Inghilterra anche il controllo
dell’Egitto, cruciale per le comunicazioni, attraverso il canale di Suez, con l’India (giusto nel 1877,
ricordiamo, la regina Vittoria era stata proclamata “imperatrice delle Indie”).
Le due guerre balcaniche
Prima guerra balcanica (ottobre1912-maggio 1913)
Nell’ottobre del 1912, approfittando dello scontro italo-turco7, la Serbia, la Bulgaria, la Grecia e il
Montenegro (unite nella Lega balcanica) dichiarano guerra alla Turchia e invadono la Macedonia,
ampia regione assai fertile, ancora in possesso dell’ impero
ottomano, al centro dei quattro regni.
Con la pace (o trattatto) di Londra (firmata il 30 maggio
del 1913 fra l’impero ottomano e la Lega) ai quattro regni si
consentì la spartizione della Macedonia, e si stabilì pure
l’indipendenza dell’Albania8 (con grave risentimento della
Serbia, ma fortemente voluta dall’Austria proprio per
impedire l’accesso al mare della Serbia).
Seconda guerra balcanica (giugno-agosto 1913)
Per ragioni legate alla spartizione della Macedonia sorgono
L’impero ottomano e le due guerre
tra i quattro vincitori dissensi (fu soprattutto la Bulgaria che, balcaniche. Nel 1912, mentre l’Italia stava
per ottenere una più grossa porzione delle terre macedoni, conducendo la guerra per sottrarre la
Libia all’impero ottomano, i quattro paesi
attaccò la Serbia) e quindi un conflitto (giugno 1913), cui si della lega balcanica si coalizzarono, sotto
l’egida della Russia, per sottrargli la
pose fine con la pace di Bucarest (agosto 1913).
Macedonia, ricca di fertili terre molto
Dopo le due guerre balcaniche l’impero ottomano perse ambite da popolazioni essenzialmente
tutti i suoi possedimenti europei, eccetto la Tracia orientale e agricole come erano quelle balcaniche.
Alla fine delle due guerre l’impero turco –
Istanbul; la Serbia (che con la pace di Bucarest si annetteva dopo essere stato costretto, nel 1908, a
il Kosovo e quasi tutta la Macedonia), si proponeva sempre rinunciare alla Bosnia ed Erzegovina e,
nel 1912, al Dodecaneso - dovette
più come punto di riferimento dei nazionalismi slavi interni rinunciare anche all’Albania e alla
Macedonia. Del continente europeo
all’impero austro-ungarico.
all’impero turco restava ormai solo la
Il complesso gioco di equilibri che le grandi potenze traccia orientale.
erano andate costruendo nei Balcani, in particolare col
Congresso di Berlino svoltosi dal 13 giugno al 13 luglio 1878, già messo in pericolo nel 1908 quando, in aperta violazione delle decisioni del Congresso, l’Austria dichiarò l’annessione della
Bosnia - andò in frantumi con le guerre balcaniche e, quindi, con l'attentato di Sarajevo del 28
giugno 1914, causa scatenante della prima guerra mondiale.
7
Ricordiamo che il 18 ottobre 1912 l’Italia con la Pace di Losanna otteneva, assieme alla sovranità sulla Libia, il
possesso temporaneo delle isole del Dodecaneso, appartenenti sin dal XVI sec. all’Impero ottomano.
8 Il riconoscimento dell’indipendenza dell’Albania è stato il punto di arrivo del lontano movimento indipendentista
albanese contro il dominio ottomano (la cui penetrazione in Albania era iniziata nel 1389). Vari tentativi di ribellarsi e
sottrarsi al dominio ottomano erano regolarmente falliti e militarmente sconfitti. Agli inizi del XX secolo, dopo che il
movimento indipendentista nel 1899 aveva lanciato lo slogan “l’Albania agli albanesi”, si era avuto l’accordo (9 febbraio
1901) tra Italia ed Austria (entrambe interesste, da tempo, a quella regione) per il riconoscimento dell’Albania in Stato
indipendente nel caso di un crollo del dominio turco. Il 28 novembre 1912, subito dopo lo scoppio della prima guerra
balcanica, l’Albania insorge contro il dominio turco e proclama la propria indipendenza dall’impero ottomano;
indipendenza riconosciuta dalla successiva conferenza di Londra del maggio 1913.
Assetto confinario prima e dopo le due guerre balcaniche.
La seconda guerra balcanica, conosciuta come Guerra tra gli alleati, fu una
delle cause che avrebbe condotto alla Prima guerra mondiale. Basti pensare, tra
l’altro, al fatto che l’Austria ne usciva molto indebolita poiché ne bloccava i
disegni espansivi offuscandone nettamente il prestigio, mentre la Serbia
aumentava la sua forza ed il suo potenziale attrattivo sulle popolazioni sudslave dell’impero asburgico. Inoltre, la sconfitta di Bulgaria e Turchia, paesi
sostenuti da Germania e Austria (interessate a difendere Costantinopoli e gli
Stretti dalle mire russe), e la vittoria della Serbia, alleata della Russia,
alimentavano i timori austro-tedeschi per un ulteriore aumento dell’influenza
sulla regione da parte di quest’ultima. La Russia, peraltro, ne usciva delusa
poiché vedeva ancora una volta annullata ogni sua rivendicazione sugli Stretti
(l’assegnazione alla Turchia della Tracia orientale era finalizzata proprio a un
controllo turco sugli Stretti).
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